PROTOCOL #33 - Nothing to say

Non riusciva ad allontanarsi da lei, quel tocco gelido della sua mano tra le proprie era come vitale...

Ma rimanevano in silenzio, seguitando a guardarsi negli occhi, immersi in un gelo soprannaturale.

La verità gli pareva quasi innegabile dopo lo scompenso iniziale, poiché ora conosceva le risposte a tutte le domande che fino a quel momento si era posto... e tutto quadrava perfettamente. Soprattutto quelle riguardanti gli impulsi che sentiva come emozioni... ora poteva comprendere appieno...

Però perché?... perché la rabbia verso ogni essere cresceva in lui?

Si guardò dentro.

E gli bastò un istante.

Tutti, tutti quanti fino a quel momento avevano contribuito a rendere la sua vita una messa in scena.

Odiava gli uomini: sciocchi esseri dallo sfrenato desiderio di possedere illimitate facoltà che l’avevano creato schiavo.

Odiava le macchine: diabolici apparecchi che avevano mutato in peggio la sua già avversa esistenza, che l’avevano rinchiuso in un mondo fittizio e forzato ad operare in loro favore.

Odiava il mondo: inutile ricettacolo di finzione e depravazione.

Ed odiava la donna che gli stava di fronte per...

La... odiava?

Ci aveva provato ma qualcosa gli impediva di provare verso di lei un sentimento simile.

Come poteva odiare colei che gli aveva dato cognizione delle sue reali facoltà? Come poteva odiare chi aveva illuminato la sua strada? Chi... possedeva un liscio e perfetto corpo così gelido... fredde mani così attraenti... seriche labbra sublimi che parevano colme di un inebriante mortale veleno... ed occhi talmente profondi eppure così infelici che ogni volta in cui si specchiava in essi non poteva fare a meno di domandarsi quali fossero i suoi pensieri... e sperare di essere tra uno di questi.

Si scosse avvertendo che le dita di Lucyfer stavano lentamente scivolando via dalle sue mani.

- Io non ho più nulla da dire.- mormorò poi uscendo dall’appartamento e lasciandolo solo con i suoi pensieri.

 

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