LAURIE ANDERSON 
"Una storia su di una storia" 
 
Laurie Anderson non ha mai gradito per sé il titolo di "musicista"; semmai cantastorie, semmai menestrello o addirittura folksinger... Questo per dire l'importanza dei testi nei suoi celebrati spettacoli, che pure traboccano di meraviglie sonore, di straordinari effetti video/teatrali: testi che si muovono con calcolata lentezza in un magico territorio di confine tra sogno, ricordo e cronaca surreale, e assumono spesso la forma di dialogo a più voci ("Amo essere soprattutto una indossatrice di voci"). 
Vi offriamo un assaggio dei suoi testi, tratti da un recente spettacolo/reading tenutosi a Venezia col compagno Lou Reed: A story about a story è uno dei testi che la nostra beniamina ha recitato in quella cornice, e ci è piaciuto così tanto da spingerci a pubblicarlo. Se volete immergervi ulteriormente nel suo universo poetico, potete procurarvi Laurie Anderson - Storie e Canzoni 1982-1995, edito da Arcana Editrice.
 
 
 
Voglio raccontarvi una storia di una storia. Riguarda il tempo che ho impiegato per scoprire che la maggior parte degli adulti non ha idea di cosa sta dicendo e non ha problemi a dire qualsiasi cosa venga loro in mente sia che risulti vagamente vera che no. 
 
Eravamo nel pieno dell'estate quando io avevo dodici anni ed ero il tipo di ragazza molto esibizionista. Eravamo sette fratelli ed io mi perdevo sempre tra la folla, in realtà avrei dovuto fare maggior attenzione. Un giorno ero in piscina e decisi di fare un salto dal trampolino - il tipo di tuffo che ti sospende magicamente e temporaneamente a mezz'aria e tutti, attorno alla piscina, ti guardano gridando "Wow! È incredibile! Sbalorditivo!".  
 
Non ho mai fatto un salto prima d'ora. Quanto sarà difficile? Devi fare una capriola e raddrizzarti poco prima di entrare in acqua. Così ho fatto ma… ho mancato la piscina. Sono caduta sull'orlo della vasca e mi sono rotta la schiena. 
Ho trascorso i mesi successivi in trazione in ospedale nella corsia dei bambini. Per molto tempo non mi potei muovere né parlare, ero come sospesa. Ero nella stessa corsia dei bambini ustionati che stavano appesi in queste bende girevoli - una sorta di spiedo o di girarrosto - che girando in continuazione permettevano alle scottature di venir immerse nei liquidi. 
 
Un giorno il dottore venne a visitarmi e mi disse che non sarei più stata in grado di camminare. Ricordo di aver pensato: Quest'uomo è pazzo… è anche un medico? Chi lo sa? Sebbene non potevo dir nulla perché non potevo parlare, ero certa che non aveva idea di cosa stesse dicendo - di certo avrei ripreso a camminare... Dovevo solo concentrarmi, prendere contatto con i miei piedi e convincerli a muoversi. 
 
La cosa peggiore era che ogni pomeriggio i volontari venivano a leggermi qualcosa. Si chinavano sul letto dicendo: "Ciao Laurie…" pronunciando bene ogni parola come se fossi sorda. Aprivano il libro dicendo: "allora….dove eravamo? Ah sì il coniglio grigio stava saltellando per la strada e indovina dove andò? Bè…nessuno lo sa! L'agricoltore non lo sa. La moglie dell'agricoltore non lo sa. Il figlio dell'agricoltore non lo sa e così via. Nessuno sapeva dove era andato il coniglio ma tutti sembravano preoccuparsene.Prima che questo incidente accadesse stavo leggendo libri come "Storia delle due città" e "Delitto e castigo" cosicché le storie del coniglio grigio mi sembravano torture cinesi. 
 
A ogni modo, finalmente mi alzai sulle mie gambe e per due anni indossai un enorme sostegno in metallo stile Frankenstein - ero sostanzialmente un mostro - e fui ossessionata dalla figura di John F. Kennedy perché aveva anche lui problemi alla schiena ed era il presidente. 
 
Più avanti con gli anni quando qualcuno mi chiedeva com'era stata la mia infanzia, io raccontavo questa storia ed era un modo per dir loro certe cose di me stesso - come avevo imparato a non fidarmi di certa gente e come fosse orribile ascoltare lunghe e inutili storie come quella del coniglio grigio. 
 
Ma c'era sempre qualcosa di strano nel raccontare questa storia che mi metteva a disagio - come se qualcosa mancasse. 
 
Quindi un giorno, mentre stavo raccontando questa storia, cominciai a descrivere i piccoli girarrosti cui erano appesi i bambini…. e, d'un tratto, fu come tornare indietro all'ospedale rivivendo esattamente ciò che accadde e ricordai la parte mancante. Era il rumore della corsia di notte. Erano le voci dei bambini che piangevano e urlavano. Erano le voci dei bambini moribondi. 
 
Così ricordai anche il resto - il forte odore delle medicine, l'odore della pelle bruciata. Quant'ero impaurita! Ed i letti vuoti la mattina… e le infermiere che non si sbottonavano sulla sorte di quei bambini, continuando a rifare i letti e a pulire la corsia. 
 
Altri eventi della storia - veramente ho descritto solo la parte che mi riguardava - e ho dimenticato il resto - li ho "puliti" dalla mia mente proprio come le infermiere pulivano la corsia. Penso che questa sia la cosa più sgradevole. Cerchi di arrivare al punto - generalmente riguardo te stesso o qualcosa che hai imparato… racconti la tua storia, te la tieni stretta e ogni volta che la racconti, la dimentichi una volta di più.