CENNI BIOGRAFICI


1915 - Il 15 luglio nasce a Belluno Francesco Vedoà da Giosuè, impiegato della Sade, e Maria Antonia Zottolo. E' il terzo figlio, dopo Antonio e Maria Luigia, e da subito tutti lo chiamano Marco, affettuosamente "Marchetto".
1921 - Francesco inizia a fequentare la scuola elementare.
La famiglia abita nel dinamico quartiere di Borgo Pra, a ridosso del centro.
1926 - E' iscritto ai Corsi Triennali della Scuola Complementare.
1929 - Per volontà del padre frequenta la Scuola Industriale Statale, ma interrompe presto gli studi. Non è la scuola per lui.
1931 - Comincia a disegnare con libertà di tratto e di intenti, come confermerà negli anni '90 la sorella Maria Luigia. Col fratello visita più volte il Museo Civico, dove ammira particolarmente la Madonna col bambino del Montagna e Neve a Venezia del Caffi.
1933 - Lavora saltuariamente come aiutante tipografo e nei laboratori artigiani di Borgo Pra.
1935 - Con una insegnante visita Firenze e gli Uffizi, che lo lasciano ammaliato. Frequenta (pare) la bottega artigiana di Giordano Bruno Rossa, in via Garibaldi.
Dal 7 settembre è soldato di leva presso il Distretto Militare di Belluno, lasciato in congedo illimitato.
1936 - Il 20 aprile, chiamato alle armi, è inviato al Distretto Militare di Torino, distaccato a Cumiana, per oltre due mesi. Al rientro è caporale di fanteria.
1937 - Il 20 agosto è caporale maggiore al Distretto di Belluno. Da allora è vincolato da continue chiamate ed esercitazioni.
1938 - In giugno muore la madre Maria Antonia, alla quale dedica vari disegni e studi per ritratto.
In settembre il Duce si reca in visita a Belluno.
1939 - Di giorno lavora nelle "officine" artigiane. La sera segue con profitto i corsi di disegno alla Scuola Superiore di Pittura, promossi dalla Società Nazionale "Dante Alighieri". È il periodo in cui studia approfonditamente i pittori bellunesi e i classici del Rinascimento.
Disapprovato dai figli, il padre si risposa e si trasferisce a Feltre per alcuni anni.
1940 - Il 22 maggio, richiamato alle armi, risulta aggregato al 55° Reggimento Fanteria "Marche", mobilitato nel territorio italico e nel Montenegro.
1941 - Il 7 aprile si trova a Bari e lì viene imbarcato alla volta di Durazzo, in Albania. Proviene dal Distaccamento Militare di Brienza, in Lucania, dove ha completato un breve periodo di addestramento. Viene destinato a Trebinje e a Niksic, e da lì nel presidio di Plana, dove subisce l'assedio delle forze partigiane di Tito e viene ferito.
1942 - In gennaio è considerato disperso, ma di lì a poco è liberato dal 56° Reggimento Fanteria, da reparti cetnici e dalla Divisione "Julia" che proviene decimata dal fronte greco-albanese.
Il 23 febbraio, rimpatriato, è ricoverato all'Ospedale Militare di Rimini. Seguono brevi periodi di convalescenza e nuovi ricoveri. In agosto ritorna definitivamente al suo vecchio Reggimento di Treviso e Possagno, dove svolge servizio di infermiere.
1943 - Con l'8 settembre, dopo il generale sbandamento delle forze armate regie, ritorna a Belluno e si dà alla macchia sulle montagne con le nascenti forze partigiane.
Per qualche tempo fa il minatore e, quando può, disegna e approfondisce le tecniche della ceramica e del mosaico.
1944 - E' inserito nella brigata garibaldina "Pisacane". Il suo nome di battaglia è "Silvio" e dal primo giugno al trentuno dicembre fa parte del Comando Piazza di Belluno, con la qualifica di "Partigiano Combattente". In ottobre è denunciato alla Gendarmeria Germanica per la sua attività clandestina ma, risultando dipendente dell'Impresa Edile "Dal Mas", evita il carcere.
Dipinge il suo Autoritratto più significativo.
Sui monti dell'Alpago conosce Emilio Vedova, che nel 1942 ha aderito a "Corrente".
1945 - Dal primo gennaio al primo maggio è comandante di Distaccamento. In marzo, in Piazza "Campedel" a Belluno (oggi Piazza dei Martiri), vengono impiccati gli ultimi quattro partigiani detenuti nelle carceri cittadine.
In maggio termina il secondo Conflitto Mondiale nel settore europeo. L'artista ne esce invalido e profondamente provato. In agosto esplodono le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki.
A Borgo Pra conosce Armando Bettiol, che lo raccomanda a suo padre Francesco Giorgio, Presidente della Camera di Commercio, per un impiego alla redazione "Dolomiti". L'ambiente gli è ostile e, insofferente agli orari, vi rimane pochi mesi. Ormai le sue idee sono chiare: vuole fare l'artista, ché nei disegni e nelle decorazioni ceramiche già lo è.
Sono di questo periodo le prime capatine nel veneziano e i lavori più disparati, compreso quello di alienatore di residuati bellici nei famosi campi "Arar" del bellunese.
1946 - In primavera si esaurisce l'attività dei campi "Arar" e Vedoà si dedica esclusivamente alla pittura preparando i primi quadri figurativi e "semiastratti" per la prima mostra personale. Conosce l'avvocato, giornalista e critico d'arte Nani Bianco, che sarà sempre suo sincero amico e sostenitore.
A Belluno rivede Emilio Vedova, che in febbraio ha firmato il manifesto "Oltre Guernica" o del Realismo.
A Venezia nasce il primo ottobre la Nuova Secessione Artistica Italiana, poi Fronte Nuovo delle Arti, a cui, oltre a Vedova, aderiscono gli aristi "veneziani" Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso e Alberto Viani.
Si intensificano i soggiorni dell'artista a Venezia e nella Riviera del Brenta. A Mira (VE) conosce Giuditta Nardin, una giovane sfollata di Burano (Treporti) che sposerà nel '57 e che gli darà due figli.
1947 - Stabilmente trasferito nella villa dei Bettiol a Marano di Mira, è più facile trovarlo a Dolo, a Mirano, oppure a Venezia e Padova, in cerca di stimoli e di amicizie. Ad una mostra dolese conosce il cav. Mario Novello, buon ceramista ed esperto di arte moderna, che l'anno dopo sarà Direttore di Segreteria della rinata Biennale di Venezia.
Appaiono i suoi primi quadri astratti di una certa rilevanza.
Con l'aiuto dell'amico Bettiol, organizza una grande mostra personale al Caffè "Manin" di Belluno, dove espone con successo opere grafiche, realiste ed impressioniste tra cui Pioggia e Paesaggio autunnale.
Disapprova la chiusura della rivista "Il politecnico" di Elio Vittorini.
1948 - Apre a Venezia la XXIV Biennale Internazionale d'Arte, cui partecipa il Fronte Nuovo delle Arti, già prossimo alla crisi. L'artista visita ripetutamente l'importante rassegna e si avvia sempre più verso una ricerca libera, sia astratta che realistico-espressionista. E' però la ceramica, non la pittura, a fare da padrona in questi difficili anni di esordio e proprio da quest'arte, appresa prevalentemente a Bassano del Grappa, ottiene le maggiori soddisfazioni.
1949 - A Venezia, come a Belluno, subisce le prime esclusioni dalle manifestazioni artistiche ufficiali.
Le incomprensioni e le ristrettezze economiche lo portano ad affrontare tematiche religiose e introspettive.
1950 - Le divergenze tra Realisti e Astrattisti sono per lui strumentali e motivo di rabbia, ed hanno l'effetto di dividere e limitare la libertà di espressione. La sua posizione autonoma, polemica e "fuori corrente" lo isola da tutti. Per vivere affronta vari lavori di pittura e affresco in sedi pubbliche e private e perfeziona le tecniche del ritratto.
A Venezia visita la Biennale, dove conosce Armando Pizzinato e Giulio Turcato, scopre i Fauves e i pittori messicani. Vede opere di Matisse, Kandinsky, Ensor, De Kooning, Gorky e Pollock.
1951 - Sollecitato da Novello, e con l'aiuto economico dei fratelli, si reca a Roma dove visita i Musei Vaticani e la mostra "Arte Astratta e Concreta in Italia", organizzata presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna.
A Venezia, a seguito della mostra collettiva di artisti Bellunesi e Feltrini allestita dal 14 al 27 luglio presso la Galleria Bevilacqua La Masa (a lui tristemente negata), conosce o rivede Bassetto, Cavinato, Milano e Pradella. In precedenza a Belluno ha avuto contatti con Murer, Piccolotto, Tomea e Zigaina.
Ispirate o forse provocate da Bassetto e Fiume, ma anche da studi su Freud, Tomea e Dalì, appaiono le sue prime opere surrealiste di evidente tensione espressionista. Come aveva affermato Savinio (1891 - 1952) nel '40, anche per Vedoà "il surrealismo è il terrore interno dell'uomo" ma, fin dall'inizio, è anche una "metafisica" intuita, di tipo bergsoniano, che non ha eguali in Italia.
Un interessante Autoritratto mostra influenze surrealiste, cubiste ed espressioniste.
È l'anno dell'alluvione del Polesine, che produce desolazione e danni anche nella Riviera del Brenta.
1952 - Partecipa alla XXVI Biennale di Venezia, dove passano le sue ceramiche (non gli oli), esposte nelle sale dell'Opera Bevilacqua La Masa. Nella circostanza è notato dai critici d'arte R. Clermont, P. Millet e L. Ferrante, che colgono in pieno i caratteri espressionistici della sua arte.
Appare il suo primo disegno firmato di Deposizione, ispirato a Rosso Fiorentino, prototipo di tanti studi e lavori di carattere religioso.
In novembre aderisce alla IV Mostra Nazionale Selettiva dell'Artigianato Artistico, organizzata presso il Centro "Angelicum" di Milano, dove ha i primi scontri con i mercanti d'arte.
Nei primi giorni di dicembre allestisce una mostra personale al "Manin" di Belluno.
Nello stesso mese, in occasione della 40a Collettiva della Galleria Bevilacqua La Masa, conosce a Venezia Tancredi Parmeggiani, che vince il I Premio ex aequo per la pittura.
1953 - Una insolita mostra "itinerante" lo porta a Parigi e Lugano. L'esperienza, unica, fin troppo breve e misteriosa, quanto utilissima, gli permette di visitare il Louvre e di documentersi su Picasso, Cézanne, Matisse e sulla critica d'arte francese (Zola - Breton). Si sente attratto dalla vita e dalle opere degli artisti "bohémiens".
A fine dicembre, sostenuto dal Bianco, ritorna con una mostra personale al Caffè "Manin" di Belluno, dove espone, tra l'altro, Maschere e La pecora, d'influenza picassiana, e opere (sembra) ispirate a Kandinsky e al Blaue Reiter.
Boccia decisamente i "sacchi" di Burri e il semplicismo pittorico di tanti colleghi. Per lui la "sintesi delle arti" di Bruno Munari è una follia. L'arte pura non può confondersi con la produzione di serie (o l'industrial design).
1954 - Partecipa alla XXVII Biennale di Venezia, che ha per tema principale l'arte "fantastica" e surrealista, e che vede Max Ernst vincitore del I premio.
Alcune opere espressioniste sottratte alla critica ufficiale (Il ghigno della barbarie, I fiori della guerra, Sparviero dell'atomica, Ploranti) lo avvicinano al Gruppo degli Otto, nato dallo scioglimento del Fronte Nuovo, e più ancora al Gruppo Cobra, riconosciuto rappresentante dell'espressionismo internazionale.
Di quest'anno sono i pregevoli pannelli in ceramica Visione veneziana e Visione urbana, tratti da precedenti lavori a tempera ed olio.
Dal 4 al 9 settembre aderisce alla V Mostra Nazionale della Ceramica, Concorso "Nove 1954", organizzata presso la Fiera di Vicenza.
1955 - Dal 20 febbraio al 5 marzo è presente con tre pannelli (Visione veneziana, Natura morta e Composizione astratta '54) alla I Mostra Triveneta della Ceramica Artistica Contemporanea, organizzata a Palazzo Ariston dal Circolo Artistico di Cortina d'Ampezzo.
Produce tempere decorative, oli a tema sociale, satirico e religioso, vari soggetti surrealisti e una quantità di disegni e chine ispirate alle 14 stazioni della "Via Crucis".
Lascia incompiuti gli ultimi autoritratti che ha imparato a riprendere da gigantografie.
Una sua opera è donata al neo Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, in visita ufficiale a Belluno.
1956 - In gennaio partecipa alla Mostra Collettiva "Artisti Italiani Contemporanei", organizzata al Caffè "Manin" sotto il patrocinio dell'Ente Provinciale per il Turismo.
In giugno apre la XXVIII Biennale Internazionale d'Arte. L'artista vi presenta opere di vario genere di tendenza astratto-espressionista, ma solo le ceramiche (ad esempio Motivo n. 3) ottengono fortuna.
Nasce la prima bozza in due versioni del Cristo pazzo, come in seguito sarà chiamato dalla famiglia. E' la sua risposta al realismo sociale di Guttuso e alla chiusura della rivista "Realismo".
1957 - In maggio apre a Belluno una grande mostra personale calorosamente esaltata da Glauco Giusti.
I fatti di Ungheria lo turbano molto e contribuiscono a mitigare il suo rigore politico e morale.
Appaiono le sue prime opere astratte e gestuali di nuovo impianto, sintesi delle esperienze fatte con le chine, gli acquerelli, le tempere, il "grattage".
Il Cristo pazzo, troppo forte e visionario, è escluso da una mostra collettiva locale.
Il primo dicembre, contro ogni aspettativa, si sposa nella Chiesa Arcipretale di Mirano (VE).
1958 - Aderisce alla XXIX Biennale veneziana, ma l'ennesima esclusione degli oli a beneficio delle ceramiche lo spinge a ritirarsi. Il fatto è clamoroso, ma nessuno lo rileva.
Nasce il figlio Giosuè.
Si entusiasma per l'elezione di Papa Giovanni XXIII, già Patriarca di Venezia.
1959 - Sperimenta varie tecniche di pittura e grafica. Realizza Composizione astratta, a tecnica mista, Meteora, di tendenza informale, e la sua Pietà più riuscita, di ispirazione michelangiolesca.
Riscopre la scultura lignea, che in breve prende il posto della "fragile" ceramica.
Il 19 dicembre, nella città patavina, apre alla Galleria "Pro Padova" la più grande mostra personale, dove figurano opere surrealiste, metafisiche e astratto-espressioniste che vengono notevolmente apprezzate da Gastone Sartori.
1960 - A Venezia è l'anno dell'Informale, che consacra la crisi dei valori storici e universali.
L'artista, fortemente critico verso la società civile, il mercato dell'arte e la scadente qualità artistica, medita il ritiro dalla vita espositiva.
Durante l'estate, lavora a un gigantesco pannello decorativo presso l'Hotel "Las Vegas" di Jesolo.
A Milano scompare Tomea, cinquantenne.
Nasce la figlia Amabile.
In ottobre partecipa con due opere ad olio (Quartiere povero del 1958 e Calvario del 1959) alla Rassegna di Autori Comprovinciali Contemporanei, organizzata nel Museo Civico di Belluno.
1961 - In luglio tiene a Belluno l'ultima mostra personale nella quale - sono parole del Giusti - "sa dare una forma allo sgomento, all'angoscia, alla disperazione, colle visioni delle sue martoriate città".
Porta a termine Cervello elettronico, composizione a tecnica mista concepita l'anno precedente e temporaneamente abbandonata. Di modeste dimensioni, ma assai significativa, è l'esempio più alto di una nuova pittura, frutto del cosiddetto "astrattismo rovesciato", dove l'astrazione torna a ricomporsi e il gesto appare controllato.
Con la stessa tecnica inizia la creazione di nuovi studi di Città che pochi, però, riescono a vedere, e ai quali contrappone le misteriose Composizioni astrali informali, fortemente materiche, spesso non firmate né datate.
1962 - L'anno è ricchissimo di sperimentazioni e opere notevoli, ma mancano all'artista la volontà e le occasioni per mostrarle.
A Venezia visita due volte la personale di Gianni Dova, che ammira incondizionatamente.
Si intensificano i problemi familiari e la salute comincia a risentirne.
1963 - Avvia la riproduzione su grandi pannelli degli studi di Città, di alcuni temi relativi alla Resistenza (ad esempio Gli sbandati) e di varie composizioni a tecnica mista. E' un lavoro pregevole e distensivo, ma le difficoltà familiari, l'isolamento e i tristi avvenimenti di quell'anno (il 3 giugno muore Papa Giovanni XXIII; il 9 ottobre avviene il disastro del Vajont; il 22 novembre viene ucciso il Presidente degli Stati Uniti J. F. Kennedy) lo gettano in una depressione preoccupante.
1964 - E' forse il suo anno più nero e anonimo. Malato, sfiduciato, ignorato dai più, vive periodi di autentica clausura, in netto contrasto con la sua natura aperta, socievole e curiosa.
Legge molto e scrive lettere, mentre alla pittura riserva poco tempo.
Il Bettiol mette in vendita la villa rivierasca e l'artista, che ha già subito più volte il pignoramento della mobilia, vive sotto l'incubo dello sfratto.
Dei due pannelli decorativi (per ingresso) che riesce a completare in questo periodo, Mascherata e Festa sul mare, il primo gli viene sequestrato.
In agosto scoppia la guerra del Vietnam, dall'esito apparentemente rapido e scontato.
In settembre muore Tancredi a Roma, suicida. Ha trentasette anni.
1965 - Produce molte opere materiche e a tecnica mista, spesso cupe e inquietanti, alternate a splendidi paesaggi, fiori e ritratti su commissione.
Cresce il numero di amici, ammiratori e colleghi che frequentano la sua casa. Da tutti è considerato un maestro e un riferimento.
1966 - In primavera (sembra) rinuncia ad una mostra personale che i coniugi Disarò si offrono di organizzargli a Lugano, dove risiedono.
Tra l'estate e l'autunno dipinge la serie strepitosa dei fiori (Es. Fiori secchi) e alcune "ardenti" composizioni a tecnica mista (Rogo). In novembre dipinge Alluvione, opera materica ispirata all'alluvione di Firenze e Venezia, e qualche tempera su faesite sullo stesso tema.
Inizia la scultura lignea Senza titolo (Forma 2) (h. cm. 116,00).
1967 - In marzo, colpito da infarto, muore improvvisamente il fratello Antonio.
Esegue Croce in due originali versioni, e Cataclisma, di sconvolgente attualità.
1968 - L'artista decide di riprendere l'attività espositiva. Fra le cause determinanti, le rivolte sociali del paese e l'uccisione negli Stati Uniti di Martin L. King.
Completa le sculture lignee Dinamismo, Preda, Lotta - abbraccio e realizza gli oli a tecnica mista L'occhio del ciclone e Città.
Approva incondizionatamente la primavera di Praga e lo sforzo di democratizzazione socialista di Alexander Dubcek.
In luglio aderisce alla mostra mirese con Clauco B. Tiozzo, dove espone tra l'altro Esplosioni, Maternità e varie composizioni senza titolo.
In agosto, alla Mostra Collettiva di Marano di Mira, esibisce Chiesetta, segno inconfondibile dei tempi nuovi e della riacquistata fiducia in se stesso.
Il 7 settembre, a Comabbio (Varese), muore il pittore e ceramista Lucio Fontana.
1969 - Dipinge Natura morta, Turbini e le due tempere Idea spaziale e Cervello.
Con atto notarile del 17 novembre acquista Villa Bettiol, che paga con alcuni quadri ed una modesta somma di denaro.
1970 - Crea Città contemporanea, opera a tecnica mista che vende immediatamente e che, con la guerra, rappresenta l'ultimo prodotto del suo incubo più grande.
Viene eletto Consigliere Comunale a Mira e l'attività artistica subisce un forte rallentamento.
Dirige di persona i restauri della casa da poco acquistata.
1971 - Con Novello programma una grande mostra a Venezia, che rimane però sulla carta.
Nelle prime ore del 16 maggio, infatti, muore improvvisamente, colpito da emorragia cerebrale.
Alla moglie Giuditta e ai figli lascia Villa Bettiol stracolma di opere incredibili, scelte con cura e tutte da interpretare.

(Testo di Paolo Meneguzzo).

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