Berserk

 

 

L'epos di un mondo crudele, sconvolto da un fato senza speranza, nel manga culto del 2000.


 

 

 

 

 

 

 

*Attenzione, il testo fa riferimento a fatti e personaggi della prima edizione Planet, perciò, se stai leggendo l'edizione Collection, sappi che ci sono spoilers.

Nel 1996 la casa editrice Planet Manga pubblica il primo numero di Berserk, scritto e disegnato da Kentaro Miura, un mangaka allora del tutto sconosciuto in Italia. L'opera non suscita in un primo momento grandi reazioni, in fondo sembra la classica storia del solito antieroe in cerca di un'oscura vendetta. Presto però il manga riesce a conquistare un numero crescente di lettori, fino a diventare una della pubblicazioni di maggior successo in Italia.
La vicenda narra di Gatsu, detto il guerriero nero, e del suo peregrinare in un medioevo fantastico alla ricerca di un fantomatico Phemt, membro di una casta di semidei, con il quale sembra avere molti conti da saldare. Questa ricerca è costellata da una serie di incontri inquietanti: mostri che per ragioni oscure perseguitano l'eroe, uomini e donne che rivelano la loro bestialità nei momenti più impensati, bambini spettrali dal ruolo misterioso, strani amuleti che in realtà sono chiavi per un'altra dimensione ecc...
L'autore però non si limita ad immergere il lettore in atmosfere violente ed oscure, già a cominciare dal quarto volume (della prima edizione italiana) inizia infatti un viaggio a ritroso, alle radici dell'odio di Gatsu, nel quale Miura dà una prova tangibile della sua abilità di narratore, della sua capacità di scavare nella psiche umana e di creare personaggi indimenticabili, nel bene e nel male.
E' a partire da questo lungo flashback che Berserk vola, superando tutti i cliche del genere e rivelando di essere qualcosa di più di una mera ostentazione di teste che volano e cervelli spiaccicati. Non solo, ma è proprio in questi capitoli che comincia la saga di Gatsu e Griphis, attraverso cui dovrebbe incarnarsi l'eterna lotta tra bene e male. Ma ogni prospettiva usuale viene continuamente rovesciata, poiché il complesso universo di Berserk non permette nemmeno ai simboli più familiari di assumere una funzione rassicurante. Ne è l'esempio più eclatante il continuo scambio di significati tra bianco e nero, luce e tenebre. Ecco, perciò, che l'eroe della vicenda è un guerriero nero, la cui lotta contro il male ha la forma di un delirio sanguinario, durante il quale egli sembra identificarsi, anzichè contrapporsi, alle forze oscure che lo perseguitano: l'uomo che combatte le tenebre è fatto egli stesso di tenebre. D'altro canto Griphis, il male in un'accezione fuori dal comune, è sin dal principio un essere baciato dalla luce, il bianco è il colore che sottolinea la sua figura (i capelli, i vestiti) e tutte le tavole che lo vedono protagonista si distinguono per i retini che creano quasi degli effetti lente. Solo nella sua trasformazione in Phemt, si ammanta di colori scuri, ma poi risorge di nuovo come falco di luce (almeno apparentemente), recuperando una forma che cela ancora una volta la sua disumanità.
Ancora più interessante, è però la dialettica tra bellezza e mostruosità, una contrapposizione che sembra compendiare le tematiche fondamentali di Berserk. Basti considerare l'eclisse, cioè la festa sacrificale in cui vengono consacrate le vittime della Mano di dio: durante tale cerimonia il corpo delle vittime e dei carnefici è sottoposto ad un processo di trasformazione che è il segno di un passaggio dal piano del mondo umano a quello di una dimensione ultraterrena. Il Bejelit stesso (l'amuleto che fa da chiave all'universo parallelo della Mano di dio) appare come la metafora più evidente di questa macerazione fisica, la sua forma di volto distorto, infatti, allude alla condizione primaria attraverso la quale si può accedere al piano della realtà semidivina: la consunzione di ogni traccia di umanità, attraverso la distruzione del corpo e della bellezza. Nell'universo crudele di Miura l'uomo non è assolutamente fatto ad immagine e somiglianza di Dio, anzi diventa simile a Dio solo quando, assumendo una forma mostrusosa, si aliena dall' umanità.
Viene da chiedersi, perciò, che razza di divinità sia questa di Berserk se ogni suo sfiorare il mondo si risolve in una perdita lacerante delle peculiarità umane. L'universo fantastico di Berserk appare, da questo punto di vista, retto da un unico principio e questo principio è di una crudeltà inaudita. Inoltre, questo stesso volere divino assume la funzione di un fato non solo spietato, ma anche imperscrutabile ed immutabile. Secondo le parole del Cavaliere del Teschio il mondo non è altro che il riflesso fisico di una realtà immateriale, i cui i giochi si sono già svolti in passato e sono destinati a ripetersi in modo ciclico nel futuro. All'interno di questo tempo circolare la funzione dell'uomo, finisce per ridursi a quella di una pedina costretta a compiere sempre le stesse azioni, in vista degli stessi avvenimenti che finiscono sempre per sopraffarlo.
Ma, in questa visione cupa, in cui non è l'uomo "a decidere il programma della festa", i due antagonisti del racconto, Gatsu e Griphis, assumono una funzione del tutto diversa rispetto agli altri personaggi del manga. Di fronte alla massa degli "agnelli ciechi", cioè di coloro che subiscono l'eterno alternarsi delle vicende, deciso in un altrove fuori dal tempo e dallo spazio terreno, Griphis è "il signore del desideri", cioè colui che in tutta la sua esistenza persegue un sogno che coincide perfettamente con i disegni della divinità, mentre Gatsu è l'eroe della resistenza, e il senso della sua figura si legge in questa sua incessante ribellione, che finisce per provocare mutamenti imprevisti nella realtà materiale. Entrambi, comunque, scelgono liberamente il loro destino. Anzi, se consideriamo il tutto in un senso più generale, essi finiscono per rappresentare i due diversi modi attraverso i quali l'uomo può manifestare la propria libertà: o agire come se la propria volontà coincidesse perfettamente con quella del destino, pronunciando una sorta di ininterrotto sì, oppure opporsi ad esso in un duello eterno e senza sosta.
Alla fine, perciò, Gatsu e Griphis incarnano una contrapposizione esistenziale radicale: la vita come lotta perpetua o come mistico abbandonarsi ad una volonà suprema. E dopo anni dalla pubblicazione del primo numero mi chiedo se Miura deciderà di dare il sopravvento ad una delle due concezioni o se troverà un modo (e ciò sarebbe più nello stile orientale) di giungere ad una inaspettata sintesi.

by Pec-chan

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