[ L'uomo dal fiore in bocca ]
Questa non è poesia,
ma teatro, il campo prediletto dal grande Pirandello.
L'ho inserita ugualmente in questa sezione perché voglio rendervi partecipi di
un'opera poco conosciuta, ma degna di una nota particolare. E' infatti toccante
come l'autore trasformi in un 'fiore' il segno di un tumore alla bocca, di cui
il protagonista di questa breve pièce è affetto.
Inoltre utilizza parole che ci inducono a riflettere, a pensare. Pensate per
esempio a cosa succederebbe se sospendessimo il flusso incessante della vita e
se ci si facesse 'un momento di vuoto dentro...'
Akuma
Persone del dialogo:
L'uomo dal fiore in bocca
Un pacifico avventore
N. B. - Verso la fine, ai luoghi indicati, sporgerà due volte il capo dal
cantone un'ombra di donna, vestita di nero, con un vecchio cappellino dalle
piume piangenti.
Si vedranno in fondo gli alberi d'un viale, con le lampade elettriche che
traspariranno di tra le foglie. Ai due lati, le ultime case d'una via che
immette in quel viale. Nelle case a sinistra sarà un misero Caffè notturno con
tavolini e seggiole sul marciapiede. Davanti alle case di destra, un lampione
acceso. Allo spigolo dell'ultima casa a sinistra, che farà cantone sul viale, un
fanale anch'esso acceso. Sarà passata da poco la mezzanotte. S'udrà da lontano,
a intervalli, il suono titillante d'un mandolino.
Al levarsi della tela, l'Uomo dal fiore in bocca, seduto a uno dei tavolini,
osserverà a lungo in silenzio l'Avventore pacifico che, al tavolino accanto,
succhierà con un cannuccio di paglia uno sciroppo di menta.
L'uomo dal fiore: Ah, lo volevo dire! Lei dunque un uomo pacifico è... Ha
perduto il treno?
L'avventore: Per un minuto, sa? Arrivo alla stazione, e me lo vedo scappare
davanti.
L'uomo dal fiore: Poteva corrergli dietro!
L'avventore: Già. E` da ridere, lo so. Bastava, santo Dio, che non avessi tutti
quegli impicci di pacchi, pacchetti, pacchettini... Più carico d'un somaro! Ma
le donne - commissioni... commissioni... - non la finiscono più. Tre minuti,
creda, appena sceso di vettura, per dispormi i nodini di tutti quei pacchetti
alle dita; due pacchetti per ogni dito.
L'uomo dal fiore: Doveva esser bello! Sa che avrei fatto io? Li avrei lasciati
nella vettura.
L'avventore: E mia moglie? Ah sì! E le mie figliuole? E tutte le loro amiche?
L'uomo dal fiore: Strillare! Mi ci sarei spassato un mondo.
L'avventore: Perché lei forse non sa che cosa diventano le donne in
villeggiatura!
L'uomo dal fiore: Ma sì che lo so. Appunto perché lo so.
Pausa
Dicono tutte che non avranno bisogno di niente.
L'avventore: Questo soltanto? Capaci anche di sostenere che ci vanno per
risparmiare. Poi, appena arrivano in un paesello qua dei dintorni, più brutto è,
più misero e lercio, e più imbizzarriscono a pararlo con tutte le loro
galanterie più vistose! Eh, le donne, caro signore! Ma del resto è la loro
professione... - «Se tu facessi una capatina in città, caro! Avrei proprio
bisogno di questo... di quest'altro... e potresti anche, se non ti secca (caro,
il «se non ti secca») ... e poi, giacché ci sei, passando di là...» - Ma come
vuoi, cara mia, che in tre ore ti sbrighi tutte codeste faccende? - «Uh, ma che
dici? Prendendo una vettura...» - Il guajo è che, dovendo trattenermi tre ore
sole, sono venuto senza le chiavi di casa.
L'uomo dal fiore: Oh bella! E perciò? L'avventore: Ho lasciato tutto quel monte
di pacchi e pacchetti in deposito alla stazione; me ne sono andato a cenare in
trattoria; poi, per farmi svaporar la stizza, a teatro. Si crepava dal caldo.
All'uscita, dico, che faccio? Sono già le dodici; alle quattro prendo il primo
treno; per tre orette di sonno, non vale la spesa. E me ne sono venuto qua.
Questo caffè non chiude, è vero?
L'uomo dal fiore: Non chiude, nossignore.
Pausa
E così, ha lasciato tutti quei pacchetti in deposito alla stazione?
L'avventore: Perché me lo domanda? Non vi stanno forse sicuri? Erano tutti ben
legati...
L'uomo dal fiore: No, no, non dico!
Pausa
Eh, ben legati, me l'immagino: con quell'arte speciale che mettono i giovani di
negozio nell'involtare la roba venduta...
Pausa
Che mani! Un bel foglio grande di carta doppia, rossa, levigata... ch'è per se
stessa un piacere vederla... cosi liscia, che uno ci metterebbe la faccia per
sentirne la fresca carezza... La stendono sul banco e poi con garbo disinvolto
vi collocano su, in mezzo, la stoffa lieve, ben piegata. Levano prima da sotto,
col dorso della mano, un lembo; poi, da sopra, vi abbassano l'altro e ci fanno
anche, con svelta grazia, una rimboccaturina, come un di più per amore
dell'arte; poi ripiegano da un lato e dall'altro a triangolo e cacciano sotto le
due punte; allungano una mano alla scatola dello spago; tirano per farne
scorrere quanto basta a legare l'involto, e legano cosi rapidamente, che lei non
ha neanche il tempo d'ammirar la loro bravura, che già si vede presentare il
pacco col cappio pronto a introdurvi il dito.
L'avventore: Eh, si vede che lei ha prestato molta attenzione ai giovani di
negozio.
L'uomo dal fiore: Io? Caro signore, giornate intere ci passo. Sono capace di
stare anche un'ora fermo a guardare dentro una bottega attraverso la vetrina. Mi
ci dimentico. Mi sembra d'essere, vorrei essere veramente quella stoffa là di
seta... quel bordatino... quel nastro rosso o celeste che le giovani di
merceria, dopo averlo misurato sul metro, ha visto come fanno? se lo raccolgono
a numero otto intorno al pollice e al mignolo della mano sinistra, prima
d'incartarlo.
Pausa
Guardo il cliente o la cliente che escono dalla bottega con l'involto appeso al
dito o in mano o sotto il braccio... Li seguo con gli occhi, finché non li perdo
di vista... immaginando... - uh, quante cose immagino! Lei non può farsene
un'idea.
Pausa. - Poi, cupo, come a se stesso:
Ma mi serve. Mi serve questo.
L'avventore: Le serve? Scusi... che cosa?
L'uomo dal fiore: Attaccarmi cosi - dico con l'immaginazione - alla vita. Come
un rampicante attorno alle sbarre d'una cancellata.
Pausa
Ah, non lasciarla mai posare un momento l'immaginazione: - aderire, aderire con
essa, continuamente, alla vita degli altri... - ma non della gente che conosco.
No, no. A quella non potrei! Ne provo un fastidio, se sapesse, una nausea. Alla
vita degli estranei, intorno ai quali la mia immaginazione può lavorare
liberamente, ma non a capriccio, anzi tenendo conto delle minime apparenze
scoperte in questo e in quello. E sapesse quanto e come lavora! fino a quanto
riesco ad addentrarmi! Vedo la casa di questo e di quello; ci vivo; mi ci sento
proprio, fino ad avvertire... sa quel particolare alito che cova in ogni casa?
nella sua, nella mia. - Ma nella nostra, noi, non l'avvertiamo più, perché è
l'alito stesso della nostra vita, mi spiego? Eh, vedo che lei dice di sì...
L'avventore: Sì, perché... dico, deve essere un bel piacere codesto che lei
prova, immaginando tante cose...
L'uomo dal fiore: (con fastidio, dopo averci pensato un po'). Piacere? Io?
L'avventore: Già... mi figuro...
L'uomo dal fiore: Mi dica un po'. E` stato mai a consulto da qualche medico
bravo?
L'avventore: Io no, perché ? Non sono mica malato!
L'uomo dal fiore: Non s'allarmi! Glielo domando per sapere se ha mai veduto in
casa di questi medici bravi la sala dove i clienti stanno ad aspettare il loro
turno per essere visitati.
L'avventore: Ah, sì. Mi toccò una volta d accompagnare una mia figliuola che
soffriva di nervi.
L'uomo dal fiore: Bene. Non voglio sapere. Dico, quelle sale...
Pausa
Ci ha fatto attenzione? Divano di stoffa scura, di foggia antica... quelle
seggiole imbottite, spesso scompagne... quelle poltroncine... E` roba comprata
di combinazione, roba di rivendita, messa lì per i clienti; non appartiene mica
alla casa. Il signor dottore ha per sé, per le amiche della sua signora, un ben
altro salotto, ricco, bello. Chi sa come striderebbe qualche seggiola, qualche
poltroncina di quel salotto portata qua nella sala dei clienti a cui basta
questo arredo cosi, alla buona, decente, sobrio. Vorrei sapere se lei, quando
andò con la sua figliuola, guardò attentamente la poltrona o la seggiola su cui
stette seduto, aspettando. L'avventore: Io no, veramente...
L'uomo dal fiore: Eh già; perché non era malato..
Pausa
Ma neanche i malati spesso ci badano, compresi come sono del loro male.
Pausa
Eppure, quante volte certuni stanno li intenti a guardarsi il dito che fa segni
vani sul bracciuolo lustro di quella poltrona su cui stan seduti! Pensano e non
vedono.
Pausa
Ma che effetto fa, quando poi si esce dalla visita, riattraversando la sala, il
rivedere la seggiola su cui poc'anzi, in attesa della sentenza sul nostro male
ancora ignoto, stavamo seduti! Ritrovarla occupata da un altro cliente,
anch'esso col suo male segreto; o là, vuota, impassibile, in attesa che un altro
qualsiasi venga a occuparla.
Pausa
Ma che dicevamo? Ah, già... I1 piacere dell'immaginazione. - Chi sa perché, ho
pensato subito a una seggiola di queste sale di medici, dove i clienti stanno in
attesa del consulto!
L'avventore: Già... veramente...
L'uomo dal fiore:. Non vede la relazione? Neanche io.
Pausa
Ma è che certi richiami d'immagini, tra loro lontane, sono cosi particolari a
ciascuno di noi; e determinati da ragioni ed esperienze cosi singolari, che
l'uno non intenderebbe più l'altro se, parlando, non ci vietassimo di farne uso.
Niente di più illogico, spesso, di queste analogie.
Pausa
Ma la relazione, forse, può esser questa, guardi: - Avrebbero piacere quelle
seggiole d'immaginare chi sia il cliente che viene a sedere su loro in attesa
del consulto? che male covi dentro? dove andrà, che farà dopo la visita? -
Nessun piacere. E cosi io: nessuno! Vengono tanti clienti, ed esse sono là,
povere seggiole, per essere occupate. Ebbene, è anche un'occupazione simile la
mia. Ora mi occupa questo, ora quello. In questo momento mi sta occupando lei, e
creda che non provo nessun piacere del treno che ha perduto, della famiglia che
lo aspetta in villeggiatura, di tutti i fastidi che posso supporre in lei.
L'avventore: Uh, tanti, sa!
L'uomo dal fiore: Ringrazii Dio, se sono fastidi soltanto.
Pausa
C'è chi ha di peggio, caro signore.
Pausa
Io le dico che ho bisogno d'attaccarmi con l'immaginazione alla vita altrui, ma
cosi, senza piacere, senza punto interessarmene, anzi... anzi... per sentirne il
fastidio, per giudicarla sciocca e vana, la vita, cosicché veramente non debba
importare a nessuno di finirla.
Con cupa rabbia:
E questo è da dimostrare bene, sa? con prove ed esempi continui, a noi stessi,
implacabilmente. Perché, caro signore, non sappiamo da che cosa sia fatto, ma
c'è, c'è, ce lo sentiamo tutti qua, come un'angoscia nella gola, il gusto della
vita, che non si soddisfa mai, che non si può mai soddisfare, perché la vita,
nell'atto stesso che la viviamo, è cosi sempre ingorda di se stessa, che non si
lascia assaporare. I1 sapore è nel passato, che ci rimane vivo dentro. I1 gusto
della vita ci viene di là, dai ricordi che ci tengono legati. Ma legati a che
cosa? A questa sciocchezza qua... a queste noje... a tante stupide illusioni...
insulse occupazioni... Sì, sì. Questa che ora qua è una sciocchezza... questa
che ora qua è una noja... e arrivo finanche a dire, questa che ora è per noi una
sventura, una vera sventura... sissignori, a distanza di quattro, cinque, dieci
anni, chi sa che sapore acquisterà... che gusto, queste lagrime... E la vita,
perdio, al solo pensiero di perderla... specialmente quando si sa che è
questione di giorni. .
A questo punto dal cantone a destra sporgerà il capo a spiare la donna vestita
di nero.
Ecco... vede là? dico là, a quel cantone... vede quell'ombra di donna? - Ecco,
s'è nascosta!
L'avventore: Come ? Chi. . . chi era ?...
L'uomo dal fiore: Non l'ha vista? S'è nascosta.
L'avventore: Una donna?
L'uomo dal fiore: Mia moglie, già.
L'avventore: Ah! la sua signora ?
L'uomo dal fiore: (dopo una pausa). Mi sorveglia da lontano. E mi verrebbe,
creda, d'andarla a prendere a calci. Ma sarebbe inutile. E` come una di quelle
cagne sperdute, ostinate, che più lei le prende a calci, e più le si attaccano
alle calcagna.
Pausa
Ciò che quella donna sta soffrendo per me, lei non se lo può immaginare. Non
mangia, non dorme più. Mi viene appresso, giorno e notte, così, a distanza. E si
curasse almeno di spolverarsi quella ciabatta che tiene in capo, gli abiti. -
Non pare più una donna, ma uno strofinaccio. Le si sono impolverati per sempre
anche i capelli, qua sulle tempie; e ha appena trentaquattro anni.
Pausa
Mi fa una stizza, che lei non può credere. Le salto addosso, certe volte, le
grido in faccia: - Stupida! - scrollandola. Si piglia tutto. Resta li a
guardarmi con certi occhi... con certi occhi che, le giuro, mi fan venire qua
alle dita una selvaggia voglia di strozzarla. Niente. Aspetta che mi allontani
per rimettersi a seguirmi a distanza.
Di nuovo a questo punto, la donna sporgerà il capo.
Ecco, guardi... sporge di nuovo il capo dal cantone.
L'avventore: Povera signora!
L'uomo dal fiore: Ma che povera signora! Vorrebbe, capisce? ch'io me ne stessi a
casa, quieto, tranquillo, a coccolarmi in mezzo a tutte le sue più amorose e
sviscerate cure; a godere dell'ordine perfetto di tutte le stanze, della lindura
di tutti i mobili, di quel silenzio di specchio che c'era prima in casa mia,
misurato dal tic-tac della pendola del salotto da pranzo. - Questo vorrebbe! Io
domando ora a lei, per farle intendere l'assurdità... ma no, che dico
l'assurdità! la màcabra ferocia di questa pretesa, le domando se crede possibile
che le case d'Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di li a
poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene tranquille sotto la
luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze, obbedienti al piano
regolatore della commissione edilizia municipale. Case, perdio, di pietra e
travi, sene sarebbero scappate! Immagini i cittadini di Avezzano, i cittadini di
Messina, spogliarsi placidi placidi per mettersi a letto, ripiegare gli abiti,
mettere le scarpe fuori dell'uscio, e cacciandosi sotto le coperte godere del
candor fresco delle lenzuola di bucato, con la coscienza che fra poche ore
sarebbero morti. - Le sembra possibile?
L'avventore: Ma forse la sua signora...
L'uomo dal fiore: Mi lasci dire ! Se la morte, signor mio, fosse come uno di
quegli insetti strani, schifosi, che qualcuno inopinatamente ci scopre
addosso... Lei passa per via; un altro passante, all'improvviso, lo ferma e,
cauto, con due dita protese le dice: «Scusi, permette? lei, egregio signore, ci
ha la morte addosso ». E con quelle due dita protese, la piglia e butta via...
Sarebbe magnifica! Ma la morte non è come uno di questi insetti schifosi. Tanti
che passeggiano disinvolti e alieni, forse ce l'hanno addosso; nessuno la vede;
ed essi pensano quieti e tranquilli a ciò che faranno domani e doman l'altro.
Ora io,
si alzerà.
caro signore, ecco... venga qua...
lo farà alzare e lo condurrò sotto il lampione acceso.
qua sotto questo lampione... venga... le faccio vedere una cosa... Guardi, qua,
sotto questo baffo... qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama
questo? Ah, un nome dolcissimo... più dolce d'una caramella: - Epitelioma, si
chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte, capisce? è
passata. M'ha ficcato questo fiore in bocca, e m'ha detto: - «Tientelo, caro:
ripasserò fra otto o dieci mesi!»
Pausa
Ora mi dica lei, se con questo fiore in bocca, io me ne posso stare a casa
tranquillo e quieto, come quella disgraziata vorrebbe.
Pausa
Le grido: - Ah sì, e vuoi che ti baci? - «Sì, baciami» - Ma sa che ha fatto? Con
uno spillo, l'altra settimana, s'è fatto uno sgraffio qua, sul labbro, e poi
m'ha preso la testa e mi voleva baciare... baciare in bocca... Perché dice che
vuol morire con me.
Pausa
È pazza...
Poi con ira:
A casa io non ci sto. Ho bisogno di starmene dietro le vetrine delle botteghe,
io, ad ammirare la bravura dei giovani di negozio. Perché, lei capisce, se mi si
fa un momento di vuoto dentro... lei lo capisce, posso anche ammazzare come
niente tutta la vita in uno che non conosco... cavare la rivoltella e ammazzare
uno che come lei, per disgrazia, abbia perduto il treno...
Riderà.
No no, non tema, caro signore: io scherzo!
Pausa
Me ne vado.
Pausa
Ammazzerei me, se mai...
Pausa
Ma ci sono, di questi giorni, certe buone albicocche... Come le mangia lei? con
tutta la buccia, è vero? Si spaccano a metà; si premono con due dita, per
lungo... come due labbra succhiose... Ah, che delizia!
Riderà. - Pausa
Mi ossequi la sua egregia signora e anche le sue figliuole in villeggiatura.
Pausa
Me le immagino vestite di bianco e celeste, in un bel prato verde in ombra...
Pausa
E mi faccia un piacere, domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello
disterà un poco dalla stazione. - All'alba, lei può fare la strada a piedi. - I1
primo cespuglietto d'erba su la proda. Ne conti i fili per me. Quanti fili
saranno, tanti giorni ancora io vivrò.
Pausa
Ma lo scelga bello grosso, mi raccomando.
Riderà. Poi:
Buona notte, caro signore.
E s'avvierà, canticchiando a bocca chiusa il motivetto del mandolino lontano,
verso il cantone di destra; ma a un, certo punto, pensando che la moglie sta li
ad aspettarlo, volterà e scantonerà dall'altra parte, seguito con gli occhi dal
pacifico avventore quasi basito.