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MARTESANA
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Inchiesta: la Resistenza in Martesana
Un esercito di millecinquecento partigiani
Pubblicato il 17.02.2005
MARTESANA:
Negli ultimi due anni della Seconda guerra mondiale, nell’Italia del nord la sofferenza raggiunse il culmine: bombardamenti e mitragliamenti anglo-americani, occupazione tedesca, requisizioni, delazioni, deportazioni, fame e freddo. Intanto la Resistenza vedeva, anche tra la popolazione della
Martesana, l’adesione di vasti strati e il sacrificio di tante giovani vite. Da noi furono non meno di millecinquecento i protagonisti diretti della Resistenza, e cioè i combattenti delle varie formazioni partigiane operanti sul territorio e quelli che, residenti in
Martesana, operarono altrove in Italia e all’estero (soprattutto in Jugoslavia coi partigiani di Tito). Molti di più furono quelli che sostennero la Resistenza non solo con l’adesione ideale ma anche con concrete azioni, quali il ricovero e l’assistenza ai partigiani, la raccolta di contributi finanziari, il sabotaggio della produzione e gli scioperi attuati da lavoratori delle aziende soprattutto di Milano, Sesto San Giovanni e Monza: attività antifasciste che comportarono numerosi arresti e deportazioni in campi di concentramento, da dove molti non fecero più ritorno. Altro contributo alla Resistenza venne da quei reparti dell’esercito italiano che l’8 settembre non si consegnarono ai tedeschi, ma vi si opposero eroicamente, come i militari della divisione
Acqui, a Cefalonia; dai numerosi soldati arrestati dai tedeschi e deportati in Germania (Internati militari italiani - Imi); dai tanti giovani che, renitenti alla leva o fattisi disertori subito dopo l’arruolamento, non volevano combattere e morire per fascisti e tedeschi. Per quanto riguarda i militari internati, nei nostri Comuni più popolosi se ne contavano alcune centinaia, molti dei quali o vi lasciarono la vita o tornarono in pessime condizioni fisiche, tali, spesso, da portarli al decesso dopo poco tempo. Il loro contributo alla Resistenza sta soprattutto nell’aver rifiutato la proposta del ritorno in patria in cambio dell’arruolamento nell’esercito
repubblichino.