L'accappatoio e le stelle.



Accadeva talvolta che mi sporgessi sul balcone, verso sera, dalla parte della casa che si affacciava sulla rampa di discesa verso il magazzino. Bisogna dire che il posto dova abitavamo era assai gradevole, cio' servira' a comprendere meglio il seguito di questa piccola storia.

Dunque, abitavamo in un piccolo paese a pochi chilometri da Roma. Se vi interessa diro' pure che il problema fondamentale era il traffico, alle ore di punta per andare e tornare dagli uffici. Questo, pero', non e' fondamentale da sapere. La cosa bella era, in quel periodo (quale periodo? L'inizio dell'autunno), l'aria tersa e cristallina che si respirava nelle ore serali. Si poteva indugiare sul balcone e guardare le luci della grande citta', ancora liberi dai morsi del freddo invernale che di li a poco sarebbero inesorabilmete giunti. In particolare, poi, era bello guardare con che evidenza le stelle si stagliassero sul cielo serale, erano proprio barbagli vivissimi di luce chiara.

Piu' volte, uscendo sul terrazzo dalla parte della nostra stanza da letto, mi aveva colpito immediatamente un dettaglio, che voi direste magari inessenziale. Contro la splendente volta del cielo si paravano talvolta coperte, lenzuola, accappatoi, una variopinta parata di panni che piovevano dallo stendino del balcone sovrastante il mio. La cosa era buffa, buffo infatti era l'effetto di contrasto che ne derivava osservandoli su tale sfondo luminoso. Inoltre, devo confessarvi, mi comunicava quasi un senso di calore questo contatto involontario con gli oggetti piu' comuni della vita quotidiana di altre persone, quasi una familiarita' in cui sentirsi a proprio agio. Chissa', forse senza accorgermene si riproiettavano nella mia testa antichi ricordi di queste grandi case dove si stava tutti insieme, mamme papa' cugini zii zie nonni nonne e vari fratelli e cugini, forse quelle grandi case delle famiglie dei contadini, quando quasi tutti si era contadini.

"Adesso lo dico a Franca, chissa' se e' una cosa che vale la pena dire". Pensai tra me, una volta che, uscito in balcone, mi si era presentato lo spettacolo descritto. Il problema era, in effetti, che tutta questa storia (ve ne sarete accorti anche voi) non era chiarissima. Voglio dire, che le vado a dire, che ho visto un accappatoio steso? A proposito, come forse si puo' evincere dal contesto, vi diro' che Franca e' mia moglie. Insomma, per farla corta, mi decido, rientro. "Sai, ho visto un'accappatoio steso...", esordisco. Subitaneamente, prima di qualunque risposta, mi rendo sgradevolmente conto dell'inpatto piuttosto fiacco della frase di esordio. Un naso (carino, secondo me) spunta fuori dalla Settimana Enigmistica. "Qual e' quello stato africano.... di undici lettere...?...dai!", mi fa Franca, seduta sul letto. Io non rispondo, un po' seccato perche' il mio esordio era flebile, un po' perche' non e' stato raccolto, e non ultimo perche' non conosco gli stati africani. Poi inaspettatamente mi dice: "Quale accappatoio? Ho lasciato la roba fuori? Ma e' impossibile, io stendo sempre dall'altra parte..." "No, no, quello del piano di sopra, sai...", e' ora di mettere tutto in campo, penso. "E allora?", fa Franca, con una ineccepibile logica. "Beh, sai, niente in particolare, ma... Con queste stelle in cielo, fa un effetto buffo, con questa luminosita' un po' diffusa, quest'arietta...", mi butto.

Siamo al dunque.

Franca mi guarda con quel fare professionale, che mi spaventa alquanto. Lei lavora come assistente presso un famoso neurologo della capitale... OK, visto che ci siamo buttati, tanto vale buttarsi completamente (ma non dal balcone, penso), al massimo domani mi porta dal dottore. "Dai, vieni a vedere, usciamo in balcone". "Vengo, d'accordo", mi asseconda. Beh, che altro dire. Voglio dire, stava li'. Il contrasto di quella zona scura, molto vicina, contro quella miriade di puntini sfavillanti, lontani lontani, era... era "qualcosa".

Lei guardo' quel qualcosa.

Lei guardo' me.

Si vide poi che tentava di mettere in relazione logica l'intera faccenda.

Si vide infine che la relazione logica era di difficile reperibilita'.

Da ultimo di vide che probabilmente pensava di portarmi da dottore.

Fece la faccia rassicurante. Infatti mi preoccupai immediatamente. Mentre cercavo di cominciare a cercare di pensare ad una transizione sufficientemente smoot ad un altro argomento, un trillo balzo' nell'aria proveniente dall'interno. Just then the phone ring... pensai ricordando una canzone dei Pink Floyd

Mentre Franca andava a rispondere, mi sorpresi a pensare se mi avrebbe preso un appuntamento per l'indomani.


Marco Castellani, 1996