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“Preparen! [Pronti!]”.
Bianca non aveva ancora vent’anni.
Era alta e mora, la pelle brunita dal sole dei campi.
Ed era sola. In una piazza gremita, ma sola.
Impallidi’ appena, le sue labbra carnose si serrarono in una linea dura e il suo sguardo indio, un po’ obliquo, si fece ancor piu’ determinato, di sfida.
“Apunten! [Puntate!]”
Il tenente Fernando Somosa y Garcia y tante altre cose era impeccabile nella sua uniforme da sartoria, gli stivali lucidi quasi privi di polvere, i galloni dorati piu’ splendenti del sole, i baffi curati ad incorniciare un volto dai lineamenti nobili e distaccati, altero e superiore alle meschinita’ del mondo.
“Fuego!”
La scarica di fucileria infranse l’aria vitrea del mattino. Rabbiosa, inesperta, irregolare come il rumore di grandine sulla lamiera.
I lisci capelli neri del giovane ufficiale ebbero un impercettibile sussulto quando la sua schiena incontro’ il muro sbrecciato della sacrestia. Un ciuffo gli scese sul viso e lui spalanco’ gli occhi senza nemmeno accorgersene.
“Que viva Zapata! Viva la Revolucion!” gridavano le voci del villaggio. Voci giovani e vecchie, voci di contadini sdentati, bimbi sporchi, donne curve per il lavoro nei campi.
Bianca, invece, non disse una parola.
Resto’ immobile, la schiena dritta, il volto inespressivo, bella e fredda come una mattina invernale.
Fisso’ gli occhi di Fernando, le pupille nere come la sua chioma.
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“Dunque, ragazza, sii cosi’ gentile da ripetermi il motivo per il quale saresti venuta a farmi visita”
“Mio padre, Señor, i soldati l’hanno preso sui campi e l’hanno portato qui…”
“L’abbiamo interrogato e ha confessato: era uno zapatista” l’interruppe l’ufficiale, soffermandosi appena sul tempo verbale in modo da sottolinearne la scelta significativa.
“Forse lo sei anche tu” aggiunse subito dopo “non e’ vero, ragazzi?”
Alcuni gregari ghignarono il loro assenso.
“Ma io…” balbetto’ Bianca “non so nemmeno chi sia Zapata”. Ed era la verita’.
Non vide nemmeno lo schiaffo che la colpiva: senti’ la testa girarsi, poi lo schiocco, uno strano calore sulla guancia e solo per ultimo il dolore.
“Lo vedremo niña” sorrise amabile l’uomo in uniforme, poi fece un cenno con la testa ai suoi soldati.
Una spinta grossolana costrinse la ragazza a piegare il busto contro la scrivania e l’ufficiale le agguanto’ i polsi imprigionandoli.
Bianca trasali’ per la sorpresa.
“Za-pa-tis-ta” le sibilo’ in faccia il tenente, scandendo le sillabe.
“Io… io sono solo una contadina, io non…” spiego’ la ragazza
“Za-pa-tis-ta” Mani rozze e sconosciute le strapparono la gonna denudandola dalla vita in giu’.
“No, no, vi prego!” supplico’ Bianca disperata “Vi giuro, non so nulla di politica, vi giuro!”
“Za-pa-tis-ta”
Dita callose si insinuarono senza delicatezza tra le cosce esposte di Bianca, la toccarono in modo osceno, brutale, repellente, bagnandosi in lei.
La ragazza cerco’ di divincolarsi, ma subito la morsa che l’imprigionava si fece piu’ sicura e dolorosa.
Alzando lo sguardo incrocio’ il sorriso immobile di Fernando, un sorriso arrogante, fatto di disprezzo da labbra sottili e senz’anima. Labbra inadatte a baciare e capaci solo di sibilare con odio:
“Za-pa-t…”
Bianca si senti’ perduta e con la forza della disperazione trovo’ il coraggio di sputargli in faccia “Cavrones!”
“Stupido animaletto” mormoro’ livido l’ufficiale “Te la saresti cavata con poco. Magari ti sarebbe anche piaciuto, ma adesso… Sergente, la cinta”.
Uno scatto metallico, il fruscio del cuoio che graffia il panno ruvido di un’uniforme da fatica, poi uno schiocco secco: la voce di una lingua mostruosa che assaggia l’aria.
Taglienti cinghiate iniziarono a frustare schiena, natiche e cosce di Bianca, mordendole la pelle con mille spilli di dolore e marchiandole il corpo la dove la fibia ricadeva.
Il sergente era un vero artista e i colpi che dava a poco a poco componevano un disegno calligrafico.
Ben presto sulla pelle della ragazza si pote’ leggere distintamente “W Huerta”. Il virtuosismo produsse mormorii ammirati e fu salutato da un vigoroso applauso.
Bianca non riusci’ ad emozionarsi un granche’, pur avendo il privilegio di essere la protagonista: lei sobbalzava ad ogni colpo, gridava, piangeva, pregava, cercava invano di liberarsi. Inutile. Tutto inutile.
“Perche’?” domando’, ma non ebbe risposta.
Oltre il velo di dolore Fernando la osservava sereno, cosi’ vicino che lei poteva sentirne il respiro. Uno sguardo curioso, divertito quasi, che godeva di ogni gemito, di ogni sussulto con un distacco alieno, come se la sofferenza umana non fosse altro che un gioco mondano e frivolo.>>
Ora la ragazza ricambiava quell’attenzione e fissava gli occhi celesti dell’ufficiale velati dal ciuffo ribelle come i suoi lo erano stati dalle lacrime.
Non ci furono domande. Non ci sarebbero state risposte.
<< “Basta cosi’, sergente”
La pioggia di frustate si interruppe all’improvviso e Fernando le libero’ i polsi.
Bianca cerco’ subito di alzarsi ma non ce la fece proprio a riguadagnare la posizione eretta, pertanto Fernando ebbe tutto il tempo di circumnavigare con calma la scrivania, muovendosi in un silenzio carico d’attesa e rotto solo dal respiro spezzato e ansante della ragazza.
Stava raccogliendo le forze, Bianca, ed era ancora prostrata sul tavolaccio quando uno stivale lucido le si appoggio’ sull’anca, leggero come una farfalla. Con violenza inattesa la scaglio a terra, ai piedi dei soldati e del loro improvviso gracchiare da osteria.
“No, basta, per pieta’, basta!” supplico’ la ragazza, sperando contro ogni logica e contro ogni evidenza che la sua preghiera venisse ascoltata.
“Le mani” ordino’ la voce dolce e musicale di Fernando mentre con la punta dello stivale allargava le cosce della sua vittima in modo da aver spazio per inginocchiarsi tra di esse.>>
Non batte ciglio, Bianca, nemmeno quando le gambe di Fernando si piegarono piano, come i rami troppo carichi di un ciliegio, nemmeno quando cedettero e lui crollo’ in ginocchio.
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Il tenente si calo’ i pantaloni con studiata lentezza, estrasse il pene rigido ma non lo impose subito alla sua vittima. Prima la penetro’ con l’indice e il medio della mano destra: spinse fino in fondo, fino ad avvertire le pareti mucose dell’utero, quindi vi affianco’ le stesse dita della mano sinistra e, con un unico lacerante strappo squarto’ il sesso di Bianca.
L’urlo della ragazza fu talmente forte e disperato che piu’ di un soldato fece istintivamente un passo indietro.
Svenne, ma fu fatta rinvenire a ceffoni dallo stesso Fernando.
“Devi essere in te, bestiolina, quando ti scopo. Mi hai sentito?” (Ceffone).
“Rispondi, puttanella!” (Manrovescio).
“Si”, gemette Bianca.
Solo allora l’uomo si lascio andare su di lei penetrandola.
E la monto’ a lungo, Fernando, con ritmo meccanico e ripetitivo, senza il minimo accenno di passione. La costrinse piu’ volte a baciarlo mentre veniva fottuta di fronte a tutti i suoi soldati e si diverti’ a graffiarle il seno, a strizzarlo brutalmente: godeva delle contrazioni involontarie di Bianca, della sua disperazione, della sua sofferenza fisica e morale.
“Cos’hai, niña, no te gusta? Ma certo, a quelle come te piace in un altro modo, vero?”
Fernando usci da lei e la fece girare bocconi.
Bianca non aveva piu’ nemmeno la forza di gridare, figuriamoci quella di opporre resistenza: lei ormai piangeva. Piangeva e basta.
Piangeva quando le dita delicate dell’ufficiale giocavano dolorosamente con le escoriazioni delle natiche. Piangeva quando Fernando si apri’ in lei una nuova via, godendo di ogni sussulto. Piangeva quando il tenente la costrinse a leccare il pavimento mentre la sfondava in allegria.
Singhiozzava anche quando il ritmo dell’uomo comincio’ a spezzarsi e lui le ordino’ “Ora apri la bocca, cagna zapatista, devi finire il tuo lavoro prima che ti lasci andare”.
Senza aspettare una reazione, Fernando agguanto’ il viso di Bianca e serro’ le guance della ragazza in una morsa ferrea costringendola scegliere: farsi spappolare la mascella o spalancare la bocca. Bianca cedette quasi subito cosi’ l’ufficiale usci da lei, le si mise di fronte imponendole il pene tra le labbra e le sborro’ generosamente in gola tra le risate dei soldati.
“Ingoia, lurida bifolca. Inghiotti fino all’ultima goccia e poi ti permettero’ di soddisfare i miei uomini, magari tutti insieme, che ne dici? Non aspettavi altro, vero?>>
Le labbra sottili di Fernando si schiusero appena, lasciando spazio forse ad un respiro. Poi la mandibola sembro’ cadere, aprendosi sempre piu’ mentre il busto si piegava.
Quando le spalle toccarono terra la bocca era spalancata e un filo di saliva biancastra scendeva da un lato bagnando la polvere della strada.
Bianca non aveva ancora mosso un muscolo, ne’ scostato lo sguardo, ne’ abbassato il fucile. Unica, nel plotone di esecuzione.
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