ANTHONY BRAXTON 
UN MONDO A PIU’ DIMENSIONI 
 
 
 
Prosegue la nostra ricerca di dichiarazioni, da parte dei musicisti stessi, che contengano una riflessione più ampia sull’idea di arte che hanno o stanno cercando di realizzare. In questa pagina ospitiamo un intervento di Anthony Braxton, polistrumentista e compositore (se volete saperne di più, potete leggere in questa stessa sezione i tre articoli dedicati all’A.A.C.M.) che lo scorso febbraio ha suonato nel corso del festival Bergamo Jazz con il suo Standard Quartet. Quanto segue è una trasposizione integrale di un articolo apparso su Jazz It — Italian Jazz Magazine (N. 16, maggio/giugno 2003) e curato da Paolo Dassi
 
 
 
 
"Prima di iniziare a parlare di musica, desidero dire due parole riguardo al momento che stiamo vivendo: la mia speranza e quella dei miei amici è che il nostro paese si impegni ad evitare un conflitto inutile ed a salvaguardare la pace. La politica estera americana è a un bivio: da una parte può accettare una sfida dialettica, costruttiva e creativa per dare nuovi duraturi equilibri al sistema politico internazionale, dall'altra distruggere tutto quello che ha fatto fin ora e ciò che rappresenta in pochi attimi. Sono felice che molte delle nazioni europee si stiano opponendo con tutte le loro forze a questo conflitto. Ma non è sufficiente, io credo che in generale ci voglia più opposizione a tutto quanto proviene dagli Stati Uniti. Non parlo solo di avvenimenti palesemente sbagliati come il conflitto con l'Iraq: il mio paese esporta consumismo, musica plastificata e programmi televisivi che fanno presa troppo facilmente in tutto il mondo occidentale. Quello che sta per avvenire (Braxton ha rilasciato queste dichiarazioni il 23/02 – ndr) è anche il risultato della facilità con cui tutto ciò che proviene dagli U.S.A viene troppo spesso accettato senza senso critico da parte delle altre nazioni occidentali.
Chiusa questa parentesi che mi sembrava doveroso affrontare, devo dire che sono davvero felice di essere tornato a suonare in Italia ed in particolare a Bergamo, dove ho molti amici che incontro sempre con grande piacere. Desidero dunque ringraziare gli organizzatori che mi hanno offerto questa possibilità, ancora più preziosa, dal momento che è l'unica data in Italia in programma per quest’anno. A causa della difficoltà della mia proposta musicale non sono certo un musicista richiestissimo, anche se devo dire che l'Europa mi ha permesso nel corso della mia carriera di lavorare più di quanto non abbia fatto negli Stati Uniti. Spesso penso che la mia attività di musicista sia poco più che un hobby vista la scarsa mole di lavoro che mi offre rispetto all'attività didattica.
 
La mia proposta musicale fa parte di un movimento underground, non riconducibile ad una realtà geografica particolare americana, africana, europea o asiatica che sia, ma è connessa a una realtà globale ed è quindi influenzata dalle situazioni che mi circondano e che mi pongono dinnanzi sempre a nuove sfide di creatività. Quello che sto facendo in questo momento fa parte del percorso artistico che ho intrapreso da ragazzo, quando sono entrato in contatto con la musica di Berio e Monteverdi. Fin da allora ho cercato di affrontare delle esperienze compositive che si rifacessero a quei modelli che per me erano una ragione di vita. In seguito mi sono aperto ad una realtà globale resa possibile soprattutto dalle grandi innovazioni tecnologiche degli ultimi venti anni. La mia scelta è stata quella di fare una musica multi-idiomatica, che si potesse rivolgere ad una comunità estesa. Chi si rivolge ad un circolo ristretto utilizzando un solo linguaggio fa cultura del XX secolo, che è ormai superata.
Nel corso della mia carriera nell’affrontare il mio lavoro ho sempre cercato di seguire dei modelli: l’idea era quella di partire da un’altra esperienza per modificarla e raggiungere così qualcosa di nuovo ed originale, poiché non ero attratto né da una totale libertà né dalla sua mancanza assoluta. 
Di conseguenza ho cercato di inseguire la strada indicata da Johann Sebastian Bach: ho voluto sperimentare nel campo dell’improvvisazione e nel campo della scrittura, da saldare in una teoria unificante. E così negli ultimi quarant’anni, alla stregua di Beethoven, Mozart o Jelly Roll Morton, ho iniziato con performances da solista, che considero le fondamenta della mia musica, e da qui mi sono evoluto prestando particolare attenzione al vocabolario e all’architettura musicale ed alle esperienze rituali che durante un’esecuzione acquistano particolare rilievo. Attorno alla metà degli anni ’70 ho rimodellato il mio pensiero compositivo arrivando ad ottenere un pensiero tricentrico, che può essere definito come l’emersione di un approccio solistico: ho tentato cioè di fondere architettura, filosofia ed immaginazione. Ho cercato di mantenermi su questo sentiero accogliendo e cercando di arricchire le mie esperienze, ed occasionalmente ho affrontato la musica tradizionale, come avverrà questa sera qui a Bergamo.
 
 
 
 
 
 
Ci tengo a sottolineare che, come testimoniano i miei excursus in questo ambito, non ho mai rifiutato la tradizione che ritengo essere un bagaglio fondamentale per ogni buon musicista, ma l’ho sempre accolta come un materiale con cui confrontare la mia creatività. 
Per quanto riguarda il futuro del panorama musicale ritengo l’epoca che si apre davanti a noi molto interessante e ricca di spazi più estesi, fino a pochi anni fa inimmaginabili. Il concetto della creatività, grazie all’apporto della tecnologia, assume ogni giorno aspetti differenti. 
Le nuove tecnologie digitali permetteranno di trasformare completamente ciò che intendiamo per “creativo” e allo stesso tempo definiremo lo spettro dei suoi componenti: in futuro un concerto non avrà più a che fare coi musicisti sul palco e il pubblico in platea, perché il sistema musicale che ho in mente e vado definendo è basato su un’esperienza di amicizia, che invita ad essere partecipi, a entrare ed essere coinvolti nelle strategie musicali. Credo che nel terzo millennio vi saranno strategie integrative che rivoluzioneranno la concezione di musica e musicista. In occidente oggigiorno tendiamo a ritenere la musica come fonte d’intrattenimento, ma la musica è qualcosa di più. E la creatività è più importante di quanto riteniamo in genere. La creatività è connessa alla nostra salute di esseri umani. Vedo nel futuro una maggiore comprensione della musica creativa, una più fresca esplorazione delle esperienze creative e interattive e la rinascita di uno spiritualismo dinamico.
 
 
© 2003 Luciano Vanni Editore