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Fonte: http://www.independent.co.uk/
Data: 26.05.04
I ricercatori israeliani hanno anticipato di cinquecento mila anni la data in cui gli umani impararono a maneggiare il fuoco. Potrebbero avere ragione?
La
scoperta ed il controllo del fuoco da parte dei primi antenati umani è
considerata una pietra miliare nella storia dell’evoluzione. Non solo fu un
successo tecnico che offrì agli uomini una gamma più ampia di cibi e
l’estensione del rango geografico; era anche un segno di intelligenza.
Mantenere un fuoco acceso mostra il saper pianificare, e la sua presenza in una
notte oscura deve aver offerto un punto di aggregazione e interazione sociale
– l’equivalente per gli uomini delle caverne di una moderna cena tra amici.
L’importanza
del fuoco non può essere sottostimata. Offriva calore e luce e spaventava i
predatori notturni. Il fuoco permetteva agli uomini di affumicare ed essiccare i
pesci e la carne, offrendo una prima forma di conservazione dei cibi. Consentiva
di sperimentare una vasta gamma di cibi che non potevano essere agevolmente
mangiati crudi: la scoperta del fuoco condusse all’invenzione della cucina.
Però,
malgrado l’importanza di questo momento critico della preistoria umana, vi
sono ampie difficoltà nel riuscire a datarlo accuratamente. Alcuni studi
suggeriscono che il fuoco potrebbe essere stato usato già 1.4 milioni di anni
or sono. Questa idea proviene dalla scoperta di un grumo di argilla cotta
trovato insieme ad ossa animali e strumenti di pietra ad un sito dell’Età
della Pietra a Chesowanja in Kenya. Si era inizialmente escluso che un tale
fuoco potesse essersi acceso per combustione spontanea, ma alcuni scienziati
ritengono ora che un ceppo che prese fuoco, o perfino il riscaldamento
vulcanico, avrebbe bene potuto determinare lo stesso effetto.
Evidenze
più stringenti dell’uso del fuoco provengono da una ricerca condotta alle
grotte di Swartkrans, lungo la Valle del Fiume Bloubank, in Sud Africa. Gli
scienziati hanno trovato più di 126 fossili dei primi ominidi al sito, molti
dei quali sembrano essere stati uccisi da predatori ora estinti, come i gatti
con i denti di sciabola, che trascinarono i corpi sugli alberi sovrastanti il
complesso delle grotte.
I
ricercatori al lavoro a Swartkrans hanno
scoperto anche 279 frammenti di ossa bruciate che sono state datate a circa 1
milione di anni or sono. Analisi chimiche e microscopiche indicano che le ossa
potrebbero essere state sottoposte a temperature consistenti, e quindi essere
state bruciate in un fuoco da campo.
Studi
più recenti sulle ossa, mediante l’uso di un processo chiamato risonanza
dello spin dell’elettrone, hanno confermato che furono riscaldate a
temperature molto più alte di quanto ci si sarebbe aspettati se avessero
bruciato in un fuoco naturale, ha dichiarato Anne Skinner del Williams College
di Williamstown, Massachusetts.
Normalmente,
un fuoco spontaneo degli arbusti, innescato ad esempio da un fulmine, avrebbe
riscaldato gli oggetti ad una temperatura massima di circa 300°. Ma queste ossa
sembrano essere state riscaldate alla temperatura di 600° o più, quella che
potrebbe essere raggiunta in un fuoco da campo.
Il
problema è: nessuna prova inequivoca di focolai è mai stata trovata a
Swartkrans.
Le
prime e più solide evidenze dell’uso controllato del fuoco mediante l’uso
di un focolaio, si datano a circa 250,000 anni or sono, con la scoperta di
frammenti carbonizzati di ossa che devono essere state bruciate a temperature
relativamente alte. Gli scienziati hanno effettuato queste scoperte in diversi
siti in Europa, come Vertesszollos in Ungheria e Menez-Dregan nel nord-ovest
della Francia.
Ad
ogni modo, i focolai non diventano una scoperta ordinaria per gli archeologi se
non in siti risalenti ai 100,000 anni or sono.
Ricerche
più recenti, ad ogni modo, hanno spinto indietro la data in cui il fuoco fu
definitivamente controllato di più di mezzo milione di anni. Gli archeologi
hanno trovato frammenti di selce bruciata e resti carbonizzati di alberi da
frutto ad un sito in Israele, dove ritengono che gli umani abbiano imparato a
controllare il fuoco attorno a 790,000 anni or sono, molto prima di quanto
accettato in precedenza. La scoperta è persino più insolita, in quanto cade al
di fuori del territorio africano, che è tradizionalmente considerato la culla
dell’umanità ed il luogo in cui fu acceso deliberatamente il primo fuoco.
Le
ultime ricerche provengono da un gruppo di paleontologi guidati da Naama
Goren-Inbar dell’Istituto di Archeologia all’Università Ebraica di
Gerusalemme. Il suo gruppo ha trovato frammenti carbonizzati di selce, legno,
frutta e grani allo scavo di Gesher Benot Ya'qot, sulle rive di un antico lago
all’estremità settentrionale del Mar Morto. Estensive inondazioni del terreno
nel corso di oltre dieci mila anni hanno aiutato la preservazione di molti
frammenti recuperati al sito, alcuni dei quali recano le inconfondibili tracce
di fuoco.
I
ricercatori escludono che fuochi naturali, come quelli degli strati di torba
ardenti, attività vulcanica o incendi di cespugli, possano essere responsabili
di questi resti.
“Se
fuochi spontanei di superficie fossero responsabili dell’accensione dei
materiali organici ed inorganici, ci saremmo aspettati di trovare oggetti
bruciati con alta frequenza. Invece, risulta bruciato meno del due per cento dei
pezzi di selce e dei frammenti di legno dissotterrati” riportano.
Hanno
anche scoperto che i frammenti bruciati si trovano in parecchi strati degli
scavi, mostrando di provenire da periodi differenti. Ciò suggerisce che una
volta che l’abilità nell’uso del fuoco fu raggiunta, deve essere stata
anche trasmessa alle generazioni successive. “Ci indica che gli ominidi che
frequentarono le rive del fiume per oltre 100,000 anni, sapevano come usare il
fuoco ed esercitarono questa conoscenza ripetutamente attraverso gran parte del
periodo Acheuleano” hanno dichiarato gli scienziati.
Alcuni
dei frammenti bruciati sono stati trovati raggruppati insieme, suggerendo che
questi primi popoli usassero i focolai. Sono stati trovati sei tipi di
vegetazione carbonizzata, incluse tre specie commestibili – olivi, orzo
selvatico e vite selvatica. L’inferenza ovvia è stata che questo fosse un
focolaio usato per cucinare.
Il
Prof. Gore-Inbar ed i suoi colleghi descrivono il sito come un “crocevia”
tra Africa, Europa ed Asia. Inoltre, si sono imbattuti in circa 23,454 semi e
frammenti di frutta, e 50,582 tracce di legno, nella ricerca di specimen
bruciati.
Se
gli umani avessero saputo usare il fuoco in quel che è ora l’Israele
settentrionale - 790,000 anni or sono - ciò potrebbe spiegare la storia della
loro prima migrazione verso l’Europa – e come gli umani furono in grado di
colonizzare quel che era allora una regione relativamente fredda, ha dichiarato
Paola Villa, dell’Università del Colorado. “La colonizzazione
dell’Europa, dove le temperature probabilmente scendevano sotto lo zero a quel
tempo, è strettamente connessa all’uso del fuoco” ha dichiarato.
Chi
sia stato ad accendere questi primi fuochi rimane un mistero. I moderni umani, o
Homo Sapiens, evolsero in Africa meno di 200,000 anni or sono, ma
specie precedenti, come l’Homo erectus, avevano già compiuto la loro
migrazione attraverso l’Asia al tempo in cui furono accesi i fuochi
israeliani. Chiunque ne sia stato responsabile, ad ogni modo, mostrò una
considerevole intelligenza ed intuizione. Come Peter Gardenfors della Lund
University sottolinea nel suo libro, How Homo Become Sapiens, (Come
l’Homo divenne Sapiens N.d.T.) tenere un fuoco acceso è un’arte non
trascurabile. Richiede la comprensione del fatto il fuoco consuma combustibile;
il che conduce alla conclusione logica che nuovo combustibile deve essere
aggiunto prima che esso si spenga, e la consapevolezza che, una volta che il
fuoco si spegne, i suoi benefici vanno perduti, con possibili conseguenze
disastrose. Tenere un fuoco acceso significa anche che questi primi antenati
umani avevano un concetto di futuro. Devono avere realizzato che dovevano
raccogliere legna da ardere tempo prima che il fuoco si spegnesse. Era un vero
test di intelligenza in termini di pianificazione futura.