voci dall'officina

N.1    -----------------------------    ---------------------    21.02.2003

FOGLIO AUTOPRODOTTO DEL COMITATO DI LOTTA TORINESE

PER IL SOSTEGNO DEI LAVORATORI DELLA FIAT

Fiat: lezioni da una vertenza scomparsa

Lo sviluppo delle lotte ha coinvolto, almeno parzialmente, il territorio circostante, ma è fallita una unificazione identitaria e generale su una delle principali vertenza tra capitale e lavoro che si sia data in Italia negli ultimi anni. Lo stesso strumento dello sciopero generale cittadino (ci riferiamo in particolare a quello di Torino) è stato usato male: è stato proclamato così in ritardo e con così poca convinzione dai sindacati confederali che, ad esempio, i lavoratori pubblici ne sono stati esclusi per la mancanza del preavviso richiesto dalla legge antisciopero.

 20 ANNI FA
LE LOTTE
 CONTRO
 LA CIG

 

In sostanza la continuità dell’iniziativa è stata nelle mani, prevalentemente, degli operai di Termini, dei militanti del sindacalismo di base e di operai combattivi fuori da ogni sigla sindacale, che hanno messo in campo nel loro insieme, sia pure in modo frammentario e disorganico,  tutta la loro capacità di mobilitazione e anche, nelle aree di insediamento storico, di direzione politica, connessa ad una lucidità di analisi certamente superiore alla media. Da questo insieme di forze sono stati individuati e proposti punti essenziali per una piattaforma di gruppo che fosse adeguata al livello dei problemi sollevati: richiesta di riduzione d’orario a 32 ore settimanale, redistribuzione delle commesse tra tutti gli stabilimenti, eliminazione del terzo turno, cassa integrazione a rotazione, rifiuto di ogni chiusura e della soppressione di posti di lavoro e in qualche caso si è persino discusso di salario garantito. Ma sostenere questo avrebbe significato, per i sindacati ufficiali, opporsi davvero ai piani Fiat, mentre per loro il problema principale era quello di mantenere il conflitto dentro i binari pre-definiti della governabilità, in modo da attivare la classica gestione della crisi con gli strumenti tradizionali. Se questo esito era ampiamente prevedibile e scontato in una fase di ripiegamento della mobilitazione sociale, dopo le punte “unitarie” della primavera e l’accordo separato tra governo, Cisl e Uil, sembra tuttavia importante rilevare come siano andate perdute alcune preziose occasioni per cambiare tattica. E’ sulle forme di lotta che occorrerebbe avviare una meditazione profonda, se vogliamo fare qualche passo in avanti.

Il livello di scontro richiedeva, per “fare male al padrone”, una strategia completamente diversa. Non il blocco degli stabilimenti Fiat, ma quello delle aziende del gruppo che producono utili e consenso (Rinascente, Auchan, Alpitour, Fiat Avio, La Stampa, Il Corriere della Sera). Non scioperi nelle fabbriche da chiudere, ma scioperi nei punti strategici del ciclo produttivo (a Melfi, a Termoli, a Pomigliano, a Pratola Serra, alla Powertrain di Mirafiori), l’organizzazione delle casse di resistenza in favore dei lavoratori dei punti nevralgici, il sostegno attivo di altre categorie con ogni mezzo utile per tentare una estensione della lotta. E’ evidente che è facile dirlo, e tutta un’altra cosa provarci davvero.

Del resto si tratta di un modo di organizzare la resistenza sindacale che non fa certo parte della tradizione storica, che richiede un livello di maturità e di consapevolezza sociale estremamente complesso, una struttura organizzativa estesa, collaudata ed efficiente.

Non può quindi stupire che in questa determinata fase storica la vertenza Fiat sia stata affrontata, da parte dei vertici sindacali istituzionali, come una pratica burocratica da sbrigare in qualche modo, e da parte delle organizzazioni del sindacalismo di base come una sfida superiore alle proprie capacità: una sfida che può in alcuni casi azzerare la stessa presenza organizzativa in siti importanti per il proprio radicamento complessivo.

CRONISTORIA DI LAVORATORI FIAT

SVENDUTI A TNT

La nostra odissea comincia nell'ottobre '80. Molti di noi furono messi in CIG, i famosi 23.000, altri si aggiunsero con la chiusura di Lingotto, Mater-Ferro e successivamente Lancia di Chivasso, sino a raggiungere quota 40.000 cassintegrati del gruppo Fiat. Quasi tutti abbiamo subito per sette anni le umiliazioni, tramite convocazioni telegrafiche anche notturne della Fiat.

Finalmente nell'86 la CEE stanzia dei soldini (£ 4.000.000.000 ) e la Fiat si inventa corsi di formazione finalizzati al rientro.

Nell'87 la Fiat apre 5 "boîte" denominate UPA (unità produttive accessoristiche ) pronte ad accogliere invalidi, delegati e operai sindacalizzati. Noi, ora della TNT, siamo stati destinati in un capannone sulla statale 23 di Airasca.

Impacchettavamo ricambi Fiat e facevamo parte del grande magazzino di Volvera, dove siamo stati successivamente trasferiti. Dopo un anno di permanenza a Volvera c'è stata la prima cessione di ramo d'azienda, sono stati ceduti i nostri compagni di lavoro appartenenti al reparto confezione; circa 200 operai ceduti ad Urano.

Per noi che lavoravamo in altri reparti, la cessione avvenne nel '94. Tutto il magazzino è stato ceduto a T.NT- AL . Abbiamo subito il cambio di categoria da metalmeccanici a commercio, è variato il sistema retributivo, ma tutto il resto era invariato: lavoro, magazzino e dirigenza.

Nel '97 fu rifatto un repartino di confezionamento dedicato soprattutto a lavoratori con handicap sopravvenuti nel frattempo.

Nel frattempo i lavoratori dell'Urano subirono un'altra cessione e venivano convogliati nella famigerata officina '81 di Via Plava.

Nel 2000 a Volvera ci fu una nuova cessione di ramo d'azienda vociferata da tempo.

Il 5 luglio 2000 il reparto confezionamento venne a conoscenza che la TNT decise di accorpare il confezionamento in un unico capannone. Fummo trasferiti il 1° Agosto 2000 nella famigerata officina '81, siamo passati da TNT-AL a TNT-PL, ci hanno cambiato di nuovo categoria, ma i "burattinai" sono rimasti gli stessi, questa volta però abbiamo cambiato residenza lavorativa.

Nell'officina '81 abbiamo trovato i sopravvissuti alla ristrutturazione Fiat; persone con handicap medio gravi: operai con stampelle, bombole di ossigeno, dializzati, privi di mani, mancanti di un arto ecc..; Non eravamo preparati a tutto questo, ma non abbiamo avuto il tempo neanche di realizzare; il 4 settembre 2000, al rientro di tutti i lavoratori dalle ferie, ci hanno comunicato 15 giorni di cassaintegrazione, la nostra reazione è stata immediata e decisa, non è servito a nulla.

I telegrammi che prolungavano la cassaintegrazione di 15 giorni di volta in volta arrivavano puntualmente, così sino al mese di Aprile 2001. Ci hanno fatto lavorare per alcuni mesi, dopo iniziarono di nuovo lunghi periodi di cassa alternati a brevi periodi di lavoro. Per qualcuno c'era esclusivamente Cig; così sino al 30/12/2002, ci hanno fatto rientrare tutti.

Si è chiuso il cerchio, i "boia" della TNT, sono riusciti nel loro intento, si capiva dai loro atteggiamenti arroganti; quando hanno fatto l'appello per consegnarci la lettera della cassa straordinaria a zero ore, avevano una certa soddisfazione stampata in faccia. Quel giorno in officina ci hanno lasciato volutamente senza lavoro, i delegati se pur presenti non hanno fatto alcunché, né informazione, né assemblea, per loro era ordinaria amministrazione, per noi era la fine.

Sappiamo benissimo che il "nostro lavoro" non è collegato alla crisi Fiat, sappiamo perfettamente che questo viene fatto fare a cooperative, interinali, contratti atipici, sempre gestiti dai soliti burattinai che aumentano i loro guadagni a discapito dei lavoratori e della nazione sfruttando l'INPS.

Abbiamo ringraziato questi signori con una lettera aperta rivolta alla dirigenza TNT, ringraziandoli ironicamente per le loro malefatte.

I LAVORATORI SI ORGANIZZANO

NEL COMITATO DI LOTTA

Venerdì 14 febbraio alle ore 16, nella Sala della Circoscrizione 10, quartiere di Mirafiori, in prossimità della Fiat Mirafiori, si è tenuta la prima Assemblea del Comitato di Lotta a sostegno degli operai della Fiat con una buona partecipazione di questi, dei cassa integrati Fiat e TNT,circa 150 persone, discreta, se si considera che il Comitato non ha le liste dei nominativi di tutti coloro che sono stati messi in cassa integrazione e che i nominativi dei convocati sono stati reperiti personalmente dagli operai aderenti al Comitato  durante l’incontro della settimana precedente al Comune di Torino e durante la manifestazione spontanea fatta in Provincia negli Uffici di Via Bertola della Provincia dove i lavoratori sono andati a chiedere di conoscere in concreto e personalmente quali sono le iniziative a loro sostegno  proposte da coloro che sono delegati a portare avanti le politiche del lavoro.

 All’assemblea hanno partecipato lavoratori e delegati RSU di altre realtà lavorative esterne alla situazione Fiat per dare il loro contributo all’esigenza di organizzazione e di mobilitazione su obiettivi concreti emersi durante l’incontro in Comune.

Sono intervenuti  parecchi operai e operaie ed è emersa la drammaticità delle situazioni quotidiane, è stata raccontata la fatica del vivere in cassa integrazione, con stipendi da fame, isolati e abbandonati fin’ora alle pure chiacchiere e alla miseria a cui la cassa integrazione costringe. Il reddito ridotto non consente di pagare le utenze, gli affitti, il mutuo per la casa per alcuni, le rette per la scuola, i mezzi pubblici e in casi estremamente drammatici non si riesce più neanche a mangiare e per sopravvivere è impellente il ricorso a sostentamento minimo tramite centri di assistenza.

La dignità dei lavoratori espulsi dal ciclo produttivo viene lesa e gli operai chiedono sostegno concreto alla loro situazione: il lavoro o i soldi per andare avanti se non c’è il lavoro!

All’assemblea si sono decise alcune iniziative ma soprattutto abbiamo compreso che il lavoro da fare non dà subito risultati e che è necessario costruire una forza organizzata, riunire e collegare un numero sempre più alto di operai col Comitato, rendere gli operai della Fiat e dell’indotto protagonisti autorganizzati delle battaglie da portare avanti in prima persona.

L’assemblea delibera di presidiare martedì 18 febbraio 2003 il Consiglio Provinciale e chiedere ai politici che ci amministrano, soprattutto a chi ha la delega sul lavoro, in questo caso la Presidente stessa della Provincia, Prof.ssa Mercedes Presso, la destinazione che si intende dare ai fondi in arrivo per il sostegno al reddito dei cassa integrati. La preoccupazione è quella di evitare che i fondi possano essere impiegati in formazione professionale con sbocchi lavorativi fumosi che diano origine a lavori precari e non stabili.

Preme inoltre capire come sostenere i lavoratori della TNT, tutti in cassa integrazione, in stragrande maggioranza non idonei o disabili, già lesi fisicamente dalle condizioni lavorative decennali che hanno compromesso gravemente la loro salute e di cui prima la Fiat, ora la TNT, si sono sbarazzati.

Si decide di organizzare allora un blocco a None, dove sono state trasferite le produzioni TNT e dove il ciclo produttivo viene portato avanti allo stesso modo con la sostituzione nella stessa produzione dei lavoratori TNT in cassa con altrettanti lavoratori di Cooperative varie.

L’incontro in Provincia, di cui riferiamo anche in un altro intervento, davanti alla sede del Consiglio Provinciale, vede un numeroso gruppo di lavoratori e cassaintegrati convocati e organizzati in presidio dal Comitato di sostegno alla lotta degli operai della Fiat. Più di cento lavoratori premono per entrare in Consiglio, non vogliono delegare nessuno, vogliono sentire con le proprie orecchie quanto può essere proposto dagli amministratori. All’ingresso del Consiglio Provinciale i “questurini” fanno cordone e bloccano l’ingresso. La Presidente chiama una delegazione di sei persone. Tutti i partecipanti rifiutano quest’esi-gua rappresentanza e alla fine si è costretti a una mediazione. Salgono 15 delegati, 2 rappresentanti del Comitato e Lobascio .

Ci ricevono l’assessore alle Attività Produttive Buzzigoli, il Capogruppo Chieppa e Argentino dei CI, Sergio Vallero di RC, il consigliere di AN Vigna, la presidente Mercedes Bresso e alcuni consiglieri di altre forze politiche.

Il mandato degli operai comunque era che la Presidente, dopo aver ascoltato le problematiche varie e le situazioni di forte difficoltà dei lavoratori espulsi, scendesse a parlare con tutti delle proposizioni eventuali e delle soluzioni che l’Amministrazione si impegnava ad assumere nei confronti delle gravissime condizioni dei cassaintegrati.

La voce degli operai e delle operaie, bollette e buste paga alla mano, ha illustrato le condizioni di vita che la cassa integrazione sta rendendo insostenibili e dopo aver reso esplicita la condizione degli operai TNT e FIAT abbiamo avuto queste risposte. In merito alla TNT e al processo di esternalizzazione avviato dalla Fiat, la Presidente ha comunicato che anche la Provincia ha dovuto esternalizzare il servizio che prima era reso dai bidelli alle cooperative in quanto i bidelli non pulivano bene le scuole! L’assessore Buzzigoli invece ha tenuto a precisare che la questione TNT è oggetto di negoziazione tra TNT e OO.SS. E su questo loro si sono tirati indietro. Sugli eventuali illeciti rispetto all’utilizzo di cassa integrazione hanno espresso la non competenza in merito e il fatto che è da provare e documentare che le produzioni portate avanti dalle Cooperative appaltate da TNT siano le stesse degli operai TNT posti in cassa. Hanno inoltre riferito la drammaticità di coloro che lavorano nell’indotto dove non vi è la tutela neanche della cassa integrazione.

La Presidente ha voluto che si raccogliessero i nominativi e gli indirizzi di tutti e ha promesso che in seguito convocherà gli interessati per vedere di affrontare subito le situazioni più drammatiche.

In merito ai fondi a sostegno del reddito dei cassintegrati è stato comunicato che in finanziaria sono stati disposti 500.000 €, che sono stati trasferiti alla Regione Piemonte e che attualmente tra Regione e Provincia si è aperto un tavolo per dettare i criteri di gestione degli stessi. La Provincia inoltre ha attivato un fondo di riserva per i cassaintegrati di circa 5.000 € per l’emergenza.

Si è chiesto di distinguere i fondi a sostegno del reddito, disposti dallo Stato a tale finalità, da quelli che confluiranno nella formazione, che devono essere attinti dalle risorse stanziate per la formazione. E’ chiaro che i fondi a sostegno del reddito non vogliamo siano confusi con i fondi destinati alla formazione che dovrebbero essere attinti da risorse specifiche da assegnare alla formazione. Si è puntualizzato che la formazione, se fosse finalizzata ad occupazione flessibile, quindi precaria, non ci interessa. I lavoratori chiedono lavoro stabile e tutelato! E’ bastata l’esperienza degli ex LSU, lavoratori che dovevano essere stabilizzati dalla P.A. e di cui invece molti sono stati collocati nelle Cooperative grazie anche a tanti compagni di sinistra e a tanti sindacalisti, facili a cogestire sulla pelle altrui. E’ stata data notizia infatti sul fatto che la Regione ha avanzato fondi per la stabilizzazione degli LSU in quanto gli EELL e altre P.A. che avevano utilizzato gli LSU non hanno provveduto alla piena occupazione degli stessi, così come previsto dalle normative e dalle Leggi Finanziarie. Inoltre, non ultima la denuncia pubblica portata avanti dall’Assessore Regionale alla Formazione Professionale, sui circa 900 milioni di vecchie lire che dovevano andare a sostegno degli LSU e che forse sono stati usati in modo improprio. Abbiamo chiesto i tempi sulla distribuzione delle risorse. Quanto dobbiamo ancora aspettare? Non possiamo stare ancora in attesa. Gli operai dal punto di vista economico sono già sul lastrico. Hanno risposto che i fondi sono arrivati questa settimana e che entro fine mese espleteranno le incombenze burocratiche obbligatorie per legge e delibereranno in merito. Il tempo di individuare le modalità di destinazione.

Abbiamo inoltre chiesto che venga elevato il tetto del reddito per avere la precedenza nell’essere collocati al lavoro. I Centri per l’Impiego che si occupano della collocazione al lavoro danno la precedenza a coloro che sono al di sotto di un reddito di 6.100 €: è stato richiesto di elevare questo tetto per poter far rientrare coloro che sono in cassa e che percepiscono solo qualche centinaio di € in più.

Alla fine, la Presidente ha accettato di scendere e parlare direttamente con tutti i lavoratori ai quali ha illustrato gli impegni assunti. I lavoratori erano stanchi, stufi di aver ricevuto ancora chiacchiere e impegni a parole ma aspetteranno queste due settimane che la Provincia si attivi concretamente. L’intento è non mollare mai e continuare le azioni di lotta, facendo accrescere la partecipazione al Comitato di Lotta a sostegno degli operai Fiat. Infine il mercoledì 19 alle 21 vi è stata una riunione del Comitato dove sono state pianificate una serie di iniziative che continueranno a vederci impegnati su tutti i fronti, dalle iniziative davanti ai cancelli della Fiat, venerdì 21 ci troveremo alla porta 2 per il blocco dei cancelli al cambio turno, alle ore 13 in occasione dello sciopero indetto e al mattino ci si ritroverà alle ore 9,00 alla stazione di Porta Susa in occasione dello sciopero e manifestazione dell’industria.

 

GIÙ LE MANI DAI SOLDI

DEI CASSAINTEGRATI

 

Davanti alla sede della provincia di Torino, nella centrale Piazza Castello, oltre un centinaio di cassaintegrati Fiat si è trovato, su convocazione del Comitato di Lotta per il sostegno ai lavoratori della Fiat per rivendicare l’assegnazione diretta ai cassaintegrati delle risorse che la provincia intende destinare a corsi di formazione per gli stessi cassaintegrati.

Che la logica che muove la provincia sia scandalosa è evidente. Mentre migliaia di lavoratori hanno un reddito che oscilla sui 500 euro, l’amministrazione locale, di sinistra, intende utilizzare le risorse che ha a disposizione per finanziare se stessa e il proprio milieu di “formatori” presumibilmente anch’essi di sinistra.

L’assessore Mercedes Bresso riceve una delegazione di quindici persone, molti cassaintegrati sono tesi, non si fidano, vogliono portare all’attenzione dell’ "autorità” i loro casi personali.

  Questi lavoratori e queste lavoratrici sono, con ogni evidenza, consegnati alla solitudine individuale, all’irrilevanza sociale, alla straordinaria difficoltà se non all’impossibilità di agire in forma diversa dalla, assolutamente necessaria, richiesta di un sussidio o di un’integrazione del reddito.

Quando la delegazione scende, deve informare i presenti del fatto che la compagna asserisce ha pasciuto i cassaintegrati di chiacchiere, non ha preso alcun impegno preciso, ha proposto ai manifestanti di lasciare il nome in modo che l’amministrazione possa prendere in considerazione i singoli casi sulla base della situazione personale e familiare.

 

UNA VALUTAZIONE MENO IMMEDIATA

La situazione attuale era assolutamente scontata. Lo era per ragioni ampiamente indagate. Il sindacalismo istituzionale non ha voluto portare lo scontro all’unico livello e sull’unica piattaforma che avrebbe potuto vincere e il sindacalismo di base non ne aveva la forza se non in alcuni stabilimenti e certo non a Torino.

D’altro canto, la mobilitazione dei lavoratori non è mai stata di tale radicalità da costringere l’apparato sindacale a sforzi eccessivi per tenerla sotto controllo. Si sapeva che la cassa integrazione avrebbe diviso i lavoratori ma la consapevolezza di questo fatto non bastava e non basta a ribaltare la situazione.

Il movimento di classe ha pagato a caro prezzo, questo è sotto gli occhi di tutti, la divisione fra sindacati, i loro legami con il sistema dei partiti, le diverse modalità di relazioni con il padronato e con il governo ma sarebbe ridicolo presentare questo fatto coma una novità sbalorditiva o come una questione risolvibile con appelli all’unità sindacale. Il quadro sindacale apertamente giallo aspetta tranquillo il passaggio del cadavere del sindacalismo conflittuale e conta di recuperare sul piano della concertazione reale, poco conta se la si chiama dialogo sociale, quello che ha perso in immagine. Lo stesso atteggiamento che hanno preso i dirigenti CISL di fronte alle minacce di Federmeccanica nei confronti di chi sciopererà il 21 febbraio qualcosa vuol ben dire.

D’altro canto la questione dell’unità e dell’autonomia sindacale rimanda all’effettiva esistenza di un’autonomia di classe, rispetto all’iniziativa padronale e governativa, che oggi si manifesta solo sporadicamente e localmente.

Il punto, però, è proprio questo. Se affrontiamo, e certo non possiamo fare a meno di farlo, le crisi industriali una per una non abbiamo alcuna proposta credibile. Si tratta di partire da un punto di vista che non può essere aziendale, di liberarci dell’idea balzana che i lavoratori debbano proporre piani industriali più seri di quelli dei padroni et similia.

O si assume il fatto che va ripresa l’iniziativa sulla ripartizione della ricchezza sociale, che questo si può fare colpendo il padrone dove gli si fa male e non inseguendo i punti di crisi uno per uno o si è condannati alla sconfitta.

La vertenza Fiat oggi è in latenza ma a breve si riaprirà. E, per allora, dovremo essere pronti a bloccare le aziende che è interesse del padrone tenere in funzione, dovremo aver costruito una rete organizzativa adeguata, dovremo aver orientato in tale senso le organizzazioni sindacali nelle quali siamo presenti.

E dovremo fare questo mentre il clima di guerra incombe, mentre prepariamo iniziative di sciopero contro la guerra stessa, mentre altre vertenze sono in corso.

Una sfida da far tremare i polsi ma l’unica che vale la pena di assumere. Si tratta, soprattutto di evitare di pensare che la vertenza Fiat appartenga al passato. Nella lotta di classe non c’è, infatti, una logica del genere. 

Hic Rhodus, hic salta!

IL COMITATO DI LOTTA TORINESE PER IL SOSTEGNO DEI LAVORATORI DELLA FIAT

SI RIUNISCE IL MERCOLEDI’, ORE 21, IN VIA NICHELINO, 14 – TEL. 011 282929 –

CONTRIBUTI PER LA CASSA DI RESISTENZA

SU CCB a favore del n.511610, BANCA POPOLARE ETICA, Ag. Padova, CAB 12100, ABI 5018

CIP C.so R. Parco 31b – Torino. 21.02.03.

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