La rivista "Niebo", diretta da Milo De Angelis, uscì con il primo numero nel giugno del 1977. Restò attiva con 11 fascicoli fino al 1980. Negli anni successivi, gli autori proposti e i poeti che collaborarono alla redazione entrarono a far parte del movimento della poesia del decennio con una crescita espressiva del tutto straordinaria, anche centripeta rispetto alle proposizioni originarie. Collane e antologie lo testimoniano, e le militanze critiche sono rilevabili in numerose riviste successive. A ridosso del nuovo secolo, la sigla "Niebo" (che, ricordiamolo, nella lingua polacca significa "cielo") ritorna con una collana di poesia curata dagli stessi poeti che gli avevano già dato vita nel lontano 1977. I primi due volumi sono le nuove raccolte di Michelangelo Coviello e Angelo Lumelli, dopo un silenzio di entrambi durato quasi dieci anni. La cronaca serrata di Casting, con il suo linguaggio diretto e senza respiro, appartiene di diritto alla spinta poetica e vitale dei giorni nostri: le tre parti della raccolta di Coviello premono i dettagli di certi "rapporti", di certe concretezze selvatiche in cui ci immergiamo quando non si tratta più di pensarne il piacere o il dolore che ne deriveranno. E' questo straordinario tramutarsi della vita di relazioni in poesia che affascina della passerella allestita nel libro, in onore di un dee-jay lunatico e notturno, e di una serie di ragazze prese e devolute nei pochi attimi che i riflettori riescono a trafiggerne l'anima. Ma prima ancora, la sezione "Summerblue" serve all'autore per riscaldare gli strumenti della lingua, per mettere a punto il tono dell'intero libro, dandone premessa e leitmotiv. Resta facile intuire come la profonda cultura di Coviello tenga in pugno la materia incandescente del dialogo moderno di certe aree urbane, colte nella loro mondanità post-industriale, e nella richiesta continua di sorpresa psichica da parte di chi vi abita. Eppure la sua è una presa morbida, affabile, è l'attenzione di un poeta che non si stacca mai dalla presa diretta, rifiutando lo sguardo dell'entomologo e vivendo per primo fra questi "angeli della desolazione". Si sente, nelle pagine del libro, una convivenza fra Ovest ed Est, intesa come flussi e riflussi delle anime viaggianti fra due coste, fra due oceani lontani ma comunicanti. Pacifico e Atlantico in puro contatto mentale. Con Seelenboulevard, Lumelli ci regala un lungo canto, composto di cinque sequenze mai interrotte da punteggiatura ma segnate da pause e allunghi del pensiero. Questa poesia ha forse bisogno di un mormorio psichico più che di una voce recitante, scaturisce da una distesa che se ne va dall'occhio per ritornare, toccando, dal lato posteriore della coscienza. Vi troviamo gli scavi e le geometrie combinatorie di Trakl, la libertà totale dal silenzio. Non c'è seduzione in queste pagine, ma la semplice e concreta intimità verso un mondo che si dissolve in pulviscolo dolente. Nel "supermarket sentimentale" vengono colti schegge di persone e oggetti che ancora brillano, perché non hanno perduto l'anima. Parlano fra di loro e Lumelli trascrive queste parole, arricchendole di una prosodia ricca di sfumature, di tensioni continue fra mistero e semplicità. C'è quasi un eccesso di luce in questi spazi, e un rivelarsi continuo attraverso il tatto. Ma la misura espressiva colloca l'intera raccolta su un terreno accogliente. Pur richiedendo diverse letture, Seelenboulevard non prende distanza dal lettore, anzi lo invita al sorriso, lo prepara a un'attesa fiduciosa, come quando si aspetta, in un angolo di strada, il fidanzato o la fidanzata.

(Elio Grasso, "Poesia", n. 138, aprile 2000)

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