Il profumo di magnolia




Nelle sere di maggio i profumi della primavera giocano tra loro come folletti. Il prepotente gelsomino si avventura lontano dai suoi fiori, le timide rose si richiudono in se stesse, mentre glicine, ligustro e tiglio si abbracciano danzando frivoli come i veli di un’odalisca.
Solo tra tutti, quasi altero, aleggia asprigno il sovrano profumo di magnolia.


Quell’odore mi riporta indietro negli anni, in una stanza d’ospedale che raggiunsi con inscusabile ritardo.
Quando la trovai vuota, mi guardai intorno finché non individuai un’infermiera, la intercettai con destrezza e in un'unica espirazione domandai << Rachel Slone? >>
<< Calma, motek [dolcezza] >> ribatté lei con prammatica sicurezza << sei la sorella? >>
<< Non si vede? >> mentii, da attrice consumata.
Mi squadrò sommariamente e decise << Assolutamente no, comunque è laggiù, in quel lettino. La stiamo portando dentro, se ti sbrighi riesci a farle gli auguri>>
Non la lasciai finire e stavo già sfrecciando attraverso il corridoio. Mi cadde persino il basco, ma arrivai in scivolata sul lettino di Rachel << Appena in tempo, Kriss (un nomignolo, una storia lunga). Tutto ok? Coraggio e auguri. >>
<< Grazie >> rispose lei, con una piccola smorfia << mi faresti un favore? >>
<< Naturalmente >>
<< Vai nella mia stanza, la 14, e chiudimi la finestra >>
<< La sigillo >> ammiccai io, sfiorandole affettuosamente la mano sulla soglia off-limits della sala parto.

Devo essere sincera, allora quel luogo mi faceva venire i brividi. Lo immaginavo come una stanza di tortura medievale, cioè piena di forcipi e cervelliere per infanti, col pavimento reso irregolare dalle stratificazioni di sangue rappreso e con laggiù, nell’angolo più lontano, un grosso vaso di vetro trasparente, destinato a conservare sotto formalina un eventuale neonato mostruoso.

E non è tutto, no, perché la fauna caratteristica della zona mi spaventava tanto quanto il suo habitat che immaginavo popolato da medici affetti da inconfessabili turbe sessuali (chi mai sceglierebbe ginecologia, altrimenti?), da ostetriche sadiche che sculacciano neonati e da padri rincoglioniti armati di telecamera.

Quest’ultima immagine, in particolare, mi disorientava lasciandomi quasi ai confini della prostrazione. Immaginatevi di essere immobilizzate su una poltrona ginecologica, sudate, sanguinanti e con un ventre enorme squassato dalle doglie. Fatto? Ecco, come trucidare quell’imbarazzante imbecille che sta immortalando il lieto evento con l’intento di mostrarlo orgoglioso a parenti ed amici?
Pensateci un secondo. Serenamente, a freddo. Non è mica facile, eh?
Immaginate poi la frustrazione alla quale vi condurrebbe un tentativo fallito. Peggio ancora se amplificata da un’inopportuna risatina di lui, che non ha avuto nemmeno il buon gusto di lasciarsi liquidare. Micidiale. Vi giuro, mi veniva l’affanno.

Per fortuna quando è nata mia figlia ho potuto constatare che i miei timori erano in gran parte infondati: ho partorito in una saletta di emergenza non più spaventosa di uno studio dentistico. Poiché non ho fatto il cesareo, il medico non si è nemmeno visto. Lara è nata ululando come un Patriot cosicché le ostetriche hanno sculacciato solo mio marito, reo di vacillargli tra i piedi vittima di un misterioso calo di pressione.
Ah, naturalmente di telecamere neanche l’ombra: il padre era stato addestrato con cura e ferocemente minacciato di sciopero bianco ad oltranza. Un metodo infallibile.

Ma torniamo a noi. Ai tempi tutte queste cose non potevo nemmeno immaginarle, pertanto mi limitai a rabbrividire al pensiero di indicibili sevizie e mi affrettai a lasciare i cancelli di Mordor per rifugiarmi nella relativa sicurezza della stanza numero 14.
La camera di Rachel era una normale stanza d’ospedale. Un letto, un armadio, un tavolino col pasto insipido consumato a metà (come al solito ebbi la tentazione di divorarlo, ma desistetti), un comodino ed infine una finestra che dava sui giardini e da cui si diffondeva, intenso e penetrante, il profumo di magnolia.
Allora compresi il motivo per cui Rachel mi aveva chiesto di chiuderla. Aveva persino un nome: si chiamava David.

Ad essere sincera io David non l’ho mai visto. Anzi per me lui è sempre stato una di quelle figure leggendarie e mitologiche, come il centauro Chirone, Simbad il marinaio o Antonio Banderas.
Tutto ciò che so di lui mi viene dai racconti romanzati di Rachel. Il che significa per me David è una specie di puzzle incompleto, una nike di Samotracia piena di vistose lacune centrate su quei dettagli anatomici e caratteriali che la mia amica giudicava secondari.
Di David, per esempio, so che aveva un petto ampio e scultoreo, ma non saprei assolutamente dirvi se era biondo o moro. So che aveva delle belle gambe (“cosce”, ad essere precisa) ma non so nulla circa la sua statura. So che aveva un sessuosissimo muscolo pelvico (quella specie di triangolino proprio li) ma nemmeno sotto tortura saprei indicare con certezza il colore dei suoi occhi.

I due si erano conosciuti in piscina, dove l’irresistibile adone aveva immediatamente riscosso un certo successo tra la fauna autoctona.
<< Ti ho detto che vado in piscina, no? Ci vado perché scivolare in quell’universo liquido, senza forma, è una fatica che mi rilassa. Da qualche giorno però ho un motivo in più: c’è un ragazzo che è…
<< Carino? >> l’imboccai.
Cacchio se è carino! E quello che non si vede lo si immagina attraverso il costume.
In piscina piace a tutte, davvero, e nello spogliatoio non parliamo d’altro.
È un sognare collettivo, un po’ goliardico e un po’ eccitante… chiaro che lasci il tempo che trova, ma proprio per questo è attraente, no? Ha il fascino e l’inconsistenza di un sogno ad occhi aperti. Finché resta tale puoi immaginarlo come vuoi e non corri nemmeno il rischio di scoprire che è l’ennesima bufala in spoglie mortali: è l’uomo ideale.>>

Cosa non comune, David non si limitava a catalizzare sguardi lascivi, ma interagiva attivamente con le sue spasimanti.
In sintesi dava prova di essere dotato di parola e di saper persino esercitare questa facoltà in modo non primitivo.
<< Capisci, Nad, non è bello e stupido: è anche simpatico, divertente.
Non so se mi sono spiegata, ma ti è mai capitato di conoscere uomini splendidi che dopo tre parole si rivelano dello spessore di un poster pubblicitario?
Ecco, lui è diverso e ogni tanto parliamo insieme. Nulla di alato per carità, una normalissima conversazione come la si può avere in una piscina, ma proprio per questo è piacevole. Né sciocca né brillante, ma naturale…
Ti sto dicendo che è umano, Nad, come noi.
Non è meraviglioso tutto ciò?>>.

Onestamente ho sempre sospettato che Rachel desse più peso al geometrico disegno degli addominali di David piuttosto che alle sue parole, ma questa è senza dubbio malizia, forse invidia. L’unica cosa certa è che ben presto lui seppe tradurre i blandi convenevoli di una conversazione salottiera in un graduale crescendo di avances. Discreto, ostinato, forse poco originale, ma efficace.
<< Ero appena uscita, coi capelli ancora umidi e la borsa piena di asciugamani, e lui mi ha raggiunto “Ehy, Rachel, aspettami! Diamine, mi hai fatto fare una corsa… con tutto questo caldo potrei sublimare. Mi avresti sulla coscienza per tutta la vita, sai?” e mi strizza l’occhiolino “A proposito, quasi quasi mi compro un gelato, mi tieni compagnia?”
Una scusa banale, ok. Ma anche innocente, quindi perché no?
E ho fatto bene, guarda: si è comportato in modo ineccepibile, mi ha fatto ridere quasi tutto il tempo e alla fine ci siamo salutati da vecchi amici. È stato tutto così… perché con Shmuel non lo facciamo mai? >>

Già, Shmuel, perché raramente le cose sono semplici come sembrano. In questo caso, per esempio, esisteva il fidanzato storico di Rachel, il suo compagno di sempre. Shmuel, appunto.
<< Lo sai bene, è da quando avevo sedici anni che Shmuel ed io stiamo insieme.
Si, certo, abbiamo vissuto alti e bassi, periodi di separazione e piccole storielle parallele, ma alla fin fine ci siamo sempre riavvicinati, eppure…
Sai quel’è il problema, Nad? È che stare con lui non mi provoca più nessuna emozione particolare. La sua presenza è una costante della mia vita, certo, ma è scontata, vegeta come una siepe del giardino e non di rado ne sfoggia il medesimo sex appeal.
Insomma, a volte mi sembra di volergli bene ma di non esserne affatto innamorata e di restare con lui solo per abitudine, incatenata da quell’affetto che si prova per i parenti.>>

In questi casi, si sa, un colpo di fulmine può sovvertire gli equilibri, ma può anche spaventare perché in fondo è come lanciarsi col paracadute: ti fa sentire assolutamente, inequivocabilmente, ineluttabilmente viva, ma… prima devi avere il coraggio di saltare.
<< Ma no, cosa vai a pensare?
Certo che non sono innamorata di David!
Gli ho perfino detto che ho il ragazzo, così per andar sul sicuro.
Sai cos’è? È che mi piace stare con lui, scherzare e flirtare in modo giocoso. Mi piace non solo per il fatto che è un bel ragazzo, ma anche perché mi fa sentire desiderata e desiderabile. Insomma con lui sto bene, meglio che con Shmuel, e in fondo non stiamo facendo nulla di male.>>

Già, ma nella realtà tutto si trasforma e il rapporto platonico tra David e Rachel non fece certo eccezione: più si frequentavano e più si piacevano, così, inevitabilmente arrivò il giorno che...
<< Erano quasi le sette e mezza di sera ed ormai in piscina eravamo rimasti solo noi due.
Si, ok-ok, l’ho fatto apposta, ma non del tutto… Diciamo che mi son lasciata scivolare addosso il tempo.
Quando ci siamo accorti dell’ora abbiamo deciso di lavarci velocemente, giusto per toglierci di dosso l’odore di cloro, e di andare poi a prendere qualcosa da “Shafan Katan”, sul lungomare.
Ascolta, perché adesso viene il bello. Mi stavo sciacquando i capelli quando lui mi ha chiesto - Posso? - e senza nemmeno aspettare una risposta è entrato nella doccia, mi ha posato delicatamente una mano sulla spalla e ha cominciato ad insaponarla.
- Si - gli ho sussurrato.
Pensa te che scema: le sue mani già mi scendevano calde sulle scapole e sui fianchi e io sembravo dirgli “Si, certo che puoi. Prego. Allora, che aspetti?”
Istintivamente mi sono guardata attorno. Il neghev [deserto]. Poi… la pelle accarezzata dalle sue dita lente e curiose. L’acqua fresca della doccia che vi filtrava attraverso quasi con altrettanta delicatezza. E su tutto il profumo del suo sapone: dolce e romantico, forte e sensuale, il profumo della magnolia. Un sogno.

All’improvviso, mentre gli davo le spalle, ho avvertito il tocco freddo dei denti sul collo. Contemporaneamente lui ha insinuato l’indice sotto la bretellina del reggiseno e l’ha fatto scorrere verso il basso. Ha ridisegnato il confine della stoffa e l’ha attraversato quel tanto che bastava per accarezzare, per sfiorare appena, la pelle bruna del capezzolo.
Un istante e quel punto si è trasformato nell’epicentro di un brivido caldo che, irradiandosi come una ragnatela, è sceso fino alle cosce per poi risalire. Ventre. Seno. Gola. Radice dei capelli.
David deve averlo intuito, perché mi ha tirata a se. La schiena insaponata aderente al petto, le natiche a contatto con il sesso caldo e sempre più duro. E la sua lingua che non smetteva mai di danzare sotto la pioggia artificiale. Che strisciava tra collo, spalle e orecchie e si interrompeva solo per lasciar spazio alla deliziosa violenza dei piccoli morsi >>
Sollevai un sopracciglio << E tu vuoi farmi credere che in tutto questo vorticare di passione ti saresti limitata a sfoggiare la vitalità di una salma? >>
<< Certo che no! Ma per un po’ mi sono lasciata coccolare, così, alla deriva…Forse ne avevo bisogno.
Poi, mi sono girata di scatto, liberandomi, e David non ha opposto resistenza.
L’ho fissato negli occhi. Senza distogliere lo sguardo mi sono avvicinata, un millimetro alla volta, permettendo ai capezzoli duri di vendicarsi pungendogli il petto.
Mi sono schiacciata su di lui, gli ho palpato con cattiveria il culo muscoloso e in un'unica mossa decisiva ho imprigionato il suo sesso, di una consistenza ormai vistosa, nel bacio segreto del nostro abbraccio.

Ti assicuro, è stato tutto così… magico >>
<< Oh, ti credo, vecchia mia >> ghignai maliziosa e complice.
<< No, Nad, non è come pensi tu >>
<< Ma certo >> la rassicurai.
<< Davvero, non abbiamo fatto l’amore perché li non era proprio il caso… purtroppo.
Abbiamo solo giocato. Ho ammirato il suo corpo, ho assaporato il gusto della sua pelle, l’ho insaponato a mia volta e non solo con le mani. Ci siamo coccolati prendendoci cura l’uno dell’altra e siamo rimasti sotto la doccia fino al tramonto. >>

Dopo quel famoso bagno il passo fu breve: Rachel e David cominciarono a vedersi segretamente, senza dir nulla a Shmuel.
<< Dopo la piscina andiamo al bar e mentre siamo li, seduti tra gli altri clienti, la nostra relazione pare un innocente rapporto di amicizia. Facciamo attenzione a non star troppo vicini. Non ci facciamo sfuggire un bacio su una guancia, nemmeno una carezza, ma quell’odore… quell’odore è il profumo della sua pelle e si trasmette ai vestiti. Per me è personale come il timbro di una voce e diventa un messaggio silenzioso, un intimo segreto che mi ricorda quando lo spoglio nel soggiorno di casa sua, gli tolgo la camicia, gli bacio le spalle, scendo… e quando lo facciamo mi sembra di essere in un giardino di maggio >>

Rachel non voleva riconoscerlo, ma aveva letteralmente perso la testa per David. Era talmente accecata dall’amore da trovare affascinante ogni suo vezzo, anche il più eccentrico. Per esempio lui aveva l’abitudine di sussurrarle complimenti eccessivi mentre facevano l’amore. Deviazioni proprio indescrivibili, del tipo che nel momento topico, quello in cui si da sfogo all’erotismo più selvaggio, era capace di uscirsene con << Oh, amore, ti porterò nell’anima fino alla morte perché i tuoi occhi sono lagune di smeraldo dalle quali non c’è ritorno, luccicano come una galassia incendiata e blablabla >>
Ma ve lo immaginate? Sudato, basculante, il fiato spezzato dallo sforzo copulativo e nonostante ciò impegnato a comporre popò di sviolinate, gorgheggiando a metà tra lo scratch di un DJ ed il fischiotto di un asmatico? Giuro, a me se capitasse una cosa del genere scoppierei a ridere e con ogni probabilità annichilirei un momento magico insieme alle velleità shakespeariane del mio Romeo.
Si, certo, magari quel poveraccio è da settimane che prova. Magari con quelle quattro parole ha vinto il concorso “Sospiri di miele” del Reader’s Digest. Magari se vengono pronunciate col timbro di voce di George Clooney sono in grado di sciogliere una calotta polare, ma a me vien da ridere comunque. Son fatta male, lo so.
Rachel, invece, niente. Persa.
Finché non ebbe un improvviso lampo di lucidità e riuscì ad ammetterlo anche con se stessa:
<< OK, ragazze, penso di essere innamorata>>

Qualche giorno dopo e a due mesi dall’inizio della relazione clandestina accadde l’imprevisto: Rachel si scopri incinta.
Di David.
Ripresasi dallo shock iniziale decise di interpretare l’evento come un segno del destino: avrebbe diviso questa gioia col padre del bambino e contestualmente avrebbe troncato la relazione con Shmuel, ormai appassita come un fiore senza linfa.
Quando annunciò l’evento a David…
- Caro - gli ho detto - c’è un piccolo David che sta crescendo dentro di me

… la sua reazione non fu esattamente quella che si aspettava:
- Disfatene, abortisci - mi ha risposto.
- Cazzo - dico io - ma è nostro figlio!
- E chi me lo assicura? - mi risponde quel gran figlio di puttana - Chi mi dice che non sia figlio di quell’altro?
- Io, te lo dico, carogna! Io so con chi faccio l’amore - Mi veniva da piangere, giuro. Ed ero così incazzata che non ci riuscivo nemmeno.
- Comunque sia a me non interessa. Non voglio avere figli. Non a quest’età, in ogni caso.
- Ma come puoi… è tuo, lo capisci?
- Non mi seccare, Rachel. Per me non è niente, anzi è un errore da rimuovere.
Guardami negli occhi e vedi di imprimertelo in testa: io non stroncherò la mia carriera, non abbandonerò l’università, non butterò nel cesso tutti i miei sogni per venire a vivere con te e con uno sbaglio, chiaro? In altre parole, se hai fatto tutto questo per incastrarmi, hai decisamente sbagliato i tuoi calcoli. >>
Nad, tu mi conosci, io non sono come te e Tamar. Non sono aggressiva, fisica. Io non so che mi sia preso, ma ti giuro non ci ho nemmeno pensato: gli ho dato uno schiaffo… e lui me l’ha restituito.
- Vattene, fuori da casa mia!
Resti incinta, non ti sai controllare e sei talmente stupida da non capire che un figlio è un problema. Sei una sciacquetta, Rachel: carina, simpatica, molto brava a letto, ma niente più.
Vattene, portati via quel bastardo e se lo vuoi tenere ricordati che io per te non esisto >>

Non so cosa scatti nella mente di alcune persone, non so se sia istinto o insicurezza, non so se certe scelte siano dettate dalla più meschina vigliaccheria o dal più ammirevole coraggio. So che ci vuole fegato per rinunciare alla dignità, soprattutto per farlo ai proprio occhi.
<< Ho vent’anni, Nad, come te e come Tamar. Pensi che mi senta pronta?
Dio mio, per niente!
Non lo volevo, non lo volevo affatto e ha ragione David quando dice che è stato uno sbaglio, ma adesso lui c’è, è qui ed è mio.
Lo so che ho sempre detto se.succede.abortisco, ma ti assicuro che quando capita non è così facile passare dalle parole ai fatti. Forse lo sarebbe per te e per Tamar, che siete sempre state più dure, ma io… io ho fatto la mia scelta e non importa se mi costerà dei sacrifici, ma la porterò avanti fino in fondo.>>

Un rumore secco ed improvviso mi fece distogliere di scatto lo sguardo dal giardino: Shmuel aveva appena travolto un’antina della porta nello slancio bovino per raggiungere la stanza.
Quel povero pezzo di legno era entrato in risonanza e tremolava come un damerino dei quartieri alti circondato da un branco di bikers dalle dubbie preferenze sessuali, ma Shmuel non se ne accorse nemmeno.
<< Ciao, Nad >> mi disse invece, con lo sguardo stravolto di un naufrago << Lei dov’è?>>
<< È già dentro, Shimi. Vuoi aspettare qui con me l’arrivo di tuo figlio?>>
<< Sono andata da lui e gli ho detto - Shmuel, sono incinta. Vuoi sposarmi? -
Così, semplicemente, senza accennare alla paternità del piccolo per non essere costretta a mentire, per sentirmi meglio con me stessa.
- Oddio, Rachel! - è esploso lui - Ma è fantastico, meraviglioso!
Non ha fatto caso alle mia parole, è talmente sicuro di me che il dubbio di un tradimento, il dubbio che quello che porto in grembo non sia suo figlio non lo ha sfiorato nemmeno per un istante. - Certo che ti voglio sposare e voglio farlo subito così nessuno potrà pensar male. Dammi due giorni, mi prendo delle ferie e penso a tutto io, ok?
- Si caro, certo - ma avevo gli occhi lucidi di lacrime trattenute.
- Cos’hai, non sei felice?
- Da morire. Piango per il sollievo, perché non sapevo come l’avresti presa, in fondo è sempre un imprevisto.
- Stiamo insieme da tanti anni e mi conosci così poco, Rachel: è il più bell’imprevisto della mia vita. Se solo tu potessi essere dentro di me, se solo potessi sentire la mia gioia… non so come descriverla. Sono orgoglioso, il petto mi si riempie d’aria da solo, mi sembra che più felice di così non si possa essere. Si, ecco, sono felice, felice ed innamorato. Ti amo, Rachel. Ti amo come non mi è sembrato di amarti mai. Ti amo da morire
- Anch’io, Shmuel - e l’ho abbracciato, per non guardarlo negli occhi.>>

Ad anni si distanza, non ho ancora capito quanto la scelta di Rachel sia stata egoista e quanto altruista. Non ho capito se il suo gesto fu dettato più dalla paura di restar sola o dall’amore di mamma.
<< Si, lo so, ne ho fatte di cazzate, ma questa ha uno scopo.
Qualunque cosa accada Shmuel è un brav’uomo e sarà un ottimo padre. Forse sarà migliore lui come papà di me come mamma.
Non lo amo, no. Ma saprò essere una buona compagna, almeno questo glielo devo.>>
Mi hanno accusato di tante cose nella vita, ma mai di essere eccessivamente sensibile.
La verità è che nascondo i sentimenti dietro alle battute, che minimizzo o ingigantisco la realtà per spremerne il lato grottesco, come il succo di un agrume. Ma non sempre mi riesce ed in quei casi resto zitta.
Quella sera le sorrisi, le carezzai una guancia e a lei bastò.

Le sere di maggio sono lunghe si, ma non infinite e ad un certo punto, se il cielo è sereno, la notte apre le sue ali e in un barbaglio di luce fiorisce il miracolo della prima stella.
Solo allora, per me, il profumo di magnolia diventa dolce come il miele.


Nadja Jacur

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