Medaglia d'oro della città di Parma a MARIO TOMMASINI per le battaglie civili volte al superamento dell'emarginazione delle persone in condizioni di debolezza e fragilità, per l'affermazione dei principi di solidarietà, amore e giustizia per il maggior benessere della nostra gente.

 

LISTA MARIO TOMMASINI - LIBERA LA LIBERTA'

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La sanità a Parma! Analisi e proposte....

La crisi della Sanità a Parma:

 

La Sanità a Parma attraversa una fase critica! Lo dichiarano i cittadini attraverso testimonianze e sondaggi[1], e lo confermano soprattutto  i fatti. Non si tratta di fare dell’allarmismo ma di guardare in faccia la realtà e di adottare provvedimenti anche straordinari per frenare questo progressivo degrado.

Tanto più grave appare oggi il comportamento del Sindaco uscente che dopo le strumentali grida elettorali, invece di considerare la Sanità uno dei compiti prioritari di governo della città, si è addirittura defilato, ha abbandonato il campo rinunciando a svolgere il suo ruolo all’interno della Conferenza sanitaria territoriale con motivazioni pietose e pretestuose. L’autorevolezza di un comune capoluogo non si misura infatti in termini di pesi elettorali ma di capacità di rappresentare gli interessi della comunità.

La stessa commissione consiliare sanità del comune, paralizzata da una sequela di mutamenti al vertice, si è rivelata incapace di esercitare la sua funzione di analisi, di ascolto, di orientamento e di proposta nei confronti della giunta e del Consiglio comunale.

L’unica e tardiva seduta monografica del Consiglio comunale, quella del 24 ottobre 2001 si è trasformata ancora una volta di una inutile passerella dei direttori generali con la sorprendente conclusione del Sindaco che, ignorando tutte le critiche avanzate, ha sentenziato, smentendo i suoi concittadini,  che a Parma nella sanità tutto va bene.

Nella città “cantiere” , evidentemente, non c’è spazio per questo tema, pur così frequentato durante le campagne elettorali.

Un governo della città che voglia onorare il ruolo del Sindaco come massima autorità sanitaria e quindi il suo mandato nel campo della tutela della salute dei cittadini, deve affrontare non, in modo episodico, le emergenze e le criticità ma i fattori strutturali che mettono in discussione la qualità del nostro servizio sanitario.

Il primo nodo allora da affrontare in modo deciso  è quello dell’aziendalizzazione e degli effetti che essa ha prodotto nell’arco di 8 anni.

La aziendalizzazione del 1994  perseguendo un efficientismo di matrice imprenditoriale non si è limitata a introdurre la figura del manager, unico responsabile con poteri monocratici, ha fatto ben di peggio, ha di fatto espropriato le comunità locali da ruoli e poteri che erano suoi propri e di cui dovevano rispondere ai cittadini e con un processo di devolution alla rovescia ha portato in capo alle regioni e per esse agli assessori alla sanità, tutti i poteri decisionali. Una vera e propria spoliazione di beni e di funzioni. È bene ricordare, soprattutto in questa fase in cui la dismissione delle strutture sanitarie pubbliche a favore di strutture privatistiche si manifesta in modo sempre più preoccupante e insidioso, che storicamente le principali strutture sanitarie, gli ospedali,  nascono per volontà dei governi locali, come presidi di tutela sanitaria delle città, crescono e si qualificano attraverso un legame forte con le università, si  legano alla comunità attraverso salde forme di associazionismo volontario.

La riforma sanitaria del 1978 con i suoi valori di welfare universalistico avrebbe dovuto superare una situazione di frammentazione e di disuguaglianza che esisteva fra diverse categorie di cittadini e fra regioni diverse, stabilendo un forte legame fra SSN  e comunità locali. Essa tuttavia fu rapidamente stravolta, senza che  nessuna delle forze riformatrici opponesse una reale resistenza,  da una ondata di neoliberismo che dagli anni 80 sembrò essere la carta vincente della modernizzazione.

L’aziendalizzazione è dunque il prodotto di una politica che in nome della razionalizzazione ha di fatto eliminato il legame storico profondo fra istituzioni sanitarie e comunità locale.  Con l’aziendalizzazione tutti i poteri sono stati trasferiti in capo alle regioni, agli assessorati alla sanità, veri e propri governatorati che attraverso i loro funzionari, i direttori generali, gestiscono con poteri monocratici questo immenso patrimonio e queste grandi risorse. Questo sistema centralistico e autoreferenziale può e deve essere rivisto e  corretto attraverso efficaci strumenti di  gestione condivisa e partecipata sia a livello regionale che a livello locale e aziendale.

Tre sono gli obiettivi che la nuova Giunta del Comune di Parma, dovrà proporsi di conseguire anche , se necessario, con proposte di legge regionale.

1°) In analogia a quanto avviene a livello nazionale e tanto più nella previsione del  decentramento di poteri alle Regioni, occorre costituire a livello regionale una specifica  Conferenza sanitaria permanente Regione-Provincie dotata di reali poteri di contrattazione e cogestione nei confronti della Giunta e dell’ assessore regionale. I referenti per le provincie dovranno essere i Presidenti delle Conferenze sanitarie territoriali. Solo così il rapporto sarà non di dipendenza (dalla Regione) ma di pari dignità e di cogestione.

2°) A livello provinciale  occorre conferire reali poteri e strumenti  alle Conferenze sanitarie territoriali che fino ad oggi sono stati soggetti inadeguati a prendere in mano la programmazione e il controllo di un settore così complesso come quello della sanità.  Per poteri reali da conferire alle Conferenze sanitarie provinciali si intende in particolare quello della nomina, della verifica, del rinnovi dei direttori generali riservando al livello regionale  poteri di indirizzo, di accreditamento dei direttori generali e di controllo sui risultati del loro operato.

3°) Occorre affermare modelli e principi di democrazia aziendale che ribaltino il potere monocratico dei direttori generali, con strumenti collegiali a livello decisionale, gestionale e di controllo che coinvolgano gli operatori sanitari a cominciare dai medici in una posizione non di subalternità e  di asservimento.

Al  Direttore generale occorre dunque  affiancare  un Consiglio di direzione  di cui facciano parte, oltre al direttore generale e ai direttori amministrativo e sanitario, rappresentanti eletti direttamente da e fra il personale aziendale.

Occorre in definitiva  rimettere in discussione l’aziendalizzazione per gli aspetti  negativi e degenerativi che essa ha prodotto in termini di burocratizzazione delle Aziende sanitarie, di efficientismo basato su una concezione economicistica, o, nel migliore dei casi, tecnocratica della gestione della sanità.

Se prima della riforma il malato era ridotto a un numero (di posto letto) , oggi  il malato è ridotto a un numero di  DRG. Il risultato non cambia. 

Il problema della “umanizzazione “ dell’Ospedale (della sanità) appare ancora oggi irrisolto anzi l’aziendalizzazione rappresenta una intrusione ancora più violenta nel rapporto fra medico e malato. 

[1] Un’indagine promossa dalla Gazzetta di Parma del luglio 2001 pone i servizi ospedalieri all’ultimo posto di gradimento con un punteggio di 5,4

 

Le strutture ospedaliere

 

Il problema  più allarmante a livello dei servizi sanitari Parma è certamente rappresentata dal progressivo indebolimento del sistema ospedaliero pubblico. C’è un segnale chiaro di questa situazione: il crescente numero di cittadini della nostra provincia che decidono di ricoverarsi in ospedali di altre provincie e regioni (mobilità passiva)  e, dall’altro versante, il calo di cittadini di altre provincie e regioni che scelgono di affidarsi ai nostri presidi ospedalieri pubblici (mobilità attiva).

La mobilità attiva fra il 1997 e il 2000 è diminuita del 13% mentre la mobilità passiva  è aumentata, nello stesso periodo del 13,2%.

Il saldo di mobilità (differenza fra mobilità attiva e passiva) che nel 1997  era pari a 8.039 ricoveri, nel 2000 è sceso a 4.338 ricoveri con una riduzione del 46%!

Le ragioni dell’incremento della mobilità passiva sono fin troppo evidenti.

Tutta la così detta razionalizzazione ospedaliera in atto da quasi 10 anni e che ha prodotto, allo stesso tempo, una riduzione drastica della durata delle degenze, riduzione del numero di posti letto e riduzione degli stessi stabilimenti ospedalieri pubblici  (da 5 a 3, uno dei valori più bassi a livello regionale[1]), è stata percepita dai cittadini non come miglioramento e qualificazione dei servizi,  ma come rigetto, come rifiuto del malato e mancanza di rispetto dei suoi diritti più elementari.

Lo zelo e l’improvvisazione nel chiudere ospedali come quelli di Colorno e di S.Secondo senza programmare e realizzare  prima le alternative credibili in termini di presenza di servizi sul territorio, di garanzia di presa in carica e in cura, di percorsi programmati verso i presidi ospedalieri di Parma e di Fidenza, ha seminato sfiducia e senso di abbandono e ha comportato una fuga verso ospedali di altre regioni[2].  Il cittadino si è sentito “abbandonato” e imbrogliato.

L’ indice di dipendenza della popolazione della provincia di Parma dalle strutture ospedaliere pubbliche  dell’Ausl e Aosp di Parma è passato dal 76,03 % del 1998  al 72,53%  del 2000.

Il rischio è che, come avviene per alcuni ospedali della provincia, si proceda addirittura ad appaltare ed esternalizzare funzioni essenziali come la Radiodiagnostica. In questo modo la Radiologia e tutte le moderne diagnostiche per immagine vengono considerate alla stregua degli altri servizi generali (lavanderie , pulizie generali ecc.) ! Ma radiologi e anestesisti  esterni, ad ore,  non integrati nel lavoro dipartimentale, rappresentano la negazione della continuità terapeutica, del lavoro di equipe e in definitiva della qualità delle prestazioni.

A  fronte di questa situazione critica, è tempo di chiedersi se non sia più utile e opportuno riunificare sotto l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma  la gestione di tutti i presidi ospedalieri della provincia, compresi i due ospedali di Fidenza e Borgotaro, non certo per assorbirli ma per valorizzarli utilizzando tutte le sinergie e tutte le economie di scala che questa gestione unificata permetterebbe. L’Azienda usl non ha mostrato infatti nessun interesse allo sviluppo della rete ospedaliera a gestione diretta, preferendo chiudere stabilimenti e convenzionarsi con realtà ospedaliere di provincie limitrofe.



[1] numero di ospedali per provincia: Piacenza:7; Parma:3; Reggio Emilia 6; Modena: 10; Bologna: 14; Ferrara:9; Ravenna: 3; Forlì-Cesena: 8; Rimini: 4.

[2] Nel corso del 1999 , il 42% (1.281 su 3.024) dei ricoveri di cittadini residenti nella  provincia di Parma in ospedali della Lombardia  provenivano dal distretto Bassa parmense, oggi unificato in parte con il distretto di parma città.

 

L'Azienda Universitaria Ospedaliera

 

Negli OORR o meglio nell’AOSP di Parma, la situazione è altrettanto complessa anche se diversi sono i problemi da affrontare e i nodi da sciogliere.

1) La prima verifica da fare riguarda il grado di attuazione di alcuni obiettivi strategici enunciati dall’Azienda già alcuni anni fa e che avrebbero dovuto modificare dal punto di vista della qualità l’operatività gestionale dei reparti :

       a)      attivazione dei Dipartimenti e conseguente reale autonomizzazione e responsabilizzazione delle equipes sanitarie;

       b)      attivazione dei percorsi diagnostico terapeutici.

Al  momento attuale i risultati su entrambi i fronti sembrano deludenti e parziali, a conferma del fatto che fra le intenzioni dichiarate e quelle concretamente realizzate esistono distanze abissali.

2) Una seconda verifica, riguarda la reale capacità dei reparti a valenza sovraprovinciale di rispondere al loro naturale bacino di utenza sovraprovinciale e ad essere quindi quel polo di riferimento di secondo o terzo livello che la programmazione regionale affida loro. Ed è evidente l’importanza che i reparti a valenza sovraprovinciale hanno dal punto di vista della mobilità attiva e passiva.

3)   Una terza verifica riguarda lo stato dei rapporti fra Ospedale e Università , e in particolare il ruolo che quest’ultima gioca all’interno di un sistema che è chiamato a garantire livelli di alta qualificazione.

La recente firma dell’Accordo attuativo del Protocollo d’intesa Regione – Università non ha aperto ancora una fase di stringente verifica su obiettivi e priorità da affrontare. Il confronto resta chiuso a livello di vertici e non assume quella necessaria chiarezza, concretezza e coralità che è la premessa affinchè  la presenza dell’Università venga vissuta come una grande opportunità per tutto il territorio provinciale. La capacità di creare punti di eccellenza  in stretto collegamento con la evoluzione rapida della ricerca scientifica in campo medico dovrebbe spingere a obiettivi ben più ambiziosi di quelli individuati nel protocollo d’intesa,  superando ogni forma di provincialismo e di autarchia.

Vi sono poi  problemi e sofferenze nel campo della formazione e dell’aggior-namento professionale e specialistico  che esigono l’elaborazione urgente di programmi e piani di lavoro.

La bontà dell’Accordo allora non può essere misurata solo in termini di Unità operative complesse in più e posti letto in più per Università come è sembrato trasparisse da alcuni autorevoli interventi. Il rischio è quello di alimentare una conflittualità strisciante finalizzata solo al mantenimento o all’allargamento di spazi di influenza e di potere.

L’Università non può considerarsi, per un malinteso concetto di autonomia, al di fuori di ogni sistema di concertazione e di verifica dei programmi e dei risultati. Non può certo far piacere vedere che la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Parma si colloca in posizioni di mediocrità nelle graduatorie elaborate dal CENSIS[1]. Al di la del grado di affidabilità dei criteri di valutazione  utilizzati in quell’indagine,  essa dovrebbe far capire a tutti che i sistemi di verifica sono ormai parte integrante di ogni moderno sistema di intrapresa e di autonomia gestionale. 

L’Accordo deve rappresentare in definitiva non il punto di arrivo ma l’inizio di una fase nuova nei rapporti fra Università e Ospedale e fra Università e territorio. Di questa fase nuova  il sindaco e la nuova giunta dovrà farsi carico in modo prioritario

4) Una quarta  verifica riguarda  i problemi connessi al “Nuovo ospedale”. A fronte di un fabbisogno per il completamento dell’opera che nel 1999 era  stimato in 325 miliardi, si è assistito a una lievitazione del preventivo di spesa  fino ai 470 miliardi del 2002 ; tutto questo è indice di approssimazione e di incertezze che gettano luce preoccupante sulla capacità di gestire un progetto così rilevante per la città, la provincia e la regione.

In questa situazione di incertezza e in ogni caso di tempi estremamente lunghi per quanto riguarda il completamento del nuovo ospedale , non è accettabile  la situazione di pesante  degrado ambientale e di affollamento in cui si trovano diversi padiglioni e reparti esistenti in cui il comfort alberghiero è ancora a livelli prebellici. Si pensi alla situazione dell’Ospedale Rasori, dello Stuard, del padiglione Cattani. Interventi immediati di risanamento devono essere messi in atto. Stanze a 5-6 posti letto, carenza spaventosa di servizi igienici , non sono più tollerabili.

5) Un’ultimo problema (che riguarda non solo l’assistenza in regime di ricovero ma anche la specialistica ambulatoriale) da affrontare è quello della libera professione intra-moenia  in rapporto alle liste d’attesa. Non si tratta di tornare su questo argomento a scontri ideologici, e tuttavia il diritto del cittadino alla libera scelta del medico  o del servizio non può trasformarsi nel suo opposto , in un ricatto eticamente non accettabile che si fonda sulla esistenza di liste d’attesa  eccessivamente lunghe. Occorre arrivare rapidamente a stabilire delle regole, delle soglie di tolleranza che non possono essere superate, oltre le quali tutte le risorse devono essere dirette ad abbattere le liste d’attesa.

I provvedimenti dell’ultima ora del Governo Berlusconi che di fatto cancellano il principio della unicità del rapporto di lavoro dei medici reintroducendo la totale libertà dei medici di esercitare la libera professione intra ed extra moenia rappresentano un passo indietro gravissimo rispetto a quanto la Riforma Bindi era riuscita a innovare in questo campo.

[1] La Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma  che nell’inchiesta del 1999 era al 13° posto è scesa ulteriormente, nel 2000, al 18 posto della graduatoria nazionale.

 

L'Emergenza Urgenza

 

La crisi permanente del Pronto Soccorso degli OORR di Parma, è lo specchio della incapacità a gestire in modo coordinato e integrato le risorse interne ed esterne dell’ospedale.

Il problema infatti non è risolvibile con misure che riguardano esclusivamente l’organizzazione interna del P.S. Alcuni interventi migliorativi che ora l’Azienda si accinge a varare erano stati evidenziati da tempo e da tempo potevano essere risolti (vedi il servizio di Radiologia d’emergenza, il potenziamento dei trasporti interni) . Il vero problema del PS tuttavia  sta al di fuori dell’ospedale nel venir meno  di presidi e servizi  capaci di filtrare una domanda che altrimenti e di necessità si riversa in modo indifferenziato  sul PS ospedaliero. Sotto questo profilo grave è la responsabilità del progressivo impoverimento e svuotamento del servizio di guardia medica territoriale che invece andava potenziato e qualificato.

Mentre i parametri dalla legge prevedono un organico per la nostra provincia di circa 100 medici, ne sono in servizio meno della metà. Il pessimo trattamento economico, la mancanza di sedi e attrezzature adeguate che restituiscano dignità e qualità alla funzione rendono addirittura difficile il reclutamento di medici disponibili ad assumere questo incarico. Manca poi una integrazione dei medici di guardia medica con il Pronto soccorso ospedaliero. Non esistono nella provincia presidi di Pronto soccorso di primo livello. La logica della centralizzazione forzata ha portato a una situazione in cui  il cittadino, per qualsiasi problema, è costretto a rivolgersi al Pronto soccorso dell’ospedale regionale. Solo  una diversa pianificazione e un potenziamento dell’emergenza urgenza a livello territoriale può risolvere il problema. Sotto questo profilo le due aziende sanitarie devono essere richiamate fermamente a un atteggiamento di collaborazione e di coordinamento con l’adozione di un  programma comune e condiviso.

 

Servizi Ambulatoriali e Liste d'Attesa

 

Le liste d’attesa per visite ed esami specialistici sono la spia dello stato di crisi della rete specialistica ambulatoriale. Le soluzioni adottate come il così detto “scolmatore” appaiono francamente inadeguate e risibili.

Alla riconosciuta complessità dell’abbattimento delle liste d’attesa non si può rispondere con soluzioni semplicistiche che contraddicono l’impostazione generale, che rappresentano una presa in giro del cittadino e che umiliano gli stessi professionisti privati. Occorre stabilire dei traguardi, degli obiettivi di miglioramento reale. Le soglie individuate dalla Regione (60 giorni per gli esami strumentali e 30 giorni per le visite specialistiche) in ogni caso devono essere considerate  come  valori critici e non come valori ottimali.

E’ ragionevole proporsi l’obiettivo di dimezzare questi valori soglia per tutte le prestazioni.

Molte specialità già oggi sono al di sotto di questi valori a dimostrazione che l’obiettivo è raggiungibile agendo non necessariamente e non esclusivamente sul versante dell’offerta.

Va  riprogrammata e rimodulata  la rete dei poliambulatori.

Rispetto al sistema dei poliambulatori della città di Parma, a fronte di progetti di chiusura degli attuali presidi , è necessario ribadire che la città ha bisogno di almeno due grandi  poliambulatori  strategicamente disposti per servire in modo adeguato tutta la popolazione.

Gli Hospice

Più che una  novità essi ricordano gli antichi ospedali per incurabili. Il programma dell’Ausl nel settore degli hospice prevede la realizzazione di ben 46 p.l. così distribuiti:

 

Distretto Parma città

18 pl

Distretto di Fidenza

12 p.l.

Distretto Valli Taro e Ceno

  8 p.l.

Distretto Sud Est

  8 p.l.

 

 

Occorre precisare  che il progetto “hospice”  è previsto da una legge nazionale e si colloca  all’interno della problematica delle cure palliative e delle terapie del dolore.  L’hospice in realtà potrebbe avere una sua giustificazione solo nel caso di cure che richiedono alta o altissima specializzazione. Per queste funzioni gli esperti indicano un fabbisogno di 1 p.l. ogni 100.000 abitanti!  Nulla a che fare con questa rete di ben 46 p.l. che non saranno certo di alta specializzazione  pur costando molto per la loro realizzazione ( non meno di 200 milioni a posto letto) e per la loro gestione. Né si comprende con quali criteri sarà organizzato l’accesso  a tali strutture. Non risulta che a livello locale o nazionale ci siano movimenti o comitati di cittadini che rivendicano la creazione di hospice.

E’ vero invece che occorre potenziare e sviluppare i servizi di assistenza domiciliare ai malati terminali e che in tutti gli ospedali e in tutte le strutture residenziali occorre pretendere e mettere in atto misure che garantiscano il rispetto della dignità e della privacy del malato terminale di tutti e non solo di coloro che dovvessero accedere ai così detti hospice. 

 

La crisi della Psichiatria

 

“L’idea che l’istituzionalizzazione finisce quando chiudiamo gli ospedali psichiatrici è  un non senso, perché l’istituzione non è “l’ospedale”: l’istituzione è la psichiatria istituzionale o, cosa ancora più importante, è la psichiatria biologica istituzionale dove si crea un individuo dipendente”  (Ron Coleman, Guarire dal male mentale)

Questa citazione sintetizza bene il percorso e la crisi della psichiatria italiana e della psichiatria parmense in particolare che circa due anni fa era arrivata a un punto di tale gravità da portare alla decisione di chiamare a dirigere il DSM un primario  psichiatra che in altra regione aveva realizzato programmi molto avanzati e innovativi. In realtà, come si è evidenziato in modo clamoroso negli sviluppi successivi, la chiamata del dott. Righetti era accompagnata da profonde riserve mentali , dell’Azienda Usl, dello staff dirigente del Dipartimento, degli Enti gestori esterni.

Non  appena fu chiaro che la nuova progettualità metteva in discussione sistemi di gestione, assetti di potere e interessi consolidati, a distanza di appena due mesi dall’inizio dell’incarico, iniziò una azione di interdizione sistematica volta a bloccare i progetti che mano a mano venivano presentati. Si puntò inizialmente a spingere il dirigente alle dimissioni volontarie (aprile del 2000), poi, andato a vuoto questo tentativo, si cercò di impedirne l’operatività sottraendogli i poteri gestionali (novembre del 2000), infine furono messe in atto (luglio-agosto 2001) procedure di revoca unilaterale del mandato, in altre parole di licenziamento con tutta una serie di  pretestuose motivazioni. La conclusione della vicenda è nota e rappresenta una grave sconfitta per tutti a cominciare dai malati e dai loro familiari.

Su questa vicenda ha pesato il comporamento del Comune di Parma e della sua giunta  che in una sua deliberazione richiamandosi a principi che la storia e la scienza hanno da tempo cancellato (la pericolosità del malato mentale) ha fatto azione di interdizione e di freno alle innovazioni .

C’è da aggiungere che proprio in questa vicenda  si è manifestato  in tutta la sua pericolosità  il potere monocratico dei direttori generali che porta a scavalcare perfino  il ruolo e la responsabilità professionale del medico, interferendo diretta-mente  nel governo clinico e nel percorso terapeutico del malato mentale.

Di fronte a questa vicenda occorre riaffermare l’urgenza di un riordino dei servizi psichiatrici basato sul superamento del Diagnosi e cura, delle comunità protette vecchie e nuove , vere e proprie trappole di cronicizzazione e di passivizzazione dei malati mentali, e dunque su una forte presenza di servizi nel territorio, a domicilio  (i Centri di salute mentale a 24 ore) capaci di affiancare i malati e le loro famiglie, di farsi carico dei momenti di crisi,  di promuovere, con il concorso anche dei comuni, tutte le iniziative di inclusione sociale (nel campo del diritto alla casa, a un lavoro, a una normale vita affettiva e di relazione), e di superamento del ricorso sistematico a processi di istituzionalizzazione e di cronicizzazione.

A maggior ragione occorre riaffermare questo modello avanzato di tutela della salute mentale, nel momento in cui a livello nazionale si presentano disegni di legge che, se approvati, distruggerebbero quello straordinario patrimonio innovativo, sociale, culturale e scientifico, rappresentato dalla legge 180 del 78 che ha portato al superamento dei manicomi .   

 

La gestione del Personale

 

In una struttura come quella sanitaria che si rivolge al cittadino, alla persona, la principale risorsa è rappresentata dalla risorsa umana. E’ una costatazione addirittura banale. Ma è proprio nella gestione del personale che si rivela uno dei limiti , delle carenze più gravi dell’aziendalizzazione.

Intanto c’è un problema evidente di pianta organica.

Pianta organica dell’AUSL di Parma : 2542 unità:

all’1.1.1997, posti occupati 2.335, posti vacanti 207  (  -8,1%);

all’1.1.1998, posti occupati 2.253, posti vacanti 289   (-11,4%);

all’1.1.1999, posti occupati 2.232, posti vacanti 310   (-12,2%);

all’1.1. 2000, posti occupati 2.213, posti vacanti 329  (-12,9%)

Calcolando per il 2000 un costo medio annuo  unitario di 75,3 milioni , ai 329 posti vacanti corrisponde una minor spesa di 24,7 miliardi.

Per quanto riguarda l’AOSP di Parma i posti vacanti in pianta organica nel 2000 erano 190 (il 6%).

Pensare di contenere il disavanzo aziendale non attraverso processi di razionalizzazione e di qualificazione ma attraverso un sistematico e pesante contenimento della pianta organica è una scelta gravissima e perdente perché porta ad una riduzione della capacità di offerta e di qualità dei servizi con la conseguente perdita di “competitività” rispetto ad altri soggetti pubblici o privati.

Il blocco delle assunzioni nell’Ausl ha inoltre comportato un sovraccarico di lavoro per il personale dipendente che, solo per ferie non godute al 31.12.2000, assommava, in termini monetari, a 7 miliardi e 27 milioni.

In effetti, come risulta dalla Relazione annuale 2000 della Agenzia Sanitaria Regionale, l’Azienda USL di Parma è una delle aziende che a livello regionale spende meno per il personale!  E tuttavia nel bilancio  pluriennale di  previsione 2001-2003 l’Ausl prevede una ulteriore riduzione della spesa per il personale per effetto di contrazione di personale amministrativo, riduzione del personale medico e riequilibrio del rapporto fra infermieri professionali e OTA. 

Accanto a questo dato numerico pur così corposo e significativo sta un dato qualitativo che riguarda il modello dirigistico, autoritario di gestione del personale stesso, il peggiore, fra tutti i modelli possibili, quanto a capacità di promuovere motivazione e responsabilizzazione degli operatori sanitari.  Il risultato è quello di una sistematica e intollerabile umiliazione e vessazione  dei lavoratori della sanità e un regime interno fortemente repressivo.  

Non a caso dunque il presidente della Conferenza sanitaria territoriale nell’espri-mere il parere sull’attività svolta dal direttore generale dell’AUSL di Parma insisteva in particolare sulla necessità di:

       1) “attivare modalità tecnico-organizzative in grado di migliorare il clima aziendale interno, con modalità di      partecipazione bottom-up (dal basso verso l’alto);

       2) attivare  iniziative per garantire la massima qualificazione nelle scelte dei dirigenti medici e non medici preposti alla direzione di strutture complesse;

       3) attivare procedure di coinvolgimento dei medici di medicina generale e dei medici specialisti esterni ai processi decisionali che attengono l’integrazione tra le attività sanitarie aziendali e quelle esterne.”

Nulla di quanto suggerito e indicato dalla C.S.T sembra essere stato recepito ed attuato dalle due aziende!

 

Conclusioni

 

Questo documento rappresenta un contributo che il Gruppo Libera la Libertà mette a disposizione dei cittadini, e della Coalizione di Centro-sinistra.

Occorre aprire una fase nuova in cui la spesa per la salute e per i servizi sanitari pubblici sia considerata non  un limite alla crescita ma una grande opportunità per innalzare la qualità della vita e la qualità del “sistema” nel suo complesso.

In una regione come l’Emilia Romagna che vanta redditi pro capite a livello delle più progredite regioni europee,  è perdente ogni logica di tagli e di contenimento della spesa sanitaria! Se è vero che la spesa sanitaria pubblica in Italia in termini di percentuale sul PIL è fra le più basse fra i paesi sviluppati, occorre passare dalla politica del ripiano dei disavanzi alla logica dell’investimento di risorse in un settore strategico su cui è possibile ottenere un grande consenso e una condivisione ampia dei cittadini. Occorre ritrovare l’orgoglio e la convinzione della opportunità di investire risorse nello sviluppo di  sistemi di welfare in generale e di servizi sanitari in particolare  che siano all’altezza delle aspettative e della domanda dei cittadini.

 

Tab. I

MOBILITA' (n° ricoveri)

1997

1998

1999

2000

var. 00-97

var. 00-99

infraregionale attiva ^

8.570

8.001

7.715

7.536

-12,1%

-2,3%

extraregionale attiva^

9.597

8.678

8.524

8.269

-13,8%

-3,0%

totale attiva

18.167

16.679

16.239

15.805

-13,0%

-2,7%

infraregionale passiva^^

4.757

5.190

5.399

5.350

+12,5%

-0,9%

extraregionale passiva^^

5.371

5.596

5.914

6.117

+13,9%

+3,4%

totale passiva

10.128

10.786

11.313

11.467

+13,2%

+1,4%

saldo (attiva-passiva)

8.039

5.893

4.926

4.338

-46,0%

-11,9%

* ospedali pubblici; ** ospedali pubblici+privati

 

Tab. II

 

AUSL PARMA

AOSP PARMA

 

Pianta org.

dotazione

differenza

Pianta org.

dotazione

differenza

Personale medico

346

293

-53

421

377

-44

Person. Sanitario laureato

151

131

-20

48

43

-5

Personale infermieristico

945

879

-66

1481

1528

47

Personale tecnico sanitario

336

284

-52

311

308

-3

Ruolo tecnico profession.

12

6

-6

12

6

-6

Ruolo tecnico

392

308

-84

790

621

-169

Personale amministrativo

347

328

-19

222

203

-19

totale

2.529

2.229

-300

3.285

3.086

-199

 

 

 

-12%

 

 

-6%

 

 

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