Processo a Stampa pei Furti di S. Agata
Vol. I.--Ferculo / Parte II.--Esami testimoniali
D. R. Non ho nulla da aggiungere a quanto precedentemente dichiarai alla giustizia, intorno al furto degli ostensori della Cattedrale.
Io la notte in cui il furto avvenne, dormiva profondamente e non intesi nulla.
La mattina, padre Di Maggio diceva, che gli mancavano denari e quando disse a Torrisi, di prendere le chiavi, costui rispose che non vi erano.
Scendemmo tutti giù in sagrestia, dove si trovavano le porte aperte, e mentre osservavamo per vedere se vi mancasse qualche cosa, ad un tratto [...] il Torrisi, annunziando che gli ostensori
[...]
[La no]tte in cui fu commesso il tentativo
[di furto al tes]oro di S. Agata, io dormivo insie-
[me agli altr]i sagristani ed a Concetto Torrisi, il
[quale, ver]so le tre a. m., si svegliò, annunziandoci
[che fosse que]l giorno suo onomastico, e che si doveva-
[no lavar]e i piatti rimasti sporchi la sera precedente.
[Fu] perciò, che ci alzammo e ci mettemmo a rom-
[pere la] legna per accendere il fuoco.
Terminata poi la lavatura dei piatti, scendemmo in Chiesa, ove ci accorgemmo del tentativo che era stato commesso, e trovammo scassinata la porta in vicinanza dell'altare di S. Giorgio.
D. R. Non mi accorsi se il Torrisi, avesse particolare amicizia con qualche sagrista o con qualche prete di quelli della Cattedrale.
Posso dire soltanto, che egli era in relazioni strette col custode della Cattedrale Francesco Maccarone, con cui lo vedemmo moltissime fiate discorrere.