voci dall'officina
N.1
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FOGLIO
AUTOPRODOTTO DEL COMITATO DI LOTTA TORINESE
PER
IL SOSTEGNO DEI LAVORATORI DELLA FIAT
Fiat:
lezioni da una vertenza scomparsa
Lo
sviluppo delle lotte ha coinvolto, almeno parzialmente, il territorio
circostante, ma è fallita una unificazione identitaria e generale su una
delle principali vertenza tra capitale e lavoro che si sia data in Italia
negli ultimi anni. Lo stesso strumento dello sciopero generale cittadino (ci
riferiamo in particolare a quello di Torino) è stato usato male: è stato
proclamato così in ritardo e con così poca convinzione dai sindacati
confederali che, ad esempio, i lavoratori pubblici ne sono stati esclusi per
la mancanza del preavviso richiesto dalla
20
ANNI FA
LE
LOTTE
CONTRO
LA
CIG
In
sostanza la continuità dell’iniziativa è stata nelle mani,
prevalentemente, degli operai di Termini, dei militanti del sindacalismo di
base e di operai combattivi fuori da ogni sigla sindacale, che hanno messo in
campo nel loro insieme, sia pure in modo frammentario e disorganico,
tutta la loro capacità di mobilitazione e anche, nelle aree di
insediamento storico, di direzione politica, connessa ad una lucidità di
analisi certamente superiore alla media. Da questo insieme di forze sono stati
individuati e proposti punti essenziali per una piattaforma di gruppo che
fosse adeguata al livello dei problemi sollevati: richiesta di riduzione
d’orario a 32 ore settimanale, redistribuzione delle commesse tra tutti gli
stabilimenti, eliminazione del terzo turno, cassa integrazione a rotazione,
rifiuto di ogni chiusura e della soppressione di posti di lavoro e in qualche
caso si è persino discusso di salario garantito. Ma sostenere questo avrebbe
significato, per i sindacati ufficiali, opporsi davvero ai piani Fiat, mentre
per loro il problema principale era quello di mantenere il conflitto dentro i
binari pre-definiti della governabilità, in modo da attivare la classica
gestione della crisi con gli strumenti tradizionali. Se questo esito era
ampiamente prevedibile e scontato in una fase di ripiegamento della
mobilitazione sociale, dopo le punte “unitarie” della primavera e
l’accordo separato tra governo, Cisl e Uil, sembra tuttavia importante
rilevare come siano andate perdute alcune preziose occasioni per cambiare
tattica. E’ sulle forme di lotta che occorrerebbe avviare una meditazione
profonda, se vogliamo fare qualche passo in avanti.
Il
livello di scontro richiedeva, per “fare male al padrone”, una strategia
completamente diversa. Non il blocco degli stabilimenti Fiat, ma quello delle
aziende del gruppo che producono utili e consenso (Rinascente, Auchan,
Alpitour, Fiat Avio, La Stampa, Il Corriere della Sera). Non scioperi nelle
fabbriche da chiudere, ma scioperi nei punti strategici del ciclo produttivo
(a Melfi, a Termoli, a Pomigliano, a Pratola Serra, alla Powertrain di
Mirafiori), l’organizzazione delle casse di resistenza in favore dei
lavoratori dei punti nevralgici, il sostegno attivo di altre categorie con
ogni mezzo utile per tentare una estensione della lotta. E’ evidente che è
facile dirlo, e tutta un’altra cosa provarci davvero.
Del
resto si tratta di un modo di organizzare la resistenza sindacale che non fa
certo parte della tradizione storica, che richiede un livello di maturità e
di consapevolezza sociale estremamente complesso, una struttura organizzativa
estesa, collaudata ed efficiente.
Non
può quindi stupire che in questa determinata fase storica la vertenza Fiat
sia stata affrontata, da parte dei vertici sindacali istituzionali, come una
pratica burocratica da sbrigare in qualche modo, e da parte delle
organizzazioni del sindacalismo di base come una sfida superiore alle proprie
capacità: una sfida che può in alcuni casi azzerare la stessa presenza
organizzativa in siti importanti per il proprio radicamento complessivo.
CRONISTORIA DI LAVORATORI FIAT
SVENDUTI A TNT
La
nostra odissea comincia nell'ottobre '80. Molti di noi furono messi in CIG, i
famosi 23.000, altri si aggiunsero con la chiusura di Lingotto, Mater-Ferro e
successivamente Lancia di Chivasso, sino a raggiungere quota 40.000
cassintegrati del gruppo Fiat. Quasi tutti abbiamo subito per sette anni le
umiliazioni, tramite convocazioni telegrafiche anche notturne della Fiat.
Finalmente
nell'86 la CEE stanzia dei soldini (£ 4.000.000.000 ) e la Fiat si inventa
corsi di formazione finalizzati al rientro.
Nell'87
la Fiat apre 5 "boîte" denominate UPA (unità produttive
accessoristiche ) pronte ad accogliere invalidi, delegati e operai
sindacalizzati. Noi, ora della TNT, siamo stati destinati in un capannone
sulla statale 23 di Airasca.
Impacchettavamo
ricambi Fiat e facevamo parte del grande magazzino di Volvera, dove siamo
stati successivamente trasferiti. Dopo un anno di permanenza a Volvera c'è
stata la prima cessione di ramo d'azienda, sono stati ceduti i nostri compagni
di lavoro appartenenti al reparto confezione; circa 200 operai ceduti ad
Urano.
Per noi che
lavoravamo in altri reparti, la cessione avvenne nel '94. Tutto il magazzino
è stato ceduto a T.NT- AL . Abbiamo subito il cambio di categoria da
metalmeccanici a commercio, è variato il sistema retributivo, ma tutto il
resto era invariato: lavoro, magazzino e dirigenza.
Nel
'97 fu rifatto un repartino di confezionamento dedicato soprattutto a
lavoratori con handicap sopravvenuti nel frattempo.
Nel
frattempo i lavoratori dell'Urano subirono un'altra cessione e venivano
convogliati nella famigerata officina '81 di Via Plava.
Nel
2000 a Volvera ci fu una nuova cessione di ramo d'azienda vociferata da tempo.
Il 5 luglio 2000 il
reparto confezionamento venne a conoscenza che la TNT decise di accorpare il
confezionamento in un unico capannone. Fummo trasferiti il 1° Agosto 2000
nella famigerata officina '81, siamo passati da TNT-AL a TNT-PL, ci hanno
cambiato di nuovo categoria, ma i "burattinai" sono rimasti gli
stessi, questa volta però abbiamo cambiato residenza lavorativa.
Nell'officina
'81 abbiamo trovato i sopravvissuti alla ristrutturazione Fiat; persone con
handicap medio gravi: operai con stampelle, bombole di ossigeno, dializzati,
privi di mani, mancanti di un arto ecc..; Non eravamo preparati a tutto
questo, ma non abbiamo avuto il tempo neanche di realizzare; il 4 settembre
2000, al rientro di tutti i lavoratori dalle ferie, ci hanno comunicato 15
giorni di cassaintegrazione, la nostra reazione è stata immediata e decisa,
non è servito a nulla.
I
telegrammi che prolungavano la cassaintegrazione di 15 giorni di volta in
volta arrivavano puntualmente, così sino al mese di Aprile 2001. Ci hanno
fatto lavorare per alcuni mesi, dopo iniziarono di nuovo lunghi periodi di
cassa alternati a brevi periodi di lavoro. Per qualcuno c'era esclusivamente
Cig; così sino al 30/12/2002, ci hanno fatto rientrare tutti.
Si
è chiuso il cerchio, i "boia" della TNT, sono riusciti nel loro
intento, si capiva dai loro atteggiamenti arroganti; quando hanno fatto
l'appello per consegnarci la lettera della cassa straordinaria a zero ore,
avevano una certa soddisfazione stampata in faccia. Quel giorno in officina ci
hanno lasciato volutamente senza lavoro, i delegati se pur presenti non hanno
fatto alcunché, né informazione, né assemblea, per loro era ordinaria
amministrazione, per noi era la fine.
Sappiamo benissimo
che il "nostro lavoro" non è collegato alla crisi Fiat, sappiamo
perfettamente che questo viene fatto fare a cooperative, interinali, contratti
atipici, sempre gestiti dai soliti burattinai che aumentano i loro guadagni a
discapito dei lavoratori e della nazione sfruttando l'INPS.
Abbiamo
ringraziato questi signori con una lettera aperta rivolta alla dirigenza TNT,
ringraziandoli ironicamente per le loro malefatte.
I
LAVORATORI SI ORGANIZZANO
NEL
COMITATO DI LOTTA
Venerdì
14 febbraio alle ore 16, nella Sala della Circoscrizione 10, quartiere di
Mirafiori, in prossimità della Fiat Mirafiori, si è tenuta la prima
Assemblea del Comitato di Lotta a sostegno degli operai della Fiat con una
buona partecipazione di questi, dei cassa integrati Fiat e TNT,circa 150
persone, discreta, se si considera che il Comitato non ha le liste dei
nominativi di tutti coloro che sono stati messi in cassa integrazione e che i
nominativi dei convocati sono stati reperiti personalmente dagli operai
aderenti al Comitato durante
l’incontro della settimana precedente al Comune di Torino e durante la
manifestazione spontanea fatta in Provincia negli Uffici di Via Bertola della
Provincia dove i lavoratori sono andati a chiedere di conoscere in concreto e
personalmente quali sono le iniziative a loro sostegno
proposte da coloro che sono delegati a portare avanti le politiche del
lavoro.
All’assemblea
hanno partecipato lavoratori e delegati RSU di altre realtà lavorative
esterne alla situazione Fiat per dare il loro contributo all’esigenza di
organizzazione e di mobilitazione su obiettivi concreti emersi durante
l’incontro in Comune.
Sono
intervenuti parecchi operai e
operaie ed è emersa la drammaticità delle situazioni quotidiane, è stata
raccontata la fatica del vivere in cassa integrazione, con stipendi da fame,
isolati e abbandonati fin’ora alle pure chiacchiere e alla miseria a cui la
cassa integrazione costringe. Il reddito ridotto non consente di pagare le
utenze, gli affitti, il mutuo per la casa per alcuni, le rette per la scuola,
i mezzi pubblici e in casi estremamente drammatici non si riesce più neanche
a mangiare e per sopravvivere è impellente il ricorso a sostentamento minimo
tramite centri di assistenza.
La
dignità dei lavoratori espulsi dal ciclo produttivo viene lesa e gli operai
chiedono sostegno concreto alla loro situazione: il lavoro o i soldi per
andare avanti se non c’è il lavoro!
All’assemblea
si sono decise alcune iniziative ma soprattutto abbiamo compreso che il lavoro
da fare non dà subito risultati e che è necessario costruire una forza
organizzata, riunire e collegare un numero sempre più alto di operai col
Comitato, rendere gli operai della Fiat e dell’indotto protagonisti
autorganizzati delle battaglie da portare avanti in prima persona.
L’assemblea
delibera di presidiare martedì 18 febbraio 2003 il Consiglio Provinciale e
chiedere ai politici che ci amministrano, soprattutto a chi ha la delega sul
lavoro, in questo caso la Presidente stessa della Provincia, Prof.ssa Mercedes
Presso, la destinazione che si intende dare ai fondi in arrivo per il sostegno
al reddito dei cassa integrati. La preoccupazione è quella di evitare che i
fondi possano essere impiegati in formazione professionale con sbocchi
lavorativi fumosi che diano origine a lavori precari e non stabili.
Preme
inoltre capire come sostenere i lavoratori della TNT, tutti in cassa
integrazione, in stragrande maggioranza non idonei o disabili, già lesi
fisicamente dalle condizioni lavorative decennali che hanno compromesso
gravemente la loro salute e di cui prima la Fiat, ora la TNT, si sono
sbarazzati.
Si
decide di organizzare allora un blocco a None, dove sono state trasferite le
produzioni TNT e dove il ciclo produttivo viene portato avanti allo stesso
modo con la sostituzione nella stessa produzione dei lavoratori TNT in cassa
con altrettanti lavoratori di Cooperative varie.
L’incontro
in Provincia, di cui riferiamo anche in un altro intervento, davanti alla sede
del Consiglio Provinciale, vede un numeroso gruppo di lavoratori e
cassaintegrati convocati e organizzati in presidio dal Comitato di sostegno
alla lotta degli operai della Fiat. Più di cento lavoratori premono per
entrare in Consiglio, non vogliono delegare nessuno, vogliono sentire con le
proprie orecchie quanto può essere proposto dagli amministratori.
All’ingresso del Consiglio Provinciale i “questurini” fanno cordone e
bloccano l’ingresso. La Presidente chiama una delegazione di sei persone.
Tutti i partecipanti rifiutano quest’esi-gua rappresentanza e alla fine si
è costretti a una mediazione. Salgono 15 delegati, 2 rappresentanti del
Comitato e Lobascio .
Ci
ricevono l’assessore alle Attività Produttive Buzzigoli, il Capogruppo
Chieppa e Argentino dei CI, Sergio Vallero di RC, il consigliere di AN Vigna,
la presidente Mercedes Bresso e alcuni consiglieri di altre forze politiche.
Il
mandato degli operai comunque era che la Presidente, dopo aver ascoltato le
problematiche varie e le situazioni di forte difficoltà dei lavoratori
espulsi, scendesse a parlare con tutti delle proposizioni eventuali e delle
soluzioni che l’Amministrazione si impegnava ad assumere nei confronti delle
gravissime condizioni dei cassaintegrati.
La
voce degli operai e delle operaie, bollette e buste paga alla mano, ha
illustrato le condizioni di vita che la cassa integrazione sta rendendo
insostenibili e dopo aver reso esplicita la condizione degli operai TNT e FIAT
abbiamo avuto queste risposte. In merito alla TNT e al processo di
esternalizzazione avviato dalla Fiat, la Presidente ha comunicato che anche la
Provincia ha dovuto esternalizzare il servizio che prima era reso dai bidelli
alle cooperative in quanto i bidelli non pulivano bene le scuole!
L’assessore Buzzigoli invece ha tenuto a precisare che la questione TNT è
oggetto di negoziazione tra TNT e OO.SS. E su questo loro si sono tirati
indietro. Sugli eventuali illeciti rispetto all’utilizzo di cassa
integrazione hanno espresso la non competenza in merito e il fatto che è da
provare e documentare che le produzioni portate avanti dalle Cooperative
appaltate da TNT siano le stesse degli operai TNT posti in cassa. Hanno
inoltre riferito la drammaticità di coloro che lavorano nell’indotto dove
non vi è la tutela neanche della cassa integrazione.
La
Presidente ha voluto che si raccogliessero i nominativi e gli indirizzi di
tutti e ha promesso che in seguito convocherà gli interessati per vedere di
affrontare subito le situazioni più drammatiche.
In
merito ai fondi a sostegno del reddito dei cassintegrati è stato comunicato
che in finanziaria sono stati disposti 500.000 €, che sono stati trasferiti
alla Regione Piemonte e che attualmente tra Regione e Provincia si è aperto
un tavolo per dettare i criteri di gestione degli stessi. La Provincia inoltre
ha attivato un fondo di riserva per i cassaintegrati di circa 5.000 € per
l’emergenza.
Si
è chiesto di distinguere i fondi a sostegno del reddito, disposti dallo Stato
a tale finalità, da quelli che confluiranno nella formazione, che devono
essere attinti dalle risorse stanziate per la formazione. E’ chiaro che i
fondi a sostegno del reddito non vogliamo siano confusi con i fondi destinati
alla formazione che dovrebbero essere attinti da risorse specifiche da
assegnare alla formazione. Si è puntualizzato che la formazione, se fosse
finalizzata ad occupazione flessibile, quindi precaria, non ci interessa. I
lavoratori chiedono lavoro stabile e tutelato! E’ bastata l’esperienza
degli ex LSU, lavoratori che dovevano essere stabilizzati dalla P.A. e di cui
invece molti sono stati collocati nelle Cooperative grazie anche a tanti
compagni di sinistra e a tanti sindacalisti, facili a cogestire sulla pelle
altrui. E’ stata data notizia infatti sul fatto che la Regione ha avanzato
fondi per la stabilizzazione degli LSU in quanto gli EELL e altre P.A. che
avevano utilizzato gli LSU non hanno provveduto alla piena occupazione degli
stessi, così come previsto dalle normative e dalle Leggi Finanziarie.
Inoltre, non ultima la denuncia pubblica portata avanti dall’Assessore
Regionale alla Formazione Professionale, sui circa 900 milioni di vecchie lire
che dovevano andare a sostegno degli LSU e che forse sono stati usati in modo
improprio. Abbiamo chiesto i tempi sulla distribuzione delle risorse. Quanto
dobbiamo ancora aspettare? Non possiamo stare ancora in attesa. Gli operai dal
punto di vista economico sono già sul lastrico. Hanno risposto che i fondi
sono arrivati questa settimana e che entro fine mese espleteranno le
incombenze burocratiche obbligatorie per legge e delibereranno in merito. Il
tempo di individuare le modalità di destinazione.
Abbiamo
inoltre chiesto che venga elevato il tetto del reddito per avere la precedenza
nell’essere collocati al lavoro. I Centri per l’Impiego che si occupano
della collocazione al lavoro danno la precedenza a coloro che sono al di sotto
di un reddito di 6.100 €: è stato richiesto di elevare questo tetto per
poter far rientrare coloro che sono in cassa
e che percepiscono solo qualche centinaio di € in più.
Alla
fine, la Presidente ha accettato di scendere e parlare direttamente con tutti
i lavoratori ai quali ha illustrato gli impegni assunti. I lavoratori erano
stanchi, stufi di aver ricevuto ancora chiacchiere e impegni a parole ma
aspetteranno queste due settimane che la Provincia si attivi concretamente.
L’intento è non mollare mai e continuare le azioni di lotta, facendo
accrescere la partecipazione al Comitato di Lotta a sostegno degli operai
Fiat. Infine il mercoledì 19 alle 21 vi è stata una riunione del Comitato
dove sono state pianificate una serie di iniziative che continueranno a
vederci impegnati su tutti i fronti, dalle iniziative davanti ai cancelli
della Fiat, venerdì 21 ci troveremo alla porta 2 per il blocco dei cancelli
al cambio turno, alle ore 13 in occasione dello sciopero indetto e al mattino
ci si ritroverà alle ore 9,00 alla stazione di Porta Susa in occasione dello
sciopero e manifestazione dell’industria.
GIÙ
LE MANI DAI SOLDI
DEI
CASSAINTEGRATI
Davanti
alla sede della provincia di Torino, nella centrale Piazza Castello, oltre un
centinaio di cassaintegrati Fiat si è trovato, su convocazione del Comitato
di Lotta per il sostegno ai lavoratori della Fiat per rivendicare
l’assegnazione diretta ai cassaintegrati delle risorse che la provincia
intende destinare a corsi di formazione per gli stessi cassaintegrati.
Che
la logica che muove la provincia sia scandalosa è evidente. Mentre migliaia
di lavoratori hanno un reddito che oscilla sui 500 euro, l’amministrazione
locale, di sinistra, intende utilizzare le risorse che ha a disposizione per
finanziare se stessa e il proprio milieu di “formatori” presumibilmente
anch’essi di sinistra.
L’assessore
Mercedes Bresso riceve una delegazione di quindici persone, molti
cassaintegrati sono tesi, non si fidano, vogliono portare all’attenzione
dell’ "autorità” i loro casi personali.
Questi lavoratori e queste lavoratrici sono, con ogni evidenza,
consegnati alla solitudine individuale, all’irrilevanza sociale, alla
straordinaria difficoltà se non all’impossibilità di agire in forma
diversa dalla, assolutamente necessaria, richiesta di un sussidio o di
un’integrazione del reddito.
Quando
la delegazione scende, deve informare i presenti del fatto che la compagna
asserisce ha pasciuto i cassaintegrati di chiacchiere, non ha preso alcun
impegno preciso, ha proposto ai manifestanti di lasciare il nome in modo che
l’amministrazione possa prendere in considerazione i singoli casi sulla base
della situazione personale e familiare.
UNA VALUTAZIONE MENO IMMEDIATA
La
situazione attuale era assolutamente scontata. Lo era per ragioni ampiamente
indagate. Il sindacalismo istituzionale non ha voluto portare lo scontro
all’unico livello e sull’unica piattaforma che avrebbe potuto vincere e il
sindacalismo di base non ne aveva la forza se non in alcuni stabilimenti e
certo non a Torino.
D’altro
canto, la mobilitazione dei lavoratori non è mai stata di tale radicalità da
costringere l’apparato sindacale a sforzi eccessivi per tenerla sotto
controllo. Si sapeva che la cassa integrazione avrebbe diviso i lavoratori ma
la consapevolezza di questo fatto non bastava e non basta a ribaltare la
situazione.
Il
movimento di classe ha pagato a caro prezzo, questo è sotto gli occhi di
tutti, la divisione fra sindacati, i loro legami con il sistema dei partiti,
le diverse modalità di relazioni con il padronato e con il governo ma sarebbe
ridicolo presentare questo fatto coma una novità sbalorditiva o come una
questione risolvibile con appelli all’unità sindacale. Il quadro sindacale
apertamente giallo aspetta tranquillo il passaggio del cadavere del
sindacalismo conflittuale e conta di recuperare sul piano della concertazione
reale, poco conta se la si chiama dialogo sociale, quello che ha perso in
immagine. Lo stesso atteggiamento che hanno preso i dirigenti CISL di fronte
alle minacce di Federmeccanica nei confronti di chi sciopererà il 21 febbraio
qualcosa vuol ben dire.
D’altro
canto la questione dell’unità e dell’autonomia sindacale rimanda
all’effettiva esistenza di un’autonomia di classe, rispetto
all’iniziativa padronale e governativa, che oggi si manifesta solo
sporadicamente e localmente.
Il
punto, però, è proprio questo. Se affrontiamo, e certo non possiamo fare a
meno di farlo, le crisi industriali una per una non abbiamo alcuna proposta
credibile. Si tratta di partire da un punto di vista che non può essere
aziendale, di liberarci dell’idea balzana che i lavoratori debbano proporre
piani industriali più seri di quelli dei padroni et similia.
O
si assume il fatto che va ripresa l’iniziativa sulla ripartizione della
ricchezza sociale, che questo si può fare colpendo il padrone dove gli si fa
male e non inseguendo i punti di crisi uno per uno o si è condannati alla
sconfitta.
La
vertenza Fiat oggi è in latenza ma a breve si riaprirà. E, per allora,
dovremo essere pronti a bloccare le aziende che è interesse del padrone
tenere in funzione, dovremo aver costruito una rete organizzativa adeguata,
dovremo aver orientato in tale senso le organizzazioni sindacali nelle quali
siamo presenti.
E dovremo fare questo mentre il clima di guerra incombe, mentre prepariamo iniziative di sciopero contro la guerra stessa, mentre altre vertenze sono in corso.
Una sfida da far tremare i polsi ma l’unica che vale la pena di assumere. Si tratta, soprattutto di evitare di pensare che la vertenza Fiat appartenga al passato. Nella lotta di classe non c’è, infatti, una logica del genere.
Hic
Rhodus, hic salta!
IL
COMITATO DI LOTTA TORINESE PER IL SOSTEGNO DEI LAVORATORI DELLA FIAT SI
RIUNISCE IL MERCOLEDI’, ORE 21, IN VIA NICHELINO, 14 – TEL. 011
282929 – CONTRIBUTI
PER LA CASSA DI RESISTENZA SU
CCB a favore del n.511610, BANCA POPOLARE ETICA, Ag. Padova, CAB
12100, ABI 5018 CIP
C.so R. Parco 31b – Torino. 21.02.03.
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