Quando le dune si vogliono nascondere alla vista


Il vento soffiava forte, spingendo la sabbia in volute fantasiose ed assai fastidiose per chi si fosse messo in cammino su quella spiaggia. Il mare sembrava rifiutare ogni colore, apparendo solo grigio sotto il baluginare della sabbia che lo ricopriva in gran parte. Noi camminavamo piegati in due, con le mani aperte davanti agli occhi per cercare riparo dalla sabbia e senza parole in bocca, già troppo inoastata dai minuscoli granelli dorati.

Era stata una follia mettersi in cammino quel giorno. Già dalla spiaggia de Le Petite Nice avevamo intuito la portata della tempesta, ma entrambi volevamo arrivare alla meta, e farlo costeggiando il mare ci era parso il modo migliore per restare stupefatti di fronte alla maestosità di quella meraviglia che poco oltre ci stava attendendo.

Dopo un lungo camminare, frustati dalle raffiche di sabbia umida, capimmo che avevamo fatto tanta strada per niente. Ormai dovevamo essere ai piedi di quel gigante di sabbia, ma le condizioni del tempo c’impedivano persino di distinguerne i contorni.

La prudenza c’avrebbe consigliato di tornare sui nostri passi e trovare riparo da quel supplizio inferto ai nostri corpi, ma non avevamo fatto tanto strada per nulla. Sicuri d’aver ormai raggiunto il limite meridionale delle dune lasciammo il mare per inoltrarci veso l’interno.

Non avevamo sbagliato i nostri calcoli. Dopo pochi metri la sabbia cominciava ad impennarsi, costringendoci ad un’erta salita che metteva a dura prova la nostra resistenza fisica. Seguendo il consiglio di chi c’era già stato affrontammo la scalata diagonalmente, per renderla meno dura e giungere prima alla vetta più alta.
Intanto il sibilo del vento si faceva sempre più forte e penetrante nelle orecchie, ormai ricolme di sabbia tanto da impedirci di sentire qualunque voce, quand’anche il vento avesse cessato improvvisamente di soffiare ed assordarci.

I passi si seguivano lenti ma decisi e ben presto ci rendemmo conto che nulla più avevamo come punto di riferimento. Il mare era scomparso sotto di noi, alla nostra sinistra, e la vetta di quella duna ancora ci era nascosta dal turbinio della sabbia.
Avremmo potuto trovarci in mezzo ad un deserto senza nemmeno saperlo, e questa era senz’altra l’impressione più vicina al vero che avemmo in quel momento. Ma ormai avevamo fatto così tanta strada che fermarci proprio lì ci parve un’assurdità. Senza perderci di vista proseguimmo a capo chino, sputando di tanto in tanto la sabbia che impastava la lingua e la gola.

Improvvisamente il vento cessò, come per incanto. La sabbia ci colpiva solo lungo le gambe, ma dalla vita in su l’aria era libera e respirabile.
Eravamo giunti fuori dalla portata delle raffiche, ormai in vetta alla duna. E lo spettacolo che avevamo ai nostri piedi era di quelli che non si possono raccontare senza brividi d’emozione.
In direzione del mare si stendeva un immenso banco di sabbia fluttuante nell’aria, che copriva lo stretto braccio di mare che separa le dune dai banchi di sabbia all’imbocco della baia. Più oltre un blu colbalto regalava alle acque uno splendore da cartolina, mentre la spuma bianca delle onde che s’infrangevano sul promontorio di Cap Ferret sembrava fior di panna venuto a guarnire una gigantesta torta nuziale.
Sull’altro versante della duna la foresta si stendeva a perdita d’occhio, immune dalla tempesta di sabbia e placida nella sua secolare presenza fra quelle coste ondulate. E noi là sopra, come su un nuovo Olimpo ad osservare il mondo, esausti per la fatica e le vessazioni subite, ma consci d’uno spettacolo irripetibile e senza eguali.
Ci sedemmo sul crinale, stringendoci forte l’uno all’altra e restammo assorti ad ammirare uno spettacolo irripetibile della natura.




Se desideri lasciare anche tu un commento sul racconto che hai appena letto clicca sul pulsante a destra, indica il titolo del racconto che vuoi recensire eppoi scrivi ciò che desideri.