La stella e le candele



Essere inseparabili/ e non toccarsi mai.
Parlare sempre/ in perenne contrasto.
Attratti e respinti/ senza sapere perche’.

“Mi affascina il romanticismo degli uomini, il loro folle aggrapparsi a visioni e a sogni” mormoro’ Manuel inserendo serenamente un nuovo proiettile nella bandoliera.

Un classico. Straparlare dei massimi sistemi con sarcasmo cinico ed amaro.
I compagni, non capendo cosa volesse dire, avevano ormai rinunciato ad ascoltarlo e liquidavano la faccenda scambiandosi un’occhiata compassionevole o picchiettandosi l’indice sulla tempia.
Tutti tranne Bianca.
Lei era l’unica con una mente abbastanza brillante da colmare il profondo divario culturale, l’unica con una vita cosi’ disperatamente vuota da riempirla con idee nuove e continue polemiche.

“La rivoluzione e’ un sogno per te?” scatto’ la ragazza “E’ forse una visione?” e lo sguardo lampeggiava meraviglioso, con la stessa energia che la lingua spagnola conferiva alle parole.

Ecco fatto: due lupi solitari che si cercano e si fuggono, dopo l’etereo contatto di una notte. Due anime che vivono una lotta interiore, divise tra l’esigenza di un esoscheletro emotivo e il sogno terribile di un sentimento.
Manuel sorrise, una sagoma sotto il cielo stellato, un’ombra in cui gli occhi e i denti catturavano i bagliori di luce scarsa “La rivoluzione, Bianca, la nostra rivoluzione e’ un bambino col fucile in mano.
Suvvia, guardati in giro: andiamo a morire per quel fantasma straccione che gli intellettuali chiamano ideale e la maggior parte di noi e’ composta da contadini analfabeti.
No, non e’ nemmeno un sogno, Bianca, e’ un incubo”.

“Davvero? Io penso che tu stia cercando di nascondere sentimenti che non riesci neppure ad accettare.
Te la prendi con la rivoluzione, ma in realta’ e’ chi la fa che disprezzi.
Si, questi campesinos analfabeti: ti senti cosi’ diverso da loro, cosi’ superiore. E in fondo la commiseri questa gente che puzza di terra e di sterco di mulo. Me compresa, naturalmente, che non sono nulla e non ho mai saputo ne’ leggere ne’ scrivere. Ho torto, señorito?”

“Assolutamente si. Non vi disprezzo affatto, ma sono comunque spaventato per cio’ che in buona fede puo’ essere portato a fare un uomo ignorante, una creatura armata di fucile e con l’innocenza di un bambino. Ti e’ piu’ chiaro cosa voglio dire, Bianca?”

“E’ chiaro che sei come loro. Sei nato latifondista e morirai latifondista: ce l’hai nell’anima di dividere gli uomini in mandrie, come le vacche, e spesso li tratti come tali.
Nemmeno te ne rendi conto, chico” continuo’ Bianca gesticolando con passione “ma da ogni tua parola traspare un senso di superiorita’, una distanza immensa.
Ci chiami creature, niños, giudichi le nostre scelte, ci metti in guardia come un padre o come un prete, ma in realta’ tu cosa sai, cosa capisci di noi?
Non hai conosciuto paura e soprusi. Tu hai ricchezze, conoscenze, terre e se vuoi puoi avere una vita in ogni paese. Noi, invece, non abbiamo niente e quella che viviamo qui ci vuole coraggio a chiamarla vita.
Cambiare tutto questo e’ un sogno, hombre, anzi Il Sogno. Ti e’ piu’ chiaro cosa voglio dire?” concluse la ragazza parodiando le parole dell’amico.

“Oh, Bianca, vi adoro” rise Manuel, gioviale come sempre “adoro te e il tuo non capir nulla: mi fanno riflettere, perche’ sembra che parliamo due lingue diverse”.
“Stronzo!” ringhio’ Bianca scagliandogli contro il ramoscello col quale stuzzicava le braci.
Quindi si alzo’ e con poche, rapide falcate raggiunse la porta della stalla in cui aveva srotolato il suo giaciglio. Se la richiuse alle spalle e resto’ sola, tra le ombre della stanza che oscillavano dense.
La discussione non era stata particolarmente accesa, eppure lei si sentiva tanto alterata quanto incapace di trovare una motivazione razionale al proprio stato d’animo: era furiosa.
Manuel osservo’ Bianca che si allontanava con l’umore piu’ nero dei suoi capelli corvini e gli occhi che lampeggiavano foschi come due cicloni gemelli.
Aveva ragione lei, naturalmente.
Essendo nato e cresciuto tra i privilegi del suo ceto, Manuel poteva appena intuire cio’ che spingeva i campesinos a mettere la propria vita nelle mani di un capopopolo e a morire in nome di una causa. In fondo, tutto il suo filosofeggiare su come la buona fede di questa gente potesse venir carpita e strumentalizzata, diventava una speculazione secondaria quando l’alternativa per i contadini era vivere nella miseria e morire di fame.
Cosi’ Manuel decise di scusarsi con Bianca e l’orgoglio che un tempo l’avrebbe frenato non gli fu d’impaccio, giacche’ era seppellito nella fossa comune di un pueblo deserto, un posto che lui cercava disperatamente di dimenticare.

Manuel entro’ nella stalla, attese che la vista si abituasse alla penombra e finalmente individuo’ la ragazza distesa su un giaciglio improvvisato, gli occhi spalancati e le mani incrociate dietro la testa.
“Bianca io…” esordi’ quasi in un sussurro.
“Ti odio” interruppe lei a voce altrettanto bassa. Inspiro’ forte e spiego’ “Odio la tua arroganza involontaria, la tua cultura irraggiungibile, il tuo cortese distacco”.

<< Eppure anche tu hai delle debolezze >> si scopri’ a pensare con stupore << Io le ho viste, le ho toccate con mano quella notte strana in cui preferisti stenderti accanto a me senza fare nulla, condividendo il calore di una coperta, il contatto della schiena vestita. Preferisti questo ad una notte di passione con la splendida Pilar che era ed e’ ancora pazza di te.
Ti odio.
Odio cio’ che rappresenti: il privilegio.
Pero’ da quel giorno passo le notti sveglia a pensarti. Non mi era mai successo da quando mi hanno violentata, ma con te sento che e’ diverso. Tu sei diverso: sei l’unico uomo che non mi metta a disagio e invece dovresti, perche’ sei un lupo travestito da agnello, perche’ in fondo sei il nemico.
Ti odio, certo, ma riconosco il rumore dei tuoi passi, ti guardo le spalle in battaglia e la tua voce mi da i brividi.
Ti odio?
Spero di si perche’ sarebbe terribile se fosse altrimenti >>

“E’ nel tuo diritto, Bianca, ma almeno permettimi di chiederti scusa, posso?”
“Puoi” glaciale.
“Posso anche sedermi qui vicino a te?”
“Si”, lapidaria.
<< Perche’ sei cosi’ gentile con me? Gli altri si sarebbero seduti e basta… e io mi sarei stupidamente irrigidita nonostante sappia che mi vogliono bene come a una sorella.
Ora questo non accade… Oh, Manuel, mi fai paura: con te vicino una parte di me si sente indifesa mentre l’altra si gonfia di gioia.
Dio, Dio… vorrei che mi sfiorassi. Si, penso che te lo lascerei fare, che non cercherei di castrarti selvaggiamente come feci con Diego. Anche perche’ una volta completata l’operazione sospetto che sarebbe piu’ complesso riuscire ad entusiasmarti.
Forza, provaci, rischia. Che ti costa?
Tanto secondo Pilar sei un mezzo impotente e non sai che fartene di cio’ che nascondi lissotto.>>

“Oggi sei di una loquacita' incontenibile” commento’ Manuel, strizzando l’occhiolino.
“Va bene, dai: pace. Sto male quando sei arrabbiata con me perche’… perche’ ti rispetto e ti stimo. E perche’ penso che tu sia una gran donna, Bianca”.
“Tutto qui?” domando’ la ragazza sollevando un sopracciglio.
< Tu non sai quanto sia difficile, tu non puoi nemmeno immaginare. D’accordo non sono Pilar, ma non sono nemmeno da buttar via… di un po’, qualcuna e’ arrivata prima di me e ti ha castrato da piccolo oppure ti piacciono i ragazzini? >>

“Beh, si, piu’ o meno… Ci tengo a te, Bianca, e mi dispiacerebbe che tra noi ci fossero malintesi. Permettimi solo due ultime parole, giusto per non lasciare i discorsi a meta’: quello che cercavo di dire prima e’ che una rivoluzione fatta solo da contadini…”
“E chi vuoi che la faccia la rivoluzione? Gli aristocratici? I grandi allevatori? E poi non siamo tutti contadini: ci sei tu, al Nord c’e’ Pancho Villa…”
“Non mi metterei proprio sul suo stesso piano” sottolineo’ Manuel, con un tono talmente freddo e distaccato da chiarire al di la di ogni dubbio l’opinione che nutriva per il personaggio.
“Ma non mi dire… e a me che sembravate proprio della stessa caratura” Bianca spalanco’ gli occhi e strinse la bocca a cuoricino, nella simulazione perfetta del piu’ sbalordito stupore.
Manuel rise forte “Lo vedi perche’ mi piace discutere con te?”
“Non vedo” essenziale, come sempre.
<< Ma sento. E quanto diavolo parli! Prova a stare un po’ zitto e ad ascoltare. Guardami. Osservami. Cerca di capire che io ti… desidero?
(No, non puo’ essere! Non puoi pensarlo veramente).
In questo momento vorrei… vorrei…
(Cosa? - Dillo Bianca, cosa vorresti?)
Vorrei che mi baciassi.
(Nooo, tu non lo vuoi. Non potresti sopportarlo e lo sai, vero?)
Ti prego…
(Non ne sei capace, Bianca. Rinuncia. Perche’ soffrire ancora? Per uno come lui? Ma per piacere).
Oh, vaffanculo. Vaffanculo tu, vaffanculo io, vaffanculo le preghiere e il loro destinatario.
Basta, basta, io ti odio, si, e’ vero… ma ora baciami e basta, ebete impotente!
Guarda, mi avvicino e schiudo un po’ le labbra, piego la testa di lato.
So di essere graziosa e chiunque nella banda mi accetterebbe subito, che cos’hai tu che non va?
Baciami, señorito mio, te lo lascerei fare perche’ in te non vedo Fernando come negli altri uomini, vedo solo Manuel. E’ per questo che sei diverso, e’ per questo che per me sei unico. Perche’ resti immobile? Fai solo il gesto e ti prometto che non te ne pentirai. >>

“Perche’ sei divertente: mi paragoni ad un volgare ladro di bestiame, probabilmente corrotto come il peggior funzionario governativo, e nello stesso istante, con pungente delicatezza, mi fai capire che valgo meno di un decimo di lui. Ah, se solo tu avessi avuto modo di studiare, Bianca…”
La ragazza diede una scrollata di spalle ma non si lascio sviare dal cuore del discorso “Forse perche’ Pancho Villa e’ un generale e non un ladro di bestiame, che ne dici? Puo’ essere una spiegazione?” azzardo’ pensierosa, con un filo di paglia stretto tra i denti candidi e uno sperone neanche troppo velato di sarcasmo.
“Pancho Villa rubava galline per sfogare i suoi istinti lascivi, lo sanno tutti Bianca. Ma siccome e’ anche uno sporco assassino con diverse condanne a morte sulla testa, ha pensato bene di diventare generale della rivoluzione e - paffete - che di colpo e’ tornato vergine come una suora. Strumentalizzazione, ricordi?” “E con cio’ dove vuoi arrivare?” mormoro’ Bianca, con uno sguardo di infinita pazienza e sconfinata prostrazione studiato apposta per lui.
<< Qui, sulla mia bocca, per caso?
Che aspetti, speri di logorarmi dissertando di Pancho Villa e delle sue passioni pennute?
Trovi erotico immaginare quel pallone gonfiato che violenta pollame, oppure vuoi farmi capire che per essere notata da te devo starnazzare a squarciagola?
Insomma, baciami e falla finita… Avanti finocchio stuprapolli, aiutami ad essere la donna che in una vita normale sarei potuta diventare.
Non farti pregare… guarda, te la tocco io la mano. E’ una cosa che so fare solo con te, sai?
Ti sfioro piano, le unghie, le dita. Ecco, mi senti?
Non ho mai fatto davvero l’amore e ora sento che con te… oddio, quanto ti odio!
Ha ragione Pilar: e’ terribile cio’ che noi donne dobbiamo patire per la timidezza degli uomini.>>

“Eh” sospiro’ Manuel “dove vuoi che voglia arrivare? Da nessuna parte, ovviamente.
Su, che e’ tardi e domani ci aspetta una lunga marcia: dobbiamo abbandonare il villaggio perche’ non e’ piu’ sicuro, quindi ci conviene riposare e riguadagnare le forze. Buonanotte, mia incantevole guerrigliera.” Manuel si corico’ accanto a lei e le diede la schiena rannicchiandosi un po’, come un vitellino.
“Buonanotte, señorito” mormoro’ Bianca, con una cipolla in gola e il fianco destro accarezzato dal dorso tiepido del compagno.

<< Ma io non posso dormire cosi’, non ci riesco.
Mi giro lentamente, ecco… sento la tua schiena calda, qui, sulla mia pancia.
Ora mi faccio coraggio e appoggio una mano sulla tua gamba, piano piano la sposto verso l’alto.
Dio mio, lo sto facendo davvero… toccarti non mi spaventa, mi fa battere il cuore e mi fa sentire bene. Mi piace da morire!
Scavalco la cintura, il fianco... mi spingo avanti, ecco il tuo petto, i muscoli duri. Ti sto abbracciando Manuel, ci sono riuscita! Ti sto stringendo, mi schiaccio tutta su di te, respiro i tuoi capelli.
E’… e’ un sogno.
Ma tu non dici niente.
Sospiri, mi accarezzi la mano, la stringi forte, oh si si si, anche tu mi vuoi…
… ma non ti giri.
Non mi abbracci.
Non mi baci.

Ho deciso: ti odio.
Ti odio perche’ ti amo, e a te non importa. Ti odio, ma questa notte dormiro’ abbracciata a te, rubero’ il tuo calore cedendoti il mio e domani all’alba mi svegliero’ per prima baciandoti i capelli.>>

L’alba fradicia scintillava come ghiaccio e quando il sole supero’ l’orizzonte per un istante tutto sembro’ farsi d’oro.
“Adelante! Adelante! Avanti!” ordino’ all’improvviso una voce dal timbro marziale. Subito cento e piu’ regulares si stagliarono come formiche nere sullo sfondo delle prime luci, formiche guerriere che balzavano all’attacco dell’ennesimo, anonimo villaggio contadino.
I soldati si scagliarono in avanti, sparando furiosamente e urlando come invasati. In un attimo il pueblo bianco venne travolto da uniformi kaki che uccidevano, rubavano, fracassavano.
Niente si salvo’: cio’ che non poteva essere rimosso veniva distrutto, gli animali venivano abbattuti sul posto, le case incendiate.

Gli abitanti, ripresisi dal primo smarrimento, cominciarono ad uscire nelle strade correndo all’impazzata per raggiungere i vicini campi di mais e con essi la salvezza.
I primi, i piu’ veloci, ci riuscirono.
Gli altri caddero quasi tutti falciati dalla mitragliatrice Maxim entrata tardivamente in funzione.
Un uomo fu quasi segato in due da una raffica rabbiosa e la terra intorno a lui pareva danzare alzandosi in snelle colonne di polvere. Le grida della gente terrorizzata sembravano note perdute di un’opera wagneriana e si confondevano con le voci aspre dei soldati che accompagnavano la base monotona della Maxim: TA-TA-TATA TA-TATATA.
I feriti strisciavano al suolo, singhiozzavano, uno di loro sembrava pregare con fervore.
Vennero subito raggiunti dai regulares e finiti a fucilate o a colpi di baionetta.

All’improvviso, da una stalla semidiroccata ai confini del villaggio uscirono un uomo ed una donna. Correvano velocissimi verso i campi di granturco, muovendosi a zig zag tra le pallottole che li sfioravano da ogni parte. Per un istante sembro’ davvero che tutti si accanissero contro quei due poveracci.
L’uomo distanzio’ la compagna di una dozzina di metri e, quando la donna cadde improvvisamente colpita, lui aveva gia’ raggiunto la salvezza garantita dal dedalo di mais. Allora si volto’ e vide la compagna a terra. Rimase un attimo fermo, poi alzo’ il fucile, lo sollevo’ orizzontalmente sopra la testa tenendolo con le braccia tese, e torno’ sui suoi passi.

“Que paren el fuego!” urlo’ il comandante dei regulares “Que paren el fuego! Cessate il fuoco!” “Que paren el fuego!” ripeterono i graduati e i soldati stessi. Tutti si immobilizzarono di fronte a quella scena meravigliosa e stupefacente. Nel villaggio non si sentiva piu’ uno sparo. Ogni cosa era ferma: non si era mai vista, non si era mai sentito dire, non era mai successa una cosa simile. L’uomo si muoveva lentamente in un atmosfera quasi sacrale, pervasa da un silenzio immobile. I due serventi della spietata Maxim sembravano statue di ghiaccio: congelati ai loro posti, con le braccia, le mani, le dita bloccate come l’immagine di un dagherrotipo.
L’uomo raggiunse la compagna, poso’ a terra il fucile e si inginocchio’. Le sollevo’ la testa e l’accarezzo’ con dolcezza.
La donna era stata colpita al petto e ad una mano. La mano era orrendamente sfracellata e il respiro echeggiava difficile e rauco nel silenzio spettrale dello spiazzo.
“Perche’ mi stai sempre tra i piedi, señorito? Perche’ mi tocchi adesso e non l’hai fatto ieri?”
L’uomo non rispose. Rimaneva li, fermo. Aspettava.
Era evidente che pur di rimanere pochi attimi ancora con la donna che amava, accettava la sorte di chi viene catturato con le armi in pugno.

Bianca tossi’ faticosamente. Dalla ferita al petto bolliva gorgogliante una spuma rossastra, segno che non le restava molto perche’ il proiettile aveva perforato un polmone.
<< Oddio, sto morendo… e ho paura. Una paura folle, ma non voglio che muoia anche tu, Manuelito. Non voglio che tu lo faccia sotto i miei occhi. Scappa, fuggi, nasconditi… dimenticami e sii felice.>>
“Ti odio, Manuel. Lo sai che ti odio, vero, latifondista bastardo?
Allora che ci fai qui, accanto ad una contadina analfabeta che muore e ti disprezza?
No te quiero nada [Non voglio niente da te]. Vattene e lasciami sola.”

Manuel accetto’ ogni parola, ma non si allontano’. Anzi, si chino’ su di lei e timidamente, quasi fosse un atto audace o scabroso, le bacio’ la fronte con la punta delle labbra.
Quando rialzo’ il busto stava piangendo in silenzio e senza vergogna.

Un unico, secco rintocco echeggio’ nel villaggio rimbalzando di muro in muro e sulla fronte dell’uomo inginocchiato una rosa scarlatta sboccio’ improvvisa.
Ovunque silenzio immobile.
(TIC manubrio sganciato. TAC scarrella l’espulsore. TA-TLAC nuovo bossolo il canna).

TIC TAC TA-TLAC.

E si rompeva l’incantesimo.

I soldati dell’esercito regolare tornarono ad avanzare e sciamarono di casa in casa. Rastrellavano quanti si erano nascosti, li buttavano a calci nelle strade e li riunivano nella modesta piazzetta, laggiu’ vicino alla fontana, dove un ufficiale avrebbe amministrato giustizia sommaria.

Due regulares si avvicinarono ai corpi dell’uomo e della donna. Lei respirava ancora e stringeva cosi’ forte la mano del compagno da avere le nocche sbiancate.

TIC TAC TA-TLAC

La ragazza senti’ il rumore, apri’ gli occhi e guardo’ il soldato col fucile. Gli sorrise e attese.
Lui fece il suo dovere.

Poi giro’ il corpo dell’uomo per guardarlo in viso “Mira Pablo!” esclamo’ eccitato “Ma questo non e’ il capitano Manuel de Riveira, il disertore?”
“Madre de Dios, hai ragione!”.
“Povero stronzo” commento’ il primo, guadandolo freddamente divertito “Aveva tutto ed e’ venuto qui, in mezzo al nulla, a farsi ammazzare come un cane. E per quella li, poi…chissa’ che ci avra’ visto in lei per scegliere una fine cosi’ insensata”.
“Una stella” mormoro’ con compassione, quasi con tenerezza il commilitone.
“Quella lurida contadina?” il tono era incredulo “E tutte le altre donne, mille e mille volte piu’ belle?”
“Solo lumi di candela”.


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Nadja Jacur

PS: si, lo so che non c’e’ carnazza, ma abbiate pazienza, il sesso non e’ sempre atomiche chiavate, pompini esofagei e lappate interattive. Il sesso – a volte – e’ fatto solo di carezze.



Nadja Jacur

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