Lasciare un ricordo

Con cui andarmene, come fiori che appassiscono?

Non sarà mai nulla il mio nome?

Non lascerò nulla dietro di me sulla terra?

Almeno fiori, almeno canti.

Come deve operare il mio cuore?

Forse siamo venuti invano a vivere,

a germogliare sulla terra?

(Tania - Tamara Bunke 1966)

Alcune considerazioni sul e da il libro Tania, a cura di Adriana Chiaia

Queste parole di Tamara sono necessarie a sentire fino in fondo ciò che è stata Tania: non 2 facce della stessa medaglia, non una contrapposizione tra l'inquietudine esistenziale e la certezza rivoluzionaria, ma quell'unica grande e molteplice umanità la sola che può dare senso ad ogni impegno per la costruzione di una società senza classi e senza sfruttamento.

Ci sono alcuni passaggi della sua storia che inducono riflessioni a tratti amare e a tratti stimolanti. Credo che anche questo sia l'inevitabile corollario della nostra umanità, tanto più quando si è in presenza di grandi sommovimenti che ci spingono avanti e ci consentono e obbligano a decidere con rapidità e lucidità di cui forse oggi non disponiamo.

"Raccontavamo loro... spiegavamo come si crea la ricchezza, come proviene dallo sfruttamento e loro capivano..." Così Tania svolgeva il suo ruolo di formatrice della coscienza di classe più matura tra i lavoratori cubani. La rivoluzione presenta, nella complessità dei suoi immani compiti, una trama di semplicità nei rapporti soggettivi che oggi non ci è facilmente comprensibile pur essendo, nello stesso tempo, facilmente intuibile: perchè la rivoluzione semplifica i rapporti di classe, li libera dal paludamento creato dalla società capitalistica, la quale pur vivendo della differenza tra le classi deve mascherarla ideologicamente. Ecco quindi la possibilità per Tania e per gli altri rivoluzionari in essere di spiegare con parole semplici: cosa che a noi oggi sembra essere preclusa, non solo da una - vera o presunta - maggiore complessità della vita stessa ma soprattutto dal dover superare in una fase non rivoluzionaria - e quindi senza gli stimoli di quell'epoca - i paludamenti stesi dalla borghesia, gli errori da noi commessi e dietro cui spesso finiamo per nascondere le nostre deficienze attuali. Difficilmente oggi potremmo dire che quando "spieghiamo la ricchezza e lo sfruttamento" "ci capiscono"!

Ma da questo per me scaturisce un'altra considerazione. Il rivoluzionario è tale nella rivoluzione, esprime se stesso non quando "desidera" o "prepara" il cambiamento rivoluzionario, ma quando la rivoluzione avviene, si propaga, si consolida. Può apparire lapalissiano, ma pensandoci bene non lo è. Perchè la rivoluzione, studiata e preparata, è comunque un "atto rivoluzionario" non in quanto cambia i rapporti di forza tra le classi (nel caso della rivoluzione sociale) ma in quanto mette in moto le energie latenti per trasformare la società. Quelle energie assai più rivoluzionarie dell'atto stesso della presa del potere con cui inizia la rivoluzione. La rivoluzione non sta tanto nel prendere il potere ma nel consolidarlo costruendo la società in cui si crede. E' in questo processo rivoluzionario (non nella presa del potere) che nascono e si esprimono come rivoluzionari autentici anche coloro che non hanno materialmente lottato e preso il potere: le masse rivoluzionarie, gli internazionalisti, uomini e donne come Tania. Tania scopre la sua natura rivoluzionaria (cioè la sua capacità di dedicarsi ad un processo di trasformazione sociale) nella rivoluzione in atto, si identifica con il popolo cubano perchè esso è la rivoluzione in quel momento.

Corollario a questa riflessione è che oggi, in assenza di processi rivoluzionari, la definizione di rivoluzionario lascia il tempo che trova: prendere come esempio Tania o il Che o migliaia di altri rivoluzionari che nel mondo hanno combattuto in forma molto più anonima è un inutile sforzo pedagogico, quando nella pratica, nella concretezza di questa società, il processo rivoluzionario non è chiaro nè tracciato. Oggi ci si dice rivoluzionari perchè si vuole fare la rivoluzione. Ma quanti saprebbero essere rivoluzionari nel costruire una nuova società?

La considerazione è che saremo rivoluzionari dopo aver fatto la rivoluzione, dopo che le nostre scelte, il nostro agire l'avrà resa possibile. Non equivochiamo: mentre la rivoluzione è la costruzione cosciente di una società radicalmente diversa in cui si esprimono le nostre capacità e i nostri desideri, l'atto del sovvertimento, della presa del potere, del rivolgimento dei rapporti di forza a nostro favore è terreno in cui confluiscono fattori oggettivi, politici economici, insomma le famose condizioni oggettive della rivoluzione (intesa come presa del potere) che non sono - ne possono essere - solo frutto della nostra coscienza. E questo non semplifica affatto le cose: tutt'altro! Ma la ragione del gesto - rivoluzionario senz'altro - che rovescia i rapporti di forza sta, deve stare, nella costruzione che segue, nella continuità rivoluzionaria.

Tornando un momento a Tania, è chiaro che non è estranea a ciò la sua formazione politica e culturale, la storia familiare e del suo paese. Ma, proprio per questo, inevitabilmente mi chiedo perchè Tania non ha esplicato la sua natura rivoluzionaria nella RDT, che pure attraversava una fase di "costruzione" sociale che richiedeva il contributo di una coscienza sociale elevata come quella di Tania? Cosa sarebbe stato di Tamara senza la rivoluzione cubana o senza che lei fosse di origini sudamericane?

Ho colto un silenzio di Tania quando torna in missione a Berlino Ovest, almeno da quello che in questo libro si riporta: Tania era partita da Berlino prima che la città fosse divisa dal muro. Tania che è così schietta e sensibile, così strenua difensore delle ragione del socialismo, tace sul quell'evento che non può non averla colpita mentre visita Berlino Ovest, mentre, come lei dice, si trova "ad appena poche centinaia di metri da dove lavorano, da dove vivono; ho visto persino gli edifici". Mi chiedo, perchè Tamara è divenuta Tania a Cuba: cosa pensasse la rivoluzionaria autentica che era in lei - rivoluzionaria concreta, in essere - della società - che lei riteneva evidentemente sorella di quella cubana - che aveva lasciato in Germania Est e che forse era cambiata in modo drastico?

Non sono esercitazioni metafisiche, sono questioni essenziali per comprendere come nasce e dove nasce un rivoluzionario, allora come oggi.

Come si vede, un libro questo che genera domande, dubbi, che non possono essere risolti in questa fase. Tamara ci insegna che si può diventare Tania, questo è sicuro. Ci mostra anche che le rivoluzioni forgiano gli uomini e le donne altrettanto quanto questi forgiano le rivoluzioni. E per questo rivoluzionaria è la costruzione della società e dei suoi membri, non tanto e non risolutivamente la rottura del potere borghese, che molti considerano "l'atto catartico". Pochi sapranno essere rivoluzionari sempre, antesignani, ma la maggioranza diverrà rivoluzionaria nel momento in cui potrà esprimersi libera dalle catene dello sfruttamento. E tanto più quei primi e più coerenti rivoluzionari saranno stati autentici quanto più sapranno consentire l'espressione delle masse nel processo rivoluzionario, sapranno formare i "rivoluzionari in essere", piuttosto che costruire dalla loro purezza nuove catene, materiali e morali. In questo senso vedo il rapporto del Che con Tania: il rivoluzionario autentico, che compie l'atto violento della presa del potere e coerentemente costruisce la nuova società e sa valorizzare le masse e i singoli compagni, come Tania.

Rivoluzione o morte: Tania ci ha insegnato che entrambe sono degne, che entrambe "lasciano un ricordo". Sta a noi far si che questi fiori non appassiscano!.

Roma, 10/06/00

M.