Improvvisamente il vento cessò, come per incanto. La sabbia ci colpiva solo lungo le gambe, ma dalla vita in su l’aria era libera e respirabile.
Eravamo giunti fuori dalla portata delle raffiche, ormai in vetta alla duna. E lo spettacolo che avevamo ai nostri piedi era di quelli che non si possono raccontare senza brividi d’emozione.
In direzione del mare si stendeva un immenso banco di sabbia fluttuante nell’aria, che copriva lo stretto braccio di mare che separa le dune dai banchi di sabbia all’imbocco della baia. Più oltre un blu colbalto regalava alle acque uno splendore da cartolina, mentre la spuma bianca delle onde che s’infrangevano sul promontorio di Cap Ferret sembrava fior di panna venuto a guarnire una gigantesta torta nuziale.
Sull’altro versante della duna la foresta si stendeva a perdita d’occhio, immune dalla tempesta di sabbia e placida nella sua secolare presenza fra quelle coste ondulate. E noi là sopra, come su un nuovo Olimpo ad osservare il mondo, esausti per la fatica e le vessazioni subite, ma consci d’uno spettacolo irripetibile e senza eguali.
Ci sedemmo sul crinale, stringendoci forte l’uno all’altra e restammo assorti ad ammirare uno spettacolo irripetibile della natura.

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