Le Braci di Sà ndor Màrai


Questo è un brano tratto da uno dei capolavori dello scrittore slovacco. Nato nel 1900 appunto in Slovachia, ha studiato nel regno d'Ungheria e tra i suoi libri più famosi, oltre a "Le Braci" troviamo "La recita di Bolzano" e "L'eredità di Eszter".


"Vorrei proprio sapere se l'amicizia esiste veramente. Non mi riferisco al piacere occasionale di due persone che si rallegrano di essersi incontrate perché a un certo punto della vita si trovano a ragionare nella stessa maniera su determinate questioni, si scoprono gli stessi gusti e preferiscono gli stessi svaghi. Tutto questo non ha niente a che fare con l'amicizia. A volte mi sembra quasi che essa rappresenti la relazione più intima che esiste nella vita… Forse per questo è talmente rara. E su cosa si fonda, allora? Sulla simpatia? È un termine improprio, troppo blando: non si può dire che la simpatia sia sufficiente a indurre due persone a farsi carico l'una dell'altra nelle situazioni più critiche della loro esistenza. Su che cos'altro, dunque? Non c'è forse un pizzico di eros al fondo di tutte le relazioni umane?" … "Naturalmente l'amicizia non ha nulla in comune con le inclinazioni di coloro che cercano di soddisfare il loro desiderio distorto con persone dello stesso sesso. L'eros dell'amicizia non ha bisogno dei corpi… essi, anzi, lo disturbano più di quanto non lo attraggano. Ma si tratta pur sempre di eros. C'è eros al fondo di tutti gli affetti e le relazioni umane." … "Le simpatie che ho visto nascere fra gli uomini sono sempre naufragate, alla fine, nelle paludi dell'egoismo e della vanità. Il cameratismo o l'affiatamento assumono talvolta le parvenze dell'amicizia. Gli interessi comuni producono talvolta situazioni che somigliano all'amicizia. E per sfuggire alla solitudine gli uomini indulgono volentieri a rapporti confidenziali di cui in seguito si pentono, ma che per qualche tempo permettono loro di illudersi che la confidenza sia già una forma di amicizia. Naturalmente in questi casi non si tratta mai di vera amicizia. Ci si immagina che l'amicizia costituisca un servizio. L'amico, così come l'innamorato, non si aspetta di veder ricompensati i suoi sentimenti. Non esige contropartite per i suoi servizi, non considera la persona eletta come una creatura fantastica, conosce i suoi difetti e l'accetta così com'è, con tutto ciò che ne consegue. Questo sarebbe l'ideale. E in effetti: vale forse la pena di vivere, di essere uomini, senza un ideale come questo? E se un amico ci delude perché non è un vero amico, possiamo forse metterlo sotto accusa, rinfacciargli il suo carattere, la sua debolezza? Quanto vale un'amicizia in cui apprezziamo l'altro per le sue virtù, per la sua fedeltà, per la sua perseveranza? Quanto vale un'amicizia che ambisca ad essere premiata? Non abbiamo forse il dovere di accettare l'amico infedele esattamente come quello fedele e pieno di abnegazione? Non è forse questo il contenuto più autentico di ogni relazione umana, un altruismo che dall'altro non esige nulla e non si aspetta nulla, assolutamente nulla? E che quanto più dà tanto meno si aspetta di essere contraccambiato? Chi dedica all'altro tutta la confidenza della giovinezza e tutta l'abnegazione dell'età virile, oltre al dono più prezioso che un essere umano possa offrire a un suo simile - la fiducia più appassionata, cieca e assoluta -, e si vede ripagato con l'infedeltà e l'abbandono ha forse il diritto di offendersi, di voler vendicare? E se colui che è stato tradito e abbandonato si offende, se grida vendetta, era davvero un amico?" "… è vano cercare di scoprire la vera natura dei rapporti umani, perché la conoscenza non ci aiuterà a diventare più saggi. Ecco perché non abbiamo il diritto di esigere franchezza e piena fedeltà da chi abbiamo scelto come amico, tanto più se gli eventi hanno dimostrato che questo amico ci è stato infedele."