Il 1981 fu per il Palio di Campagnatico un anno
particolare. Nel mese di Agosto fiorì un improvviso “certame poetico” a base di
componimenti estemporanei, alcuni siglati, altri completamente anonimi, che
venivano affissi, di nascosto, nella centralissima vetrina del bar di Trento.
Di
alcuni, di cui sono in possesso, sono praticamente certo dell’identificazione
dell’autore e voglio pubblicarli come
documento vivo e simpatico, di come , dopo un periodo oscuro, il Palio
di Campagnatico si andava rivitalizzando e coinvolgeva anche gli “estri poetici
“ di molti, contradaioli e non.
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Il poeta improvvisato ovvero: “La fuga delle idee” |
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Miei Signori m’ascoltate! con
poetica intenzione di
far rime voi pensate, ma
una grande confusione è
difetto peculiare di
chi questo non sa fare. (E’ forse il vino rosso assassino quello che ispira la vostra lira?) Non
sappiam chi sian gli autori del
rimato vaneggiare ma
leggendo i lor lavori si
potrebbe immaginare una
lista di “poetini” alla
penna poco inclini. (Meglio andar piano col verso strano quando non usa seguir la Musa!) Primo
in lista esser potrebbe Il
Flemmatico BARBUTO che
se un dì la vena ebbe nel
banale è ormai caduto ed
è forse perché eccede nel
poltrire su alla sede. (Che sia la luce che lo conduce verso l’intoppo del verso zoppo?) Aggiungiamo nell’elenco degli oscuri rimatori anche un tipo un po’ sbilenco che la rima pare ignori ma che in fondo – rendo onore – nello scrivere è il migliore. (Sarà
il suo cane che
le balzane rime compone per il padrone?) |
Terzo vate deprimente noi poniam lo scribacchino gran poeta lui si sente quando torna al paesino! Ma la briscola e il tresette Scriver carmi non permette. (Resta
di certo scrittore
esperto ma
del copiato certificato!) E per chiudere si tratta di quel tal cartavelina che la stessa carta imbratta ma senz’arte sopraffina: il poeta sol può fare chi non usa scimmiottare. (Non
è il salume il
vero nume della
poetica e della metrica!) LEGGENDA CONCLUSIVA Un giorno un rospo – sotto la luna Incontra un verme – sul suo cammin. Disse la bestia – “Verme che fai?” rispose il vermine – “Vado a poetar in fondo ho letto – certe panzane affisse al vetro – di un certo bar se scrivon loro – caro il mio rospo tu sei il Petrarca – col gracidar” Rispose il rospo – “Buona fortuna ci dia la fredda
- luce lunar ma porta tutto – a Campagnatico dove quest’arte – sanno apprezzar; io già ci vinsi – trofei e coppe col nauseabondo – mio gracidar e ti confesso – schifosi versi non ho mai letto – peggio di quei che sono affissi – spero per burla là nella piazza – là dov’è il bar. CECCO ANGIOLIERI |
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Questa composizione fu presto identificata come opera del dr. Mario Cavalli,
nipote di Trento e quindi di origini Campagnatichesi, ma che a Campagnatico si
trovava per lavoro, come Guardia Medica, in quell’estate.
Il primo a rispondere, anche
se non direttamente chiamato in causa (o forse proprio per questo) fu Paolo
Pacchiani, del resto facilmente riconoscibile per la sigla P44M.
Il Controspionaggio
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Per scoprire il gran mistero del poema incriminato, per un giorno tutto intero i Rioni han rastrellato, ed infine hanno concluso che si tratta di un intruso che si deve smascherar Alla Pieve sono tutti sconquassati dall’ardore: “Questi versi erano brutti?” si domandan con furore; “Venga avanti il sovversivo!” infuriato bercia Ivo “ ..e vedrai che fin farà!” Proseguendo andiamo in Piazza, dove il Centro è in gran subbuglio: “Questa cosa invero è pazza… sarà opera di Tuglio…” Gianni e il cane incavolati, stanno in casa rinserrati: “Non poeteremo più!” |
Al giardin del Mercatale c’è un gran correre di gente; “E’ un insulto assai triviale…” dice il Brutto ch’è furente “ …sbertucciare in un libello Edoardo il menestrello, ma, per Dio!, vendetta avrà!” Una voce circolante si diffonde con rumore: non si sa chi sia il mandante, ma si parla di un dottore che, deposta la sua toga, con repente, insana foga in poeta si mutò. MORALE: Tra siringhe, penne e viole il dottore si trastulla; faccia pure come vuole la vendetta ognuno culla; su chi osò levar le mani sui poeti maremmani folgorante ricadrà. |
Ma non poteva mancare, e non
mancò la pronta e pepata risposta di Odoardo Bacciarelli, che, pensionato a
Roma, era il protagonista delle estati, che trascorreva nella sua Campagnatico.
Risposta non firmata, ma
dallo stile inconfondibile.
I poveri ignoranti
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Un ignoto
“untorello”dozzinale, che fa sfoggio di
rara erudizione, ha composto un
garbato madrigale infarcito di boria
e presunzione. Ma perché scomodar le menti dotte? E’ meglio il vino della propria botte! “Fior di mortella a Campagnatico la vita è tranquilla ci vogliono inquinare pure quella!” Ha combinato una gran confusione, Metastasio, Petrarca, il Canzoniere, Esopo e Perrault. Che minestrone di dottrina, di genio e di sapere! Ma perché scimmiottar le menti dotte? E’ meglio il vino della propria botte! “Fiore di melo la modestia è un dono molto raro! I ragli dei somar non vanno in cielo” |
Con la nota squisita cortesia Campagnatico accoglie i forestieri anche se ignoran prosa e poesia, pur se non sono dei Cecco Angiolieri. Ma perché nominar le menti dotte? E’ meglio il vino della propria botte! “Fiorin fiorello se del pollaio si crede essere il gallo i polli hanno, si sa, poco cervello!” La polemica, amici, non ci piace; lo sfottimento che sia intelligente anche se a volte sembra un po’ mordace non offende né il cuore né la mente. Se della mela noi mangiamo il “crospo” attento Cecco! Puoi ingoiare il rospo! “Fiore d’avena la boria è una cosa molto strana coloro che ce l’hanno fanno pena” |