Il Melzì Scientifico - Fascismo
- Fascismo, st.
Nome del partito politico fondato da Benito Mussolini in Milano il 23 mar. 1919, quattro mesi dopo l'armistizio di Villa Giusti (4 nov. 1918), derivando il suo nome dal
Fascio littorio romano assunto come emblema e insegna: è sorto il fascismo quando la politica internaz., prima che interna, dimostrava di essere sfavorevole agl'interessi delle giuste rivendicazioni nazionali italiane: si rafforza quando i demagogismi interno tendono a indebolire e rendere di nuovo schiava l'Italia delle grandi coalizioni internazionali.
Figlio diretto dell'interventismo (1914-15), più che partito politico con programma, statuto e regolamento debitamente approvati, il fascismo è scuola di rieducazione del popolo d'Italia, stato d'animo con spiccata volontà di ridare ad ogni cittadino d'It. la coscienza nazionale e il rispetto di sé davanti all'estero.
Perciò sin dall'inizio il fascismo vuole in It. la difesa dell'ultima guerra nazionale e la valorizzazione della vittoria, cui aggiunge la resistenza e l'opposizione alle degenerazioni teoriche a pratiche del demagogismo imperante nei partiti estremi.
Come derivato dall'interventismo il fascismo non può sopportare la derisione della Vittoria, della prima vera grande assoluta ed indiscussa vittoria italiana di Vittorio Veneto.
La guerra l'ha voluta, non subita. L'ha voluta come fatto rivoluzionario per l'abbattimento all'estero di pericolose coalizioni militari e d'altra natura, all'interno di vieti pregiudizi e di dolorose leggende.
L'Italia doveva sortire rinata dalla guerra per nuova forza fisica e morale che avrebbe dovuto conquistarsi. L'interventismo sapeva che l'estero non era troppo entusiasta dei sacrifizi sostenuti dal popolo d'It. per il suo Risorgimento unitario. Sapeva che una parte d'It. rinfacciava all'altra un diverso concorso all'Indipendenza.
Bisognava fondere le diversità regionali nella coscienza nazionale, e cancellare odiosi giudizi della storia. Era stato scritto, dopo Custoza e Lissa, da stranieri amici dell'It., che a noi mancava ogni « ossanza guerresca ».
« Dalla caduta dell'Impero romano (scriveva il 27 giugno 1866 Ferdinando Gregorovius) il Paese ha sofferto sempre le invasioni straniere e non stette che continuamente sulla difesa. Non v'è epoca in cui abbia potuto pensare a conquiste ».
Ed era storicamente giusto; ma allorché quel giudizio si sovrapponeva alla cessione della Venezia per mano di Napoleone III, imperdendo alle truppe volontarie di Garibaldi di riscattare il Trentino, a quelle regolari del gen. Medici di proseguire oltre l'Isonzo per liberare Trento e l'Istria; quando Roma si poteva unire all'It. durante l'assenza della Francia, soccombente a Sedan; e tutta la gloriosa iniziativa coloniale, nonostante le fulgide prove di Dògali, Saati, Macallè e Amba Alagi, dovette sottostare al rovescio di Abba Garima, in cui però rifulsero le alte virtù militari del nostro soldato, quel giudizio pareva una derisione.
Non scarsi italiani allora furono irridentisti o sovversivi anche per un sentimento di ribellione contro le fatalità della storia. Perciò subito dopo che la guerra di libia ebbe rialzate le sorti dello spirito mazionale, nonostante che il parlamentarismo indebolisse, a traverso governi non tutti nè sempre forti d'italianità, le riserve e i rifornim. dell'esercito, pochi interventisti, non appena scopp. la grande guerra mondiale, sentono venuto il momento in cui l'It. o compieva l'indispensabile atto di volontà per il suo pieno riscatto, o non più mai avrebbe colta l'occasione.
Alla loro testa è B. Mussolini. Contro i pochi che lo impongono non disarma il neutralismo, che fu potuto dire disfattismo in più d'un luogo e di un tempo. L'Italia non era ritenuta matura o diritta da alcuni de' suoi maggiorenti che avevano grandi consensi di masse dalla loro.
L'interventismo sa essere audace e tenace. Non sempre fortunato, paga sempre di persona con eroismi che si impongono all'ammiraz. anche degli avversari.
Sostiene la guerra. Non è travolta nella sventura. Dopo Caporetto trova nel popolo consensi di riscossa insperati. Perciò quella giornata è proclamata inizio della Vittoria.
Doveva essere per alcuni « nefasti e nefandi » uomini, il principio del nostro avvilimento, la fine d'ogni nostra indipendenza. Fu in vece il giorno santo del nostro riscatto morale.
L'It., mutilata e ferita, senza aiuti stranieri, con i Francesi fermi sul Mincio, con gl'Inglesi in attesa sul Ticino, pochi giorni dopo la rotta inchioda da sola il nemico sulla sponda sinistra del Piave e vince sé stessa, tutta sé stessa.
Un anno dopo, con mezzi soltanto suoi, perché c'erano più italiani in Francia che inglesi, francesi, cekoslovacchi e americani in It., vince il nemico a Vittorio Veneto e lo vince per sé e per gli alleati. In tutta la durata della guerra caddero 4375 italiani sul fronte francese, contro un totale di 1841 alleati sul fronte italiano fra inglesi (1024), francesi (480), cekoslovacchi (336) ed americani (1) L'It. sarebbe redenta e gl'Ital. potrebbero anda pel mondo a fronte alta.
Il crollo dell'Austria, il sorgere degli stati nazionali danubiani e balcanici, l'indipend. polacca, la rivolta interna germanica, maturano fra l'armistizio italiano e quello francese La cronologia non è un'opinione. La polemica del più abile mistificatore della storia non riesce a spostare le date. L'It. ha vinto per tutti. Per questo i suoi figli, che l'hanno cimentata alla gloria, non sopportano la decimazione della Vittoria.
L'interventismo diviene fascismo subito dopo i primi errori della COnferenza di Par. Il martirio d'Italia davanti alla Pace rafforza il fascismo.
Perciò in politica estera il fascismo non crede alla possibilità di una Società delle Naz. in cui le contraenti non siano su di un terreno di parità; né crede alle internazionali rosse, verdi e d'altro colore; è scettico dinanzi al miraggio del disarmo universale; ritiene rivedibili i Trattati di pace in quelle parti che possono essere fòmite di nuove guerre; reclama l'annessione economica di Fiume all'It., la tutela degli'italiani della Dalmazia, lo svincolo graduale dell'It. dal gruppo delle naz. plutocartiche occidentali, il ravvicinamento di alcune naz. nemiche, la valorizzazione dell'It. all'estero e di tutte le colonie italiane sia nel Medit. sia oltre l'Atlantico.
In politica interna è contro tutte le demagogie, contro la predicazione d'una rivoluz. ch'è stata soltanto rivolta cronica, e contro la fissità degli ordinamenti. La caratteristica del fascismo dal 1920 in poi è stata quella di non voler immiserire nelle sfere di un partito politico: è l'antipartito, per autonomasia, senza pregiudiziali pro o contro le istituzioni: vive nella realtà, che è sempre formidabilm. complessa, in quanto smentisce in pieno il facolinismo dogmatico dei partiti demagogici.
« La realtà ci mostra non una ma dieci distinte borghesie (ha detto B. Mussolini, come Presid. dei ministri nel lug. 1923 alla Cam. dei Deput.). Non un proletariato, ma cento differentissimi proletariati ci presenta la realtà »
Il fascismo distingue quindi gli elementi parassitari dai produttori in tutte le possibili classi e sottoclassi, ed esalta il sentimento naz. accoppiato al produttivismo.
Non nutre omaggio per un determinato tipo di economia: pretendere di ridurre l'economia d'una naz., varia come l'Italia, ad un tipo scolastico o teorico, è pretendere l'assurdo.
Ogni economo, ogni ordinamento sociale, sono buoni quando giovino alla Patria. L'It. sopratutto, in ogni occasione, in ogni problema. Abolito il sentimento del campanilismo, trasformato il mito del collegio elettorale, educato l'italiano a nulla volere per un comune una provincia una regione, se non giova alla Patria; ammonito che non è onesto sollecitare le debolezze degli amori locali, per cui sotto il fascismo, ammessa la necessità di economie per lo Stato non dev'esser ripetuto l'errore che dianzi nessuna economia era consentito attuare se toccava la Pretura o la Scuola o altro ufficio del proprio loco natìo, il fascismo ha imposto una gerarchia di valori morali e di competenze tecniche sotto una disciplina logica. Al feticismo del diritto per il diritto, proclamato a esclusivo uso di collettività determinate, ha sostituito il dovere preciso e rigido d'ogni individuo, non essendovi altro diritto davanti alla società e alla Patria, del dovere di compiere tutti i pripri doveri.
E come per gli individui, così per le masse, così per le nazioni. Il diritto del popolo che compie tutti i suoi doveri è formidabile davanti alla storia.
La forza d'It. sarà data dal lavoro intenso e dal dovere compiuto da tutti i suoi figli, senza sopportazione di umiliazioni.
La tolleranza ovunque non sia vigliaccheria, né l'errore ammesso quando noccia alla Patria. Il fascismo è intollerante con l'errore ostinato e in mala fede, e codesta sua insofferenza trae da una fede che dà a tutto il movimento di rieducaz. nazionale la sostanza di una grande e profonda religiosità.
Nella riforma politica dello Stato nazionale il fascismo sostituisce agli « immortali principi » del liberalismo, il principio che la libertà dei singoli è subordinata al bene della Patria.
Il processo formativo d'ogni progresso è un crescere di vincoli alle libertà individuali.
Perciò occorre frenare ogni licenza, ed il fascismo, in questa fase, più che Frencescano è Domenicano. Nel fascismo c'è una religiosità combattente per il vero contro l'errore. Lo ha ripetuto l'unico formidabile costruttore del fascismo, Benito Mussolini, nel discorso del 1925 alla cittadinanza di Vercelli.
Lo svolgimento dall'idea all'atto, dopo una preparazione colossale, che non fu intesa dai governanti del tempo, in seguito alla sconfitta dello sciopero generale rosso della fine di luglio e del principio d'agosto 1922, e dopo la conquista del potere, avvenuta con la Marcia su Roma del 28-30 ott. 1922, è in attuazione.
Il fatto storico è dunque in azione. Raggiunge una fase di rinnovamento sociale della Legge sui rapporti collettivi del lavoro, il riconoscimento giuridico dei sindacati, e la formazione di corporazioni di lavoratori e di datori perfettamente inquadrate nello Stato, non più agnostico.
Perfeziona e sviluppa questa fase quando elabora e pubblica la Carta del Lavoro (v.). L'Italia riconosce finalmente la giornate laboriose di tutte le sue genti e la mutata stima dello straniero. In questa atmosfera si matura l'evento storico più grandioso del Risorgimento italiano, invano auspicato da Cavour e da Crispi: la Conciliazione fra Vaticano e Italia (11 febbraio 1929). Così, per merito del fascismo l'Italia non ha più contestaz. territoriali con la Santa Sede, cementa in fratellanza di tutti gli Italiani in un'era di grande pace interna. La storia del domani non desidera che seguitare a parlare di una It. tranquilla, operosa, produttrice, esempio di pace all'interno, forte e grande per imporre la stessa pace anche all'estero.
Nella chiusura del discorso Sette anni di Regime Fascista (10 marzo 1929-VII all'Assemblea quinquennale) Mussolini ha concluso: « L'Italia è fascista ed il Fascismo è l'Italia ».
- Organizzazione del Fascismo, Durante la formaz. di questa scuola d'italianità i gragari erano divisi in principi e triari. I principi erano gli squadristi per eccellenza. Poi, separata l'organizz. militare dalla civile, tutti gl'inscritti sono stati separati in:
- balilla (sino al 12° a.),
- avanguardisti (sino al 18° a.),
- fascisti (dal 19° a. in su).
I fascisti fanno parte di diritto della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale, divisa in Legioni, Coorti, Centurie, Manipoli e Squadre.
- La Squadra di 15 militi ha per comandante il Capo (cordoncino argento);
- il Manipolo (3 squadre) di 45 militi è comandato dal Decurione (2 cordonc. d'oro);
- La Centuria (3 manip.) di 135 militi è agli ordini del Centurione (3 cordonc. d'oro);
- la Coorte (3 centurie) di 405 militi obbedisce al Seniore (una fascia larga d'oro e un cordone. d'oro);
- la Legione (3 coorti) di 1215 militi dipende dal Console (fascio d'oro, sormontato da stelletta d'argnto, su fondo rosso, riquadrato d'oro).
- Sono ammessi dei Raggruppamenti di Legioni al comando di Consoli Capi raggruppamento.
- Statistica del Fascismo. Alla data del 1° febb. 1930:
- Partito.
Fasci maschili 1 049 923; femminili 98 997; Gruppi univer. fascisti (G.U.F.) 25 440; assoc. naz. prof. univ. fascisti (A.N.P.U.F.) 2 523 (tot. 1 176 883);
- O.N.B. Avanguardisti 365 044; balilla 903 324; giovani ital. 86 540; piccole ital. 565 069; alunne 54 105; (tot. 1 974 882);
- Sindacati datori di lavoro.
Industriali 71 453; agricoltori 460 000; commercianti 360 000; bancari 2 931; trasporti interni 18 190; trasporti marittimi ed aerei 631 (tot. 913 205);
- Sindacati lavoratori.
Industria 1 208 207; agricoltura 1 021 471; commercio 346 931; bancari 33 506; trasporti interni 157 914; gente del mare e dell'aria 67 387 (tot. 2 835 416);
- Professionisti, artisti, artigiani (tot. 282 692);
- Associazioni. Pubblico imp. 247 000; postelegrafonici 65 800; ferrotravieri 111 000; insegnanti 94 400; aziende statali industriali 85 000 (tot. 603 200);
- O.N.D. 1 445 226;
- Organizzazioni sportive. 625 532.
- Riassunto. Forze politiche civili maschili del P.N.F. (fasci maschili, avanguardie e balilla): 2 318 291. Forze politiche femminili del P.N.F. (fasci femminili, giovani e piccole ital.): 751 406 (tot. forze polit. 3 069 697). Forze corporativo-sindacali: 4 634 913.
Questa versione digitale preparata da Martin Guy <martin@voyanet.org>