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L'eccidio di Villa Rossi
(17
dicembre 1944)
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Siamo alle soglie
dell’inverno del 1944. Da alcuni mesi a Biancanigo e dintorni si sono
annidati i paracadutisti della 4ª divisione germanica, estenuati
dalle battaglie della Linea Gotica, che hanno già fatto crollare il mito
dell’invincibile Wehrmacht. Ma i soldati tedeschi hanno a disposizione
pochi mezzi per sostenere dalle sponde del Senio l’urto degli Alleati
appostati sulle vicine colline di Casale. I loro contrattacchi sono in
fondo soltanto un rabbioso e disperato tentativo di sopravvivenza, che non
manca tuttavia di farsi forte con il sangue di vittime innocenti.
Alle
prime luci del mattino del 6 ottobre 1944, nel corso di un’azione di
rappresaglia, la chiesa di Biancanigo viene circondata da brigate nere e
da tedeschi, mentre si celebra la S. Messa del Primo Venerdì del mese. In
seguito ad un rastrellamento circa 300 civili, fatti confluire soprattutto
dalla zona di Campiano, vengono rinchiusi per tutta la giornata nella
chiesa e nei locali della canonica. Sono rimessi in libertà solo a tarda
sera, ma un gruppo di 40 uomini viene trasferito alla Villa di San
Prospero presso Faenza, dove se ne dovrà decidere la deportazione in
Germania.
I tedeschi chiedono un regolamento dei conti a quelle persone
che sono sospettate di avere ospitato i partigiani. Nella stessa
circostanza a Tebano le brigate nere finiscono di massacrare il faentino
Bruno Bandini. A San Prospero sarà trascinato anche il vecchio parroco di
Montecchio sopra la Pideura, don Antonio Lanzoni, che finirà davanti al
plotone di esecuzione a Bologna.
La giornata del 6 ottobre si conclude
con la fucilazione di quattro capifamiglia sulla strada di Pergola, mentre
sulle vicine colline si intravedono i bagliori degli incendi appiccati per
rappresaglla a diversi casolari: Barbavera di Sopra, la Bruciata, la
Colombaraccia, Scaranon di Pergola, Carampan e Infernotto di
Tebano.
L’avvenimento è un lugubre presagio dell’imminente assestamento
del fronte sul Senio. Il 15 dicembre arrivano al "Camerone" di Biancanigo
le prime truppe tedesche di linea, sporche, insanguinate e infangate, in
ritirata dal Faentino dopo la battaglia perduta del Lamone.
Castelbolognese è già travolto nel vortice della guerra vera e
propria.
Il 17 dicembre, all’indomani della liberazione di Faenza,
i tedeschi prendono la decisione di far saltare in aria la Villa Rossi di
Biancanigo con le case coloniche adiacenti per ragioni strategiche. La
zone compresa tra i "Casetti" di Biancanigo e il Senio è già considerata
terra di nessuno che deve essere spianata, per acquistare maggiore
possibilità di tiro e di riferimento.
I tedeschi non possono ignorare
che nella cantina della grande villa si rifugiano le famiglie Cristoferi e
Montanari e alcuni parenti di questi ultimi, i Lama, sfollati dalla vicina
Faenza nella speranza di un più sicuro rifugio in campagna. Nessuno
tuttavia si preoccupa di avvertire i civili della decisione
presa.
Anche la mattina del 17 dicembre, tra le cinque e le sei, tra i
primi ad alzarsi e ad uscire dal rifugio è Michele Montanari, che sempre
di buon’ora, com’è nelle sane consuetudini della gente di campagna, si
accinge alla quotidiana fatica del lavoro nella stalla. Michele, appena
entrato nella sua casa del fondo Crociaro di Sotto, a ridosso della villa,
si accorge di qualcosa di insolito, rassomigliante a due casse di legna
collegate a dei fili di dubbia provenienza. Giovanni, il fratello maggiore
che lo ha appena raggiunto, in base alle conoscenze acquisite sul fronte
della prima guerra mondiale, non esita ad individuare l’esplosivo e
intuisce l’imminenza del pericolo per tutti gli edifici circostanti.
Michele e il nipote Mario tagliano immediatamente i fili, mentre Giovanni
si precipita al rifugio cercando di trarre in salvo dalla cantina della
villa le altre persone ancora immerse nel sonno. Ma la villa,
improvvisamente, con una spaventosa deflagrazione, salta in aria. Giovanni
viene sorpreso dallo scoppio sulla soglia. Sarà rinvenuto alcuni mesi dopo
sulla porta semiaperta, in piedi: il pietrisco aveva sostenuto il cadavere
in quella posizione. Si salvano Michele, che ha evitato in tempo il
brillamento della sua casa (fatta saltare in aria due giorni dopo), la
vecchia madre ottantacinquenne che ogni mattina seguiva istintivamente il
figlio appena lo sentiva alzarsi, i nipoti Mario e Lina Montanari usciti
anzitempo dal rifugio.
La villa serra in un cumulo di rovine il carico
umano di diciotto innocenti: nove membri della famiglia Montanari e nove
della famiglia Cristoferi. Tra le macerie della casa Crociaro di Sopra
perdono la vita altri tre famigliari dei Cristoferi: solo Celso riesce a
salvarsi. Tra i morti ci sono sette fanciulli: il più grande è Nicola
Montanari di 14 anni, il più piccolo Giovanni Cristoferi di 2
anni.
Nella stessa mattinata i parenti delle vittime s portano al
comando tedesco di zona, per chiedere spiegazioni. I tedeschi rispondono
di non sapere che nella villa erano rifugiati dei civili e di essere
all’oscuro del tragico epilogo. Eppure poche ore prima dell’esplosione
avevano fatto allontanare le trenta cieche sfollate da Bologna, che la
contessa Rossi aveva ospitato per qualche tempo nella sua villa di
Biancanigo. I tedeschi inoltre conoscevano i Cristoferi e i Montanari e
sapevano che abitavano nelle case coloniche destinate alla distruzione
insieme con la villa. Michele Montanari assicura che con gli invasori non
c’erano mai stati contrasti tali da giustificare un’eventuale
rappresaglia. A chi allora attribuire la responsabilità? Si trattò proprio
di una fatale disattenzione? A questi interrogativi non è mai stato
possibile dare risposta.
Nella notte del 17 dicembre, per
interessamento di un maresciallo tedesco che si dichiarava cattolico e che
faceva parte del comando insediato alla "Capanna", il parroco don Tambini
e Gino Gaddoni furono autorizzati e oltrepassare la linea tedesca con una
bandiera bianca e a prendere eventuali contatti con gli stessi Alleati,
per rendersi conto di persona se ci fosse stata la possibilità di portare
qualche soccorso. La perlustrazione risultò vana e rischiosa. I due
soccorritori trovarono il giovane Mario Montanari in preda alla
disperazione, che gridava rivolto alle macerie: "Ventuno! Ventuno!". Tra
quei ventuno c’erano i suoi morti. A tanto strazio non restò altro
conforto che la parola del parroco.
Si sa che alcuni invasori si
mostrarono indifferenti al cordoglio dei sopravvissuti e che il recupero
delle vittime venne impedito, essendo in corso la guerra. Soltanto in
maggio si poterono esumare i corpi ormai irriconoscibili, straziati dall
‘esplosione e soffocati dal vino, che dalle botti squarciate aveva invaso
la cantina.
Con l’eccidio di Villa Rossi la guerra, appena arrivata sul Senio, si annuncia in tutta la sua asprezza. Il 23 dicembre viene fatto saltare il ponte sul Senìo all’altezza della Via Emilia. Castelbolognese, tagliato fuori dal capoluogo di provincia e abbandonato all'arbitrio dell'invasore, precipita nella catastrofe e paga col prezzo di circa duecento vittime di rappresaglie e di bombardamenti la liberazione del 12 aprile 1945.
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L'ELENCO DELLE VITTIME DELL'ECCIDIO DI VILLA ROSSI
| Famiglia CRISTOFERI: | Famiglia MONTANARI: | ||
| GIUSEPPE
CRISTOFERI FILOMENA VILLA in CRISTOFERI SEBASTIANO CRISTOFERI RAFFAELE CRISTOFERI CELSA GEMINIANI in CRISTOFERI RITA TRERE' in CRISTOFERI PIA VALLI in CRISTOFERI LUCIA CRISTOFERI PRIMO CRISTOFERI CESARE CRISTOFERI GIOVANNI CRISTOFERI |
anni 84 anni 72 anni 39 anni 33 anni 24 anni 39 anni 33 anni 4 anni 10 anni 10 anni 2 |
GIOVANNI
MONTANARI TERESA MINGAZZINI LEDA GOTTARELLI NICOLA MONTANARI SERAFINO MONTANARI LIDIO MONTANARI GIOVANNA MONTANARI LAMA GIUSEPPE LAMA NELLO LAMA SANTINA LAMA . |
anni 52 anni 49 anni 43 anni 14 anni 12 anni 7 anni 54 anni 64 anni 29 anni 20 . |
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Testo tratto da: "L'eccidio di Villa Rossi a Biancanigo, 17 dicembre 1944: memoria letta il 17 dicembre 1984 nella chiesa di San Pietro apostolo in Biancanigo in occasione del 40. anniversario / Stefano Borghesi. -Faenza: Arti Grafiche, 1984".