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SDINNnnn - SDINNnnn - SDINNnnn -
Canta il sonar sullo scafo di un sommergibile: e’ la suoneria del mio cellulare.
Dev’essere quel tizio che sbaglia numero… e’ una settimana che insiste, ma cos’e’, scemo?
Tengo il volante con la sinistra e uso la destra per frugare nel caos della borsetta. A tatto, trovo l’aggeggio e guardo il numero: non rubricato, e’ lui.
Ora gli rispondo e chiarisco una volta per tutte: Numero Errato. Sbagliato. Cannato. Diverso. No Buono. Da Cancellare. E’ cosi’ difficile?
Sto per farlo quando, con la coda dell’occhio, noto due sagome scure sul bordo della strada. Due uomini, uno alto, allampanato, il volto scavato da miseria atavica, l’altro piu’ basso e tozzo, praticamente pingue. Sono armati e in divisa nera. Il cicciotto sventola con indolenza una paletta rossa.
Scaglio il cellulare sotto il sedile, nemmeno fosse a 500 gradi fahrenheit. Bestia, stavo per cascarci! Se mi beccano col trabiccolo acceso, mentre guido e blatero, e’ finita.
Ma io sono furrrba, nonche’ piena di culo.
Accosto con grazia leggiadra e mi si avvicina il carabiniere piu’ giovane, quello col volto scavato.
- Dogumenda
Sono cosi’ fiera del mio acume nell’evitare i pericoli che mi limito ad abbassare il finestrino e guardarlo sorridendo.
- Dogumenda! – ripete perentorio.
Ah, si, e’ vero! Obboia, e adesso dove ho messo il libretto? - Eh, una parola – borbotto mentre scavo nel porta oggetti facendo rovinare al suolo caramelle, fazzoletti e fossili vari della mia vita.
- Si, la parola e’ una, ma i dogumenda so’ ddduie: a patente e o libbbretto – il militare e’ serissimo, non sta scherzando affatto. Mi riprendo dallo shock e spiego – Naturalmente… la patente e’ qui, ecco… e’ che non ricordo dove ho messo il libretto. Ma c’e’, eh? Sicuro. Devo solo scavare nel punto giusto…
L’uomo e’ perplesso e la noncuranza con cui poggia la mano sulla mitraglietta fissata a tracolla mi incute un certo timore. Parlo per calmarmi e per distrarlo - … e’… tutto… e’ tutto un caos, qui… mi scusi, sa… - ma porca puttana santissima vacca, dove minchia e’? - … peggio della mia borsa.
Le parole magiche!
Una scintilla di comprensione saetta tra le pupille altrimenti scolpite nell’ossidiana – Ahhhhh!, esclama l’uomo, Pure ammmia sorella tiene ‘nu burdelll’ int’a pochette! Facite, signuri’, facite, ‘un dat’aurienz: io sto acca’.
Mentre mi domando da quale stracazzo di emirato arabo sia uscito, accadono due cose. Primo, si avvicina alla macchina anche il secondo carabiniere, quello con la paletta e senza giubbotto antiproiettile. E’ piu’ anziano, robusto e gallonato, evidentemente perplesso dal lento procedere degli eventi. Secondo, ho un’illuminazione come se ne hanno solo due o tre nell’arco di tutta l’esistenza: sotto al volante!
Mi metto a frugare come un cane da tartufi e un attimo dopo la mano riemerge brandendo trionfante un involto di plastica rossa, neanche fosse il libello di Mao. Sorrido come una bambina smodatamente fiera del proprio acume. Concedo la mia preda al Carabiniere Grigio, l’evidente maschio dominante.
- Ah, bbbene, bbbene, bbbbene – esordisce lui, cantilenando un accento identico a quello del collega piu’ giovane. Cio’ rende palese che i carabinieri siano un corpo a reclutamento circoscritto, come i Lancieri a cavallo dello Yorkshire o il 92° Gordon Highlanders.
- Lo Jacono, avete visto che fortunati che siamo ad aver fermato una cosi’ bella signorina, eh? – blatera il tizio mentre scandaglia il libretto. Io mi limito a sorridere con falsa modestia: iniziare la giornata con un complimento la rende sempre radiosa - … peccato che la revisione sia scaduta.
- Co… come sarebbe a dire “scaduta”? – gemo.
- Ooooohhh… maronna’ro Carmine – chiosa Lo Jacono agitando una manina – e ‘mo so’ gguai!
Non e’ che disprezzi la sua partecipazione emotiva tuttavia, non so perche’, tra le righe percepisco una fuggevole presa per il culo.
- Che strano… eppure l’ho fatta rivedere pochissimo tempo fa!
- Ddduie anni e cinque mesi, signori’.
- Noooo! Come passa il tempo.
In quell’istante una macchina sportiva sfreccia vicino a noi e sta andando cosi’ veloce che perfino io sento lo spostamento d’aria attraverso il finestrino aperto.
- Ue’! – stupisce il carabiniere giovane – Avete visto a ‘cchill’, brigadie’?
- Nu pirata! Lo Jacono, presto, facite qualcosa!
- Comandi, brigadie’! – alza il braccio e con gesto da stadio, grida – UEEEE’, CHILLA BBBUCCHIN’E MAMMATA!
- La targa, dovete prendere la targa, Lo Jacono!
Il giovane scuote la testa – Nun se po’ ffa’, brigadie’. O malamente ha gia’ superato l’orizzonte – e gesticola fluido, come un nobile arabo che solfeggi un “salam aleikum”.
Il suo superiore allarga le braccia e mi guarda, come a dire “so’ ragazzi”, poi si fa didascalico – Lo dovete shcusare, signori’: e’ nuòvo, prima faceva o parcheggiatore abbusivo ai Campi Flegrei. Sono mortificato per isso, in condizioni normali avremmo fatto tutto in cinque minuti: ritiro della macchina, del libretto e sovvenzione. Ma non si preoccupi: ora me ne occupo io medesimo personalmente e non le facciamo perdere altro tempo.
- Ma, veramente… - (prendete tutto il tempo che volete, ma non fatemi la multa, cazzo! Anzi si' fatemela, ma non toglietemi il libretto! Giuro che la faccio la revisione. Parola mia. Giuro! Stasera stessa… o al massimo domani. Sabato, tie’, ma la faccio!)
- Sono 148 euri, signori’. Ecco o verbale, firmi qui, sotto “Tra-sgres-so-re”.
Miseria, mi sembra un autodafe’: si, sono stata io, punitemi, flagellatemi e poi appendetemi per i pollici alle porte della citta’. Ma quelli che formulano ’sti moduli sono sadici, insensibili o solamente imbecilli? Scarabocchio una sigla simulando gelido distacco e sperando che nessuno noti l’umidita’ delle palpebre.
- Ecco fatto, madamoiselle… avete visto com’e’ ffacile? – mi consola il brigadiere - Il libretto invece ‘o tenimm’ nuie e la macchina nun s’adda move fino alla revisione, vabbuo’?
- Mica tanto.
- Che problema c’e’ signori’? Non la deve mica pagare ora, la multa, ha due mesi di tempo, non e' contenta?
- Certo, come no, perfetto, tutto fantastico, un sogno. Vi ringrazio per l’efficienza.
- Dovere, signori’, dovere…
D-o verme a sonagli, vorrei prendere a testate il clacson, salire sul tettuccio della macchina, allargare la braccia come Tarzan e gridare, anche, come lui… oppure scendere con aristocratica eleganza per strappare la mitraglietta a Lo Jacono e spargere ovunque sangue e intestini in divisa nera.
E’ lo squillo del telefono che mi riporta alla realta’.
- Signori’, tenete pure 'o telefono appicciato quando state guidando?
- No, NO! Cioe’, si, ma lo butto lontano per resistere alla tentazione di rispondere. Ecco, le mostro – mi contorco per lanciare una mano sotto il sedile del passeggero, dove presumo che sia finito l’aggeggio e per poco non mi strangolo con la cintura di sicurezza. Gorgheggiando come una stitica imbecille frugo alla cieca riesumando nell’ordine: un accendino (chissa’ come ci e’ finito), un pacchetto vuoto di assorbenti, un giornalino di Ratman e finalmente il cellulare. Guardo chicazzo e’: numero non rubricato.
Di nuovo lui.
Spengo senza rispondere.
- Ma signori’, non vedete chi e’?
- Gia’ fatto: mio marito. Rompe i coglioni sempre nei momenti piu’ impensati – e’ una menzogna, ma e’ piu’ facile cosi’. I mariti, in fondo, servono anche a questo e dal momento che il mio lo nutro e gli lavo le mutande, non mi sento in colpa nemmeno un po’.
- Uh com’e’ vero signo’, pure mia moglie e’ ‘na traggedia… appropo’, ma vvuie, che mestiere facite?
- Sono ingegnere.
- ‘A faccia ‘ru reale! – Srrrrap, stacca il foglietto della multa e me porge. Lo afferro e lo getto da qualche parte, sempre dal lato del passeggero – Pero’, ingegne’… quasi quasi… mia moglie cerca lavoro, nun e’ che avete un consiglio, un’amicizia, una buona parola?
Cosi’, su due piedi di buone parole me ne vengono in mente tante, ma l’eta’ mi ha insegnato a trattenere la naturale impulsivita’.
- Veramente non saprei – rispondo – dipende dalla preparazione, dalle attitudini…
- … si capisce. C’avevo in mente qualcosa di ben pagato, ma che le lasci il tempo per le faccende domestiche, giusto no? E che nun debba girare ch’a vettura, che sia vicino a casa e a tempo indeterminato. ‘Na robba normale, mi spiego?
- Perfettamente: quello che e’ giusto e’ giusto – (Muori muori muori muori, ma con un palco di corna cosi’, maschilista dimmerda!).
- Vabbuo’, le lascio un bigliettino col mio nummmero, cosi’ me facite sape’.
- Ci conti.
Sorride e mi augura buon viaggio. Mi concede anche di guidare fino alla residenza (che per ragioni fiscali e’ ancora quella di mia madre), in seguito potro’ spostare il mezzo solo per la revisione. Guidando, certo, ma se voglio posso anche spingere. Ho libera scelta, libero arbitrio.
Arrivo a destinazione e salgo per farmi un rooibos, una tisana sudafricana, mia adorata droga calmante. Ne ho un bisogno disperato perche’ mentre l’acqua bolle mi scopro a dare calci a vasi e zampe di tavolo e a seviziare i cuscini del divano. Io sono una che non somatizza un cazzo.
Stanata dal gorgoglio del bollitore, appare mia sorella. Si stiracchia. Deve essersi appena svegliata, anche se sono le dieci di mattina. Bella la vita delle hostess El-Al, cacchio.
La siedo forzatamente su una sedia: devo sfogarmi e lei mi ascoltera’. Sono o non sono la sorella maggiore, in fondo? Quindi esercitare prepotenza su di lei e’ un mio sacro diritto sancito da Dio.
Le racconto ogni cosa, tra una mia bestemmia e un suo sbadiglio, e alla fine lei mi fa – Guarda, e’ successo anche a me saranno due settimane fa.
- Cosa?
- Che mi hanno fermata con la moto e avevo qualcosa di scaduto.
- Ah! E ti hanno multata, vero?
- No.
- Come no?
- Eran due ragazzi, Nad! – E gia’ me la vedo che scende di sella arcuando bene la schiena. Tuta di pelle nera, casco nero. Si toglie quest’ultimo liberando una cascata di capelli che scendono in volute pigre come falene, quindi spalanca gli innocenti occhioni blu e calca sull’accento straniero - No, cioe’, mi han detto che magari il libretto non me lo ritiravano, ma la multa avrebbero dovuto farmela.
- Che culo!
- Scherzi? 148 euro? Ma sei scema?
- Con tutto quello che guadagni potresti permettertelo!
- Che c’entra, Nad, e’ il principio!
- Ma insomma, che hai fatto?
- Mi sono disperata, ovvio! Ho detto che sono spesso all’estero per lavoro, che certe cose sono macchinose per una straniera. Mi sono messa a piangere e ho pregato, supplicato, implorato il piu’ brutto dei due di spiegarmi se c’erano delle scappatoie.
- Che troia.
- Beh, me l’hai insegnato tu… quando eri giovane.
- Troia e stronza.
- Yesss, ma funziona: à la guerre comme à la guerre. Alla fine ho civettato un po’ col brutto, gli ho dato il numero del telefonino e non mi hanno fatto nemmeno la multa.
- Gli hai dato il numero? Ma sei tutta scema? Io ti ho insegnato che non si da MAI, a NESSUNO!
- Manfatti. Mica gli ho dato quello vero: gli ho dato il tuo, cosi’ provava un paio di volte, tu gli dicevi con la consueta, graffiante cortesia che aveva sbagliato totalmente persona e finiva li’. Giusto, Nad? I know my chickens, puoi essere fiera di me!
Medito. Quanto danno per fratricidio? E se e’ particolarmente efferato, ci sono delle aggravanti? Trilla la spia del bollitore subito seguita dalla suoneria del mio telefonino. Dio, fa che sia lui cosi’ glielo passo! Potrebbe essere l’unica consolazione di questa giornata dimmerda.
Ti prego… ti prego… ti prego.
- Pronto?
- TIM, la informiamo che lei ha accumulato 456 lune, tre satelliti e una nana bianca. Oggi e’ evidentemente il suo giorno fortunato perche’…
PLONK.
Dio non esiste.
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