Un film-verità sui dolori della
miniera Accolta con grande favore la prova cinematografica
del giovane regista PERSONAGGI Il lavoro di Daniele
Atzeni
Silvia Cossu
IGLESIAS. "La miniera non è un buco in terra, né una
galleria". Così come "Racconti dal sottosuolo" non è solo un
documentario, ma l'espressione vivida di chi, nel buio, ha creato
una società. Se fosse giusto dire che una pellicola può essere
"empatica", questa è la giusta definizione per l'opera di Daniele
Atzeni. Il giovane regista iglesiente ha voluto presentare il suo
film-documentario nella sua città. Ha ottenuto ottenuto una
grande accoglienza dal pubblico, suscitando ampi consensi. Il
film, proiettato giovedì all'auditorium dell'Istituto Tecnico E.
Fermi, è stato realizzato con estrema cura, ben assemblate la
fotografia di Michelangelo Borrello, il commento musicale di Alberto
Segundo e i testi. Il taglio delle inquadrature è
cinematografico, il montaggio è di Giulio Testa. Immagini mozzafiato
dei siti minerari, fantasmi di una civiltà ormai passata, sono
costantemente accompagnate dal suono del vento e fanno da cornice ai
racconti dei protagonisti: Manlio Massole, Rosina Carta, Eugenio
Garau e Alfredo Ledda. Abile l'autore nel riuscire a condurre gli
"attori" - qualcuno ha raccontato la propria storia in dialetto (sottotitolato) - riuscendo a trattenere in camera la spontaneità di
ognuno. In primo piano i volti dei narratori, sullo sfondo un muro
di mattoni o di antichi portoni. L'immagine, volutamente "chiusa",
rende appieno il senso di claustrofobia, la sensazione esatta
dell'atmosfera in galleria. Unici possibili attori di una vita
fatta di tormento e inimmaginabili privazioni, gli ex minatori hanno
trasmesso la passione di storie vissute da chi è consapevole di
appartenere ad una classe d'incontestabile umiltà e valore. Le
memorie s'intrecciano e in sottofondo una voce recita incantevoli
poesie, nate dal cuore di un minatore. Manlio Massole - autore di
"Bethager-Il lungo dolore", dal quale sono tratti alcuni brani - è
il maestro che sceglie da giovanissimo di abbandonare l'insegnamento
per vivere la miniera come i padri di decine dei suoi alunni.
Quattro storie che raccontano cose diverse, ma legate da un filo
comune: la mancanza di luce, la fame durante le occupazioni, il
sangue delle piaghe di mani bambine che spaccano pietre, un lavoro
ereditato da padri morenti, la crudeltà del lavoro coatto, la
solidarietà dei lavoratori. Esperienze dure, ancora vive in coloro
che hanno dato la vita e lottato duramente per avere
quell'umanizzazione in un lavoro che d'umano non ha niente. La
privazione dei diritti, gli scioperi e le occupazioni a duecento
metri sottoterra, assumono un'altro sapore ascoltate dai racconti di
coloro che li hanno vissuti in quell'epoca. Il messaggio del regista
è chiaro. Racconti dal sottosuolo non è il manifesto per creare
falsi pietosismi, ma al contrario, ridare dignità e restituire
orgoglio ai nostri padri.
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