Tuiavii di Tiavea

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Tabella dei contenuti

     * Introduzione a quest'edizione digitale
     * Introduzione di Erich Scheurmann, 1920
     * Del ricoprirsi del Papalagi, dei suoi molti panni e stuoie
     * Dei cassoni di pietra, delle fessure di pietra, delle isole di
       pietra e di cio` che vi sta frammezzo
     * Del tondo metallo e della carta pesante
     * Il Papalagi non ha tempo
     * Il Papalagi ha impoverito Dio
     * Il Grande Spirito e` piu` forte della macchina
     * Del mestiere del Papalagi e di come egli in esso si smarrisce
     * Del luogo della falsa vita e delle molte carte
     * La grave malattia del pensare
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Introduzione a quest'edizione digitale

   Quest'edizione e` ribattuta a mano dall'edizione cartacea "Millelire"
   dell'eccellente casa editrice Stampa Alternativa. Sembra che qualche
   errore si sia introdotta tirando il testo fuori da Microsoft Word, che
   ha lasciato dei caratteri con codice 167 in mezzo al testo. Dal
   contesto, potrebbero rappresentare i tre puntini, e li ho sostituiti
   con cio`. Comunque, qualche stranezza rimane qua e la`. Se qualcuno ne
   ha una copia originale e mi voglia mandare le correzioni, sarei molto
   contento.

                    Martin Guy , Catania, Marzo 2002.
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Introduzione

   Tuiavii non ebbe mai intenzione di presentare in Europa questi
   discorsi e tanto meno di farli stampare; essi erano concepiti
   esclusivamente per le sue genti polinesiane. Tuttavia e` importante
   sapere con quali occhi un uomo ancora cosi` strettamente legato alla
   natura vede noi e la nostra civilta`. Attraverso i suoi occhi impariamo
   a vedere noi stessi da un angolo di visuale che non potrebbe mai
   essere nostro.

   Questi discorsi rappresentano un richiamo a tutti i popoli primitivi
   dei mari del sud a tenersi lontani dai popoli cosiddetti illuminati
   del continente europeo. Tuiavii era convinto che i suoi antenati
   avevano commesso un gravissimo errore lasciandosi sedurre dalle luci
   dell'Europa.

   Egli possedeva in straordinaria misura il dono di saper vedere in
   maniera obiettiva, libera da ogni preconcetto. Nulla lo poteva
   accecare, e non v'erano parole che potessero distoglierlo da una
   verita`. Egli vedeva per cosi` dire la cosa in se'.

   Tuiavii, l'isolano primitivo, considerava tutte le conquiste della
   civilta` europea come un errore, un vicolo cieco. Non riesce a vedere
   in che cosa consista il grande valore della civilta` europea, dal
   momento che essa distoglie l'uomo da se stesso, lo priva di
   autenticita`, di naturalezza, lo rende peggiore. <>

   In una sorta di infantile sincerita` e in una totale irriverenza sta, a
   mio avviso, il valore dei discorsi di Tuiavii per noi europei e anche
   la ragione di una loro pubblicazione.

                                                      Horn in Baden, 1920
                                                         ERICH SCHEURMANN

Del ricoprirsi del Papalagi, dei suoi molti panni e stuoie

   Il Papalagi e` continuamente preoccupato di coprire ben bene la sua
   carne. <>; cosi` dunque mi disse un bianco che godeva di
   grande prestigio ed era considerato molto saggio. Voleva dire che
   degna di considerazione e` solo la parte dove hanno dimora lo spirito e
   tutti i buoni e i cattivi pensieri. La testa. Quella, e in caso
   estremo anche le mani, il bianco le lascia volentieri scoperte sebbene
   anche la testa e le mani altro non siano che carne e ossa. Chi lascia
   vedere la propria carne, non puo` piu` vantare alcun diritto di essere
   chiamato civile. Quando un giovane sposa una fanciulla, non sa mai se
   e` stato imbrogliato, perche' non ha mai visto il suo corpo.

   La carne e` peccato. Cosi` dice il Papalagi. Poiche' il suo spirito e`
   grande grazie al suo pensiero. Il braccio che si leva per il lancio
   nella luce del sole, e` una freccia del peccato Il petto su cui
   ondeggia l'onda del respiro, e` la dimora del peccato... Le membra con
   le quali la vergine ci offre una danza sono peccaminose. E anche le
   membra che si toccano per fare la creatura a gioia della grande terra,
   sono peccato. Tutto e` peccato cio` che e` carne. In ogni tendine c'e` un
   veleno, un subdolo veleno che passa da creatura a creatura. Chi anche
   solo guarda la carne, sugge il veleno, ne e` ferito, e` altrettanto
   riprovevole e perverso quanto colui che la mette in mostra. Cosi`
   dunque dicono le sacre leggi morali dell'uomo bianco.

   Anche per questo il corpo del Papalagi e` ricoperto dalla testa ai
   piedi di panni, stuoie e pelli, in maniera cosi` fitta e spessa che non
   un occhio umano vi puo` giungere, non un raggio di sole, cosi` che il
   suo corpo diventa smorto, bianco e appassito come i fiori che crescono
   nel profondo della foresta vergine.

   Lasciate che vi descriva, piu` ragionevoli fratelli delle molte isole,
   quale peso un solo Papalagi porta sul suo corpo. Prima di tutto, sotto
   ogni altra cosa, egli avvolge il suo corpo nudo in una pelle bianca,
   ottenuta con le fibre di una pianta, chiamata pelle di sopra. La si
   solleva e la si lascia ricadere dall'alto verso il basso, da sopra la
   testa, sul petto e sulle braccia, fino all'altezza dei fianchi. Sopra
   le gambe e le cosce e fino all'ombelico, tirata dal basso verso
   l'alto, viene la cosiddetta pelle di sotto. Entrambe sono poi
   ricoperte da una terza pelle, piu` spessa, intessuta con i peli di un
   animale, un quadrupede lanoso, che viene allevato appositamente a
   questo scopo. Questi sono i veri e propri panni e consistono per lo
   piu` di tre parti, una che copre il busto, l'altra l'addome e la terza
   le cosce e le gambe. Le tre parti sono tenute insieme da conchiglie e
   funi fabbricate con i succhi disseccati dell'albero della gomma, cosi`
   che da ultimo sembrano fatte di un pezzo solo. Questi panni sono nella
   maggior parte dei casi di un colore grigio come la laguna nella
   stagione delle piogge. Non devono mai essere colorati. Tutt'al piu`
   quello di mezzo, e anche qui soltanto per gli uomini che amano far
   parlare di se e corrono molto dietro alle donne.

   l piedi infine vengono avvolti in una pelle morbida e in una molto
   rigida. Quella morbida e` per lo piu` elastica e si adatta facilmente al
   piede, al contrario di quella rigida. Anche questa e` fatta con la
   pelle di un robustissimo animale, la quale viene lasciata a bagno
   nell'acqua, poi raschiata con un coltello, battuta e stesa al suolo
   fino a che si e` completamente indurita. Con questa il Papalagi si
   costruisce poi una sorta di canoa dal bordo molto alto, grande giusto
   quanto basta per farvi entrare il piede. Queste barche da piedi
   vengono poi legate e allacciate con cordoni e ganci intorno alla
   caviglia, cosi` che il piede resta chiuso in un rigido guscio, come il
   corpo di una lumaca di mare. Queste pelli da piedi il Papalagi se le
   porta addosso dal levar del sole fino al tramonto, con esse fa i suoi
   viaggi, danza e le porta anche quando fa caldo come dopo la pioggia
   tropicale.

   Poiche' tutto cio` e` assai innaturale, come il bianco del resto ben
   comprende, e rende i piedi come morti, tanto che cominciano a puzzare,
   e poiche' in effetti la maggiore parte dei piedi europei non sanno piu`
   afferrare una cosa o arrampicarsi su una palma, per tali ragioni il
   Papalagi cerca di nascondere la sua follia ricoprendo la pelle di
   questo animale, che al naturale sarebbe rossastra, con molto
   sudiciume, che poi rende lucido a furia di strofinare, cosi` che gli
   occhi non possono sopportarne il luccichio e si volgono altrove.

   Una volta, in Europa viveva un Papalagi che divenne famoso e dal quale
   andava molta gente, perche' diceva loro: <>. Quest'uomo era molto sano e
   saggio; ma tutti hanno sorriso di lui e lo hanno presto dimenticato.

   Anche la donna porta come l'uomo molte stuoie e panni intorno al corpo
   e intorno alle gambe. La sua pelle e` percio` tutta segnata da cicatrici
   e ferite a causa dei lacci. I seni sono vizzi e spenti e non danno piu`
   latte, per l'oppressione di una stuoia che lei si lega intorno al
   petto, dal collo fino al basso ventre, e anche sulla schiena, una
   stuoia indurita e irrigidita con ossa di pesce, filo di ferro e vari
   legacci. Percio` la maggior parte delle madri non possono piu` allattare
   i propri figli e devono dare loro il latte in un rotolo di vetro,
   chiuso sotto e munito al di sopra di un capezzolo finto. E non e
   neppure il proprio latte, quello che danno loro, ma il latte di brutti
   animali rossastri e cornuti ai quali viene tolto con la forza,
   premendolo fuori da quattro tappi che hanno sotto la pancia.

   Per il resto i panni delle donne e delle fanciulle sono molto piu`
   sottili e leggeri di quelli degli uomini, e possono anche essere
   variopinti e luccicare tanto da essere visti da lontano. Inoltre
   lasciano anche spesso intravedere collo e braccia e piu` carne di
   quelli degli uomini. Tuttavia e` considerata buona cosa che una
   fanciulla si copra molto e allora la gente dice di lei con
   compiacimento: <>, e cio` sta a significare che rispetta le
   leggi dei buoni costumi.

   Percio` non ho mai capito perche' in occasione delle grandi feste e dei
   banchetti le donne e le fanciulle possono lasciar scoperta molta piu`
   carne sul collo e sulle spalle, senza che cio` sia vergogna. Ma forse
   questo rappresenta appunto il pepe della festa, che in tali occasioni
   venga permesso cio` che non e` consentito tutti i giorni.

   Solo gli uomini tengono sempre ben coperti il collo e la schiena. Dal
   collo fino ai capezzoli, le signore portano ben disteso un pezzo di
   panno rigido, grande quanto una foglia di taro. Sopra di esso posa,
   legato intorno al collo, un cerchio anch'esso bianco e rigido dello
   stesso panno, e questo rigido anello egli lo cinge con una striscia di
   panno colorato, che annoda come la fune di una barca e poi trafigge
   con un chiodo d'oro o vi mette sopra una perla di vetro, e lascia che
   il tutto gli penzoli davanti come un'insegna. Molti Papalagi portano
   anche rigidi anelli di panno bianco ai polsi; mai pero` alle caviglie.

   Quell'insegna bianca e gli anelli bianchi ai polsi sono di grande
   importanza. Un Papalagi non compare mai senza questo ornamento davanti
   a una donna. Cosa molto grave e` quando il rigido anello e` diventato
   nero e non porta piu` nessuno splendore di luce. Molte signore
   importanti cambiano percio` ogni giorno gli anelli bianchi e rigidi sia
   al collo, sia ai polsi.

   Mentre la donna possiede numerosi panni colorati da festa, che
   custodisce in molte casse, collocate ritte in piedi, e si da` molto
   pensiero di quello che indossa oggi o domani, se deve essere lungo o
   corto, e parla sempre con molto amore degli ornamenti che ci deve
   mettere sopra, l'uomo ha di solito un unico abito da festa e non ne
   parla quasi mai. Questa e` la cosiddetta giubba a coda di rondine, di
   panno nero come la notte, che in fondo alla schiena finisce a punta,
   come la coda di un pappagallo della foresta. Con questo abito da festa
   anche le mani devono avere una pelle bianca, che ricopre strettamente
   tutte le dita, tanto che il sangue ribolle e affluisce al cuore. Per
   tale ragione e` talvolta anche consentito che uomini ragionevoli
   tengano queste pelli solo in mano o che le infilino dentro il panno,
   all'altezza del cuore.

   Non appena un uomo o una donna lasciano la capanna per passare sulla
   strada, subito si avvolgono in un ulteriore panno, che e` pesante o
   leggero secondo che brilli il sole o faccia freddo. Poi si coprono
   anche la testa, gli uomini con un vaso nero e rigido, arrotondato e
   vuoto all'interno, come il tetto di una casa delle Samoa; le donne
   invece con grandi canestri e ceste rovesciate sui quali annodano fiori
   che non sfioriscono mai, piume, strisce di panno, perle di vetro e
   altri ornamenti di ogni genere. Assomigliano agli ornamenti che hanno
   sul capo le vergini durante una danza di guerra, solo che questo e`
   molto piu` bello e anche nella danza o nella tempesta non puo` cadere.
   Gli uomini sollevano questi vasi da testa a ogni incontro, in segno di
   saluto, mentre le donne piegano solo lievemente in avanti il peso che
   portano sul capo, come una barca mal caricata.

   Solo la notte, quando il Papalagi brama la sua stuoia, egli si toglie
   di dosso tutti quei panni, ma subito se ne infila un altro, un pezzo
   unico aperto sui piedi, che lascia scoperti. Anche le donne e le
   fanciulle portano questo panno da notte, per lo piu` riccamente adorno
   intorno al collo, sebbene di questo si veda ben poco. Non appena il
   Papalagi si e` steso sulla sua stuoia, subito si ricopre dalla testa ai
   piedi con le piume strappate dalla pancia di un grande uccello e
   rinchiuse in un grande telo perche' non possano disperdersi e volare
   via. Queste piume inducono il corpo a sudare e il Papalagi cosi` pensa
   di essere steso al sole, anche quando non lo e`. Perche', in realta`, del
   vero sole il Papalagi non si interessa molto.

   E` ora ben chiaro che, con tutte queste cose addosso, il corpo del
   Papalagi diventa bianco e smorto, senza il colore della gioia. Ma lui
   ama fare cosi`. In effetti le donne, specialmente le fanciulle, sono
   preoccupate di proteggere la pelle, perche' non si arrossi nella grande
   luce, e a loro difesa, non appena si espongono al sole, si aprono un
   tetto sopra la testa. Come se il pallido colore della luna fosse loro
   piu` gradito del colore del sole. Ma al Papalagi piace farsi in tutte
   le cose una saggezza e una legge secondo il suo pensiero. Poiche' il
   suo naso e` appuntito come il dente di un pescecane, lo trova bello; e
   il nostro, che e` sempre tondo e morbido, lo trova brutto, sgraziato,
   mentre noi diciamo esattamente il contrario.

   Essendo i corpi delle donne e delle fanciulle cosi` accuratamente
   ricoperti, gli uomini e i giovanetti provano un intenso desiderio di
   vedere la loro carne, come e` naturale. Notte e giorno ci pensano e
   parlano molto delle forme delle donne e delle fanciulle, e sempre in
   modo che cio` che e` bello e naturale appaia un grande peccato, come
   qualcosa che puo` essere visto solo nell'ombra piu` fonda. Se
   lasciassero vedere la carne piu` apertamente, potrebbero dedicare i
   loro pensieri ad altre cose, e i loro occhi non si storcerebbero e le
   loro bocche non pronuncerebbero parole vogliose ogni volta che
   incontrano una fanciulla.

   Ma la carne e` peccato, e` di demonio. C'e` pensiero piu` stolto, cari
   fratelli? Se si dovesse credere alla parola del bianco, si dovrebbe
   con lui desiderare piuttosto che la nostra carne fosse rigida come
   lava e priva di quel dolce calore che viene da dentro. Ma noi vogliamo
   ancora rallegrarci della nostra carne che puo` parlare con il sole, di
   poter muovere le gambe come il cavallo selvatico perche' nessun panno
   le lega e nessuna pelle appesantisce i piedi, di non essere costretti
   a fare attenzione perche' il nostro copricapo non ci cada dalla testa.
   Godiamoci la gioia che ci da` la vergine che e` bella nel corpo e mostra
   le sue membra al sole e alla luce della luna. Stolto, cieco e senza il
   senso della vera gioia e` il bianco che deve tanto ricoprirsi per
   essere senza vergogna.

Dei cassoni di pietra, delle fessure di pietra, delle isole di pietra e di cio`
che vi sta frammezzo

   Il Papalagi vive in un guscio solido come una conchiglia marina. Vive
   fra le pietre come la scolopendra fra le fessure della lava. Le pietre
   sono tutt'intorno a lui, accanto e sopra di lui. La sua capanna
   somiglia a un cassone di pietra messo in piedi.

   Una cassa che ha molti scomparti ed e` tutta bucata.

   C'e` un solo punto in cui si puo` entrare e uscire da questa cassa di
   pietra. Questa apertura il Papalagi la chiama ingresso quando entra
   nella capanna, uscita quando ne esce fuori, sebbene entrambe siano una
   sola e unica cosa. In questa apertura c'e` una grande ala di legno che
   bisogna spingere con forza per poter entrare nella capanna. Ma anche
   cosi` si e` soltanto al principio e bisogna spingere ancora parecchie
   ali prima di essere veramente nella capanna.

   La maggior parte delle capanne sono abitate da piu` persone di quante
   ne vivano in un solo villaggio delle Samoa, percio` e` necessario sapere
   con esattezza il nome della famiglia che si vuole andare a trovare.
   Poiche' ogni famiglia ha per se' una parte speciale della cassa di
   pietra o sopra o sotto o piu` avanti. E una famiglia spesso non sa
   nulla delle altre, nulla di nulla, come se fra loro non ci fossero
   solo pareti di pietra, ma Manono, Apolima, Savaii (tre delle isole
   Samoa, n.d.r.) e molti mari. Spesso sanno appena il loro nome, e
   quando s'incontrano nel buco da cui si entra si fanno solo di
   malavoglia un cenno di saluto o si borbottano dietro come insetti
   ostili. Come se fossero infastiditi di vivere l'uno accanto all'altro.

   Se la famiglia sta in alto, proprio sotto il tetto della capanna,
   allora bisogna salire molti rami a zig-zag o in tondo, fino a che si
   arriva al punto dove il nome della famiglia sta scritto sul muro. Li`
   ci si trova davanti un grazioso capezzolo femminile finto sul quale si
   preme fino a che risuona un grido che chiama la famiglia. La famiglia
   guarda attraverso un piccolo buco rotondo munito di piccoli ferri, per
   vedere se si tratta di un nemico. In tal caso non apre. Se invece
   riconosce l'amico, allora subito slega una grossa ala di legno,
   accuratamente serrata, e la tira verso di se', in modo che l'ospite
   attraverso Il passaggio possa entrare nella capanna vera e propria.
   Questa e` a sua volta divisa da molte ripide pareti di pietra, e si
   passa di ala in ala, da un cassone a un altro cassone sempre piu`
   piccolo. Ogni cassone, che il Papalagi chiama stanza, ha un buco
   (quando e` grande anche due o tre) attraverso il quale entra la luce.
   Questi buchi sono chiusi con un vetro, che si puo` togliere quando si
   vuole far entrare aria fresca nei cassoni, cosa quanto mai necessaria.
   Ci sono pero` anche molti cassoni senza buchi per l'aria e per la luce.

   Un samoano morirebbe ben presto soffocato in questi cassoni, perche'
   qui non passa mai un soffio d'aria fresca come in qualsiasi capanna
   delle Samoa. E anche gli odori della cucina cercano una via d'uscita.
   Spesso pero` anche l'aria che viene da fuori non e` migliore; e si
   fatica a capire come una creatura qui non debba morire, come per la
   nostalgia dell'aria non diventi un uccello, come non gli crescano le
   ali per potersi levare in volo e andarsene dove c'e` aria e sole.

   Ogni cassone ha un suo uso particolare. Il piu` grande e piu` illuminato
   serve per i ricevimenti e gli incontri della famiglia o per le visite,
   un altro per dormire. Qui sono stese le stuoie, vale a dire esse
   stanno sollevate su un traliccio di legno che ha delle lunghe gambe,
   affinche' l'aria possa passare sotto le stuoie. Un terzo cassone e` per
   consumare il cibo e per fare le nuvole di fumo, un quarto serve a
   raccogliervi le scorte di cibo, nel quinto si cucina, e nell'ultimo e
   piu` piccolo ci si bagna. Questo e` il luogo piu` bello di tutti. E`
   ricoperto di grandi specchi, il pavimento e decorato con un
   rivestimento di pietra colorata e nel mezzo c'e` una grande conca di
   metallo o di pietra in cui scorre acqua che e` stata al sole e acqua
   che non e` stata al sole. In questa conca, che e` molto grande,
   addirittura piu` grande della tomba di un capo, ci si entra per
   ripulirsi e lavarsi di dosso la molta polvere dei cassoni di pietra.
   Naturalmente ci sono anche capanne con piu` cassoni ancora. Ce ne sono
   persino di quelle in cui anche ogni bambino ha il suo cassone e anche
   ogni servo del Papalagi; sicuro, persino i suoi cani e i suoi cavalli
   hanno i loro cassoni.

   Fra questi cassoni il Papalagi trascorre dunque la sua vita. Sta ora
   in questo, ora in quel cassone, secondo l'ora e il momento. I suoi
   figli crescono qui, alti sopra la terra, spesso piu` alti di una palma
   adulta, in mezzo alle pietre. Di tanto in tanto il Papalagi lascia i
   suoi cassoni privati come lui li chiama, per trasferirsi in un altro
   cassone, riservato ai suoi affari, per i quali non vuole essere
   disturbato e non vuole avere intorno donne e bambini. In queste ore le
   donne e le fanciulle stanno nella cucina e cuociono il cibo, o tirano
   a lucido le pelli da piedi, o lavano panni. Quando sono ricche e
   possono tenere dei servi, sono questi che fanno il lavoro, mentre loro
   vanno a fare visite o a prendere nuove provviste.

   In questa maniera vivono in Europa tante creature quante sono le palme
   che crescono a Samoa, anzi, molte di piu`. Alcune hanno il desiderio di
   boschi e di sole e di molta luce, ma questa in generale e considerata
   una malattia che bisogna combattere dentro di se'. Quando qualcuno non
   e` soddisfatto di questa vita di pietra, si usa dire che non e` normale.

   Questi cassoni di pietra si trovano spesso molto numerosi l'uno
   accanto all'altro, come uomini spalla a spalla, e in ciascuno vivono
   tanti Papalagi quanti ce ne sono in un villaggio delle Samoa. A un
   tiro di pietra, dalla parte opposta, si leva un'altra fila di uguali
   cassoni, anch'essi spalla a spalla, e anche in questi abitano tante
   persone. Cosi` fra le due file c'e` soltanto una sottile fessura, che il
   Papalagi chiama strada. Questa fessura spesso e larga quanto un fiume
   e coperta di dure pietre. Bisogna camminare a lungo per trovare un
   tratto libero; ma qui sfociano altre fessure frammezzo ad altre case.
   Anche queste sono lunghe come ampi corsi d'acqua dolce e le loro
   aperture laterali sono anch'esse fessure di pietra del la stessa
   lunghezza. Cosi` si puo` camminare per giorni interi in queste fessure
   fino a perdersi, prima di arrivare a vedere un bosco o un pezzo di
   cielo azzurro. Fra le fessure solo di rado si vede il vero colore del
   cielo poiche', dal momento che in ogni capanna si trova un fuoco e
   spesso anche molti fuochi, l'aria e sempre piena di fumo e di cenere
   come per l'eruzione di un grande cratere. Quest'aria piove giu` nelle
   fessure, cosi` che gli alti cassoni di pietra sembrano melma delle
   paludi e gli uomini hanno terra nera negli occhi e nei capelli e
   sabbia fra i denti.

   Ma tutto cio` non impedisce agli uomini di correre in queste fessure da
   mattina a sera. Sicuro, ce ne sono molti che trovano in cio` uno
   speciale piacere. In alcune di tali fessure in particolare c'e` una
   gran confusione e la gente vi scorre dentro come un denso limo....
   Queste sono le strade in cui si trovano giganteschi cassoni di vetro
   dove stanno esposte tutte le cose di cui il Papalagi ha bisogno per
   vivere... panni, ornamenti, copricapi, pelli per le mani e per i
   piedi, provviste di cibo, carne, e vero nutrimento come frutti e
   verdure e tante altre cose ancora. Li` esse stanno esposte agli occhi
   di tutti, per attirare le persone. Nessuno pero` puo` prendere qualcosa
   anche se ne ha grande necessita`, per far questo occorre uno speciale
   permesso e si deve fare omaggio di un sacrificio.

   In queste fessure i pericoli vengono da ogni parte, perche' la gente
   non solo corre intorno, viaggia e cavalca a destra e a sinistra, ma si
   fa anche trasportare in grandi cassoni di vetro che corrono su nastri
   metallici. Il fragore e` grande. Le tue orecchie ne sono stordite,
   poiche' i cavalli battono con i loro zoccoli sulle pietre, gli uomini
   vi camminano battendo con forza le loro dure pelli da piedi, i bambini
   strillano, gli uomini urlano di gioia o di spavento, tutti gridano. In
   tutto quel rumore non riesci neppure a farti capire.

   Tutto questo insieme... i cassoni di pietra in cui vivono tante
   persone, le alte fessure di pietra che corrono su e giu` come mille
   fiumi, gli uomini che vi camminano dentro, le grida, il rumore, la
   sabbia nera e il fumo sopra ogni cosa, senza un albero, senza cielo
   azzurro, senza aria pulita e senza nuvole, tutto questo e` cio` che il
   Papalagi chiama una citta`. Una sua creazione di cui va molto fiero.
   Sebbene qui vivano tante persone che non hanno mai visto faccia a
   faccia un albero, mai un bosco, mai cielo aperto, mai il Grande
   Spirito. Uomini che vivono come gli animali che strisciano nella
   laguna e dimorano sotto i coralli, per quanto questi almeno abbiano la
   limpida acqua del mare che li lava e il sole che filtra con il suo
   fiato caldo. E` davvero fiero delle sue pietre il Papalagi? Non lo so.
   Il Papalagi e` un individuo con strani pensieri. Fa molte cose che non
   hanno alcun senso e che lo rendono malato, e tuttavia ne vanta i pregi
   e ne canta le lodi.

   Parlavo dunque della citta`. Ci sono pero` molte citta`, alcune grandi,
   altre piccole. Le grandi sono quelle dove vivono i massimi capi di un
   paese. Tutte le citta` sono sparse come le nostre isole nel mare.
   Talvolta si trovano alla distanza di una semplice nuotata, spesso pero`
   anche a un intero giorno di viaggio. Tutte le isole di pietra sono
   collegate fra di loro da sentieri ben segnati. Ci si puo` arrivare pero`
   anche con la nave di terra, che e` lunga e sottile come un verme e
   sputa continuamente fumo e scivola veloce su fili di metallo, piu`
   veloce di una barca a dodici remi in piena corsa. Se invece vuoi
   mandare a un amico che sta su un'altra isola solo un saluto non hai
   nessun bisogno di andare da lui o di scivolare su quei nastri
   metallici. Soffi le tue parole in fili di metallo, che vanno come
   lunghissime liane da un'isola di pietra all'altra. E arrivano, piu`
   veloci di quanto possa volare un uccello.

   Fra tutte le isole di pietra c'e` la cosiddetta campagna, come si
   chiama in Europa. Qui la terra e` bella e fertile come da noi. Ci sono
   alberi, fiumi e foreste, e qui ci sono anche veri villaggi. Nonostante
   le capanne siano anche qui di pietra, tuttavia sono circondate da
   piante con molti frutti, e la pioggia le puo` bagnare da ogni lato e il
   vento puo` poi asciugarle.

   In questi villaggi vivono uomini con animo diverso da quelli di citta`.
   Si chiamano contadini. Hanno mani piu` rudi e callose e panni piu`
   sporchi degli uomini delle fessure, sebbene abbiano assai piu` da
   mangiare di quelli. Ma loro non ci credono e invidiano quelli che
   chiamano fannulloni, perche' non devono toccare la terra e metterci la
   semente e trarre i frutti. Vivono in ostilita` con quelli, perche'
   devono dare loro il nutrimento che viene dalla terra, devono cogliere
   i frutti che poi l'uomo delle fessure di pietra consuma, devono
   custodire e allevare il bestiame fino a che e` ben grasso e anche di
   questo devono poi cedere loro la meta`. In ogni modo devono faticare
   molto e procurare il cibo per tutti gli uomini delle citta`, e non
   vedono bene la ragione per cui costoro debbano avere panni piu` belli e
   mani piu` bianche e non siano anch'essi a sudare sotto il sole e a
   gelare sotto la pioggia.

   Ma l'uomo che vive nelle fessure di pietra di questo non si preoccupa
   molto. E` convinto di aver maggiori diritti dell'uomo della campagna e
   che le sue opere abbiano maggior valore che non il deporre o estrarre
   frutti dalla terra. Questa inimicizia fra le due parti non e` pero` tale
   che fra loro vi sia guerra. In generale il Papalagi, sia che viva in
   citta` fra le fessure, sia che stia in campagna, trova che tutto va
   bene cosi` com'e`. L'uomo della terra ammira il regno degli uomini delle
   citta` di pietra quando ci viene, e l'uomo delle fessure di pietra
   canta grandi arie e gorgoglia quando passa nei villaggi dell'uomo
   della terra. L'uomo delle fessure lascia che l'uomo della terra
   ingrassi innaturalmente i maiali e questi lascia che l'uomo delle
   fessure di pietra costruisca i suoi cassoni di pietra.

   Ma noi, che siamo liberi figli del sole e della luce, vogliamo restare
   fedeli al Grande Spirito e non vogliamo appesantirgli il cuore con le
   pietre. Solo creature smarrite, malate, che non stringono piu` la mano
   di Dio, possono vivere felici fra fessure di pietra senza sole, ne
   luce, ne' vento. Concediamo al Papalagi la sua dubbia felicita`, ma
   spezziamo in lui ogni tentativo di costruire anche nelle nostre
   soleggiate contrade i suoi cassoni e di uccidere la gioia di vivere
   con pietre, fessure, sporcizia, rumore, fumo e sabbia, come e` suo
   intendimento.

Del tondo metallo e della carta pesante

   Ragionevoli fratelli, ascoltate con fiducia e siate felici di non
   conoscere il male dei bianchi e le loro angustie. Voi tutti mi siete
   testimoni che il missionario dice: <>. Ebbene, il missionario ci ha mentito, ci ha ingannati, il
   Papalagi lo ha corrotto affinche' ci ingannasse con le parole del
   Grande Spirito. Perche' il tondo metallo e la carta pesante, ch'egli
   chiama denaro, questa e` la vera divinita` dei bianchi.

   Quando un europeo parla dell'amor di Dio, torce la faccia e sorride.
   Sorride dell'ingenuita` del tuo pensiero. Tendigli pero` un tondo pezzo
   di metallo o una grande carta pesante, e allora subito i suoi occhi
   s'illuminano e molta saliva gli giunge alle labbra. Il denaro e` il suo
   amore, il denaro e` il suo Dio. Tutti i bianchi pensano a esso, anche
   quando dormono. Ce ne sono molti le cui mani si sono fatte ricurve e
   assomigliano nel gesto alle zampe delle grandi formiche della foresta,
   per il tanto afferrare quel metallo e quella carta. Ce ne sono molti i
   cui occhi si sono fatti ciechi a furia di contare il denaro. Molti che
   per denaro hanno dato la gioia, il riso, l'onore, la coscienza, la
   felicita`, si`, persino la donna e il figlio. Quasi tutti perdono la
   salute per il tondo metallo e la carta pesante. Se lo portano addosso
   nei loro panni, fra dure pelli ben ripiegate. Di notte lo depongono
   sotto il guanciale, perche' nessuno glielo porti via. Ci pensano ogni
   giorno, ogni ora, ci pensano ogni minuto. Tutti! Anche i bambini!
   Devono, sono costretti a pensarci. La madre lo insegna loro e lo
   vedono fare dal padre. Tutti gli europei. Quando passi nelle fessure
   di pietra della Germania a ogni momento odi il grido: <> E di
   nuovo: <> Lo senti dappertutto. Quello e` il nome ch'essi danno
   al tondo metallo e alla carta pesante. In Francia si chiama franco, in
   Inghilterra scellino, in Italia lira. Marco, franco, scellino, lira
   sono sempre la stessa cosa. Tutti vogliono dire denaro, denaro e
   sempre denaro. Il denaro soltanto e` il vero dio del Papalagi, cio` che
   egli venera di piu`.

   D'altra parte nelle terre dei bianchi non ti e` neppure possibile
   restare dal levarsi al cadere del sole senza denaro, del tutto senza
   denaro. Non riusciresti a placare la tua fame e la tua sete, non
   troveresti una stuoia per la notte. Ti chiuderebbero in una prigione e
   metterebbero il tuo nome sui giornali perche' sei senza denaro. Devi
   pagare, cioe` dare denaro, per il terreno su cui cammini, per la terra
   su cui sorge la tua capanna, per la stuoia su cui dormi la notte, per
   la luce che illumina la tua capanna. Pagare per poter tirare a un
   piccione, per poter bagnare il tuo corpo nel fiume. Se vuoi andare la`
   dove la gente si diverte, dove si canta o si balla, oppure vuoi
   chiedere consiglio a un fratello, per ogni cosa devi dare molto
   metallo rotondo e carta pesante. Devi pagare per ogni cosa. Ovunque,
   trovi un tuo fratello che allunga la mano e ti disprezza oppure si
   infuria se non ci deponi del denaro. E il tuo umile sorriso e lo
   sguardo piu` affettuoso non ti sono d'aiuto per addolcire il suo cuore.
   Lui spalanchera` le fauci e ti gridera` dietro <> Tutte queste parole hanno lo stesso significato e
   rappresentano la piu` grande vergogna che possa ricadere su una
   persona. Sicuro, persino per la tua nascita devi pagare, e quando
   muori la tua famiglia deve pagare per te, perche' sei morto e perche' il
   tuo corpo possa trovare posto sottoterra, come pure per la grande
   pietra che faranno rotolare sulla tua tomba a eterno ricordo.

   Ho trovato una sola cosa per la quale in Europa non viene ancora
   richiesto denaro e che ciascuno puo` usare nella quantita` che vuole:
   l'aria da respirare. Credo pero` che si tratti solo di una
   dimenticanza, e non esito ad affermare che se in Europa qualcuno
   udisse queste mie parole, subito penserebbe a far incassare metallo
   rotondo e carta pesante anche per questo. Poiche' tutti gli europei
   sono continuamente alla ricerca di nuovi motivi per pretendere denaro.

   Senza denaro in Europa sei un uomo senza testa, un uomo senza membra.
   Un niente. Devi avere denaro. Ne hai bisogno per il cibo, per l'acqua
   da bere, per il sonno. Quanto piu` denaro possiedi, tanto migliore e` la
   tua vita. Se hai denaro puoi avere in cambio tutto il tabacco che
   vuoi, gli anelli o i panni piu` belli. Hai molto denaro? Puoi avere
   molto. Percio` tutti ne vogliono avere molto. E ciascuno vuole averne
   di piu` degli altri. Da qui l'avidita` e l'occhio teso al denaro in ogni
   ora del giorno. Getta un tondo metallo nella sabbia e i bambini vi si
   lanceranno sopra, lotteranno fra di loro per prenderlo e chi lo
   afferra e lo tiene, il vincitore, e` felice. Ma raramente qualcuno
   getta denaro nella sabbia.

   Da dove viene il denaro? Come puoi arrivare ad avere tanto denaro? Oh,
   in molte e diverse maniere, facili e difficili. Quando tagli i capelli
   a un tuo fratello, quando gli strappi le erbacce davanti alla capanna,
   quando conduci una canoa sull'acqua, quando hai un pensiero
   importante. Si`, per amore di giustizia va detto: anche se tutto
   richiede molta carta pesante e metallo rotondo, e` anche facile
   ottenerne per tutto cio` che fai. Basta che tu ti dia da fare, cosa che
   in Europa si chiama lavorare. <>, dice una delle
   regole degli europei.

   In cio` regna pero` una grande ingiustizia, sulla quale il Papalagi non
   riflette, non vuole riflettere, perche' in tal caso dovrebbe ammettere
   la sua stessa ingiustizia. Non tutti coloro che hanno molto denaro
   lavorano molto. (Sicuro, tutti vorrebbero avere molto denaro senza
   pero` lavorare). E questo succede cosi` quando un bianco guadagna tanto
   denaro da avere la sua capanna, il suo cibo e la sua stuoia, e oltre a
   questo anche molte altre cose, subito per il denaro che ha in piu` fa
   lavorare il fratello. Per se'. Gli da` per prima cosa il lavoro che ha
   reso dure e sporche le sue mani. Gli fa portare via gli escrementi che
   lui stesso ha deposto. Se si tratta di una donna, allora si prende una
   fanciulla che lavori per lei. E costei deve ripulire le stuoie
   sporche, lavare le ciotole, pulire le pelli da piedi, accomodare i
   panni strappati e non deve far nulla che non serva a lei. In questo
   modo lui o lei hanno tempo per fare altri lavori piu` lieti, piu`
   importanti e piu` gravi, per i quali viene pagato piu` denaro, un lavoro
   che lascia le mani piu` pulite e i muscoli piu` contenti. Se e` un
   costruttore di barche, l'altro deve aiutarlo a costruire le barche.
   Del denaro che costui guadagna dandogli il suo aiuto, e che quindi
   dovrebbe appartenere a lui solo, l'altro gliene prende una parte, e
   cioe` la parte piu` grossa, e non appena gli e` possibile prende a
   lavorare per se' due fratelli, e poi tre, e sempre in maggior numero
   devono lavorare per lui a costruire imbarcazioni, e alla fine sono
   cento e anche piu`. Fino a quando lui non ha piu` niente altro da fare
   che stendersi sulla sua stuoia, bere kava (bevanda narcotica estratta
   dalla radice della omonima pianta, n.d.r.) europea e bruciare rotoli
   di tabacco, poi consegnare le barche finite e farsi portare il metallo
   o la carta che gli altri hanno guadagnato lavorando per lui. Poi la
   gente dice: <>. Lo invidiano e lo lusingano in molte maniere e
   gli dicono parole sonanti, poiche' il valore di un uomo nel mondo del
   bianco non e` la sua nobilta` o il suo coraggio o lo splendore del suo
   pensiero, ma la quantita` di denaro, quanto ne puo` fare in un giorno,
   quanto ne conserva nella sua grossa cassa di ferro, cosi` pesante che
   nemmeno un terremoto la puo` distruggere.

   Ci sono molti bianchi che ammucchiano il denaro che altri hanno fatto
   per loro, lo portano in un luogo ben custodito, ne portano li` sempre
   di piu` fino a che non hanno piu` neppure bisogno di gente che lavori
   per loro, perche' a questo punto e` il denaro che lavora per loro. Come
   cio` sia possibile senza qualche diabolica magia, non sono mai riuscito
   a saperlo del tutto: ma e` vero che il denaro diventa sempre di piu`,
   come le foglie di un albero, e che in questi casi l'uomo diventa ricco
   anche quando dorme.

   Ora, quando uno ha molto denaro, molto piu` della maggior parte degli
   altri uomini, cosi` tanto che potrebbe con esso rendere il lavoro piu`
   facile a cento, mille uomini, lui non da` loro nulla; mette le mani
   sopra il metallo rotondo e siede sopra la carta pesante e c'e` avidita`
   e volutta` nei suoi occhi. E se gli chiedi <>, allora non sa che cosa
   rispondere, oppure dice: <>... E, cosi`, ben presto ti avvedi che il denaro lo ha
   fatto ammalare e che tutti i suoi sensi sono posseduti dal denaro.

   E` malato e invasato perche' ha dato la sua anima al metallo rotondo e
   alla carta pesante, e non ne ha mai abbastanza e non puo` smettere di
   desiderarne sempre di piu`. Non e` piu` capace di pensare: <>. Assai pochi pensano a
   questo. Per lo piu` restano nella loro malattia, non guariscono mai nel
   loro cuore e godono del potere che da` il molto denaro. Si gonfiano
   d'orgoglio come frutti marci sotto le piogge tropicali. Con volutta`
   lasciano che molti dei loro fratelli facciano i lavori piu` duri, per
   poter essi stessi ingrassare nella pigrizia e prosperare. E fanno
   questo senza che la loro coscienza si ammali. Si vantano delle loro
   belle dita pallide che ora non si sporcano piu`. Il pensiero di
   derubare continuamente gli altri delle loro energie e di usarle per se
   stessi non li disturba e non toglie loro il sonno. Non pensano affatto
   di dare agli altri una parte del tanto denaro che hanno, per rendere
   loro piu` facile il lavoro e piu` lieve la fatica.

   Cosi` in Europa c'e` una meta` che deve fare molto lavoro sporco, mentre
   l'altra meta` lavora poco o niente del tutto. La prima meta` non ha mai
   tempo per starsene al sole, la seconda ne ha molto. Il Papalagi dice:
   <>. Secondo questa dottrina egli
   si prende il diritto di essere crudele, per amore del denaro. Il suo
   cuore e` duro e il suo sangue freddo, si`, egli mente, inganna, e` sempre
   disonesto e pericoloso quando la sua mano si tende verso il denaro.
   Spesso un Papalagi ne uccide un altro per denaro. Oppure lo uccide con
   il veleno delle parole, lo stordisce con esse per rapinarlo. Percio` di
   rado uno si fida di un altro, perche' tutti sono consapevoli della loro
   grande debolezza. Per questo tu non sai mai se un uomo che ha molto
   denaro e` buono nel fondo del suo cuore, perche' potrebbe anche essere
   molto cattivo. Noi non sappiamo mai come e dove ha preso i suoi
   tesori.

   In compenso pero` anche l'uomo ricco non sa se l'onore che gli viene
   fatto si riferisce alla sua persona o al suo denaro. Il piu` delle
   volte e` rivolto al suo denaro. Percio` io non comprendo perche' si
   vergognano tanto coloro che non hanno molto metallo rotondo e carta
   pesante e invidiano il ricco, invece di essere loro a farsi invidiare.
   Perche' come non e` bene cingersi di troppo pesanti collane di
   conchiglie, cosi` e` per il greve peso del denaro. Esso toglie all'uomo
   il respiro e alle membra la giusta liberta`.

   Ma non un solo Papalagi vuol rinunciare al suo denaro. Non uno. Chi
   non ama il denaro viene ... denso, e` stupido. <> (cioe`
   l'avere molto denaro) <> dice il Papalagi. E ancora: <>. Noi tutti, voi, illuminati
   fratelli, siamo poveri. La nostra terra e` la piu` povera sotto il sole.
   Noi non abbiamo tanto metallo rotondo e carta pesante da riempirne una
   cassa. Agli occhi del Papalagi siamo poveri mendicanti. Eppure! Quando
   vedo i vostri occhi e li confronto con quelli del ricco signore, trovo
   che i suoi sono opachi e spenti e stanchi, mentre i vostri brillano
   della grande luce, brillano di gioia, forza, vitalita` e salute. I
   vostri occhi li ho trovati solo nei bambini dei Papalagi, prima che
   imparino a parlare, perche' fino a quel momento non sanno ancora nulla
   del denaro. Quanto siamo stati privilegiati dal Grande Spirito, che ci
   ha protetti contro il demonio! Il denaro e` un demonio, perche' tutto
   cio` che fa e` male e fa male. Chi soltanto tocca il denaro, rimane
   prigioniero del suo incanto, e chi lo ama deve fargli dono di tutte le
   sue energie e di tutte le sue gioie, fintanto che vive. Amiamo dunque
   i nostri nobili costumi, che dispregiano l'uomo che chiede una mercede
   per ogni ospitalita` che da`, per ogni frutto che porge. Amiamo i nostri
   costumi che non sopportano che uno abbia tanto piu` di un altro o che
   abbia molto e l'altro nulla di nulla. Affinche' nel nostro cuore non
   diventiamo come il Papalagi, che sa essere lieto e felice anche se il
   fratello che gli sta accanto e` triste e infelice.

   Guardiamoci soprattutto dal denaro. Il Papalagi porge ora anche a noi
   il suo metallo rotondo e la sua carta pesante, per renderci avidi di
   essi. Essi dovrebbero farci piu` ricchi e piu` felici. Gia` molti di noi
   ne sono stati accecati e sono caduti in quella grave malattia. Ma se
   voi credete alle parole del vostro umile fratello, se sapete che vi
   dico la verita` quando affermo che il denaro non rende ne' piu` lieti, ne'
   piu` felici, ma piuttosto mette il cuore e tutto l'uomo in grande
   confusione, che con il denaro non si puo` mai veramente venire in aiuto
   di una persona, renderla piu` lieta o piu` forte e piu` felice, allora
   anche voi comincerete a odiare il tondo metallo e la carta pesante
   come i peggiori dei vostri nemici.

   Le molte cose fanno povero il Papalagi

   E anche in questo riconoscerete il Papalagi, perche' tenta di
   convincerci che noi siamo poveri e miserevoli e abbiamo bisogno di
   molto aiuto e compassione perche' non possediamo le cose.

   Lasciate che vi dica, miei cari fratelli delle molte isole, che cos'e`
   una cosa. La noce di cocco e` una cosa, il panno, la conchiglia, lo
   scacciamosche, l'anello che porti al dito, la ciotola in cui mangi,
   gli ornamenti che porti in capo. Tutte queste sono cose. Ma ci sono
   due generi diversi di cose. Ci sono le cose fatte dal Grande Spirito,
   senza che noi lo vediamo, e che a noi uomini non costano ne' denaro, ne'
   fatica alcuna, come la noce di cocco, appunto, la conchiglia, la
   banana; e ci sono cose fatte dagli uomini, che costano lavoro e
   fatica, come gli anelli, la ciotola o lo scacciamosche. Il signore
   intende quindi le cose che egli puo` fare con le sue stesse mani, le
   cose dell'uomo, e sono queste che ci mancano; poiche' non puo` certo
   riferirsi alle cose del Grande Spirito. Gettate intorno lo sguardo,
   fino all'orizzonte, dove l'estremita` della terra sostiene l'immensa
   volta azzurra. Tutto e` pieno di grandi cose: la foresta con le sue
   colombe selvatiche, i colibri` e i pappagalli; la laguna con i suoi
   frutti, le conchiglie, le aragoste e gli altri animali d'acqua; la
   spiaggia con il suo volto chiaro e la morbida pelliccia della sua
   sabbia; la grande acqua, che puo` mostrarsi irata come un guerriero o
   sorridere dolcemente come una vergine del villaggio; la grande volta
   azzurra, che si trasforma a ogni ora del giorno e porta grandi fiori
   che ci danno luce d'oro e d'argento. Perche' dovremmo essere tanto
   stolti da aggiungere a queste altre cose, da mettere cose dell'uomo
   accanto a quelle sublimi del Grande Spirito? Non potremmo mai comunque
   uguagliarlo, poiche' il nostro spirito e` troppo piccolo e debole di
   fronte alla potenza del Grande Spirito; e anche la nostra mano e`
   troppo debole in confronto alla sua, grande e possente. Tutto cio` che
   possiamo fare e` soltanto poca cosa e non vale la pena di parlarne.
   Possiamo rendere piu` lungo il nostro braccio per mezzo di una clava,
   possiamo allargare la nostra mano per mezzo di una ciotola di legno,
   ma non c'e` mai stato un samoano e neppure un Papalagi che abbia fatto
   una palma o una radice di kava.

   Naturalmente il Papalagi crede di poter fare queste cose, crede di
   essere forte come il Grande Spirito. E mille e mille mani non fanno
   altro che preparare cose, dal levarsi al cadere del sole. Cose
   dell'uomo, di cui non conosciamo lo scopo, di cui non vediamo la
   bellezza. E il Papalagi pensa sempre nuove cose, continuamente. Le sue
   mani tremano di febbre, il suo volto diventa grigio come la cenere e
   la schiena gli s'incurva; ma lui brilla di gioia quando riesce a
   costruire una cosa nuova. E subito tutti vogliono avere la cosa nuova,
   e la ammirano, si mettono davanti a essa e la cantano nella loro
   lingua.

   O miei fratelli, se voi voleste credermi: io sono riuscito a entrare
   nel pensiero del Papalagi e ho visto la sua volonta`, come s'egli fosse
   illuminato dal sole di mezzogiorno. Poiche' la` dove egli arriva,
   distrugge le cose del Grande Spirito, e vuole poi riportare in vita
   con il proprio potere cio` che uccide, e con cio` far credere a se
   stesso di essere lui il Grande Spirito perche' sa fare tante cose.

   Fratelli, pensate se fra un'ora venisse la grande tempesta e
   sradicasse la foresta e portasse via le montagne con tutti gli alberi
   e tutte le foglie e trascinasse via con se' tutte le conchiglie e gli
   animali della laguna e non ci fosse piu` neppure un fiore di ibisco con
   cui le nostre fanciulle potessero adornarsi i capelli. Se tutto, tutto
   cio` che vediamo scomparisse e non restasse altro che sabbia, e la
   terra somigliasse a una nuda mano tesa o a una collina su cui e`
   scivolata la lava incandescente, come piangeremmo sulle palme, sulle
   conchiglie, sulla foresta, su tutto. La` dove si trovano le molte
   capanne del Papalagi, nei luoghi ch'egli chiama citta`, la` pero` la
   terra e` nuda come una mano tesa, e per questo il Papalagi si smarrisce
   nella follia e gioca a fare il Grande Spirito: per dimenticare cio` che
   non possiede. Poiche' egli e' cosi` povero e la sua terra cosi` triste,
   afferra le cose, le raccoglie come il pazzo raccoglie le foglie secche
   e con esse riempie la sua capanna. Per questo pero` ci invidia e
   vorrebbe che noi diventassimo poveri come lui.

   Grande poverta` e` quando l'uomo ha bisogno di tante cose: perche' cosi`
   egli dimostra di essere povero di cose del Grande Spirito. Il Papalagi
   e` povero perche' desidera tanto ardentemente le cose. Non puo` vivere
   senza di esse. Quando con il dorso di una tartaruga si costruisce un
   arnese per lisciarsi i capelli, quando vi ha messo dell'olio, fa
   ancora una pelle per l'utensile, una piccola cassa per la pelle e una
   cassa piu` grande per quella piu` piccola. Mette tutto in pelli e in
   casse. Ci sono casse per panni inferiori e superiori, per panni da
   lavare, panni da bocca e altri panni, casse per le pelli da mani e per
   le pelli da piedi, per il metallo rotondo e per la carta pesante, per
   le provviste di cibo e per il Libro Sacro, per tutto e per ogni cosa.
   Di tutte le cose ne fa tante, quando una sola basterebbe. Vai in una
   cucina europea e vedi moltissime ciotole per il cibo e altri strumenti
   per cucinare che non vengono mai usati. E per ogni cibo c'e` una
   diversa ciotola: una per l'acqua diversa da quella per la kava
   europea, una per la noce di cocco diversa da quella per la colomba.

   Una capanna europea ha tante cose, che se anche tutti gli uomini di un
   villaggio delle Samoa se ne caricassero completamente le mani e le
   braccia non basterebbero a portarle tutte. In una sola capanna ci sono
   un tal numero di cose, che tanti capi bianchi hanno bisogno di molti
   uomini e donne che non facciano altro che mettere tutte queste cose al
   loro posto e ripulirle della sabbia. E persino la piu` nobile vergine
   consuma molto del suo tempo a contare le molte cose, a sistemarle e a
   pulirle.

   Fratelli, voi sapete che io non mento e vi dico tutto come io in
   verita` ho veduto, senza nulla togliere o aggiungere. Cosi`, credetemi,
   in Europa ci sono persone che si puntano la canna da fuoco alla fronte
   e si uccidono perche' preferiscono morire piuttosto che vivere senza
   cose. Poiche' il Papalagi inebria in mille maniere il suo spirito e
   cosi` si convince di non poter vivere senza le cose, come nessun uomo
   puo` vivere senza cibo.

   Per questo non ho mai trovato in Europa una capanna dove potessi
   stendermi bene sulla mia stuoia senza che qualcosa urtasse le mie
   membra quando mi allungavo. Tutte le cose mandavano lampi o gridavano
   forte con la bocca del loro colore, cosi` che non potevo chiudere gli
   occhi. Mai riuscii a trovare un giusto riposo e mai provai maggior
   nostalgia per la mia capanna delle Samoa, nella quale non ci sono
   cose, se non la mia stuoia e il rotolo per poggiare la testa, e dove
   nulla arriva all'infuori del dolce aliseo che viene dal mare.

   Chi possiede poche cose si considera povero e ne soffre. Non c'e`
   Papalagi che canti e abbia uno sguardo lieto quando non ha nulla
   all'infuori della sua stuoia e della sua ciotola, come accade a
   ciascuno di noi. Gli uomini e le donne del mondo bianco piangerebbero
   di malinconia nelle nostre capanne, si affretterebbero a correre nella
   foresta per prendere legno e cercare il guscio della tartaruga, vetro,
   filo di ferro o pietre colorate o molte altre cose ancora, e
   continuerebbero da mattina a sera a tenere in moto le loro mani, fino
   a quando la loro casa delle Samoa si fosse riempita di cose grandi e
   piccole. Tutte cose che facilmente si rompono, che ogni piccolo fuoco
   e ogni pioggia tropicale possono distruggere e spazzar via, e che
   devono percio` essere continuamente rifatte.

   Quanto piu` un uomo e` un vero europeo, tanto maggiore e` il numero delle
   cose di cui ha bisogno. Per questo le mani del Papalagi non stanno mai
   ferme, non riposano mai: per il gran fare le cose. Per questo i volti
   dei bianchi sono spesso cosi` stanchi e tristi, e per questo pochissimi
   fra di loro arrivano a vedere le cose del Grande Spirito, a giocare
   sulla piazza del villaggio, a dire e cantare liete canzoni o, nei
   giorni di sole, a danzare nella luce e a rallegrarsi come a noi tutti
   e` dato di fare. Loro devono fare cose. Devono custodire le loro cose.
   Le cose stanno loro addosso e strisciano loro intorno come le
   formichine della sabbia. Compiono con gelido cuore qualsiasi delitto,
   per ottenere le cose. Si fanno la guerra fra di loro, non per l'onore
   dell'individuo, o per misurare le loro vere forze, ma solo per amore
   delle cose.

   Tuttavia, tutti loro sanno la grande poverta` della loro vita,
   altrimenti non ci sarebbero tanti Papalagi che godono di grande onore
   perche' passano tutta la loro vita a intingere ciuffi di peli in succhi
   di ogni colore, e con essi gettano belle immagini su bianche stuoie.
   Scrivono cosi` tutte le belle cose di Dio, tanto variopinte e liete
   quanto loro riesce di fare. Con la terra molle danno forma a creature
   senza panni, fanciulle con i bei movimenti liberi di una vergine del
   villaggio Matautu, oppure a figure maschili che levano la clava, che
   tendono l'arco e spiano nella foresta la colomba selvatica. Creature
   di argilla alle quali il Papalagi costruisce intorno capanne a festa,
   dove la gente arriva da lontano per contemplarle e godere della loro
   bellezza e santita`. Stanno davanti a esse avvolti fittamente nei loro
   molti panni e rabbrividiscono. Io ho visto il Papalagi piangere di
   gioia davanti a tanta bellezza, che lui stesso ha perduto.

   Ora gli uomini bianchi vorrebbero portare a noi i loro tesori, perche'
   anche noi diventiamo ricchi delle loro cose. Ma queste cose non sono
   che frecce avvelenate, di cui si muore quando colpiscono il petto.
   <>, ho udito dire da un uomo bianco
   che conosce bene la nostra terra; e bisogni vuol dire cose. <>, diceva ancora quell'uomo
   sapiente. E intendeva dire che dovremmo impiegare anche noi la forza
   delle nostre mani per fare le cose. Cose per noi, ma in primo luogo
   per il Papalagi. Anche noi dobbiamo essere stanchi e grigi e curvi.

   Fratelli delle molte isole, dobbiamo vegliare e stare all'erta, perche'
   le parole del Papalagi sembrano dolci banane, ma sono piene di lance
   segrete che vogliono uccidere in noi la luce e la gioia. Non
   dimentichiamo mai che a noi occorre ben poco, all'infuori delle cose
   del Grande Spirito. Egli ci ha dato gli occhi per vedere le sue cose.
   E ci vuole piu` di una vita per vederle tutte. E non c'e` mai stata
   menzogna piu` grande sulle labbra dell'uomo bianco di questa: che le
   cose del Grande Spirito non sono di utilita` mentre le sue sarebbero
   molto piu` utili. Le sue cose sono cosi` grandi in numero, che brillano
   e scintillano, e cercano in mille modi di conquistarci; non hanno pero`
   mai fatto un Papalagi piu` bello nel corpo, ne' i suoi occhi piu`
   brillanti o i suoi sensi piu` forti. Quindi anche le sue cose non
   servono a nulla, e dunque cio` che egli dice e vuol spingerci a fare
   appartiene al cattivo spirito e il suo pensiero e` imbevuto di veleno.

Il Papalagi non ha tempo

   Il Papalagi ama il metallo rotondo e la carta pesante, ama mettersi
   nella pancia molto liquido tratto da frutti uccisi e molta carne di
   maiale e bue e di altri terribili animali, ma sopra ogni cosa ama cio`
   che non si puo` afferrare e che pure e` sempre presente: il tempo. E di
   questo fa grande scalpore e sciocche chiacchiere. Sebbene non ce ne
   sia mai piu` di quanto ne puo` stare fra il levarsi e il cadere del
   sole, lui non ne ha mai abbastanza.

   Il Papalagi e` sempre scontento del suo tempo e si lamenta con il
   Grande Spirito perche' non gliene ha dato abbastanza. Si`, arriva a
   bestemmiare Dio e la sua grande saggezza, dal momento che taglia e
   ritaglia e divide e suddivide ogni nuovo giorno secondo un preciso
   sistema. Lo taglia proprio come si squarcia con il coltello una molle
   noce di cocco. E tutte le parti che taglia hanno un nome: secondi,
   minuti, ore. Il secondo e` piu` piccolo del minuto, questo e` piu` piccolo
   dell'ora; tutti insieme fanno le ore e bisogna avere sessanta minuti e
   molti piu` secondi prima di avere un'ora.

   Questa e` una faccenda molto complicata, che non sono mai riuscito a
   comprendere bene, perche' mi fa star male rimanere piu` a lungo del
   necessario a riflettere su cose cosi` infantili. Ma il Papalagi fa di
   questo un grande sapere. Gli uomini, le donne e persino i bambini
   piccoli, che appena si reggono sulle gambe, portano nei loro panni una
   piccola macchina rotonda appesa a una grossa catena che pende dal
   collo o e` legata a un polso con una striscia di pelle, e in essa sanno
   leggere il tempo. Questa lettura non e` affatto facile. La si insegna
   ai bambini, tenendo loro la macchina vicino all'orecchio perche' si
   divertano.

   Questa macchina, che si puo` facilmente portare su due dita tese, ha
   all'interno l'aspetto di una di quelle macchine che stanno nella
   pancia delle grandi navi, che voi tutti conoscete. Ci sono pero` anche
   macchine del tempo grandi e pesanti, che stanno ritte in piedi
   all'interno di una capanna o sono appese sulla punta piu` alta della
   casa e si possono vedere da lontano. Quando e` trascorsa una parte del
   tempo, piccole dita poste sulla parte esterna della macchina lo
   mostrano, e nello stesso momento la macchina si mette a gridare, come
   se uno spirito battesse con forza contro il ferro del suo cuore.
   Sicuro, in una citta` europea c'e` sempre un gran fragore quando e`
   passata una certa parte del tempo.

   Quando risuona questo baccano, il Papalagi si lamenta: <>. Di solito, dicendolo fa una faccia
   triste, come qualcuno che prova un gran dolore, sebbene dopo quella
   passata subito arrivi fresca fresca un'altra ora.

   Non ho mai capito bene questa cosa e penso appunto che si tratti di
   una grave malattia. <> <> <> Questi sono i lamenti piu`
   abituali che si sentono dall'uomo bianco.

   Io dico che deve essere una strana sorta di malattia; perche' anche
   supponendo che l'uomo bianco abbia voglia di fare una cosa, che il suo
   cuore lo desideri veramente, per esempio che voglia andare al sole o
   sul fiume con una canoa o voglia amare la sua fanciulla, cosi` si
   rovina ogni gioia, tormentandosi con il pensiero: <>. Il tempo e` li` ma, con tutta la buona volonta`, lui
   non lo vede. Nomina mille cose che gli portano via il tempo, se ne sta
   immusonito e lamentoso al suo lavoro che non ha alcuna voglia di fare,
   che non gli da` gioia e al quale nessuno lo costringe se non se stesso.
   Ma se poi all'improvviso si avvede di avere tempo, che il tempo e` li`,
   oppure qualcuno gli da` dell'altro tempo (i Papalagi si danno sempre il
   tempo a vicenda, sicuro, niente e` piu` altamente considerato di
   questo), allora gli manca di nuovo la voglia oppure e` stanco del suo
   lavoro e senza gioia. E regolarmente vuole fare l'indomani cio` per cui
   oggi non ha piu` tempo.

   Ci sono Papalagi che affermano di non avere mai tempo. Corrono intorno
   come dei disperati, come dei posseduti dal demonio e ovunque arrivino
   fanno del male e combinano guai e creano spavento perche' hanno perduto
   il loro tempo. Questa follia e` uno stato terribile, una malattia che
   nessun uomo della medicina sa guarire, che contagia molta gente e
   porta alla rovina.

   Poiche' ogni Papalagi e` ossessionato dalla paura di perdere il suo
   tempo, sa anche molto bene (e non solo lo sa ogni uomo, ma anche ogni
   donna e ogni bambino piccolo) quanti soli e quante lune si sono levate
   e sono tramontate dal momento in cui egli ha visto la grande luce per
   la prima volta. Sicuro, questa e` una cosa importante e quindi allo
   scadere di determinati periodi di tempo, si fanno grandi sacrifici con
   fiori e grandi banchetti. Quanto spesso mi sono accorto che molti
   credevano di doversi vergognare per me quando mi domandavano quanti
   anni avevo e io ridevo e non sapevo rispondere. <> Io tacevo e pensavo <>.

   Che eta` si ha, quante lune si sono viste. Questi calcoli e queste
   ricerche sono colme di pericolo, perche' con cio` si capisce quante lune
   dura la vita della maggior parte degli uomini. E cosi` ciascuno di loro
   sta attentissimo, e quando molte e molte lune sono trascorse, dice:
   <>. Cosi` non ha piu` gioia e finisce che muore
   davvero.

   Ci sono in Europa soltanto poche persone che hanno veramente tempo.
   Forse nessuna. Per questo, quindi, la maggior parte di esse corrono
   per la vita come una pietra che rotola. Tutti o quasi camminano
   tenendo gli occhi abbassati e dondolando le braccia avanti e indietro
   per andare piu` in fretta. Quando si vuole fermarli, gridano
   arrabbiati: <>. Fanno proprio come se un uomo che cammina in fretta
   avesse piu` valore e fosse piu` coraggioso di quello che cammina
   lentamente.

   Ho visto un uomo farsi scoppiare la testa, roteare gli occhi e
   spalancare la bocca come un pesce che sta per morire, diventare rosso
   e verde e battere le mani e i piedi perche' il suo servo era arrivato
   un momento piu` tardi di quanto aveva promesso. Quel minuto, lo spazio
   di un respiro, era per lui una perdita tanto grave che non si sarebbe
   mai potuta compensare. Il servo dovette abbandonare la sua capanna, il
   Papalagi lo scaccio` e gli grido` <>.

   Una sola e unica volta incontrai un uomo che aveva molto tempo, che
   non si lagnava mai di averne perduto; ma era povero e sudicio e
   abbandonato. La gente gli girava al largo e nessuno aveva rispetto di
   lui. Io non compresi questo modo di fare, perche' il suo passo era
   tranquillo e senza ansia e i suoi occhi avevano un quieto sorriso,
   silenzioso e gentile. Quando glielo domandai, il suo volto si piego` in
   una smorfia e disse con tristezza: <>.
   Quest'uomo aveva tempo, ma neppure lui era felice.

   Il Papalagi impiega tutte le sue energie e consuma tutti i suoi
   pensieri per rendere sempre piu` pieno il suo tempo. Utilizza l'acqua e
   il fuoco, la tempesta, i lampi del cielo, tutto per trattenere il
   tempo. Si mette delle ruote di ferro sotto i piedi e da` ali alle sue
   parole, sempre per avere piu` tempo. E perche' tutta questa gran fatica?
   Che cosa ne fa alla fine il Papalagi del suo tempo? Non sono mai
   riuscito a capirlo del tutto, sebbene lui faccia sempre tante parole e
   tanti gesti come se il Grande Spirito lo avesse invitato a un
   ricevimento.

   Io credo che il tempo gli sfugga come una serpe sfugge da una mano
   bagnata, proprio perche' lui cerca di tenerlo cosi` stretto. Non gli
   lascia modo di riprendersi. Gli sta appresso e gli da` letteralmente la
   caccia con le mani tese, non gli consente alcuna sosta perche' possa
   stendersi al sole. Il tempo deve essergli sempre accanto, deve dirgli
   e cantargli qualcosa. Ma il tempo e` silenzioso e ama la pace e la
   calma e lo stare distesi su una stuoia. Il Papalagi non ha compreso il
   tempo, non lo riconosce per quello che e` e percio` lo maltratta in quel
   modo con i suoi rozzi costumi.

   O miei cari fratelli! Noi non ci siamo mai lamentati del tempo, lo
   abbiamo sempre amato; quando veniva non gli siamo mai corsi appresso,
   non abbiamo mai voluto ne' costringerlo ne' disfarlo. Per noi non e` mai
   stato fonte di pena o di fastidio. Si faccia avanti quello fra noi che
   non ha tempo! Ciascuno di noi ha tempo in quantita`; ma noi pero` siamo
   anche contenti e soddisfatti di lui, non ce ne occorre piu` di quanto
   ce ne e` dato e ne abbiamo sempre quanto basta. Sappiamo di arrivare
   sempre abbastanza in tempo alle nostre mete e sappiamo anche che il
   Grande Spirito ci chiama secondo la sua volonta`, anche se non abbiamo
   contato il numero delle nostre lune. Dobbiamo liberare il povero,
   smarrito Papalagi dalla sua follia, dobbiamo ridargli il suo tempo.
   Dobbiamo distruggere la sua piccola macchina del tempo e annunciargli
   che dal levarsi al calare del sole c'e` molto piu` tempo di quanto un
   uomo puo` aver bisogno.

Il Papalagi ha impoverito Dio

   Il Papalagi ha una maniera di pensare curiosa e stranamente contorta.
   Pensa sempre come meglio trarre profitto da qualcosa e averne ragione.
   Soprattutto pensa solo per uno e non per tutti gli uomini. E questo
   uno e` egli stesso.

   Quando un uomo dice: <>, allora per lui e` veramente cosi` e nessuno puo` avere qualcosa da
   ridire. Nessuno ha maggior diritto alla propria mano destra che il
   possessore di quella mano.

   Fin qui do al Papalagi tutte le ragioni. Ma lui dice anche: <>. Solo perche' cresce proprio davanti alla sua capanna. Come se
   l'avesse fatta crescere lui stesso. La palma pero` non e` affatto sua.
   Mai. E` la mano di Dio che l'ha fatta uscire dalla terra. Dio ha molte
   mani. Ogni albero, ogni fiore, ogni filo d'erba, il mare, il cielo, le
   nuvole che in cielo camminano, tutto questo sono le mani di Dio. Noi
   possiamo afferrare queste cose e goderne, ma non possiamo dire... <>. Il Papalagi pero` lo fa.

   <> si chiama nella nostra lingua il mio e il tuo, ed e` quasi una
   sola e unica cosa. Nella lingua del Papalagi non ci sono parole che
   significhino due cose ben diverse meglio de... <> e <>.
   Mio e` tutto cio` che appartiene solo e unicamente a me. Tuo e` cio` che
   appartiene solo e unicamente a te. Per tale ragione, di tutto cio` che
   sta nella cerchia della sua capanna il Papalagi dice: <>. E
   nessuno ha diritto su queste cose all'infuori di lui. Quando vai da un
   Papalagi e presso di lui vedi qualcosa, un frutto, un albero,
   un'acqua, un bosco, un mucchio di terra, subito egli dice: <> Ma se tu lo fai ugualmente,
   allora si mette a gridare, ti chiama ladro, una parola che rappresenta
   una grande vergogna, e questo soltanto perche' hai osato toccare un
   <> del tuo prossimo. Accorrono i suoi amici e i servi del grande
   capo, ti mettono in catene e ti conducono nella fale pui pui e tu sei
   messo al bando per tutta la vita.

   Perche' uno non abbia a prendere le cose che sono dell'altro, questo, e
   cioe` il cio` che e` mio e il cio` che e` tuo, e` accuratamente regolato da
   leggi speciali. E in Europa ci sono persone che non fanno altro che
   badare a che nessuno trasgredisca queste leggi, che al Papalagi nulla
   venga portato via di cio` ch'egli ha fatto suo. Con questo il Papalagi
   vuol dare a vedere di avere un reale diritto su queste cose, come se
   Dio stesso gli avesse concesso cio` che possiede per tutti i tempi.
   Come se davvero la palma, l'albero, il fiore, il mare, il cielo con le
   sue nuvole gli appartenessero.

   Il Papalagi deve fare queste leggi e deve avere tutti questi difensori
   per il suo molto <>, affinche' coloro che hanno poco o nessun <>
   non prendano dal suo <>. Poiche' la` dove molti prendono molto per
   se', ci sono anche molti che hanno le mani vuote. Non tutti conoscono
   le astuzie e i modi segreti per giungere a molto <> e occorre uno
   speciale coraggio per questo, che non sempre si concilia con cio` che
   noi chiamiamo onore. E puo` anche ben darsi che coloro che hanno le
   mani vuote, perche' non vogliono offendere Dio e non vogliono portargli
   via nulla, siano i migliori fra i Papalagi. Ma di questi sicuramente
   ce ne sono pochissimi.

   La maggior parte deruba Dio senza vergogna. Non conoscono altro modo
   di vivere. Spesso non sanno neppure di fare qualcosa di male; appunto
   perche' tutti fanno cosi`, non ci fanno piu` caso e non provano alcuna
   vergogna. Molti ricevono anche molto <> dalle mani del padre, al
   momento in cui vengono al mondo. In ogni modo Dio non ha quasi piu`
   nulla, gli uomini gli hanno portato via quasi tutto per farne il mio e
   il tuo. Egli non puo` piu` dare il suo sole che e` destinato a tutti, non
   puo` piu` darlo a tutti in parti uguali, perche' alcuni ne vogliono piu`
   di altri. Sulle belle piazze assolate spesso siedono soltanto pochi,
   mentre gli altri molti nell'ombra carpiscono solo qualche raggio
   stentato. Dio non puo` piu` provare una vera gioia perche' non e` piu` il
   grandissimo signore nella sua grande casa. Il Papalagi lo rinnega in
   quanto dice: <>. Ma a tanto non arriva il suo ragionamento,
   sebbene passi molto tempo a pensare. Al contrario, egli dichiara il
   suo fare equo e giusto. Invece e` iniquo e ingiusto davanti a Dio.

   Se il Papalagi pensasse in modo giusto, dovrebbe anche sapere che
   nulla ci appartiene di cio` che non possiamo tenere stretto. E che in
   effetti noi non possiamo tenere stretto nulla. In tal caso
   comprenderebbe anche che Dio ha dato la sua grande casa perche' tutti
   in essa trovino posto e gioia. E questo posto sarebbe anche abbastanza
   grande perche' ciascuno trovi un angolino di sole e una piccola gioia,
   e perche' ciascuno abbia una piccola ombra di palma e un posticino su
   cui posare i piedi. Come Dio vuole e ha stabilito. Come potrebbe del
   resto Dio aver dimenticato anche uno solo dei suoi figli! Eppure
   quanti sono coloro che ancora cercano l'angolino a loro destinato.

   Poiche' il Papalagi non ascolta il comandamento di Dio e vuol farsi da
   se' le proprie leggi, Dio gli manda molti nemici della sua proprieta`.
   Manda l'umidita` e la calura a distruggere il suo <>, gli manda la
   vecchiaia, la dissoluzione. Da` potere sopra i suoi beni anche al fuoco
   e alla tempesta. Ma soprattutto Egli depone nell'animo del Papalagi la
   paura. L'aver paura per cio` che ha preso per se'. Il sonno del Papalagi
   non e` mai del tutto profondo perche' deve star sveglio affinche' di
   notte nulla gli venga portato via di cio` che egli stesso ha messo
   insieme durante la giornata. Deve sempre avere le mani e i sensi tesi
   a controllare il suo <>. E come tutto quel <> lo tormenta
   continuamente e si prende gioco di lui e gli dice: <>!

   Ma Dio ha dato al Papalagi ben piu` gravi castighi che la sua paura.
   Gli ha dato la lotta fra coloro che hanno soltanto un piccolo o
   addirittura nessun <> e coloro che si sono presi un grande <>.
   Questa lotta e` dura e spietata e continua sempre, giorno e notte. E` la
   lotta di cui tutti soffrono, che a tutti toglie la gioia della vita.
   Coloro che hanno devono dare, ma non vogliono dare. Coloro che non
   hanno nulla vogliono anche loro avere, ma non ricevono nulla. Questi
   pero` sono raramente in disaccordo con Dio. In primo luogo sono
   arrivati troppo tardi per rubare o sono stati troppo maldestri o e`
   mancata loro l'occasione. Che Dio sia il derubato, questo sono solo in
   pochissimi a pensarlo. E solo ben di rado si ode il richiamo di un
   uomo giusto, che invita a rimettere tutto nelle mani di Dio.

   O fratelli, che cosa ne pensate di un uomo che ha una capanna, grande
   abbastanza da contenere un intero villaggio delle Samoa, e non da` al
   viandante un tetto per la notte? Che cosa pensate di un uomo che tiene
   in mano un grappolo di banane e non da` un solo frutto a colui che e`
   affamato e lo prega? Io vedo l'ira nei vostri occhi e il grande
   disprezzo sulle vostra labbra. Cosi` pensate: ...<>. La palma possiede
   assai maggior saggezza di un Papalagi.

   Anche fra di noi ci sono molti che hanno piu` degli altri e noi
   rendiamo onore al capo che ha molte stuoie e molti maiali. Questo
   onore pero` e` riservato a lui e non alle stuoie e ai maiali. Perche'
   questi li abbiamo dati noi a lui come dono, per mostrargli la nostra
   gioia e per rendere omaggio al suo grande valore e alla sua saggezza.
   Il Papalagi invece onora nel proprio fratello le molte stuoie e i
   molti maiali, non gli importa nulla del suo valore e della sua
   saggezza. Un fratello senza stuoie o senza maiali ha per lui ben poco
   onore o addirittura nessuno.

   Ma poiche' le stuoie e i maiali non possono andare da soli verso i
   poveri e gli affamati, il Papalagi non vede neppure una buona ragione
   per portarli lui stesso ai suoi fratelli. Perche' egli non onora il
   fratello, ma le stuoie e i suoi maiali.

   Se amasse il fratello e lo onorasse e non fosse sempre in lotta con
   lui per il <> e il <>, allora gli porterebbe le stuoie, perche'
   anche lui possa aver parte del suo grande <>. Dividerebbe con lui
   la sua stessa stuoia, invece di gettarlo fuori nella notte buia.

   Ma il Papalagi non sa che Dio ci ha dato la palma, le banane, il
   delizioso taro, tutti gli uccelli della foresta e tutti i pesci del
   mare affinche' tutti ne possiamo godere ed essere felici. Ma questo non
   e` solo per pochi, mentre altri soffrono nella fame e nella miseria.
   Colui al quale Dio mette molto nella mano, deve darne al fratello,
   affinche' il frutto non gli marcisca nella mano. Poiche' Dio porge a
   tutti gli uomini le sue molte mani; non vuole che uno abbia piu` degli
   altri in maniera disuguale o che uno dica <>. Noi tutti abbiamo lo stesso diritto al sole.

   La` dove Dio tiene tutto nella sua giusta mano, non c'e` lotta ne'
   miseria. L'astuto Papalagi puo` raccontarci: <>

Il Grande Spirito e` piu` forte della macchina

   Il Papalagi fa molte cose che noi non sappiamo fare, che non
   comprenderemo mai, che per la nostra mente non sono che pietre
   pesanti... Cose per le quali non proviamo grande desiderio, ma che
   possono mettere in grande stupore i piu` deboli fra noi e porli in
   falsa umilta`. Percio` osserviamo senza vergogna o timore le
   meravigliose arti del Papalagi.

   Il Papalagi ha il potere di tramutare ogni cosa in sue lance e in sue
   clave. Si prende il lampo, il fuoco e l'acqua e li sottomette alla sua
   volonta`. Li rinchiude e da` loro ordini. E loro ubbidiscono. Queste
   forze sono i suoi piu` forti guerrieri. Egli conosce il grande segreto
   di rendere il lampo accecante ancor piu` rapido e luminoso, il caldo
   fuoco ancor piu` caldo, l'acqua veloce ancor piu` veloce.

   Il Papalagi pare davvero essere colui che ha bucato il cielo, il
   messaggero di Dio, poiche' domina il cielo e la terra a suo piacimento.
   E` pesce e uccello e verme e cavallo nello stesso tempo. Passa sotto i
   piu` grandi fiumi d'acqua dolce. Scivola fra rocce e montagne. Si lega
   ruote di ferro sotto i piedi e corre piu` veloce del piu` veloce
   destriero. Si solleva nel cielo. Sa volare. L'ho visto muoversi
   sull'acqua come un gabbiano. Possiede una grande canoa con la quale
   puo` viaggiare sull'acqua e ha anche una canoa per viaggiare sotto il
   mare. E con un'altra canoa viaggia da nuvola a nuvola.

   Cari fratelli, io rendo testimonianza della verita` con le mie parole e
   voi dovete credere al vostro servo, anche se le vostre menti conoscono
   dubbi su cio` che io vi annuncio. Poiche' grandi e ammirevoli sono le
   cose del Papalagi e io temo che ci siano molti fra di noi che
   potrebbero sentirsi deboli davanti a tanto potere. E da dove potrei
   cominciare se volessi raccontarvi tutto cio` che i miei occhi hanno
   visto con grande stupore?

   Voi tutti conoscete la grande canoa che il bianco chiama piroscafo.
   Non e` forse come un grandissimo, possente pesce? Come e` possibile
   ch'esso navighi da isola a isola piu` velocemente di quanto il piu`
   forte dei nostri giovani rematori sa fare con una canoa? Avete visto
   alla sua estremita` la grande pinna della coda quando e` in movimento?
   Essa si muove e si piega esattamente come quella dei nostri pesci
   nella laguna. Questa grande pinna spinge avanti la grande canoa. E
   come questo sia possibile, e` il grande segreto del Papalagi. Il
   segreto e` nella pancia del grande pesce. La` sta la macchina che da`
   alla grande pinna la grande forza. La macchina, e` questa che racchiude
   in se' la grande forza. Una forza che un uomo non potrebbe mai avere.

   La macchina e` l'arma piu` potente del Papalagi. Dategli il piu` robusto
   albero di ifi della giungla: la mano della macchina abbatte il tronco,
   come una madre spezza il frutto di taro per darlo ai suoi bambini. La
   macchina e` la piu` grande meraviglia d'Europa. La sua mano e` forte e
   non si stanca mai. Se vuole taglia cento, mille tanoe in un giorno.
   L'ho vista tessere panni, cosi` fini e delicati come quelli usciti
   dalle mani piu` delicate di una giovane vergine. Lavorava dalla mattina
   a notte fonda. Sputava panno, fino a che ne aveva fatto un mucchio
   alto quanto una collina. Miserevole e pietosa e` la nostra forza in
   confronto alla forza possente della macchina.

   Il Papalagi e` un mago. Canti una canzone, e lui raccoglie il tuo canto
   e te lo rida` in qualunque momento lo vuoi sentire. Ti mette davanti
   una lastra di vetro e ci imprigiona la tua immagine. E te la rifa`
   mille volte, tutte le volte che vuoi.

   Ma ho visto magie ben piu` grandi di questa. Vi ho detto che il
   Papalagi afferra i lampi del cielo. Lui li afferra e la macchina li
   deve divorare e distruggere, e di notte li sputa di nuovo in mille
   stelle, stelline, lucciole e minuscole lune. Per lui sarebbe cosa da
   nulla cospargere durante la notte le nostre isole di luce, cosi` che
   possano essere chiare e luminose come di giorno. Spesso manda fuori di
   nuovo i lampi per suo uso e ordina loro la strada e da` loro notizie da
   portare a fratelli lontani. E i lampi gli ubbidiscono e portano con se'
   le notizie.

   Il Papalagi ha rafforzato tutte le sue membra. Le sue mani arrivano
   oltre i mari e fino alle stelle e i suoi piedi superano il vento e le
   onde. Il suo orecchio ode ogni sussurro a Savaii e la sua voce ha ali
   come un uccello. Il suo occhio vede nella notte. Vede anche dentro il
   suo corpo, come se la sua carne fosse trasparente come l'acqua, e vede
   ogni sporcizia sul fondo di questa acqua.

   Tutto cio` di cui sono stato testimone e che vi racconto e` soltanto una
   piccola parte di quello che i miei occhi hanno potuto vedere con
   grande ammirazione. E, credetemi, l'ambizione del bianco di compiere
   sempre nuovi miracoli e` grande, e a migliaia essi stanno alzati a
   pensare nella notte e studiano come possono riportare una nuova
   vittoria su Dio. Perche' questa e` la verita`: il Papalagi vorrebbe
   vincere Dio. Vorrebbe abbattere il Grande Spirito e prendere egli
   stesso le sue forze e i suoi poteri. Ma ancora Dio e` piu` forte e piu`
   potente del piu` grande dei Papalagi e delle sue macchine e ancora e`
   Lui che decide chi di noi e quando deve morire.

   Ancora il sole, l'acqua e il fuoco servono in primo luogo Lui, Dio. E
   ancora nessun bianco ha potuto decidere quando deve salire la luna o
   ha saputo dirigere i venti a sua volonta`.

   Fintanto che cio` rimane cosi` quei miracoli sono poca cosa. E debole e`
   colui fra di noi, o fratelli, che si sottomette a questi miracoli dei
   Papalagi; che adora il bianco per i suoi miracoli e per le sue opere e
   si dichiara per questo povero e indegno, perche' le sue mani e il suo
   spirito non sanno fare le stesse cose. Poiche' per quanto tutte le
   meraviglie dei Papalagi possano colmarci di stupore, osservate alla
   limpida luce del sole, esse significano poco piu` che l'intaglio di una
   clava e l'intreccio di una stuoia, e ogni suo fare assomiglia solo al
   gioco di un bambino nella sabbia. Poiche' non c'e` nulla, che il bianco
   ha fatto, che possa anche solo lontanamente uguagliare i miracoli del
   Grande Spirito.

   Splendide e possenti e ben decorate sono le capanne dei grandi
   signori, che essi chiamano palazzi; e ancor piu` belle le alte capanne
   che essi hanno eretto in onore di Dio, che spesso si levano piu` alte
   delle cime del monte Tofua. Tuttavia cio` e` rozzo e grossolano e senza
   il caldo sangue della vita in confronto a un semplice arbusto di
   ibisco con la sua fioritura color del fuoco; in confronto alla cima
   svettante di ogni palma o a una foresta dei nostri coralli, ebbra di
   forme e di colori. Mai finora il Papalagi ha intessuto un panno cosi`
   fine come Dio tesse in ogni ragnatela, e mai una macchina ha lavorato
   in modo cosi` sottile e abile come la piu` piccola formichina della
   sabbia che vive nelle nostre capanne.

   Il bianco vola sulle nuvole come un uccello, ve l'ho detto. Ma i
   grandi gabbiani volano ancora piu` alti e piu` veloci dell'uomo e in
   tutte le tempeste, e le ali nascono dal loro corpo, mentre le ali del
   Papalagi sono soltanto un inganno e si possono spezzare facilmente e
   farlo cadere.

   Cosi` tutti i suoi miracoli hanno dunque una piccola, nascosta
   imperfezione; e non c'e` macchina che non abbia bisogno di un custode e
   di qualcuno che l'aiuti a muoversi. E ciascuna porta dentro di se' la
   sua segreta maledizione. Poiche' anche se la forte mano della macchina
   fa tutto, essa consuma con il suo lavoro anche l'amore che si nasconde
   in ogni cosa che esce dalle nostre mani.

   Che cosa varrebbe per me una canoa o una clava tagliata dalla
   macchina, un oggetto freddo e senza sangue che non sa parlare del suo
   lavoro, che non sa sorridere quando e` finito e che non posso portare
   alla madre o al padre perche' se ne rallegrino? Come posso amare la mia
   tanoa come l'amo, se una macchina me la potesse rifare in ogni momento
   senza che io vi metta mano? Questa e` la grande maledizione della
   macchina: che il Papalagi non ama piu` nulla, perche' puo` sempre rifare
   subito ogni cosa. Per accogliere i suoi miracoli privi di amore, egli
   deve nutrirli del proprio cuore.

   Il Grande Spirito vuole decidere esso stesso le forze del cielo e
   della terra e distribuirle secondo il suo giudizio. Questo non e` mai
   concesso all'uomo.

   Non impunemente il bianco tenta di fare di se stesso pesce e uccello,
   cavallo e verme. E il guadagno e` molto piu` piccolo di quanto egli
   stesso osi confessarsi.

   Quando io cavalco attraverso un villaggio, arrivo certo piu` in fretta;
   ma quando vado a piedi, vedo di piu`, e gli amici mi chiamano nelle
   loro capanne. Arrivare veloci a una meta e` di rado un vero vantaggio.
   Il Papalagi vuole sempre arrivare in fretta alla meta. La maggior
   parte delle sue macchine servono solo allo scopo di arrivare piu` in
   fretta. E` giunto alla meta e gia` un'altra lo chiama. E cosi` il
   Papalagi passa nella vita senza un momento di riposo, dimentica sempre
   piu` la gioia di camminare e di vagabondare e la letizia del muoversi
   verso la meta che ci viene incontro, che non andiamo a cercare.

   Percio` io vi dico: la macchina e` un bel giocattolo dei grandi bambini
   bianchi e tutte le sue arti non ci devono spaventare. Il Papalagi non
   ha ancora costruito una macchina che lo preservi dalla morte. Non ha
   ancora fatto niente che sia piu` grande di cio` che Dio fa in ogni ora.
   Tutte le macchine e le altre sue arti e magie non hanno ancora
   prolungato la vita di un uomo, non lo hanno neppure reso piu` lieto e
   felice. Teniamoci percio` alle meravigliose macchine e alle grandi arti
   di Dio e disprezziamo il bianco quando gioca a fare Dio.

Del mestiere del Papalagi e di come egli in esso si smarrisce

   Ogni Papalagi ha un mestiere. E` molto difficile spiegare che cosa sia
   un mestiere. E` qualcosa che si dovrebbe aver voglia di fare, ma il piu`
   delle volte non se ne ha. Avere un mestiere vuol dire fare sempre,
   ogni giorno, la stessa cosa. Farla cosi` spesso da poterla fare a occhi
   chiusi e senza alcuno sforzo. Se io con le mie mani non faccio altro
   che costruire capanne o intrecciare stuoie, costruire capanne o
   intrecciare stuoie diventa il mio mestiere.

   Ci sono mestieri maschili e mestieri femminili. Lavare biancheria
   nella laguna o tirare a lucido le pelli da piedi sono mestieri
   femminili, guidare una imbarcazione in mare e sparare agli uccelli
   nella foresta sono mestieri maschili. Nella maggior parte dei casi la
   donna rinuncia al suo mestiere quando si sposa. L'uomo, al contrario,
   comincia proprio allora a farlo con maggior lena.

   Ogni signore da` sua figlia solo a un pretendente che abbia un buon
   mestiere. Un Papalagi senza mestiere non si puo` sposare. Ogni uomo
   bianco quindi puo` e deve avere un mestiere. Per questa ragione ogni
   Papalagi, molto prima che venga il momento di farsi tatuare, deve
   decidere quale lavoro vuol fare per tutta la vita. Questo lo chiamano:
   scegliere una professione. Si tratta di una cosa molto importante e la
   famiglia ne parla tanto come di cio` che vuol mangiare il giorno
   seguente. Se vuole iniziare il mestiere di intrecciatore di stuoie,
   allora il signore anziano porta il giovane signore da un uomo che non
   fa altro che intrecciare stuoie. Quest'uomo deve spiegare al giovane
   come si intreccia una stuoia. Deve insegnargli a farlo cosi` bene da
   poterlo fare a occhi chiusi. Spesso per questo ci vuole molto tempo,
   ma non appena ha imparato il giovane lascia l'uomo, e allora si dice
   che ha imparato il mestiere.

   Quando il Papalagi, piu` avanti nella vita, si avvede che preferirebbe
   costruire capanne invece che intrecciare stuoie, allora si dice che ha
   sbagliato mestiere, che in altre parole vuol dire ha mancato il
   bersaglio. Questo e` un grande dolore, perche' e` contro i buoni costumi
   mettersi a fare un altro mestiere; e` contro l'onore del buon Papalagi
   dire: <>, oppure <>.

   Il Papalagi ha tanti mestieri quante sono le pietre della laguna. Di
   ogni cosa che si puo` fare, lui fa un mestiere. Se uno raccoglie le
   foglie avvizzite dell'albero del pane, questo e` il suo mestiere. Se
   pulisce le stoviglie, anche questo e` u n mestiere. Mestiere e` tutto
   cio` che deve essere fatto con le mani o con la testa. Mestieri sono
   anche avere dei pensieri nella testa o osservare le stelle. Non c'e`
   nulla in effetti che un uomo possa fare, di cui il Papalagi non faccia
   un mestiere.

   Quindi quando il bianco dice: <>, questo e` il suo
   mestiere; vuol dire che lui non fa altro che scrivere una lettera dopo
   l'altra. Non arrotola la sua stuoia sulla trave non va in cucina ad
   arrostirsi un frutto, non lava la sua ciotola. Mangia pesce ma non va
   a pescare, mangia frutti ma non coglie un frutto dall'albero. Scrive
   una lettera dopo l'altra; l'impiegato e` appunto il suo mestiere.
   Esattamente come ogni cosa in se' puo` essere un mestiere deporre le
   stuoie sulla trave, arrostire frutti, pulire ciotole, pescare pesci o
   cogliere frutti. Solo il mestiere da` all'uomo il pieno diritto al suo
   fare.

   Cosi` succede che la maggior parte dei Papalagi sanno fare soltanto
   quello che e` il loro mestiere, e il piu` grande capo, che ha molta
   saggezza in testa e molta forza nel braccio, non e` capace di deporre
   la sua stuoia sulla trave o di pulire la sua ciotola. E cosi` succede
   anche che colui che e` capace di scrivere una lettera di molti colori
   deve per forza non essere capace di portare al largo nella laguna una
   canoa, o viceversa. Avere un mestiere vuol dire: solo camminare, solo
   assaggiare, solo combattere; insomma: saper fare solo una
   cosa..........

   In questo saper-fare-solo-una-cosa vi sono una grande manchevolezza e
   un grande pericolo, poiche' a ciascuno puo` capitare di trovarsi una
   volta fuori nella laguna e dover guidare una canoa. Il Grande Spirito
   ci ha dato le mani perche' possiamo cogliere i frutti dagli alberi, per
   prendere dalla palude le radici del taro. Ce le ha date per proteggere
   il nostro corpo e difenderlo da tutti i nemici. e ce le ha certamente
   date per la nostra gioia nella danza e nel gioco e negli altri
   piaceri. Ma non ce le ha certamente date per la nostra gioia nella
   danza e nel gioco e negli altri piaceri. Ma non ce le ha certamente
   date solo perche' costruissimo capanne, o cogliessimo frutti, o
   strappassimo tuberi; esse devono essere al nostro servizio in ogni
   momento e in tutte le occasioni.

   Questo pero` il Papalagi non lo comprende. Ma che il suo modo di fare e`
   sbagliato, profondamente sbagliato e contro tutti i comandamenti del
   Grande Spirito, lo comprendiamo dal fatto che ci sono dei bianchi che
   non sanno piu` camminare; che mettono su pancia come un maiale, perche'
   devono sempre star fermi a causa del loro mestiere; che non sanno piu`
   sollevare o gettare una lancia, perche' le loro mani sanno tenere solo
   l'osso per scrivere, sedere all'ombra e non fare altro che scrivere
   lettere; che non sanno piu` guidare un puledro, perche' devono
   contemplare le stelle o spremersi pensieri dalla testa.

   Raramente un Papalagi adulto e` ancora in grado di saltare e correre
   come un bambino. Cammina trascinando il corpo e si muove come se fosse
   sempre impedito. Maschera e rinnega questa debolezza dicendo che
   correre e saltare non sono cose adatte a un uomo della sua dignita`. Ma
   questo e` un motivo ipocrita, perche' le sue ossa sono indurite e
   inabili e tutti i suoi muscoli hanno perso la loro gioia, perche' il
   mestiere li ha condannati al sonno e alla morte. Anche il mestiere e`
   un demone che distrugge la vita. Un demone che offre all'uomo belle
   menzogne, ma che gli succhia il sangue dal corpo. Inoltre il mestiere
   danneggia il Papalagi anche in un altro modo e si rivela demone anche
   per un altro aspetto.

   E` una gioia costruire una capanna: abbattere gli alberi nel la foresta
   e tagliarli per farne dei pali, poi infiggere i pali nel terreno,
   intrecciarvi sopra il tetto e alla fine, quando i pali e le travi e
   tutto quanto e` ben legato con i fili di cocco, ricoprire ogni cosa con
   le foglie secche della canna da zucchero. Non occorre che vi dica
   quale grande gioia e` quando un intero villaggio ha costruito la
   capanna del capo e persino le donne e i bambini prendono parte alla
   grande festa.

   Ma che cosa direste se solo pochi uomini del villaggio potessero
   andare nella foresta per tagliare gli alberi per farne dei pali? E se
   questi pochi non potessero poi aiutare a piantare i pali, perche' il
   loro mestiere e` soltanto abbattere gli alberi? E se quelli che hanno
   piantato i pali nel terreno non potessero aiutare a intrecciare il
   tetto, perche' il loro mestiere e` solo piantare pali? E se quelli che
   intrecciano il tetto non potessero poi ricoprirlo di fogliame, perche'
   il loro mestiere e` soltanto intrecciare il tetto? In tal caso nessuno
   di tutti questi potrebbe dare una mano a raccogliere la ghiaia fine
   della spiaggia per fare il pavimento della capanna, perche' questo lo
   potrebbero fare soltanto coloro che portano ghiaia per mestiere. E
   allora a inaugurare la nuova capanna e a fare la grande festa
   dovrebbero essere soltanto quelli che ci devono abitare, non tutti
   coloro che l'hanno costruita.

   Voi ridete e certamente direste: <>. E voi certamente
   chiamereste pazzo colui che pretende di avere da voi la vostra mano
   per un solo scopo, come se tutte le altre membra e i sensi del vostro
   corpo fossero paralizzati o morti.

   Da qui viene quindi al Papalagi la sua grande infelicita`. E` bello
   andare una volta al ruscello a prendere l'acqua, e` bello anche farlo
   parecchie volte in un giorno; ma se uno dal levarsi al calare del sole
   non dovesse fare altro che prendere acqua al ruscello, e questo tutti
   i giorni e ogni giorno tutte le ore, fino a che le sue forze lo
   consentono, sempre e continuamente, alla fine costui verrebbe colto
   dall'ira e scaglierebbe il secchio lontano da se', infuriato per le
   catene che legano il suo corpo. Poiche' nulla e` cosi` pesante per l'uomo
   come fare continuamente la stessa cosa.

   Ci sono pero` dei Papalagi che non raccolgono solo acqua giorno dopo
   giorno sempre alla stessa fonte (questo potrebbe ancora essere un
   grande piacere), no, vi sono anche quelli che solo alzano una mano o
   l'abbassano oppure la spingono contro un bastone, e questo in un luogo
   sporco, senza luce e senza sole; che non fanno nulla che sia prova di
   forza e dia qualche gioia, gente che dal pensiero del Papalagi e`
   costretta a levare o abbassare la mano oppure batterla contro una
   pietra, perche' con cio` si mette in moto o si regola una macchina che
   taglia anelli bianchi o insegne da petto o conchiglie da calzoni o
   qualche altra cosa. In Europa ci sono piu` uomini di quante palme ci
   siano nelle nostre isole i cui volti sono grigi come la cenere, perche'
   non conoscono gioia alcuna nel loro lavoro, perche' il mestiere divora
   ogni piacere e dal loro lavoro non nasce alcun frutto, neppure una
   foglia di cui poter gioire.

   E per questo negli uomini cova un odio cocente per il proprio
   mestiere. Tutti hanno nel cuore una qualche cosa, come un animale che
   e` tenuto alla catena e si ribella e vuol liberarsi e non vi riesce. E
   tutti confrontano i loro mestieri gli uni con gli altri, e sono pieni
   di invidia e di malcontento, e si parla di mestieri piu` elevati e piu`
   bassi, sebbene tutti i mestieri siano soltanto un fare a meta`. Perche'
   l'uomo non e` soltanto mano o piede o soltanto testa; tutto in lui e`
   unito. Mano, piede, testa vogliono stare insieme. Quando tutte le
   membra e i sensi lavorano insieme, solo allora il cuore dell'uomo puo`
   godere in sana letizia; mai pero` quando solo una parte dell'uomo vive
   e le altre devono essere come morte. Questo porta l'uomo allo
   smarrimento, alla disperazione e alla malattia.

   Il Papalagi vive nello smarrimento a causa del suo mestiere. Per la
   verita`, non vuole saperlo e sicuramente, se mi sentisse raccontare
   tutto questo, vorrebbe dichiararmi pazzo, come colui che vuole essere
   giudice e che pero` non puo` giudicare, perche' lui stesso non ha mai
   avuto un mestiere e neppure ha mai lavorato come un europeo.

   Ma il Papalagi non ci ha portato mai la verita` ne' la spiegazione del
   perche' noi dovremmo lavorare piu` di quanto Dio puo` chiederci di fare
   per saziare la fame, avere un tetto sopra la testa e trovare gioia e
   piacere alla festa sulla piazza del villaggio. Piccolo puo` sembrare
   questo lavoro, e la nostra esistenza puo` apparire povera di mestieri.
   Ma colui che e` uomo giusto e fratello delle molte isole fa con gioia
   il suo lavoro, mai con sofferenza. Piuttosto non lo fa. E questo e` cio`
   che ci distingue dai bianchi. Il Papalagi sospira quando parla del suo
   lavoro, come se fosse oppresso da un peso. I giovani delle Samoa vanno
   cantando nel campo di taro; cantando le giovani donne lavano i panni
   nei ruscelli. Il Grande Spirito non vuole certamente che diventiamo
   grigi nel nostro mestiere e strisciamo come lumache nella laguna. Egli
   vuole che restiamo ben ritti e fieri in tutto il nostro fare, e sempre
   uomini con occhi lieti e membra sciolte.

Del luogo della falsa vita e delle molte carte

   Molto, miei cari fratelli del grande mare, molto avrebbe da
   raccontarvi il vostro umile servo, per darvi un'idea della verita`
   sull'Europa. Per far questo, il mio discorso dovrebbe essere come un
   ruscelletto di montagna che scorre dalla mattina alla sera, e ancora
   la verita` non sarebbe completa, perche' la vita del Papalagi e` come il
   mare di cui non si puo` vedere con precisione l'inizio e la fine. Essa
   ha altrettante onde quante la grande acqua, rugge e infuria, sorride e
   sogna.

   Come un uomo non potra` mai svuotare il mare con il cavo della mano,
   cosi` io non posso portare a voi il grande mare dell'Europa con il mio
   piccolo spirito.

   Ma per questo non voglio tralasciare di riferirvi che, come il mare
   non puo` essere senz'acqua, cosi` la vita dell'Europa non puo` esistere
   senza il luogo della falsa vita e senza le molte carte. Portate via
   queste due cose al Papalagi e allora lui sara` come un pesce che l'onda
   ha sbattuto sulla riva non puo` far altro che sussultare con tutte le
   sue membra, ma non puo` piu` nuotare e muoversi come gli piace.

   Il luogo della falsa vita. Non e` facile descrivervi questo luogo, che
   il bianco chiama cinema, in modo che voi possiate comprenderlo e
   immaginarlo chiaramente con i vostri occhi In ogni citta` o villaggio
   d'Europa c'e` uno di questi luoghi misteriosi che gli uomini amano piu`
   della casa del missionario. Di cui gia` i bambini sognano e con il
   quale volentieri giocano nel pensiero.

   Il cinema e` una capanna, piu` grande della grande capanna del capo di
   Upolu, si`, molto piu` grande. E` buia anche in pieno giorno, tanto che
   ciascuno non puo` riconoscere chi gli sta accanto. Cosi` che si resta
   accecati quando si entra, ma ancora piu` accecati quando si torna
   fuori. Qui la gente entra e si avvia tastando il muro, fino a che una
   vergine arriva con un piccolo lampo nella mano e la guida dove c'e`
   posto per sedere. Stretti stretti i Papalagi siedono tutti in fila nel
   buio, nessuno vede il vicino, la buia capanna e` colma di gente in
   silenzio. Ciascuno siede sulla sua piccola panca e tutte le piccole
   panche sono volte verso una parete.

   Dal fondo di questa parete, come dal profondo di un burrone, sale un
   gran rumore e un ronzio, e, non appena gli occhi si sono abituati
   all'oscurita`, si riconosce un Papalagi che, seduto, lotta con un
   cassone. Con le dita tese di entrambe le mani batte sopra tante
   minuscole lingue bianche e nere che il cassone butta fuori, e ogni
   lingua stride forte e da` a ogni tocco un suono diverso, cosi` che ne
   nasce uno stridore furioso come in un grande litigio in un villaggio.

   Questo rumore dovrebbe distrarre i nostri sensi e indebolirli,
   affinche' crediamo a cio` che vediamo e non dubitiamo che e` vero e
   reale. Proprio davanti alla parete si irradia una luce molto forte,
   come se sulla parete battesse un fortissimo raggio di luna, e in
   questa luce ci sono uomini che sembrano e vestono come veri Papalagi,
   che si muovono e vanno avanti e indietro, camminano, ridono, saltano,
   proprio come in Europa si fa dappertutto. E` come il riflesso della
   luna nella laguna. E` la luna eppure non lo e`. Cosi` anche questo e`
   soltanto un riflesso. Ciascuno muove la bocca, nessuno dubita che
   parlino, eppure non si ode un solo suono e parola alcuna, per quanto
   si faccia attenzione ad ascoltare e per quanto sia fastidioso non
   udire nulla. E questo e` anche il motivo principale perche' quel
   Papalagi batte sul cassone nero: esso deve dare l'impressione che le
   voci non si possano udire a causa di quel rumore. E per questo sulla
   parete di tanto in tanto appaiono delle scritte che annunciano cio` che
   il Papalagi ha detto o dira`.

   Tuttavia, queste persone non sono creature vere. Se si volessero
   afferrare, ci si accorgerebbe che sono fatte di luce e che non si
   possono prendere. Sono li` soltanto per mostrare al Papalagi le sue
   gioie e i suoi dolori, le sue follie e le sue debolezze. Cosi` lui vede
   le donne e gli uomini piu` belli proprio vicinissimi. Anche se sono
   muti, lui vede i loro movimenti e il luccichio dei loro occhi. Anzi,
   sembra che gli sorridano e gli vogliano parlare. Cosi` vede anche i
   massimi capi, con cui mai potrebbe parlare, li vede da vicino e
   indisturbato, come fossero suoi pari. Prende parte ai grandi
   banchetti, a ricevimenti e ad altre feste, cosi` che gli pare di essere
   dappertutto, sedere a banchetto e far festa con loro. Ma vede anche
   come un Papalagi rapisce una fanciulla alla famiglia. O come una
   fanciulla e` infedele al suo giovane amante. Vede come un uomo cattivo
   afferra alla gola un ricco signore e come le dita affondano nella
   carne della sua gola e gli occhi del signore escono dalle orbite, lo
   vede morto e vede l'uomo cattivo strappargli dai panni il metallo
   rotondo e la carta pesante.

   Mentre l'occhio del Papalagi guarda tutte queste cose liete o
   orribili, lui se ne deve stare seduto immobile; non puo` ammonire la
   fanciulla infedele, non puo` accorrere in aiuto del ricco signore per
   salvarlo. Ma questo non da` alcun dolore al Papalagi; anzi, egli guarda
   ogni cosa con grande volutta`, come se non avesse cuore. Non prova
   nessuno spavento e nessun orrore. Osserva tutto come se lui stesso
   fosse una creatura del tutto diversa. Poiche' colui che sta a guardare
   e` sempre fermamente convinto di essere migliore degli uomini che vede
   nella luce, e che lui non farebbe mai tutte le follie che gli vengono
   mostrate. Sta zitto, trattenendo il respiro, e i suoi occhi pendono
   dalla parete, e, non appena vede un cuore forte o una nobile immagine,
   se la prende nel cuore e pensa: <>. Siede li`
   completamente immobile sulla sua panca e fissa la ritta parete liscia
   su cui nulla vive, se non ingannevoli riflessi che un mago vi getta da
   dietro, da una stretta apertura nella parete opposta. Per cui, cosi`
   tante cose vivono di una falsa vita. Assorbire dentro di se' queste
   false immagini, che non hanno una vita reale, questo e` cio` che procura
   al Papalagi un cosi` intenso godimento. In questa stanza buia egli puo`
   entrare nella falsa vita senza vergogna e senza che gli altri vedano i
   suoi occhi. Il povero puo` fare la parte del ricco, il malato quella
   del sano, il debole quella del forte. Ciascuno li` nel buio puo`
   prendere quello che vuole e vivere una falsa vita, fare cio` che nella
   vita reale mai e poi mai riuscirebbe a fare.

   Darsi in tal modo alla falsa vita e` diventata una grande passione del
   Papalagi, una passione spesso cosi` grande che in essa egli dimentica
   la sua vita vera. Questa passione e` una cosa malata, perche' l'uomo
   giusto non vuole vivere una vita falsa nel buio di una stanza, ma
   vuole viverne una calda e reale alla luce del sole. La conseguenza di
   questa passione e` che molti Papalagi che escono dal luogo della falsa
   vita non sanno poi piu` distinguere questa dalla vita reale e restano
   confusi e smarriti, si credono ricchi quando sono poveri, o belli
   quando sono brutti. Oppure fanno cose orribili, che mai avrebbero
   fatto nella loro vita reale, ma le fanno perche' non sanno piu`
   distinguere cio` che e` vero da cio` che non lo e`. E` uno stato molto
   simile a quello che noi tutti conosciamo negli europei quando hanno
   bevuto troppa kava europea e credono di camminare sul mare.

   Anche le molte carte ottengono sul Papalagi un effetto molto simile di
   ebbrezza e di frenesia Che cosa sono le molte carte? Immaginate una
   stuoia di tapa sottile, bianca, ripiegata, divisa e poi ancora
   ripiegata, con tutti i lati ricoperti da segni fittissimi queste sono
   le molte carte o, come il Papalagi le chiama, i giornali.

   In queste carte si trova la grande intelligenza del Papalagi. Lui ogni
   mattina e ogni sera deve tenerci dentro la testa per riempirla e
   saziarla, per poter meglio pensare e avere dentro tante cose; come il
   cavallo che corre meglio se ha mangiato molte banane e ha la pancia
   ben piena. Il signore sta ancora sulla sua stuoia, che gia` i
   messaggeri corrono per tutto il paese e distribuiscono le molte carte.
   E` la prima cosa che il Papalagi fa quando si sveglia dal sonno. Legge.
   Affonda gli occhi in quello che le molte carte gli raccontano. E tutti
   i Papalagi fanno la stessa cosa, leggono. Leggono quello che i grandi
   capi e i massimi oratori d'Europa hanno detto nei loro ricevimenti.
   Tutto cio` sta esattamente segnato sulla stuoia bianca, anche se e' una
   cosa molto stupida. Anche i panni che avevano addosso sono minutamente
   descritti, e quello che i grandi signori hanno mangiato, come si
   chiama il loro cavallo, se soffrono di elefantiasi o se hanno deboli
   pensieri.

   Cio` che loro raccontano, nel nostro paese si potrebbe leggere come
   segue: <>. E via di questo passo.

   Tutto, tutto cio` che accade e che la gente fa e non fa, tutto viene
   raccontato: i loro buoni e cattivi pensieri, se hanno ammazzato una
   gallina o un maiale, se si sono costruiti una nuova canoa. Non succede
   nulla in tutto il paese che queste stuoie bianche non riportino
   fedelmente. Il Papalagi chiama questo: essere ben informato. Vuole
   essere al corrente di tutto quello che da un tramonto all'altro accade
   nel paese. E` indignato se qualcosa gli sfugge. Beve tutto con grande
   avidita`. Sebbene vi trovi anche le cose piu` orribili e tutto cio` che
   la sana mente di un uomo vorrebbe al piu` presto dimenticare. Gia`,
   proprio queste, le cose cattive, che fanno male, vengono raccontate
   ancor piu` dettagliatamente delle cose buone, in tutti i minimi
   particolari, come se raccontare il buono non fosse meglio e piu`
   importante e piu` allegro che raccontare tutto il male.

   Quando tu leggi il giornale, non hai piu` bisogno di andare ad Apolima,
   a Manono o Savaii per sapere che cosa fanno i tuoi amici, che cosa
   pensano e che cosa festeggiano. Puoi stare tranquillamente sulla tua
   stuoia le molte carte ti racconteranno tutto. Questo sembra bello e
   gradevole, ma e` soltanto un inganno. Perche' quando tu incontri tuo
   fratello e ciascuno dei due ha gia` tenuto la testa affondata nelle
   molte carte, allora non avrete piu` niente di speciale da raccontarvi a
   vicenda, perche' ciascuno avra` gia` nella testa esattamente le stesse
   cose, e allora o resterete in silenzio o vi ripeterete soltanto quello
   che dicono le molte carte. Sono invece cose tanto piu` belle cantare
   una canzone o festeggiare un evento o soffrire una pena, che non
   trovarsi tutto raccontato da bocche straniere e non averlo visto con i
   propri occhi.

   Ma cio` che fa i giornali cosi` dannosi per il nostro spirito, non e`
   quello che ci raccontano, ma piuttosto il fatto che essi ci dicono
   anche cio` che dobbiamo pensare di questo e di quello, dei nostri
   grandi capi o dei capi di altri paesi, degli avvenimenti e di tutto il
   fare degli uomini. Il giornale vorrebbe fare di tutti gli uomini una
   testa sola, esso e` nemico della mia testa e del mio pensiero. Pretende
   di imporre a ciascuno la propria testa e il proprio pensiero. E riesce
   anche a ottenerlo. Quando tu la mattina leggi le molte carte, sai gia`
   a mezzogiorno che cosa ogni altro Papalagi ha nella testa e che cosa
   pensa.

   Il giornale e` anche una specie di macchina che fabbrica ogni giorno
   nuovi pensieri, molti di piu` di quanto una sola te sta possa fare. Ma
   la maggior parte di essi sono deboli pensieri, senza fierezza ne'
   forza; riempiono, si` le nostre teste con molto nutrimento, ma non le
   rendono piu` forti. Potremmo nello stesso modo anche riempire le nostre
   teste di sabbia. Il Papalagi riempie la sua testa con tutto questo
   grande nutrimento di carta. Prima che possa buttarne via uno, gia` ha
   davanti il seguente. La sua testa e` come le paludi delle mangrove, che
   soffocano nel loro stesso limo, dove non crescono piu` ne' verde ne'
   frutti, dove salgono solo cattivi vapori e ronzano intorno sciami di
   insetti pungenti.

   Il luogo della falsa vita e le molte carte hanno reso il Papalagi cio`
   ch'egli e` ora: un uomo debole e smarrito, che ama cio` che non e` vero,
   che non riconosce piu` cio` che e` vero, e prende il riflesso della luna
   per la vera luna e una stuoia scritta per la vita stessa.

La grave malattia del pensare

   Quando la parola <> sale alle labbra del Papalagi, i suoi occhi
   si ingrandiscono, si fanno tondi e fissi; gonfia il petto, respira
   pesantemente e si stira come un guerriero che ha sconfitto il proprio
   nemico. Perche' questo <> e` qualcosa di cui e` particolarmente
   fiero. Qui non si tratta del grande, possente spirito che il
   missionario chiama <>, di cui tutti non siamo che miserevoli
   riflessi, ma del piccolo spirito, quello che appartiene all'uomo e fa
   i suoi pensieri.

   Se io da qui vedo l'albero di mango dietro la chiesa della missione,
   cio` non e` spirito, perche' io vedo soltanto. Ma se riconosco che e` piu`
   grande della chiesa della missione, allora cio` e` spirito. Devo cioe`
   non soltanto vedere qualcosa, ma anche sapere qualcosa. Questo sapere
   il Papalagi lo usa dall'alba al tramonto. Il suo spirito e` sempre come
   una canna da sparo piena di polvere o come un amo gettato. Per questo
   egli ha compassione di noi, popoli delle molte isole, perche' non
   usiamo alcun sapere. Dice che noi siamo poveri di spirito e stupidi
   come l'animale della giungla.

   Questo e` certo vero, che noi usiamo poco cio` che il Papalagi chiama
   <>. Ma ci si puo` domandare chi e` lo stupido, se colui che non
   pensa molto o colui che pensa troppo. Il Papalagi pensa continuamente:
   <>. Queste cose lui pensa;
   alla sua maniera, naturalmente. Ma pensa anche su se stesso: <>. E continua a
   pensare: <>. Questo e` sbagliato. Assolutamente sbagliato.
   Stolto. Perche' quando il sole splende e` assai meglio non pensare
   affatto. Un saggio samoano distende le sue membra nella calda luce e
   non pensa a niente. Accoglie il sole non solo con la testa, ma anche
   con le mani, con i piedi, i fianchi, il ventre, con tutte le membra.
   Lascia che la pelle e le membra gioiscano e si rallegrino per conto
   loro e pensino per lui. Ed esse certamente pensano, anche se in
   maniera diversa dalla testa. Ma il Papalagi ne e` in molte maniere
   impedito; il molto pensare gli sta davanti come un gran blocco di lava
   ch'egli non puo` togliere di mezzo. Ha, certo, pensieri allegri, ma non
   ride; ha pensieri tristi, ma non piange. Ha fame, ma non va a
   prendersi del taro e del palusami (piatto tipico samoano, n.d.r.). Il
   piu` delle volte e` un uomo i cui sensi vivono in lotta con lo spirito:
   un uomo diviso in due parti.

   La vita del Papalagi assomiglia molto spesso a quella di un uomo che
   deve andare con la barca a Savaii e che, non appena lasciata la riva,
   pensa: <> Pensa, e
   intanto non vede il bel paesaggio che attraversa nel corso del suo
   viaggio. Ora gli si presenta sulla sinistra il dorso di una montagna.
   Non appena il suo occhio l'ha afferrata, non puo` piu` lasciarla: <> E per il molto pensare dimentica di cantare le belle
   canzoni dei giovani navigatori, e neppure ode le parole scherzose
   delle fanciulle. Appena la baia e la montagna sono alle sue spalle,
   subito lo tormenta un nuovo pensiero: se prima di sera non verra` una
   tempesta. Sicuro: se verra` la tempesta. E cerca nel cielo limpido le
   nuvole nere. Continua a pensare alla tempesta che potrebbe venire. La
   tempesta non viene e lui giunge a Savaii la sera stessa senza danno.
   Ma per lui e` come se non avesse neppure fatto il viaggio, perche' i
   suoi pensieri per tutto il tempo sono stati lontani dal corpo e fuori
   dell'imbarcazione.

   Ma uno spirito che ci tormenta in tal modo e` un demonio e io non
   capisco perche' molti lo debbano amare. Il Papalagi ama e venera il suo
   spirito e lo nutre con i pensieri della sua testa. Non lo lascia mai
   languire, ma gli e` anche di poco incomodo quando i pensieri si
   divorano a vicenda. Fa molto rumore con i suoi pensieri e lascia che
   diventino chiassosi come bambini maleducati. Si comporta come se i
   suoi pensieri fossero splendidi come fiori, come montagne o foreste.
   Di essi parla come se al confronto un uomo valoroso o una fanciulla di
   animo lieto non avessero alcun valore. Fa esattamente come se ci fosse
   un comandamento che ordina all'uomo di pensare molto. Sicuro, come se
   questo comandamento venisse da Dio. Quando le palme e le montagne
   pensano, non fanno certo tanto baccano. E, sicuramente, se le palme
   pensassero con tanto rumore come fa il Papalagi, non avrebbero foglie
   cosi` verdi e belle e non darebbero frutti cosi` dorati l frutti
   cadrebbero prima di essere maturi. Ma e` molto piu` probabile che esse
   pensino assai poco.

   Oltre a cio` ci sono moltissime maniere di pensare e innumerevoli
   bersagli per la freccia dello spirito. Triste e` la sorte di colui che
   va molto lontano con il pensiero. <> Questo pensare e` tanto inutile
   quanto voler vedere il sole con gli occhi chiusi. Non si puo`. Percio`
   non e` neppure possibile pensare fino in fondo l'inizio e la fine delle
   cose. Se ne avvedono coloro che ci si provano. Dai loro giovani anni
   fino alla maturita` restano fermi su un punto, come il martin
   pescatore. Non vedono piu` il sole, il vasto mare, le dolci fanciulle;
   non provano piu` alcuna gioia, niente di niente. Persino la kava non
   piace piu` loro e durante le danze sulla piazza del villaggio tengono
   gli occhi abbassati e guardano a terra. Non vivono, anche se non sono
   morti. Sono stati colpiti dalla grave malattia del pensare.

   Questo pensare dovrebbe rendere grande e nobile la mente. Se uno pensa
   molto e in fretta, in Europa si dice che e` una grande testa. Invece di
   provare compassione per queste grandi teste, esse sono oggetto di
   particolare ammirazione. l villaggi eleggono questi uomini loro capi
   e, la` dove arriva, una grande testa deve pensare in pubblico, davanti
   alla gente, cosi` che tutti ne hanno gran piacere e l'ammirano. Quando
   muore una grande testa, tutto il paese e` in lutto e grandi sono il
   dolore e le lamentazioni per cio` che si e` perduto. Si fa un'immagine
   di pietra della grande testa del defunto e la si mette davanti agli
   occhi di tutti, sulla piazza del paese. Queste teste di pietra sono
   molto piu` grandi di com'erano quelle vive, affinche' tutti le possano
   bene ammirare e ricordarsi con umilta` di quanto sono piccole le loro.

   Quando si domanda a un Papalagi: <> Lui risponde:
   <>.

   Io credo pero` che questo sia soltanto un pretesto e che il Papalagi
   segua un cattivo impulso; che il vero scopo del suo pensare sia di
   arrivare a capire cio` che sta dietro le forze del Grande Spirito. Un
   fare che egli stesso definisce con l'altisonante parola <>.
   Conoscenza vuol dire avere una cosa cosi` vicina agli occhi che ci si
   batte il naso. Questo battere il naso nelle cose e frugarci dentro e`
   una brutta e deprecabile voglia del Papalagi. Afferra la scolopendra,
   la trafigge con una minutissima lancia, le stacca una zampa: <> Taglia la zampa, la apre per misurarne la grandezza.
   Questo e` importante, e` essenziale. Stacca una scheggia dalla zampa,
   piccola quanto un granello di sabbia, e la mette sotto un lungo tubo
   che ha una forza segreta e rende gli occhi tanto piu` acuti. Con questo
   occhio magico il Papalagi studia e controlla ogni cosa, le tue
   lacrime, un pezzetto della tua pelle, un capello, tutto. Spezzetta
   tutte le cose fino a quando arriva al punto in cui non c'e` piu` nulla
   da tagliare e da dividere. Sebbene questo punto sia il piu` piccolo, di
   solito e` piu` importante, perche' e` un accesso alla grande conoscenza
   che soltanto il Grande Spirito possiede.

   Questo accesso non e` aperto al Papalagi e anche i suoi occhi magici
   piu` acuti non hanno ancora potuto guardarvi dentro. Nessuno e` mai
   salito piu` alto di quanto lo fosse il tronco della palma che le sue
   gambe stringevano. Giunto sulla cima della pianta, gli veniva a
   mancare il tronco per salire piu` su. Il Grande Spirito non ama la
   curiosita` degli uomini, per questo ha teso sopra tutte le cose grandi
   liane che sono senza principio e senza fine. Percio` chiunque indaghi
   con attenzione su tutto il pensare dovra` alla fine avvedersi che
   rimane sempre stupido e che deve lasciare al Grande Spirito tutte le
   risposte che lui stesso non puo` dare. Questo, d'altronde, i Papalagi
   piu` coraggiosi e piu` intelligenti lo ammettono. Tuttavia, molti di
   quei malati del pensiero non sanno rinunciare a tale piacere; e per
   questo il pensare degli uomini conduce allo smarrimento per tante e
   diverse vie, esattamente come se camminassero in una giungla dove non
   c'e` ancora alcun sentiero. Nel pensare consumano a tal punto i loro
   sensi che poi, come in effetti e` gia` accaduto, improvvisamente non
   sanno piu` distinguere tra uomo e animale. Affermano che l'uomo e` un
   animale e che l'animale e` umano.

   Deprecabile e fatale e` percio` che tutti i pensieri, non importa se
   buoni o cattivi, vengano subito buttati sulle bianche stuoie sottili
   <>, dice il Papalagi. Che vuol dire che cio` che quei
   malati pensano viene poi scritto con una macchina molto misteriosa,
   che ha mille mani e la fortissima volonta` di molti grandi capi. Ma non
   solo una o due volte, bensi` tantissime volte, infinite volte essa
   riscrive sempre gli stessi pensieri. Molte stuoie di pensieri vengono
   poi legate in fasci e schiacciate insieme (libri, li chiama il
   Papalagi) e inviate in tutte le parti del grande paese. Cosi` ben
   presto tutti coloro che prendono dentro di se' questi pensieri ne
   vengono contagiati. E divorano queste stuoie di pensieri come dolci
   banane, esse si trovano in ogni capanna, se ne colmano interi cassoni,
   e giovani e vecchi vi rosicchiano intorno come i topi rosicchiano la
   canna da zucchero. Percio` sono cosi` pochi coloro che ancora possono
   pensare ragionevolmente, con pensieri naturali, come li ha qualsiasi
   onesto samoano.

   Allo stesso modo anche ai bambini vengono messi in testa tanti
   pensieri finche' ce ne stanno. Ogni giorno sono obbligati a ingoiare
   una certa quantita` di stuoie di pensieri. Solo i piu` sani respingono
   questi pensieri o li lasciano cadere dal loro spirito come attraverso
   una rete. La maggior parte invece se ne riempie la testa a tal punto
   che poi non vi resta piu` spazio e non vi entra piu` alcuna luce. Questo
   lo si chiama <> e lo stato permanente di questo
   smarrimento si chiama <>, cosa generalmente diffusa.

   Cultura vuol dire colmare le proprie teste fino all'orlo estremo con
   le conoscenze. L'uomo colto conosce la lunghezza della palma, il peso
   della noce di cocco, i nomi di tutti i grandi capi e l'epoca delle
   loro guerre. Conosce la grandezza della luna, delle stelle e di tutte
   le terre. Conosce per nome ogni fiume, ogni animale, ogni pianta. Sa
   tutto. Fai una domanda a un uomo colto e lui ti spara addosso la
   risposta prima ancora che tu abbia finito di chiudere la bocca. La sua
   testa e` sempre carica di munizioni, e` sempre pronta a sparare. Ogni
   europeo consuma gli anni piu` belli della sua vita per rendere la sua
   testa simile alla piu` rapida canna da sparo. Chi vuole sottrarsi a
   questo, vi viene costretto. Ogni Papalagi deve sapere, deve pensare.

   L'unica cosa che potrebbe ancora guarire tutti questi malati di
   pensiero, l'oblio, il cacciar via i pensieri, e` un'arte che non viene
   praticata. Sono quindi pochissimi quelli che lo sanno fare. La maggior
   parte porta dentro la testa un tale peso che il corpo e` stanco e perde
   energie e appassisce prima del tempo.

   Dobbiamo noi dunque, cari non pensanti fratelli, dopo tutto quello che
   vi ho in verita` raccontato, veramente imitare il Papalagi e imparare
   tutti quei pensieri come lui? Io dico: <> Perche' noi non dobbiamo
   fare nulla che non sia cio` che ci rende piu` forti nel corpo e piu`
   lieti e migliori nell'animo. Dobbiamo guardarci da tutto cio` che ci
   potrebbe derubare della nostra gioia di vivere, soprattutto da cio` che
   puo` oscurare il nostro spirito e togliergli la sua chiara luce, cio`
   che mette la nostra testa in lotta con il nostro corpo. Il Papalagi ci
   dimostra col suo fare che il pensare e` una grave malattia che riduce
   di molto il valore di un uomo, lo rende piu` piccolo.
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   Quest'edizione digitale preparata da Martin Guy 
   Ultima revisione: 29 maggio 2002.

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