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Fonte: http://www.guardian.co.uk/0,6961,,00.html

Data : 14.06.04

ALL’OMBRA DI BABILONIA

Se si vuole comprendere l’Iraq, la collezione del British Museum dei suoi tesori offre alcuni indizi cruciali.

 

Il crollo della Torre di Babele è forse la leggenda più conosciuta. E’ certamente la più inquietante. A Babilonia, la grande città ha affascinato e spaventato i compilatori biblici, persone di differenti razze e linguaggio, riunite dalla fame di ricchezza, tentarono per la prima volta di vivere insieme – e fallirono. Il risultato fu una totale incomprensione. L’ambiziosa tecnologia, contraria alle leggi naturali, fu punita e la torre che doveva riuscire a raggiungere il cielo, crollò. Il dispregio della religione e la promiscuità inevitabilmente determinarono l’insuccesso.

 

A differenza dell’Egitto, che nell’immaginario popolare proseguì in serenità attraverso i secoli, Babilonia sembra essere fiorita e poi crollata più e più volte, la lettura di ogni singolo episodio scritta e poi deformata da quel che accadde in seguito. Mito e storia s’intrecciano di continuo: la Torre di Babele, la conquista di Nabucodonosor, e l’invasione di Babilonia da parte di Ciro e quindi di Alessandro; la gloriosa corte di Haroun-Al-Rashid; la devastazione di Baghdad per mano mongola nel 1258, quando le acque del Tigri si tinsero di nero dall’inchiostro dei manoscritti delle biblioteche saccheggiate. Vi è mai stata un’altra civiltà al mondo per la quale il lontano passato, sia esso reale o immaginato, eserciti ancora una simile suggestione?

 

Se si vuole comprendere giorno per giorno il tormento che l’Iraq vive nel tempo presente, ci si può certo riferire ai quotidiani ed ai continui aggiornamenti dei notiziari televisivi. Ma se si dispone di maggiori risorse, è bene recarsi al British Museum e vedere un tipo differente di reportage.

 

Le antichità della Mesopotamia rivelano le costanti della politica Medio Orientale. Le frontiere in continuo spostamento, e la proliferazione delle religioni indicano guerra senza fine. Qui, nei rilievi scolpiti, si leggono città bombardate, catture di ostaggi, esibizioni aggressive del potere militare, sovrani-fantoccio al potere, brutalità dei regimi.

 

Baghdad è caduta lo scorso anno, ma Babilonia cade ogni giorno nella National Gallery. Nell’opera la Festa di Balshazzar di Rembrandt, dipinta ad Amsterdam attorno al 1630, un regnante corrotto e dannato sta per essere deposto da un esercito nemico, e tutto avviene apparentemente in nome di un Dio che egli ha disprezzato. Le scritte sui muri annunciano (per chi ha orecchi per intendere) che il regno di Balshazzar sarebbe stato diviso tra gli occupanti stranieri. In poche ore la punizione divina avrebbe colpito. E’ la storia biblica come modellata dagli Olandesi nel XVII secolo.

 

Se la National Gallery mostra la notte prima della sconfitta, il mattino successivo è rappresentato ancora al British Museum. Nel 539 a.C., Ciro re dei Persiani, entrò in Babilonia e rovesciò il regime tirannico. L’evento è ben conosciuto dalle scritture ebraiche. Ma il British Museum ha evidenze provenienti da un’altra angolazione storica – un cilindro di argilla cotta di circa 30 cm di lunghezza, conosciuto come il “Cilindro di Ciro”. Si tratta di un documento straordinario, nel quale Ciro, usando lo scritto ed il linguaggio del suo nuovo regno, decreta che il culto delle divinità differenti deve essere ripristinato ed onorato, e che alla popolazione deportata deve essere concesso di tornare a casa. A differenza delle scritture ebree, o delle pitture di Rembrandt, questa è la storia come apparve agli stessi abitanti della Mesopotamia.

La guerra tra Iran e Iraq del 539 a.C. introdusse un nuovo ordine nel Medio Oriente. Un grande impero persiano si estendeva dai confini della Cina fino al Bosforo. Per i moderni iraniani, la grande vittoria di Ciro e la formazione del suo impero sono le basi di un mito nazionale. Sotto la protezione persiana, gli ebrei ritornarono dall’esilio babilonese per ricostruire il loro tempio di Gerusalemme (malgrado molti rimasero a Baghdad fino al 1950 circa). Per gli Ebrei, questa divenne una memoria cruciale, ancora ben viva nel moderno Israele.

Se Babilonia ricopre un ruolo così peculiare per la storia di iraniani ed israeliani, è facile pensare quale importanza rivesta per l’Iraq stesso. Saddam Hussein era affascinato dalle antiche Babilonia e Assiria. Mise a disposizione ingenti fondi per proteggere e sviluppare i grandi siti archeologici. I grandi successi della civiltà mesopotamica furono prestati al servizio del regime.

Il nuovo governo ad interim in Iraq dovrà valutare come definire l’identità irachena. E sarà sorprendente se non dovesse rivolgersi, come ogni altro governo del Medio Oriente ha fatto in passato, ai precedenti storici per stabilire quel che si auspica per il futuro. Non vi è un altro luogo migliore per ricercare questi precedenti, del British Museum.

Quel che è più sorprendente è l’incredibile continuità dell’energia creativa. I grandi successi di Sumeri, Babilonesi e Assiri si susseguirono nel corso di migliaia di anni e abbracciarono l’intero paese, da sud a nord, attraversando le moderne divisioni religiose. Come le opere islamiche ed ottomane che seguirono, ci mostrano quanto rapidamente questa regione abbia saputo, di continuo nel corso dei secoli, superare la distruzione e riassestare le sue tradizioni culturali.

Amin Maalouf, lo storico libanese, ha dimostrato quanto differente la storia delle Crociate appaia se la leggiamo solo dalle fonti arabe. I reperti al museo possono fare lo stesso: concederci di vedere la storia dell’Iraq con gli occhi di chi vi abitò. Vi sono evidenze incomparabili di come il mondo veniva visto dalla stessa Terra dei due Fiumi.

Neil McGregor, direttore del British Museum: è uno dei conferenzieri a “Da Babilonia a Baghdad: può il passato aiutare a costruire un futuro in Iraq?” un forum pubblico organizzato dal Guardian e dal British Museum.

 

                                                                                                          

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