FALDINI DON GINO

 

NOTE STORICHE

SULL’ORIGINE DI ALCUNE CARATTERISTICHE PROCESSIONI

SOLITE A FARSI NELLA PARROCCHIA DI CAMPAGNATICO

 

(3^ stesura – 1969)

 

Nella Parrocchia di S. Giovanni Battista a Campagnatico, oltre alle processioni sia liturgiche  sia tradizionali solite a farsi in tutte le Parrocchie della Maremma, se ne fanno alcune che non hanno riscontro in altri luoghi, dette comunemente: “la Processione dell’Offerta” o, più comunemente “L’OFFERTA.”

Nel pomeriggio del giorno di Pasqua, dall’antica Pieve di S. Giovanni oggi Propositura, parte una particolare Processione detta appunto “l’Offerta” che consiste in un corteo precedeuto dallo Stendardo della Confraternita di S. Maria, seguito dai bambini, dalle donne, dagli uomini e dal Sacerdote, portanti tutti una più o meno grossa candela; arrivato il Corteo alla Chiesa di S. Maria si scopre solennemente l’Immagine della Vergine delle Grazie che in questa Chiesa si venera e dopo un canto a voce di popolo, si lasciano le candele a segno di omaggio e di offerta alla vergine ivi venerata. Così pure nel giorno dell’Assunzione e nel mattino dell’ 8 di settembre festa della Natività di Maria SS. alla quale questa Chiesa è dedicata.

In un primo momento ebbi l’impressione che queste Processioni non fossero che delle semplici, anche se antiche, manifestazioni di devozione verso la Vergine delle Grazie. Interessatomi in seguito alla storia di questo antico Luogo, mi resi conto che esse erano sì manifestazioni di devozione ma che avevano origine molto antica ed erano la continuazione ininterrotta di antiche cerimonie ufficiali che la Comunità compiva ad onore della Madonna venerata in questa Chiesa, come dirò più avanti, fin dai tempi più remoti.

Simili processioni erano perciò il segno esterno dell’importanza che questa Chiesa ha avuto dal Medioevo fino ad oggi nel nostro Comune.

Al fine di comprendere bene questa importanza che questa Chiesa ebbe in questo territorio, conviene darne qualche cenno storico onde si possa avere un panorama abbastanza preciso e netto dal quale si vedrà apparire ben  chiara l’origine storica di queste particolari Processioni.

Anticamente questo Paese era circondato da mura, delle quali rimangono anche oggi  resti imponenti, entro le quali vi era la Chiesa di S. Giovanni, allora Pieve, la Chiesa di S. Antonio, la Rocca o Castello, il Palazzo del Podestà, il Municipio e le case dei particolari, come allora si diceva. Accanto alle mura, ma al di fuori di esse, esisteva fin dall’alto Medioevo una Chiesa dedicata alla Natività della Madonna, fin d’allora comunemente detta “di S.Maria”.

In seguito detta Chiesa divenne Parrocchia della Corte, come vedremo, mentre la Chiesa di S. Giovanni era la Parrocchia della Terra.

Ma perché fuori della Terra, cioè fuori dal Paese, accanto alle sue mura, esisteva questa Chiesa e qual’era la sua origine? Forse queste sue origini erano più antiche delle mura stesse e forse dello stesso Paese? Quest’ultima ipotesi si è rivelata la vera, dopo che da molte notizie riunite su questo luogo son potuto risalire alla nascita di questo sacro edificio.

Nell’Archivio di Stato di Siena esiste un documento[1] (proveniente dall’Archivio dell’antichissima Abbazia del SS. Salvatore sul Monte Amiata) dell’anno 973 nel quale è detto che il Marchese Lamberto di Maremma dei Conti Aldobrandeschi, vendeva all’Abate di detta Abbazia, 45 fra Corti e Castelli, fra le quali Galliano, dove questo Marchese aveva la sua abitazione e vi firmò l’atto stesso, e Campagnatico.

La vendita di questi beni, come è specificato nell’atto, avvenne con la condizione precisa che si potevano riscattare con la restituzione della somma pagata , come poi avvenne ad opera della vedova Ermengarda di Lattaia sedici anni dopo (989).[2] Ho nominato questo documento perché proprio dopo questo si trova che l’Abbazia del SS. Salvatore ebbe in Galliano e Campagnatico qualche possesso e,  fra questi, la “Cella Sante Marie”(sic).

Infatti in due diplomi dell’Imperatore Corrado II, uno del 5 aprile del 1027 e l’altro del 10 aprile 1036,[3] diretti a questa celebre Abbazia, oltre ad un altro dell’Imperatore Arrigo VI del 20 luglio 1194, viene confermato ad essa Abbazia il possesso di “Curtem S. Salvatoris et Cellam Sante Marie iuxta Campagnaticum”.

A parte la ragione per la quale l’Abbazia dell’Amiata possedeva questi beni, è chiaro che dopo il 989, anno del riscatto dei beni del Marchese Lamberto da parte della vedova , esisteva a Campagnatico (che era  appena agli albori della sua esistenza) una Cella o Cappella dedicata a  S. Maria” cioè una cappella dedicata a S. Maria, e questa era posta non in Campagnatico, ma presso (iuxta) Campagnatico, cioè nel luogo stesso dove ancor oggi si trova.

Questa Cappella, forse sotto l’impulso che le dettero i Monaci di SS. Salvatore s’ingrandì talmente che divenne presto Parrocchia. Ed infatti nell’opera dello storico secentesco Ughelli, “L’Italia Sacra” (questo storico apparteneva anch’esso all’Abbazia di S. Salvatore) vi è un volume dedicato agli  elenchi delle Parrocchie di varie Diocesi italiane, che dettero  il loro contributo all’ultima  Crociata;  alla Diocesi di  Roselle si può trovare che a Campagnatico dettero il loro contributo sia  la Parrocchia di S. Giovanni, sia la Parrocchia Curata di S. Maria. Dato che le Crociate finirono ufficialmente verso l’anno 1270, si può dunque vedere che a quell’epoca l’antica Cella di S. Maria era già divenuta Parrocchia.

Negli Statuti della Comunità di Campagnatico[4] del tempo di Leone X, (“A laude onore e gloria della S.Chiesa di Roma e del Divino e Santissimo in Cristo Padre Leone X…”), dei quali una delle due sole copie si conserva  in quest’Archivio storico parrocchiale, rifatti, come in essi è detto, su altri più antichi, nella prima Distinzione, a pag. 33, al Capitolo “DE MODO ET ORDINE DA TENERSI NELL’ONORARE LA FESTA DI S. MARIA DI SETTEMBRE E SUA FRANCHIGIA” è detto testualmente: “Anco atteso e veduti li Statutari e Savi sopradetti, la Gloriosa Nostra Donna Santa Maria alli dì otto di settembre esser Advocata e Protettrice della Terra nostra, parelo e parso in tal dì si debba onorare con tutte quelle solennità e spendìo di Nostro Comune …… e similmente li detti Priori e Camarlengo possino e a loro sia lecito a laude onore e gloria dare ed offerire alla Nostra detta Donna Santa Maria libre trenta di cera lavorata e cioè: due Doppieri di peso libre otto e libre ventidue in falcole, la quale cera e Offerta il Potestà con suoi Offiziali, Priori e Camarlengo prefati col Consiglio Ordinario devino portare ad offerire in tal mattina di detta Festa alla Chiesa di S. Maria di fuora alla terra nostra”.

Come si legge quindi negli Statuti, tale Corteo fin dal 1500 era detto e chiamato “OFFERTA” e veniva fatta alla Chiesa di S. Maria “fuora dalla terra nostra” secondo un ancor più antico uso che, come dicono gli stessi Statuti, era fissato in uno statuto particolare: ”… per l’ordine dichiarato nello statuto esponente di tale festa..”.

Tale Offerta, stabilita, come abbiamo visto, in cera, veniva ripetuta posteriormente, secondo la relazione dell’Auditore Corbinelli (1615) e Gherardini (1673)[5] anche in altre occasioni, come nel giorno di Pasqua e in quello dell’Assunzione.

Da ciò che abbiamo saputo attraverso questi pochi cenni storici e dal fatto che oggi pure tali cortei vengono chiamati “Processioni dell’Offerta”, dobbiamo concludere con certezza che tali odierne processioni traggono la loro origine storica dalla medioevale “OFFERTA” di cera che le maggiori Autorità della Comunità accompagnate da tutto il popolo festante, portava solennemente alla Chiesa di S. Maria; ciò che si ripete puntualmente anche oggi sebbene un malaugurato rispetto umano ne tenga lontane le Autorità e una certa parte degli uomini.

Ancora una cosa c’è da dire e cioè che l’uso di tale offerta di cera alla Chiesa di S. Maria tanto in occasione dell’ 8 di settembre come in altre feste, sia giunta ininterrotta fino ai giorni nostri!

A questo proposito devo dire ancora che la Chiesa di S. Maria sebbene fin dal medioevo fosse la Parrocchia della Corte e quindi distinta dalla Pieve di S. Giovanni, tuttavia essa ebbe sempre una certa qual dipendenza dalla stessa Pieve,[6] come risulta dalla sopra citata relazione Gherardini e dagli stessi Statuti, sia perché ad essa Pieve doveva ricorrere per il Fonte Battesimale, di cui fu sempre priva, sia per l’obbligo che aveva di interpellare il Pievano in certe particolari circostanze, sia ancora per l’obbligo del Curato di S. Maria, sancito da più di un Decreto vescovile, di presenziare alla festa del titolare S. Giovanni, mentre al corrispettivo non era obbligato il Pievano.

Nonostante questo la Chiesa di S. Maria fu sempre considerata il Santuario Mariano di tutto il territorio, sia della Terra cioè del Paese, sia della Corte, cioè della campagna, e in questo senso ha sempre goduto in questo Luogo di una particolare considerazione, data la secolare devozione che questo popolo ha sempre nutrito verso la Vergine SS. delle Grazie sotto il qual titolo in questa Chiesa da lungo tempo è stata venerata.

A riprova di ciò basta scorrere l’elenco dei beni da questa Chiesa posseduti e riportati sia dalle due relazioni succitate sia dalle notizie riportate dall’Anichini  nella sua opera manoscritta: La storia ecclesiastica della Maremma.[7]

Pure a proposito dell’Immagine quivi venerata si potrebbe pensare che un esame accurato ed attento della medesima potrebbe portare a qualche sorpresa che confermerebbe l’importanza di questo Santuario. Infatti essa è dipinta su una tavola di antichissima quercia dalle cui caratteristiche liee e dallo stesso volto, sebbene annerito dal tempo, come pure dalla delicatezza del panneggio di velo bianco che ricopre il Bambino, si può già arguire con una certa approssimazione che l’opera sia di mano maestra, e di data corrispondente al periodo aure dellapittura senese. Purtroppo esso è stato ritoccato o meglio ridipinto almeno in parte da mano poco felice ed esperta, poiché s’intravedono al disotto del ritocco linee ben più nobili e pure delle attuali. Mi conferma in quest’ipotesi il fatto che in questo luogo dominarono famiglie importantissime come gli Aldobrandeschi, i Tolomei, i Visconti di Campiglia d’Orcia e Siena stessa, che certamente tenevano a chiamare artisti di chiara fama! Del resto nella parte absidale della stessa Chiesa esiste un ciclo pittorico anch’esso orribilmente ritoccato, ma che dalla sua impostazione generale come da molti  particolari si potrebbe far risalire alla scuola senese e forse la migliore, come opina il celebre critico Berenson, il Chiar.mo Prof. Enzo Carli di Siena e per ultimo il noto prof. Mazzolai di Grosseto.

Tutto questo ci dice ancora una volta di quanta considerazione fosse circondato questo nostro Santuario.

Ad un periodo di materiale declino e squallore subìto da questa Chiesa dopo la sua soppressione come parrocchia per decreto del Granduca Leopoldo I avvenuta il 12 Agosto 1793, successe un nuovo periodo di splendore sia materiale che spirituale per merito del Sig. Gaetano Monti, di questo luogo. Grazie[8] ad una copia di un  manifesto a stampa ritrovato nella stessa Chiesa  e conservato in quest’Archivio Parrocchiale, si è potuto sapere che detta Chiesa era stata interdetta e il 23 maggio 1807 venne da Mons. Fabrizio Selvi Vescovo di Grosseto consacrata e contemporaneamente vi venne ordinato Sacerdote lo stesso Sig. Gaetano Monti che di questa Chiesa era il Patrono; e nella stessa occasione ne venne eletto Rettore, forse perché da lui stesso, come dice il documento, risarcita; mentre con solenne Processione vi veniva riportata dalla Chiesa di S. Giovanni l’Immagine di Maria SS. delle Grazie. Questo Sacerdote venne dopo poco tempo eletto Parroco della Propositura di S. Giovanni, nel quale incarico di lì a poco morì.

Divenuta così una Chiesa, si può dire, privata, non perse la sua importanza, anzi divenne in maniera ufficiale il Santuario Mariano di tutta la Parrocchia ed in essa prese sede la Confraternita di Misericordia che dalla Chiesa stessa prese e conserva tuttoggi il nome.

Il Granduca Leopoldo I, con Motu Proprio del 21 marzo 1785 dichiarò abolite tutte le Compagnie, Congreghe, Centurie e Terzi ordini del suo Stato e volle in pari tempo istituire in quella vece ed in ogni Parrocchia una sola Compagnia di Carità, destinata ad esercitare le Opere di Misericordia Corporali e Spirituali. Penso che proprio in questa occasione sorgessero molte Confraternite di Misericordia in Maremma, come certamente sorse nella stessa occasione la nostra, poiché mai ne ho trovato traccia prima di questa data.

Così alla nostra Confraternita dopo il suo insediamento nella Chiesa di S. Maria, rimase il compito, che ha assolto ed assolve ancora egregiamente, di conservare tutte le tradizioni, le cerimonie, gli usi  e i riti che prima di allora vi si facevano. Alla stessa Confraternita sono iscritti quasi tutti gli abitanti della Parrocchia, anzi per antica consuetudine i più vi vengono iscritti ancora in fasce. Ed è proprio per il cospicuo numero degli ascritti che ha potuto far fronte alle varie necessità della Chiesa in cui ha sede, come il rifacimento del campanile nel 1884, e contemporaneamente il nuovo doppio di tre campane di circa 10 quintali complessivi di bronzo, dal suono dolce e potente tanto da farne uno dei doppi più suggestivi della maremma.

Purtroppo queste nuove campane sono costate una pagina importante di storia della nostra Parrocchia, perché, come rilevasi dalla loro iscrizione, vennero fuse le vecchie campane, senza che nessuno pensasse a ricopiare le iscrizioni che portavano, fonte spesso importantissima di storia locale.

Tornando alle nostre Processioni dell’Offerta devo dire che merito non ultimo di questa Confraternita è l’averle tramandate fino a noi e con esse l’averci conservata una bella pagina di storia cristiana e civile della Maremma.

 

D.G.F.

 

 

Campagnatico lì 18 luglio 1967

 

 

 

NOTA IMPORTANTE:    Ho accennato, in queste brevi note, che sotto la ritoccatura, l’Immagine della Madonna di S. Maria potesse celare qualche sorpresa.

Ebbene, durante i lavori di rifacitura della copertura della Chiesa, (Settembre-Novembre 1968), osservando più attentamente e da vicino l’antica tavola, ebbi la certezza che si trattasse di qualcosa di buono, e preso dall’entusiasmo la misi in macchina e partii sull’istante per Siena, dove la feci subito vedere al Soprintendente alle Gallerie, il Prof. Enzo Carli.

Ed ecco il sorpendente responso: “Lei possiede un tesoro: quest’Immagine è certamente della Scuola di Duccio di Boninsegna!”.

M’invitò a lasciarla nel Laboratorio di Restauro, e promise che l’avrebbe sottoposta ad un’accurata ripulitura dall’orribile ritocco subito nei primi anni dell’800.

Tornato a vederla, dopo qualche tempo,  non riuscivo a riconoscerla, tanto aveva ripreso della sua originaria bellezza..

Venne esposta, nella stessa Pinacoteca durante la Settimana dei Musei del 1969 e ne parlarono diversi importanti quotidiani italiani come La Nazione, l’Avvenire, il Corriere della Sera.

 

La Chiesa di S. Maria in Campagnatico si arricchisce così di una nuova gemma: una dolce Madonna dovuta al pennello di un discepolo di Duccio;  segno anche questo dell’amore di questo popolo alla Madonna, che non la volle dipinta da una mano qualsiasi, ma da quella scuola il cui Maestro aveva dato al mondo quel Capolavoro di fede, di arte, di amore che si chiama: LA MAESTÀ DI DUCCIO.

 

D.G.F.



[1] Archivio di Stato di Siena

[2] Repetti: Campagnatico..

[3] Repetti: Campagnatico..  – Pecci: Campagnatico… Archivio di Stato di Siena

[4] Statuti della Comunità di Campagnatico – Archivio storico parrocchiale di Campagnatico

[5] Corbinelli: Relazioni – Gherardini: Relazioni: Biblioteca Comunale Chelliana di Grosseto

[6] Anichini: Storia Ecclesiastica della Maremma – Arch. della Curia Vescovile di Grosseto

[7] c.s

[8] Arch. storico parrocchiale di Campagnatico: Docum. Riguardante la Chiesa di S.Maria e il suo restauro del 1807