L'ERRORE PSICHEDELICO
di Adalberto Bonecchi
Una droga mistica? Durante gli anni '60, vennero compiute diverse ricerche per indagare gli effetti "mistici" derivanti dall'assunzione di LSD, in quanto si notò una certa similarità, se non identità, tra la sperimentazione psichedelica della coscienza mistica ed esperienze mistiche spontanee. Ad esempio, vennero individuate nove categorie, che si potevano rintracciare sia tra gli effetti dell'LSD sia al cuore dell'esperienza mistica, al di là di interpretazioni teologiche o filosofiche determinate culturalmente. La prima di queste categorie è l'unità, interna o esterna, a seconda che la dicotomia soggetto-oggetto sia trascesa tra il sé usuale e il mondo interno o il mondo esterno. Nel primo caso, la consapevolezza delle espressioni sensoriali svanisce, così come l'io empirico sembra sparire, mentre rimane e anzi si espande la consapevolezza del mondo interiore, sino alla percezione di una sorta di realtà ultima. Nel secondo caso, invece, si incrementa la consapevolezza di una o più impressioni sensoriali, al punto che l'oggetto percepito e l'io empirico cessano di esistere come entità separate, mentre subentra un profondo senso di unità e la sensazione che tutto sia Uno. Ciò porta all'impressione di una reale conoscenza dell'oggetto, poiché è stata superata la sua dicotomia con il soggetto.
La seconda categoria è quella dell'obiettività e realtà, determinata dal cogliere l'esistenza a un livello intuitivo, non razionale, diretto. Vi è certezza in questa conoscenza, che riguarda la realtà ultima. Questo è un punto particolarmente importante: gli stati mistici sono stati di conoscenza, che riguardano ad esempio la vera natura di se stessi e dell'universo o l'importanza primaria dell'amore.
La trascendenza dello spazio e del tempo si riferisce invece sia alla comune esperienza di perdita delle proprie attuali coordinate spaziotemporali, sia -il che è più interessante- a un radicale cambio di prospettiva, per cui ci si sente vivere in una sorta di eternità. Spazio e tempo perdono così di significato, in quanto è come se si potesse cogliere la "storia" da una prospettiva trascendente.
Quarta categoria è il senso della sacralità, una sorta di risposta palpitante in presenza di realtà ispiratrici: vi sono profonda umiltà e riverenza in presenza dell'Assoluto, senza però alcuna autodenigrazione, oltre a un umore positivo, formato da sensazioni di gioia, amore e pace di varia intensità e la convinzione che in definitiva non vi sia nessuna base reale per l'ansia e la paura.
La sesta categoria riguarda invece la paradossalità della situazione, poiché gli aspetti significativi della coscienza mistica sono avvertiti come profondamente veri, sebbene in contrasto con le leggi della logica aristotelica. E' ciò che capita quando ad esempio si afferma di sperimentare un'unità vuota, che allo stesso tempo contiene tutta la realtà. Da un punto di vista logico, questa è un'affermazione senza senso, mentre il mistico sa che essa è profondamente vera.
L'ineffabilità è dunque un'altra caratteristica dell'esperienza mistica, in quanto chi la compie sente che il linguaggio è inadeguato per descriverla.
La coscienza mistica è inoltre caratterizzata da transitorietà, in quanto la sua durata è limitata, essendo essa poi sostituita dalla coscienza ordinaria. Questa caratteristica, che certamente è valida per la coscienza "mistica" indotta con l'LSD, probabilmente non si adatta del tutto alla coscienza sviluppata nella gradualità di una vera via mistica, i cui risultati sono invece duraturi.
L'ultima categoria, infine, è costituita dai cambiamenti positivi di attitudine e comportamento. Cambia infatti l'atteggiamento verso se stessi, gli altri, la vita e verso la stessa coscienza mistica. Vi sono inoltre una diminuzione dei propri usuali meccanismi egoici di difesa, un incremento della fiducia nel proprio potenziale, oltre che della sensibilità, della tolleranza, della compassione e così via.
La scorciatoia fallita. Dopo oltre un quarto di secolo, possiamo affermare che l'ottimismo che negli anni '60 venne riposto nell'LSD come terapia e soprattutto come via mistica diretta era eccessivo, se non addirittura pericoloso. L'esperienza ha infatti mostrato che ogni tentativo di prendere scorciatoie che evitino il duro allenamento quotidiano della psicoterapia o della formazione mistica fornisce nella migliore delle ipotesi solo risultati temporanei, mentre nella peggiore può portare a destrutturazioni psichiche irrecuperabili. Gli esperimenti effettuati con l'LSD e altri tipi di droghe hanno prodotto ben pochi risultati interessanti e molti danni sia in chi li ha intrapresi, sia più in generale a livello culturale e sociale, favorendo punti di vista errati e devastanti: ciò vale anche per le forme non mistiche di coscienza alterata ottenibili con l'LSD, quali determinati fenomeni estetici, psicodinamici e cognitivi, se non addirittura psicotici.
Non è infatti sufficiente affermare, come fecero allora i ricercatori più avvertiti, che la droga di per sé è solo l'agente facilitante, mentre il vero lavoro difficile interviene in seguito, quando si tratta di integrare nella struttura psichica l'insight ottenuto. Ciò è in parte vero, ma certamente pericoloso per almeno due motivi: 1) solo pochi sperimentatori sono in grado di compiere questo lavoro, mentre per la maggior parte di coloro che hanno assunto l'LSD si è rotto il guscio protettivo, senza che vi sia però la possibilità di integrare l'esperienza a un livello di organizzazione psichica superiore; 2) si facilita l'improvvisazione di chi non è interessato già in partenza a questa integrazione, ma semplicemente in buona o cattiva fede ricerca stati di coscienza particolari, a puro fine edonistico.
Esperienza mistica e vita religiosa. Comunque, anche se grazie alle droghe si fosse riusciti a compiere un'esperienza in qualche modo "mistica", questa non sarebbe di alcun valore ed efficacia, se non venisse inserita in una vita in qualche modo religiosa, cioè determinata da una visione filosofica, da un'etica e da determinate pratiche (meditazione, preghiera ecc.) tese a trasformare la mente. Una semplice rispolverata psichedelica di un mondo interiore moribondo o addirittura mai nato può al massimo costituire per alcuni un primissimo e selvaggio approccio a un reale addestramento mentale, ma c'è da chiedersi se il gioco valga la candela, quando esistono tradizioni e metodi ben più graduali, sicuri, efficaci e duraturi.
Gli stati alterati di coscienza. In quegli anni, più interessante dell'infatuazione per le droghe fu lo studio degli stati alterati di coscienza, attuato nel tentativo di colmare il gap tra il diffuso coinvolgimento dei giovani nelle droghe e nella meditazione e la posizione scientifica ufficiale, che si limitava alla condanna o a constatazioni "oggettive", quali ad esempio il fatto che la marijuana ha come effetti somatici un leggero incremento del battito cardiaco, l'arrossamento degli occhi e alcune difficoltà mnemoniche e psicomotorie. Ma se gli effetti di una droga fossero solo questi, perché mai una quantità notevole di giovani rischiava allora la reputazione, la carriera e spesso la prigione, solo per qualche piccola e banale trasformazione psicofisiologica? Evidentemente, mentre una larga fetta della popolazione attribuiva grande importanza a determinati stati alterati di coscienza, la scienza era decisamente incapace di indagarli o anche solo di riconoscerli. Da qui la frattura -e la reciproca condanna- tra chi sperimentava questi stati e chi avrebbe avuto il compito di comprenderli e spiegarli.
Il desiderio di colmare questo gap portò diversi psicologi a brillanti e meticolose ricerche sugli stati alterati di coscienza, che però, al di là degli importanti risultati conseguiti, presentavano quasi sempre un limite di fondo: il disinteresse per il contesto -il quadro culturale, le motivazioni, gli obiettivi ecc.- al cui interno lo stato alterato di coscienza interveniva. Poteva così capitare di leggere che la nuova scienza della coscienza avrebbe avuto come propri oggetti stati alterati di coscienza derivanti dall'ipnosi, la meditazione, i sogni a occhi aperti, la marijuana e l'LSD, il biofeedback e via dicendo... Quasi come se l'addestramento mentale risultante da lunghi anni di meditazione fosse paragonabile a una strippatina con gli amici il sabato sera. O, peggio ancora, come se fra le righe si affermasse che in fondo ogni stato alterato di coscienza è un trip. Ciò che mancava -il che ha prodotto danni a una generazione intera- era la capacità di discriminare tra stati di coscienza che, pur a volte apparentemente simili, intervenivano in condizioni completamente differenti.
Come parlare dell'esperienza mistica? E' importante differenziare l'esperienza mistica vera e propria dal linguaggio in cui essa, in seguito, si struttura per chi l'ha compiuta e per gli altri a cui è riferita. Ad esempio, il punto di svolta per Paolo sulla via di Damasco fu di per sé ineffabile, mentre esso poté poi prendere una nuova forma comunicabile, che si situò nelle coordinate del Cristianesimo. La "conversione" fu dunque il cambio di segno -da negativo a positivo- dei pensieri su Cristo che lo stavano occupando, poiché la predisposizione cognitiva determinò l'interpretazione dell'esperienza interiore.
Supponiamo ora che in una psicosi o in una seduta con l'LSD un individuo abbia una visione di Cristo: si tratterebbe forse dello stesso materiale che permise a Paolo di esprimersi? No, perché, nonostante le possibili similitudini, l'esperienza e il contesto in cui essa avviene sono profondamente differenti: nel caso della psicosi o dell'LSD, ad esempio, non vi sono nuove funzioni derivanti dall'esperienza, che invece intervengono nel caso di una reale conversione. Inoltre, non è sufficiente vi siano "visioni" a sfondo religioso, perché un'esperienza possa essere qualificata come mistica.
Esperienze dell'altopiano. Non a caso proprio Abraham Maslow, il teorico delle esperienze delle vette (peak experiences), a un certo punto iniziò a parlare di esperienze dell'altopiano (plateau experiences). Si era infatti reso conto dei rischi che intervengono, qualora si pretenda di privilegiare l'aspetto "mistico" della vita a detrimento dell'addestramento quotidiano, finendo così con il confondere la mistica con la mera esperienzialità. Il restare affascinati da esperienze "forti" al di fuori di un regolare addestramento mentale e il ricercare l'estasi di un'esperienza delle vette -considerandola un valore di per sé e prescindendo da ogni considerazione etica- può infatti portare non solo a un allontanamento dal mondo e dagli altri, ma anche a tentare qualsiasi tipo di scorciatoia verso tali esperienze. Inoltre, come accade in altre forme di dipendenza, vi è spesso la necessità di stimoli sempre più forti per ottenere lo stesso risultato: da qui la ricerca di ciò che è magico, segreto, esoterico, esotico, occulto e comunque... privo di sforzo. Un effetto collaterale di questa pigrizia mentale porta inoltre a divenire antirazionali, antiempirici, antiscientifici e anticoncettuali. Maslow aveva insomma già ben compreso che cosa possa accadere qualora, per mancanza di capacità discriminativa, si confonda la spontaneità che nasce da un sé sempre più integrato con l'impulsività che sorge invece da un sé non solo poco integrato, ma addirittura a volte disintegrato. Droga, sesso sfrenato, magia sono allora solo alcuni dei mezzi a cui si ricorre, alla ricerca di un'esperienza sempre più forte e da cui sempre più si dipende.
In questa logica, lo stesso viaggio verso Oriente è di ben poco interesse, anzi può portare a convincersi che il sacro sia altrove, mentre alla base della vera mistica troviamo che esso è nella quotidianità di una vita regolare. Come scrisse Maslow, cercare altrove i miracoli è un chiaro segno dell'ignoranza che ogni cosa e ogni momento sono miracolosi.
L'esperienza dell'altopiano, a differenza delle peak experiences, è calma e serena e ha sempre un elemento noetico e cognitivo. Non è mai puramente emotiva. Inoltre, può essere molto più volontaria dell'esperienza delle vette, in quanto in essa si può realmente imparare a considerare i fenomeni in modo unitario, con una costante visione d'insieme.
Mentre lo shock dell'esperienza delle vette si adatta prevalentemente alla giovane età, con gli anni vengono meno l'immediatezza e il gusto della novità, mentre si riescono ad apprezzare gioia e serenità profonde e diffuse, spesso unite a una soffusa "malinconia" che, a differenza di quella clinica, non è dolorosa.
All'esperienza degli altopiani ci si può addestrare -mentre non ci si può assuefare come a una droga- perché essa è costante: non vi è dunque pericolo di crisi di astinenza, a cui reagire scompostamente; anzi, essa comporta una disciplina spirituale che richiede tempo, lavoro, studio e impegno.
Questo spostamento di accento dall'esperienza delle vette all'esperienza dell'altopiano aiuta a correggere la tendenza a identificare la dimensione trascendente come drammatica, travolgente e sfibrante. No, si può dimorare sull'altopiano costantemente, senza alti e bassi.
L'esperienza dell'altopiano è la percezione simultanea di quanto nella vita vi sia di miracoloso e nello stesso tempo ordinario, colto nel suo aspetto eterno. Presenta quindi alcuni tratti dell'esperienza delle vette -quali la sorpresa e la beatitudine- ma in forma meno intensa e più duratura; è il rendersi conto della bellezza e della preziosità delle cose, ma senza attribuirvi eccessiva importanza, perché questa consapevolezza non sorge e non cessa repentinamente.
Comprendere il valore delle esperienze dell'altopiano aiuta a non idealizzare il qui e ora. Infatti, esso è interessante e spiritualmente ricco solo se viene colto in una luce eterna, altrimenti si riduce a una banale illusione. Si può cogliere realmente il qui e ora solo se la percezione che ne abbiamo è mistica, cioè trascendendo le coordinate spaziotemporali usali. Esso infatti non è il momento minimale della nostra esistenza, ma il momento assoluto, in cui le differenze si sciolgono in una sintesi delle polarità.
Un po' ironicamente, possiamo dunque affermare che mentre il vero mistico può trovarsi mimetizzato in un vagone della metropolitana, mentre si reca tranquillamente al lavoro, chi vestito esoticamente strabuzza occhi spiritati, gingillandosi con strani talismani esotici, nella migliore delle ipotesi può aspirare a vincere un premio di consolazione per il miglior travestimento a un ballo in maschera...
Sul distacco... Il distacco è la base della mistica: senza una sua pur minima presenza, essa risulta velleitaria e sporadica, al servizio di motivazioni egocentriche.
Ma che cos'è il distacco? Si tratta forse di abbandonare tutto -affetti, proprietà, agi- e di scegliere una vita di stenti e di privazioni? Oggi -che il vagabondaggio è proibito, i luoghi isolati sempre più rari e la nostra dipendenza da certificati, documenti e carte bollate quasi assoluta- la via da percorrere è evidentemente un'altra e passa attraverso il distacco interiore. E' questa la comprensione della reale natura degli oggetti con cui entriamo in relazione, che ci porta a non attenderci da essi molto più del loro utilizzo funzionale.
Tra l'altro, anche diversi mistici, vissuti in tempi e luoghi più favorevoli al romitaggio, hanno sottolineato vivacemente due punti. Il primo è che non risulta di alcuna utilità il ritiro dal mondo, se non vi è anche e soprattutto una rinuncia mentale, in quanto così facendo rimarrebbe una notevole forma di attaccamento, proprio mentre si coltiva l'illusione di essersene liberati. Il secondo è che l'eventuale allontanamento dal mondo è momentaneo e funzionale a un radicale cambio di prospettiva, grazie al quale è poi possibile ritornare nel mondo con occhi nuovi e con maggiore energia.
Il vero distacco, quindi, è il distacco da sé: a quel punto, quali che siano i propri averi e le proprie relazioni, si è già abbandonato tutto, come ben precisò Meister Eckhart, il mistico occidentale forse più lucido e preciso. Il romitaggio non è di per sé indispensabile, poiché se non si fugge prima da se stessi, dovunque si vada si troveranno solo ostacoli e inquietudine. E' la solitudine interiore che occorre sperimentare, non quella esteriore. Solo in questo vero distacco lo spirito -con le parole di Meister Eckhart- permane tanto insensibile a tutte le vicissitudini della gioia e della sofferenza, dell'amore e del danno quanto una montagna è insensibile a un vento leggero. Funzione del distacco è infatti fare il vuoto in noi, per poter essere riempiti da una realtà trascendente.
Come scrive Meister Eckhart, più l'uomo è puramente e semplicemente distaccato, più riconosce ogni molteplicità in se stesso e permane immutabile. Lungi quindi dallo sprofondare nell'egoismo e nell'egocentrismo, egli impara a rimanere distaccato nell'azione. Ciò è possibile, spiega Eckhart, perché per l'uomo ben esercitato ogni cosa ha una qualità divina: occorre dunque che l'interiorità si manifesti nelle azioni esteriori, che queste conducano all'interiorità e che così ci si abitui ad agire senza che ciò costi alcuno sforzo.
Il distacco opera quindi su due fronti. Su quello interiore, svuotandoci, ci permette di essere riempiti (ad esempio da Dio, nella terminologia della nostra cultura). A questo livello di distacco non vi è spazio nemmeno per la preghiera postulante, poiché chi così prega desidera pur sempre ottenere o essere liberato da qualcosa, mentre un cuore completamente distaccato non desidera nulla e non ha niente da cui fuggire.
E' questo il sesto grado dell'uomo interiore di cui parla Eckhart, in cui si è staccati dalle immagini e trasformati al di sopra di se stessi. A questo punto l'uomo, giunto al perfetto e totale oblìo della vita effimera e temporale, viene trasformato in un'immagine divina, in cui trova felicità eterna, perché non più condizionato dall'idea usuale del tempo lineare.
Sul fronte esterno, invece, il distacco permette di "santificare" le opere, in quanto grazie a esso non si pensa a ciò che si fa, ma a ciò che si è. Grazie al distacco, lungi dal divenire misantropi, ci si trova bene in ogni luogo e con ogni persona, non tanto -e questo è un punto molto importante indicato da Meister Eckhart- perché si finirebbe con il valutare confusamente allo stesso modo ogni azione, luogo o persona, ma perché in ogni azione si riesce a mantenere la stessa disposizione spirituale. Il mistico, ci insegna Meister Eckhart, sa riconoscere che pregare è un'opera migliore che filare o la chiesa un luogo più nobile della strada, ma il suo atteggiamento e la sua predisposizione non cambiano.
Questo distacco può -deve- essere appreso, poiché, afferma Meister Eckhart, non è sufficiente che lo spirito dell'uomo si distacchi solo nel momento in cui vuole unirsi alla Realtà Ultima: è piuttosto necessario che vi siano anche un distacco precedente e uno successivo, ai quali egli si è esercitato. Si potrà così giungere alla forma di rinuncia più alta, che Meister Eckhsrt, con una delle sue virate vertiginose, chiama: rinunciare a Dio per Dio.
Quale la distanza tra questo addestramento continuo e le illusioni psichedeliche, in cui si sono perse alcune tra le menti migliori di una generazione...