il manifesto - 01 Dicembre 2002
Vincenzina e la fabbrica
Il Coordinamento delle donne protagonista della lotta alla Fiat in Sicilia
GABRIELE POLO
INVIATO A TERMINI IMERESE
Alla Fiat di Termini Imerese lavorano solo solo 40 donne, su 1.600 addetti; una percentuale minima, bassissima persino rispetto alle altre fabbriche dell'Avvocato, che l'occupazione femminile non l'hanno mai stimolata molto. Peggio di così c'è solo il Giappone, dove le donne operaie sono al bando, perché sono considerate poco produttive e incompatibili con la logica della «produzione snella». Eppure, nonostante ciò, le donne nelle lotte di Termini di questi due mesi si sono fatte sentire e vedere, sono state protagoniste, hanno conquistato uno spazio autonomo, proprio. Ormai il loro Coordinamento è conosciuto ovunque e continua a essere una realtà.
Tutto è iniziato quasi per caso: «Il giorno della prima manifestazione davanti ai cancelli della fabbrica - racconta Rosa - ero lì insieme a mio marito, che lavora alla Fiat da anni. A un tratto non mi sono trattenuta più, tanta era la rabbia. Così sono salita sul palco e ho parlato, io una casalinga che non aveva mai fatto niente.... Ho fatto venir fuori ciò che sentivo dentro, chiedendo a tutte di fare qualcosa». Il Coordinamento è nato così, spontaneamente, con le donne che inizialmente hanno cominciato ad «imitare» ciò che facevano gli operai: «Loro bloccavano una strada e noi un'altra, loro facevano una manifestazione e noi il giorno dopo scendevamo in piazza», ricorda Lina. Le donne si sono trovate «per strada» nel dipanarsi della mobilitazione continua cresciuta giorno dopo giorno a Termini Imerese. Presto hanno sentito il bisogno di ritrovarsi per discutere tra loro: «Dai cancelli della fabbrica - spiega Silvana Bova - abbiamo lanciato un appuntamento alla Camera del lavoro. Alcune erano perplesse, `quella è la casa dei comunisti', avevano detto a molte di loro i mariti, eppure ci siamo ritrovate in un'ottantina e le perplessità sono presto sparite. Ora questa è la casa di tutte».
Da quei primi giorni sembra passato un secolo, per le tante cose fatte, e ora il Coordinamento donne non è fatto solo di mogli di operai, è quasi un'istituzione della lotta contro la dismissione della Fiat e, soprattutto, ha costruito una propria dimensione: «Mica stiamo qui per portare i panini ai presidi davanti ai cancelli - dice Gigia -, se la fabbrica sarà occupata noi staremo dentro con loro, ma vogliamo anche muoverci sul territorio, perché qui il problema non è solo la Fiat». Evitare la chiusura dello stabilimento e difendere la produzione di auto in Sicilia è l'obiettivo di base, ma il coinvolgimento dell'intera comunità termitana ha aperto anche altre prospettive: «Questa è una comunità che vuole crescere anche nel disagio - incalza Gigia - La Fiat ha dato lavoro ma ha anche un po' ucciso la fantasia, dobbiamo sforzarci per creare anche delle alternative. Per esempio istituendo un fondo di sostegno alla lotta operaia (penso soprattutto a quelli dell'indotto che rischiano di non avere ammortizzatori sociali) con il nostro lavoro, mettendo a frutto i nostri
saperi».
La lotta per difendere il lavoro alla Fiat ha allargato gli orizzonti e le menti, in qualche modo è stata
«liberatoria», come tutti i conflitti sociali radicali, anche se questa lotta cade in un contesto sociale difficilissimo e per certi versi drammatico. Ed è per questo che a Termini Imerese accade qualcosa di miracoloso per le energie e le intelligenze che si sono messe in moto. «L'unità della comunità che si è creata sulla vertenza Fiat - spiega Silvana - è un fatto nuovo. Prima non si muoveva nulla, nessuna associazione, tutti se ne stavano chiusi in casa. Ora la lotta ha creato un'identità e non solo per le famiglie degli operai». Assistere a una riunione del Coordinamento donne è come trovarsi di fronte a un mare in ebollizione: le discussioni sono a tutto campo, forse un po' disordinate, ma intensissime. «Le donne hanno ripreso la parola, fanno a gara a intervenire - spiega Dina - e la parola è un'arma. Soprattutto le casalinghe hanno rotto il silenzio». E il contagio si allarga, ogni giorno arrivano telefonate dai paesini che circondano Termini per stabilire contatti, fissare riunioni, indire nuove iniziative. «Adesso non torneremo più a casa, non ci scioglieremo - insiste Silvana - vogliamo occuparci di tutto, a partire dalla scuola e dalla sanità». Nessuna di queste donne, di tutte le età, sa come andrà a finire la lotta per la difesa del lavoro alla Fiat, ma tutte sanno che qualcosa è già successo, qualcosa che «crea un ambito specifico, proprio delle donne», qualcosa che, comunque vada, lascerà il segno.
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