Fin dal primo incontro con Angelo Lumelli - quasi trent'anni fa, in una stanzetta di Porta Ticinese dove si pensava a una rivista di poesia - fin dalle prime parole, ho avuto la percezione di una sapienza. Quel ragazzo sembrava esservi giunto dopo lunghissime peregrinazioni, nelle vie del mondo e in quelle dell'anima. Parlava  come solo certi piemontesi meditabondi sanno fare. Una parola lenta, scandita, precisa, che si innestava nel vivo del pensiero e insieme a esso pulsava, nel medesimo istante, toccando con stupefacente naturalezza zone profonde dell'essere. Sapeva così  inoltrarsi in ciò che ascoltava da tutti noi e metterne in luce un risvolto sconosciuto, e quasi fisicamente afferrarlo, farlo durare, mostrarlo al suo interlocutore. Era dunque, quella di Angelo Lumelli, una parola d'amore, poiché così si definisce la parola che sa proseguire il discorso dell'altro. Ed era una parola poetica, che alla chirurgica nettezza dell'ascolto, univa il trasalimento. Qui la ritroviamo, con i suoi percorsi da una sponda all'altra del pensiero, la densità dei problemi e degli interrogativi. Entriamo dunque in Seelenboulevard. Non c'è punteggiatura né andare a capo. Ma questo, lungi da ogni posizione sperimentale, sta a indicare un ritmo interiore, una disposizione segreta degli accenti, che va rintracciata nei singoli brani. Singoli brani innestati  l'uno nell'altro per un passaggio naturale del pensiero. Formano un canto monodico, una voce solitaria che intona il proprio itinerario dentro e fuori di sé. Uno scavo esigente, deciso a rifiutare la soluzione ad effetto.

Dalla Prefazione di Milo De Angelis (novembre 1999)


2.8

nell'ora in cui le impronte sono più forti si invertono le parti come in punto di fusione quando l'io è molle come nebbia si accendono vulcani nel tramonto bolle il cratere della creazione nel marasma dell'io scappa un cavallo nero come autunno ci sono fuochi che furono rose come le fornaci del nulla un soffio indecifrabile si muove il mantice di un essere vivo svita l'astuccio del rossetto una signora lontana ben collocato è ogni dolore rotola il singolo e il suo tempo verso un fine remoto vaneggia il mantello della carità cade come un pipistrello malato cadono ancora foglie in lunghi viali lievita nel grande pane una speranza sconosciuta

(da Ost-ende)

 

3.9

ma come propenso ai fenomeni chiamando l'esterno come proprio al tal punto che galoppano nuvole sotto tramontana come l'io tu che se ne va fuori tiro e volano foulards intorno al collo corrono nuvole caotiche colpi di luce in quel cratere valeva la pena? le disse a lei che non sentiva valeva la pena andare nel visto invece di vedere?

 

3.14

prima di rimirare se fosse occhiata persa la volta sola che non doppia ma il tempo che intruppa in fila e tuttavia si accerchia ripassa senza fine sull'assente anche la finestra che sbatte non va persa il mancante si nasconde nel presente cadono due foglie davanti al parabrezza è l'autunno che porta il gran silenzio tu invece che sei persa

 

3.15

tra uno e l'altro quello spazio che l'altro chiuse in percorso fin che si può raccontare è andata bene una virtù diventa la paura come la merce che circola come si scioglie in pioggia la nube scura è contento il cliente è contento il commerciante si dice che da secoli marciò verso quel punto un cavaliere ma io ero già lì senza sapere

(da Barbara celare)

 

nessun viaggio può farti trovare il picchio che stava davanti alla finestra c'è un'anima persa c'è un cuore stretto meglio andare o meglio ripiegare? un po' avanza e un po' si svolta manca la fede e manca la rivolta anche la voce serve a tacitare nel padellino friggono due uova anche il lontano era una visione forse era un film forse una missione quando arrivò lei era già partita quando si voltò anche la partenza era sparita tutta la somma divenne sottrazione senza vicino senza lontano senza nessuna seconda occasione

probabilmente lo spirito non è esteso né afflato ma meno grande del cielo stellato contratto come l'inespresso come un piccolo buco animato per questo bisogna andare di persona portare gli auguri qualche carezza per mantenere il contatto

(da Seelenboulevard)

 

(da Seelenboulevard, 1999)



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