di Giovanna Giannini
Le "Quattro giornate di Napoli"
La
situazione nell’Italia centrale
La resistenza della popolazione
Le "Quattro giornate di Napoli" (28-set.-1°ott. 1943)
Mentre a Brindisi
era sorto un Regno che non governava e che di fatto dipendeva dagli alleati,
man mano che ci si sposta verso quelle zone che erano state occupate dai tedeschi,
la situazione si fa più drammatica.
Dopo l’8 settembre Napoli era stata invasa dall’esercito tedesco
che aveva sotto il proprio controllo l’esercito e i pochi negozi di generi
alimentari. Questo comportò la diminuzione delle già magre razioni
alimentari e l’immediato sviluppo di un vasto mercato nero. Molti furono
gli arresti, le persecuzioni e i sequestri di merce.
La conseguenza diretta di tali avvenimenti fu l’assalto dei negozi da
parte della popolazione.
Le " 4 giornate" furono quindi una reazione popolare e spontanea ai
20 giorni di durissima occupazione nazista ( 8 - 28 settembre). Questa ribellione
influì profondamente su tutta la successiva campagna militare in Italia,
perché consentì a molti di comprendere che la guerra partigiana
avrebbe dovuto avere il suo sblocco logico in un’insurrezione generale
armata che precedesse l’arrivo degli alleati.
La prima e l’ultima fucilata furono sparate dal Vomero e dalla masseria
Pezzalonga. La mattina del 28 settembre 1943, alcuni giovani che si erano rifugiati
nel cascinale Pagliarone per sfuggire alle retate tedesche, usciti all’aperto
notarono che nel tratto di mare tra Sorrento e Capri si stavano delineando decine
di navi alleate.
Convinti di un immediato sbarco americano, a frotte riaffiorarono giovani, militari
ed ex prigionieri alleati nascosti dal popolo. La flotta alleata era davanti
ai loro occhi ma era bloccata da banchi di mine, i napoletani non erano però
al corrente di questo e si lanciarono subito nella caccia al nemico dando così
inizio alle " 4 giornate".
Gli scontri iniziali avvennero dunque nella zona del Vomero vecchio. Una ventina
di uomini male armati, guidati da un popolano noto come " o baccalaiuolo",
incrociarono due motociclisti tedeschi e li uccisero. Tutte le pattuglie isolate
di tedeschi vennero da quel momento attaccate e ad ogni scontro aumentava la
disponibilità di armi e munizioni.
L’eco delle sparatorie giunse al distaccamento germanico presente nel
campo sportivo del Littorio, poi ribattezzato " Della Liberazione".
Il maggiore tedesco Sakau ordinò un rastrellamento punitivo che venne
eseguito in due fasi. Nella prima i tedeschi spararono all’impazzata contro
palazzi e persone, uccidendo 6 civili, mentre 2 patrioti furono fatti prigionieri.
Nella seconda fase ci furono altre vittime tra cui un ragazzo rimasto sconosciuto
e 47 persone vennero prese in ostaggio e rinchiuse nello stadio del Vomero sotto
minaccia di morte.
Da questo momento per gli insorti il problema principale divenne la liberazione
degli ostaggi. Si trattava di una operazione rischiosa, ma che andava affrontata
per evitare un massacro. Il piano venne preparato con l’aiuto di un giovane
ufficiale, Vincenzo Stimolo, di un anziano professore, Antonino Tarsia e di
un pittore, Eduardo Pansini. Vene creato un Comitato Partigiano nel liceo Sannazzaro
e Stimolo ne divenne il capo. Egli riuscì a raccogliere molti uomini
e li dispose non solo intorno al campo sportivo ma anche sui tetti e alle finestre
delle abitazioni vicine allo stadio. L’assedio dei patrioti venne completato
in breve tempo, dopo poche ore infatti i tedeschi dovettero arrendersi e chiesero
di poter negoziare la resa. Una delegazione di patrioti si recò presso
il Comando Germanico per discutere con il temuto colonnello Hans Scholl.
Scholl aveva assunto tutti i poteri a Napoli sin dal 13 settembre del 1943;
fu lui ad ordinare la consegna delle armi, il coprifuoco dalle 20 alle 6 del
mattino, la distruzione di complessi industriali, le rappresaglie contro militari
italiani, l’evacuazione della fascia costiera e soprattutto la chiamata
al servizio obbligatorio di lavoro delle classi tra il 1910 e il 1925.
Il manifesto con l'avviso del colonnello Scholl
(il numero 3000 alla 7a riga è un errore di stampa; deve leggersi 30.000)
Ai tedeschi venne chiesto l’immediato rilascio dei prigionieri, in caso
contrario lo stadio sarebbe stato immediatamente attaccato. Scholl ordinò
alle proprie truppe il ripiegamento e di liberare i 47 ostaggi, in cambio i
tedeschi ricevettero la garanzia di poter evacuare Napoli senza essere attaccati.
Così al termine della prima giornata di lotta, la guarnigione tedesca
aveva abbandonato il Vomero. Temendo però una spedizione punitiva, i
partigiani organizzarono un posto di guardia sulla strada della Pigna, nei pressi
di Soccavo. La previsione si rivelò esatta. La sera del 29 settembre
un ronzio di motori mise in allarme i patrioti che erano di guardia, sistemati
in una casetta rustica ad un piano. Diciotto autoblinde tedesche e un carro
armato con in testa delle moto e un auto civile stavano avanzando lentamente
e giunti all’altezza del posto di guardia lanciarono una bomba a mano
e cominciarono a sparare. Iniziò un violento scontro che stupì
i tedeschi per l’immediata reazione italiana.
Si combattè successivamente anche nei pressi dell’aeroporto Capodichino,
dove una pattuglia tedesca uccise tre avieri italiani e costituì un posto
di blocco presso Piazza Ottocalli. Da un palazzo vicino irruppero nella piazza
una ventina di giovani che ingaggiarono un combattimento con i tedeschi. La
sparatoria si concluse con la morte dei tedeschi. Più tardi i cadaveri
dei tre avieri vennero caricati sul cassone di un camioncino e portati in processione
per le strade della città. La vista dei morti e il racconto delle atrocità
tedesche alimentò la rivolta. Combatterono uomini di ogni età
e ceto sociale. Il patriota più giovane a perdere la vita in quei giorni
fu Gennaro Capuozzo di soli 12 anni.
Ecco la motivazione della medaglia d'oro concessa alla memoria:
"In uno scontro con carri armati tedeschi, in piedi, sprezzante
della morte, tra due insorti che facevano fuoco con indomito coraggio, lanciava
bombe a mano fino a che lo scoppio di una granata non lo sfracellava sul posto
di combattimento, insieme al mitragliere che era al suo fianco"
Nel frattempo i tedeschi con numerosi fascisti occuparono la masseria Pezzalonga
da utilizzare come base per le incursioni- rappresaglia nei quartieri, e qui
avvenne lo scontro finale con i patrioti vomeresi. Si combatté aspramente
dalla prima mattina al tardo pomeriggio del 30 settembre. Una cinquantina di
uomini si offrì per contrastare le iniziative tedesche. Alcuni giovani
riuscirono ad aggirare lo schieramento nemico e a colpirlo alle spalle. A causa
delle scarse munizioni i patrioti caddero uno dopo l’altro. Giunti nuovi
e numerosi rinforzi, tedeschi e fascisti dovettero ritirarsi portando però
con loro alcuni ostaggi, 12 dei quali vennero uccisi.
Ma la rivolta oramai aveva investito tutta la città. Si sparava a Capodimonte,
Foria, Chiaia…A Materdei si distinse l’operaia Maddalena Cerasuolo
nell’attacco contro un reparto germanico che stava svuotando una fabbrica
di scarpe. Nonostante le azioni di guerriglia, venne assicurata sempre la distribuzione
dei generi di prima necessità e la distribuzione dell’acqua e fu
addirittura pubblicato un giornale " La barricata".
Tutto questo mentre gli Alleati erano oramai prossimi a Napoli, che raggiunsero
il 1° ottobre 1943.
Questo il bollettino delle 4 giornate: 168 furono i patrioti caduti in combattimento,
162 i feriti, 140 le vittime tra i civili, 19 i morti non identificati, 162
i feriti, 75 gli invalidi permanenti. Oltre alla medaglia d’oro, Napoli
ebbe altre 4 medaglie d’oro alla memoria, 6 d’argento e 3 di bronzo.
Giovanna Giannini
Collaboratrice del sito
Internet sulla storia della resistenza in Italia:
www.romacivica.net/Anpiroma
Bibliografia
Storia Illustrata "Napoli:
4 giorni sulle barricate" n.311, Ottobre 1983
Diario della Seconda Guerra Mondiale De Agostini 1994
Arrigo Petacco La nostra guerra, Mondadori 1996
Giorgio Bocca Il Provinciale, Mondadori 1993
Montanelli - Cervi L'Italia della disfatta, RCS 1996
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Il giorno 30, il loro ultimo giorno di resistenza, i
tedeschi perpetrarono un vero delitto contro la civiltà, incredibile
in soldati d'un popolo di così alta cultura, inaspettabile anche in quel
momento di spaventosa violenza e di cieco furore, e persino in un piano di tabula
rasa, come voleva fare Hitler dell'Italia dopo il "tradimento"
dell'8 settembre.
In una villa di San Paolo Belsito, presso Nola, i tedeschi distrussero con fuoco
l'archivio storico di Napoli, nella villa messo in salvo, uno dei maggiori tesori
del nostro patrimonio civile, ricco di oltre 50.000 pergamene, di 30.000 volumi
di documenti e di raccolte preziosissime per la storia della città, per
quella dell'Italia e per quella d'Europa.
E non fu un danno involontario, poichè avvertiti gli ufficiali tedeschi
dell'inestimabile contenuto di quelle centinaia di casse raccolte nella villa,
e scongiurati di non toccarle, essi tuttavia ordinarono l'incendio e lo vollero
totale, per quell'infernale odio, che dall'8 settembre portavano alla nostra
gente e che li avrebbero spinti a distruggere l'Italia". (Attilio
Tamaro, Due anni di storia, 1943-1945)