In memoria del padre




- Mi ascolti padre perche' ho peccato.
- Pensieri, opere o omissioni, figliola?
- Di tutto un po', padre, ma soprattutto opere.
- Ahi, ahi, ahi...
- Che c'e', padre? Cosi' mi spaventa!
- Vedi, pecorella mia, l'en plain del peccato e' sempre un mezzo casino, roba insidiosa e delicata, comprendi? Ma non ti preoccupare, cara, qui sei nel posto giusto... come dire, tra professionisti.
- Allora continuo, padre?
- Vai con fiducia. Lasciati andare, apriti...

- Dunque, era sera padre, una sera d'estate, e gia' il sole dipingeva il cielo sciogliendosi in tinte accese.
Era incantevole, mi creda: il giorno morente esalava gli ultimi sospri in nuvole violette e il bosco
frusciava al vento, in languido saluto, c...
- STOP. *Peccati*, figliola, non acquerelli.
Che' son qui per lavorare, io.

- Chiedo perdono, padre, volevo solo descrivere un momento struggente e bellissimo, uno di quelli che libera gli istinti e anestetizza le coscienze.
Non so se essere prigioniere di simili circostanze possa considerarsi un'attenuante, ma in cuor mio lo spero, perche'... perche' sembrava di essere in paradiso, padre. Persino quando si mise a piovere, le gocce calde morivano come baci o carezze sulla pelle...
- Avanti, bambina, avanti, che la procession d'ingruma: concreta.
Strin-gi! [spuz spuz con le mani]

- E va bene, il fatto e' che con me c'era un ragazzo.
- Il tuo ragazzo?
- No, padre, no, per carita'!... Uno che conosco appena.
- AH! Gia' vedo!... Gia' prevedo!... Ho capito tutto! Ti ha toccata, vero?
S'e' approfittato d'un tramonto estivo (tipica illusione tentatrice del Maligno) e ti ha toccata, e' cosi'?
Non negare, non ci provare! Non ci pensare nemmeno!
Magari t'ha baciata - dimmi, dimmi, piccina. Esterna dettagliatamente, liberatene, fammi partecipe - Magari ha lisciato le prime gocce di pioggia sfiorandoti il braccio, magari ha leccato via dal collo quelle piu' impudiche e svergognate, quelle che scivolano.giu'.dal.viso.come.lacrime.lussuriose [pausa per
necessita' inspiratorie]

- Calma, padre, calma! Non m'incalzi, mi dia tregua!
Comunque no, non ci siamo toccati ne' baciati. Ci siamo riparati sotto un berceau di glicine che ombreggiava una microscopica chiesetta, isolata, tra i boschi di pianura.
- Bene. BENE! Benissimo! Nelle avversita' e' sempre cosa buona rifugiarsi sotto l'ala protettiva del Signore.
- Infatti, e' quello che ci siamo detti noi quando la pioggia ha cominciato a scendere a catinelle inzuppandoci d'acqua e di petali di glicine: due spallate alla porta e siamo entrati nel santuario.
- Cioe'... aspe', avete sfondato la porta?
- Beh, si padre. E' sempre la casa di Dio ed Egli avrebbe accolto due viandanti, dico bene?
- Mmm, si, da un punto di vista strettamente filosofico e' corretto.
Resterebbe il problema terreno della serratura, pero'... eh, non e' da trascurare, bada, ma ora continua, concentrati sull'esposizione e non tralasciare nulla, nemmeno il piu' insignificante dei dettagli.

- Dunque, la chiesa all'interno era un gioiellino. Coccola, povera, con inginocchiatoi in legno e un bell'altare di marmo policromo sormontato da un trittico naif ma ispirato con Maria, San Sebastia...
- Al sodo, figliola, al sodo, per pieta' della Madonna (Dio sempre l'abbia in gloria), che' io non sono un critico d'arte, ma un chirurgo dell'anima.
Parla, avete fatto danni? Rovinato qualcosa? Il peccatore che era con te s'e' fottuto qualche paramento? Concretezza, per l'Altissimo: materia!

- Suvvia, padre, che andate a pensare! E' che... si insomma, tutto e' iniziato per caso e in principio dev'esserci stato l'odore, ne sono quasi certa.
- Il Verbo, figlia mia, il Verbo.
- No padre, nessuno di noi ha fiatato, giuro!
Era quell'odore di pelle bagnata misto a glicine, ci siamo seduti ai piedi dell'altare inebriati e...
- Occielo, come in osteria!
- In rispettoso silenzio, padre!
Pero' il silenzio, sa com'e', a volte e' un po' complice. Come le ombre della sera, quelle che disegnano le sagome rubandone i colori. E allora... allora, ecco, a dirla tutta sono stata io a prendergli la mano e portarmela alla bocca. Sono stata io a baciargli le unghie, le dita, a succhiarne una guardandolo negli occhi, quegli occhi strani che brillano un po' nell'oscurita'.
- Sa... sasa... sata-ni-ci!
- Felini, piu' che altro li definirei felini.
Cosi' come felino e' stato lui, nell'afferrarmi il collo con una zampata morbida.
Mi ha bloccata, baciata con labbra umide e soffici.
Poi mi ha distesa sull'altare, a faccia insu'. Io mi sono liberata dalla camicia fradicia, mentre le sue mani risalivano le caviglie, indugiavano sulle ginocchia, s'insinuavano calde sotto la gonna sollevandola piano. Strusciante e umida come il desiderio.
- Profanazione! PROFANAZIONE!
- Non ancora, padre. Non corra, la prego!
- IDOLATRIA!
- Prego?
- Di nuovo? Che il Signore ti perdoni, figliola.
- Non la seguo, padre...
- Ommammamia, ma dove sei cresciuta, tra selvaggi?
- Nel Veneto, padre, ma con queste dotte elucubrazioni sociali mi sta confondendo. Di grazia, mi faccia concludere, mi aiuti a liberarmi la coscienza.
Dunque, dicevo, l'abbiamo fatto sull'altare, si.
Bagnati, tra i marmi gelidi e mille petali lilla'.
Mi sono fatta sfiorare, mordicchiare e graffiare piano. Ho imposto alle sue labbra e alla lingua in un percorso improvvisato: spalle, seni, tutta la piccola depressione verticale che va dalla gola alla cicala, ma ho lasciato alle sue dita ogni iniziativa, senza preclusioni.
- OH! AH! Eps! Ma ti rendi conto cos'hai fatto, disgraziata!
- L'Amore, padre. Dio e' Amore, no?
- Ma no, cazzo, no! Non quell'amore... quell'altro!
- Non si inquieti, padre, la supplico. Cosi'mi fa paura... le assicuro che dopo abbiamo fatto anche quello, giuro!
- Come.come?
- E' andata cosi': lui mi ha girata bocconi sull'altare. Poi si e' allontanato e ha raccolto dell'acqua piovana con una bacinella di pietra grande come un portasapone e dalla fantasiosa forma di conchiglia. Un bell'oggetto che qualcuno aveva indegnamente dimenticato per terra, in un angolo.
- L'acquasantiera, mioddio!
- Mi ha preso i capelli. Delicatamente sono stata costretta sollevarmi sui gomiti, con la schiena in diagonale. Poi lui m'ha rovesciato il contenuto della ciotola tra le scapole e un rivolo di cristallo e' sceso giu', irregolare, disegnandomi i fianchi e le natiche. Morendo al suolo.
Ho ansimato, mugolato. Per non guastare la ieraticita' del luogo, ho perfino dovuto mordermi le labbra quando stille ghiacciate hanno invaso l'inguine. E ho chiuso gli occhi. Ho chiuso gli occhi quando lui e' sceso giu', a spalmarele con la lingua. Su ogni increspatura, profanandomi con discrezione a preparandosi il terreno.
- Bestiale. Demoniaco... Eeeempio... Scell.. scellerato.
- Quando mi ha presa, l'ha fatto con energia e passione.
Ho gridato per la sorpresa e per quel piccolo strappo di dolore che c'e' sempre quando si fa sesso in un certo modo, ma lui m'ha subito coccolata. Aveva preso un grappolo di glicine e me l'ha passato sul volto, mi ha stordito col suo profumo, mi ha rapito i sensi mentre mi violava fino alla radice. A quel punto, padre, ho peccato d'orgoglio: gli ho afferrato la mano con le labbra e coi denti e gliel'ho morsa forte, quasi a sangue, per vendetta, mentre lui mi profanava aprendomi per sempre.
- Igh... Mghh... ahg...
- L'ho liberato esalando un sospiro di sgodevole sottomissione e lui ha subito insinuato la mano davanti, ha pizzicato, rotolato, lusingato il mio bottoncino gonfio facendomi godere come un fiume mentre si sfogava dall'altra parte.
E' stato allora che ho sbattuto la testa, padre, una, due, piu' volte su quel trittico benedetto che evidentemente non era stato fissato al muro e percio' c'e' rovinato addosso.
Non le dico l'impressione e il senso di colpa quando la tela s'e' strappata con un sibilo acuto. Non le descrivo nemmeno la craniata bitonale sulla struttura lignea, che a me ha fatto vedere tutto il firmamento e a lui l'ha fatto uscire sul piu' bello, arabescandomi la schiena e facendo piangere Maria.

Quando mi sono ripresa ho alzato gli occhi, incrociando lo sguardo coi resti di una madonna addolorata e l'immagine sfondata d'un San Sebastiano in estasi, trafitto da mille frecce, che sembrava dirmi "Guarda me, ragazza mia, che tra i due sono quello che piu' puo' capire".
Ora, padre, so che moralmente non ho nulla da rimproverarmi, ma quel trittico... si, insomma, magari non valeva nemmeno granche', ma le posso assicurare che la coscienza mi tormenta. Sono lacerata e son pronta a ripagarlo, si capisce, ma vorrei farlo con la sua benedizione, comprende padre?
- G... IKE!... ... .. . . .
- Padre... Padre? Tutto bene, padre?
Padreeee?!?



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- Hai fatto?
- Si
- Com'e' andata?
- Come da programma.


Nadja Jacur

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