Lady Ozma

 

  Ozma   -   Ninfa Madre e Madonna Primavera  -  congrega delle muse di Avalon Sommo Consigliere dei Mezzelfi
 

skills e malus

  resistenza al sonno - sensi elfici -   attacco a distanza   -   arte oratoria   -   mimetismo   -   muoversi senza tracce   sangue luminoso

spregio elfico   -   diffidenza umana   -   timore della folla   -   timore della mischia   -   acuita percezione

   
  allineamento:
  carattere e tratti fisici: Molto umile e disponibile con chiunque le dimostri affetto e la rispetti. Dolce e sensibile nel modo più assoluto, abbastanza estroversa e mai troppo modesta
  equipaggiamento:
 

la storia di Ozma

  I ricordi nella mia mente iniziano a farsi nitidi da un certo periodo non ben definito della mia infanzia…
Vivevo in una piccola ma accogliente e graziosa casetta sperduta tra i boschi con colei che credevo fosse mia madre, Dana. Era un’umana, una donna meravigliosa a parer mio, dai grandi occhi scuri e dalla bocca sempre aperta in un sincero sorriso. Mi ha allevata e cresciuta sempre da sola, insegnandomi tutto ciò che sapeva….se sono arrivata ad essere quella che sono oggi in gran parte è grazie a lei. La mia vera identità venne celata a lungo, nonostante io le chiedessi continuamente perché solo io avessi le orecchie a punta tra entrambe, ma soprattutto perché con il passare degli anni apparivano delle rughe sul suo volto mentre in me rimanevano la freschezza e la giovinezza di fanciulla da tempo. Questi miei interrogativi venivano sviati abilmente dalle parole di Dana e io, con una grande dose di ingenuità, non mi preoccupavo più di tanto anzi, non ci facevo neppur caso. Così le mie giornate passavano tranquille, immersa nelle faccende di casa e nelle lezioni di cucina che ricevevo quasi quotidianamente, tra un insegnamento e l’altro sulle arti curative, senza pensare seriamente a cosa potesse esistere al di fuori di quella casa, al di fuori di quel pezzo di bosco che potevo vedere dalla finestra della mia stanza, al di fuori di quel piccolo e perfetto mondo nel quale mi cullavo. Dana però divenne molto vecchia. Anche se tutta la sua vivacità e la voglia di vivere rifiutavano il dato di fatto, il suo corpo non ci riusciva e non poteva. Così un pomeriggio (ci eravamo allontanate un po’ da casa) durante il quale cercavamo determinate erbe aromatiche per una nuova ricetta di Dana un furioso temporale ci colse all’improvviso.L’unico luogo sicuro per ripararci era la nostra casa e quindi ci precipitammo come due forsennate lungo la strada di ritorno. Dopo circa dieci minuti eravamo già al sicuro; ci asciugammo e ci riscaldammo a vicenda e sembrava che il peggio fosse passato….ma non era così. Dana non superò quella improvvisa infreddatura e si ammalò, ma non istantaneamente, fu una malattia progressiva e lenta, che si aggravò ogni giorno di più. Lei capì subito che la morte si avvicinava e non perse tempo: nelle due settimane che seguirono imparai tutto ciò che si poteva imparare sulla vita e sulla sopravvivenza. Anche se all’inizio non capii a cosa fosse dovuta la sua fretta e il suo cambiamento decisi di tacere le mie perplessità: di sicuro stava agendo per il mio bene, e la certezza di questo mi bastava. In particolare ricordo quanto fu faticosa la costruzione della mia arma di difesa….Lavorai incessantemente dalla mattina alla sera per costruire un arco e mi allenai costantemente per saperlo usare alla perfezione, o quasi.
Dopo qualche giorno comunque notai anch’io la diversa debolezza di Dana e iniziai a preoccuparmi seriamente. Tossiva e non respirava bene, specialmente la notte. Mi offri varie volte con aiuti e medicine ma lei rifiutò tutte le mie cure, ancora oggi non so perché…forse sapeva che non sarebbero servite.
Ad ogni modo, una sera mi chiamò nella sua stanza. La trovai distesa sul letto, con il suo solito sorriso sulle labbra ma con gli occhi spossati. Mi avvicinai assicurandomi che stesse bene e allora per la prima volta da quando viveva con me parlò. La mia vera Madre era morta dandomi alla luce. Si chiamava Zania ed era la sua migliore amica, umana anch’essa; era scappata dal villaggio con un elfo, il suo primo ed unico amore che la ricambiava, poiché era l’unica via che potevano perseguire per rimanere uniti e per formare una famiglia con la figlia che già avevano, Cath. Ma nella foresta rimasero vittima di un imboscata di barbari e solo Zania e la piccola riuscirono a salvarsi. Così disperata e sconvolta dal dolore non seppe che altro fare se non tornare al villaggio d’origine, dalla sua migliore amica, rischiando di essere riacciuffata dai suoi stessi compaesani. Dana soffrì tremendamente, forse quanto lei, e quando venne a conoscenza che Zania sarebbe divenuta nuovamente madre progettò una nuova fuga. Scapparono nel cuore della notte con lo stretto necessario, e furono molto brave nell’arte del travestimento: infatti nessuno le scoprì. Si rifugiarono e poi stabilirono in una casa abbandonata chissà da quanto, in mezzo al bosco, che riuscirono col tempo a trasformare in accogliente. Entrambe le giovani donne non sapevano come e quanto sarebbero andate avanti….intanto vivevano giorno per giorno, assicurandosi il loro presente, specialmente quello di Cath, che era rimasta molto scossa dalla perdita del padre…forse al futuro non volevano neanche pensare. Una notte poi ci fu il parto, un parto molto difficile, che si concluse con la nascita di un’incantevole bambina e la morte di una madre che sarebbe stata splendida. Nella stessa notte Cath scomparve…scappò per motivi sconosciuti e Dana non poté neanche cercarla come si deve a causa della bambina. All’inizio sentì crollarsi il mondo addosso; non sapeva più cosa fare, per la prima volta nella sua vita si sentì sperduta….per un attimo solo però: dopo lo sguardo si posò sulla neonata e capì. E il resto lo sapete. Dana alla fine del racconto scoppiò in un lamentoso ma soffocato da chissà quanto pianto liberatorio, e anch’io piansi con lei. Avevo una sorella! D’ora in avanti la mia unica ragione di vita sarebbe stata ritrovarla…me la feci descrivere per filo e per segno, il più accuratamente possibile e chiesi anche dove avrebbe potuto essere se fosse rimasta in vita. A quel punto credetti che Dana delirasse: iniziò a parlarmi di un’isola misteriosa e magica chiamata Avalon e continuò a farfugliare parole riguardanti quest'ultima.…poi si spense. Rimasi tutta la notte come in trance, con lo sguardo fisso sul suo corpo senza pensare assolutamente a niente…poi all’alba il dolore e la rabbia repressi ebbero il sopravvento, così mi precipitai a prendere il mio arco e un mantello e corsi via, il più lontano possibile…così abbandonai per sempre quella casa. Il mio cammino durò incessante per molti giorni e mi ero già insidiata nelle campagne quando ebbi la fortuna di ascoltare una conversazione tra contadini grazie al mio udito molto sviluppato: da lì sarebbe partita una carovana con della merce che doveva essere imbarcata. Non conoscevo la destinazione ma tentare non mi costava niente, anzi, forse era l’unica cosa sensata che potevo fare in quel momento…così mi nascosi tra la merce pregando che non mi scoprissero, almeno non prima di essermi già imbarcata. E così fu. Durante il viaggio che durò circa un giorno intero feci anche un pisolino e mangiai persino….e pensare la fortuna a volte! Comunque la fortuna durò poco: quando iniziarono a tirare fuori la merce dalla carovana mi trovarono…Mi accusarono di essere una ladra ed altre cose peggiori che non voglio rammentare però fui molto convincente nel fornire spiegazioni e nel pregarli di farmi imbarcare e quindi riuscii a intrufolarmi ugualmente nella nave…; avrei fatto la sguattera. La vita da “marinaia” non era il massimo ma almeno era sopportabile….inoltre continuavo a pensare che non avevo una destinazione sicura e nessun amico…non sapevo proprio cosa avrei fatto, nel più vero senso della parola.
Poi qualche giorno dopo la catastrofe: una tempesta, un gran temporale, buio totale e forte vento….il naufragio fu terribile: la nave si ribaltò e finimmo tutti in mare improvvisamente, senza avere il tempo di renderci conto in che guaio eravamo. Io mi aggrappai ad una botte che aveva delle corde legate attorno la sua circonferenza e rimasi in balia delle onde molto a lungo, alla fine mi saldai alle corde per non annegare ed esausta caddi in un sonno profondo. (Non immagino la fine degli altri..) Quando mi risvegliai saranno state le prime ore del pomeriggio…il sole e il ronzio che avevo nella testa mi impedivano di capire dove mi trovassi all’inizio ma dopo qualche minuto di accennato stordimento mi accorsi che non stavo più fluttuando in acque profonde. Ero arrivata a una riva sana e salva…ed ero sicura che Dana e mia Madre mi avevano assistita e aiutata e con questo pensiero mi feci forza. Mi alzai dalla posizione scomoda in cui mi trovavo, slegai le corde e mi guardai intorno muovendo qualche passo fuori dall’acqua. Le prime persone che mi trovarono e in seguito accolsero in quella che poi scoprii essere l’isola di Avalon furono lady Fallingstar e ser Fabrox; non sarò loro mai abbastanza grata. Chiesi poi aiuto alla Somma Sacerdotessa Haylea, che molto gentilmente mi prese con sé inserendomi nella Sacra Casa, tra le Sacerdotesse. Così conobbi moltissime fanciulle e inoltre feci un sacco di conoscenze che ancor oggi non ho dimenticato, ma soprattutto ritrovai mia sorella Cath, Sacerdotessa anche lei. Non ricordava nulla prima di Avalon…
Credo di poter terminare il mio racconto a questo punto…il periodo che seguì fu molto tormentato per me e so che pochi ad Avalon non sono a conoscenza dell’esilio di Cath e della mia storia con ser Hraban. Quindi, considerando che il mio racconto è stato già mooolto lungo, non mi dilungherò oltre.
 
 
L'ATRIO DELLA MEMORIA SKILLS E MALUS LA SALA DEI RICORDI IL CONSIGLIO DEI MEZZELFI
STORIE DI MEZZELFI LE DIMORE AMICHE LA SALA DEGLI ARAZZI IL LUOGO DELLE DISCUSSIONI