Lettere dall'Asia - Tibet: ulteriori approfondimenti (Kuala Lumpur, 22 marzo 2008)

Lettere dall'Asia - Cina


Tibet: ulteriori approfondimenti (Kuala Lumpur, 22 marzo 2008)

I massacri di Lhasa non sono ancora stati documentati o provati, non c'è dubbio tuttavia sul fatto che il meccanismo della repressione governativa contro i "ribelli" in Tibet si è messo in moto.

Rastrellamenti, interrogatori e incarcerazioni di cittadini tibetani ed espulsione della stampa internazionale (la misura include anche perquisizioni ed eventuale sequestro di materiale "sospetto") sono le ben collaudate tecniche utilizzate dalle autorità.

Consiglio a tal proposito la lettura degli articoli di Francesco Sisci, inviato de La Stampa a Pechino.

Dalai Lama e Hu Jintao

Repressione dura

-------------------------------------------------------------------------------------------

Su alcuni blog sono apparsi commenti con accuse di appartenenza al "partito filo-governativo cinese" all'indirizzo di chi faceva notare la mancanza di fonti e documenti verificabili a sostegno delle tesi sui massacri di Lhasa.

A tal proposito volevo far chiarezza sul mio pensiero in generale. Non sono né un tifoso né un difensore del PCC (Partito Comunista Cinese), non appoggio i metodi repressivi di governi "fascisti" e mi stanno a cuore le cause dei popoli più deboli oppressi dai regimi che non rispettano le culture locali e i diritti umani. Il popolo tibetano è tra questi.

Comprendo e simpatizzo con l'esasperazione di un popolo che si vede forse arrivato all'ultima spiaggia e, con le olimpiadi alle porte, protesta la sua rabbia per attirare sulla propria causa l'attenzione dell'opinione pubblica internazionale. Posso anche arrivare a comprendere, senza approvare, le ragioni degli elementi più radicali che si rendono responsabili di atti violenti nei confronti dei civili Han innocenti.

Ho solo dei dubbi su un aspetto tecnico, di metodo diciamo. Le mie perplessità riguardano l'atteggiamento della stampa internazionale che secondo me ha "abboccato" un po' troppo facilmente alle notizie sulla strage di innocenti tibetani provenienti da una sola fonte, Dharamsala, lontana centinaia di chilometri dai luoghi degli scontri e non disinteressata.

Queste accuse nei confronti del governo di Pechino, se non supportate da documentazione attendibile, potrebbero alla lunga danneggiare proprio la causa del popolo tibetano, alimentando con nuova linfa vitale l'arroganza del PCC. Per non parlare di altri aspetti della questione, relativi alla correttezza e professionalità di una stampa che prende posizioni nette e pubblica cifre senza specificare fonti attendibili.

Nessuno, o per lo meno non io, nega i massacri del passato in Tibet, la censura della stampa, la politica volta a cancellare cultura e tradizioni locali, l'uso da "biologia sociale" dell'immigrazione Han in territorio tibetano. Le mie critiche si riferiscono soltanto al caso specifico. Alle notizie sulla strage, sulle "centinaia di vittime tibetane", sulla polizia che avrebbe aperto il fuoco sulla folla inerme. Accuse molto gravi, che proprio per questo hanno bisogno di un supporto documentabile e verificabile.

Un ultimo appunto a riguardo. Sembra che in rete, tra i commentatori dei blog e dei forum sulla Cina, vi siano agenti e sostenitori del regime di Pechino, che nascondendosi dietro ad una rotazione di anonimi nickname pubblicano interventi atti a disinformare e ad influenzare l'opinione pubblica occidentale. Anche nel blog del Corriere, come suggerisce il curatore Cavalera, ci sarebbero individui del genere.

Chi vi scrive qui non ne condivide le idee e ne disprezza i metodi.

-------------------------------------------------------------------------------------------

Il Corriere della Sera ha pubblicato un articolo del celebre scrittore Bernard-Henri Lévy:

Boicottaggio unica arma

L'articolo ha sollevato un vivace dibattito e alcuni dei lettori hanno chiesto informazioni sulle fonti di alcune affermazioni di Lévy.
Ecco alcuni miei contributi a riguardo.

1) Lo smantellamento dei quartieri popolari del centro di Pechino.

Credo che qui ci si riferisca agli Hutong e all’abbattimento delle Siheyuan, le case tradizionali. Tutto vero purtroppo, a tal riguardo scrissi qualcosa già nel 2005:

Hutong: strutture urbane in via di estinzione

2) L’allontanamento della popolazione non produttiva dalla città.

Questa pratica purtroppo oltre che dal governo cinese sembra essere sistematicamente adottata in altri paesi della regione. Alcuni anni or sono a Kuala Lumpur (Malesia) ebbi un’interessante conversazione con un barbone cristiano, personaggio molto simpatico e colto, che mi spiegò come le autorità provvedevano a “ripulire” la città prelevando forzatamente i senzatetto e portandoli in qualche località lontana dal centro della capitale. L’intento era quello di fornire ai capi di stato dei paesi musulmani, in arrivo a KL per il Summit dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, un immagine della città tirata a lustro e, se mi si permette il termine, “clochard-free”, perlomeno nelle aree che circondano gli hotel di lusso. Tragicomiche le descrizioni degli eventi delle ultime settimane che precedevano il summit e degli espedienti che questo personaggio dalle mille risorse escogitava per sottrarsi alle ronde degli “spazzini-sociali” al soldo del governo. Un resoconto scritto a caldo di quell’incontro si può trovare nel mio diario online:

Il barbone colto

Ancor più grottesca la situazione nella vicina Singapore, le cui autorità hanno una passione ossessiva per pulizia e ordine, in cui è illegale persino masticare (e importare dalla Malesia) le gomme americane, ree di insozzare il suolo sterilizzato, decisamente più igienico della superficie dei tavoli di alcuni ristoranti cinesi. Qui i poveri mendicanti (che si possono incontrare deviando dai tradizionali percorsi turistici) devono essere oltre che infelici pure confusi, trovandosi di fronte ad un regime che, a sentire le dichiarazioni dei media asserviti, nega nella maggior parte dei casi la loro “scomoda” esistenza e poi, una volta ogni tanto e un po’ a sorpresa, li riesuma per scopi “educativi”, additandoli al resto della popolazione come vergogna nazionale. Non sorprende, in una città in cui camminando per la strada, magari di notte quando il traffico è ridotto, si ha l’impressione surreale di essersi miniaturizzati e di essere stati inseriti tra gli elementi di un modellino.

3) Le bidonville a Pechino

In ogni paese le bidonville hanno aspetti e caratteristiche diverse. Di quartieri più o meno degradati a Pechino ce ne sono, magari sono diversi da quelli brasiliani, africani o indiani. Ho letto qualcosa a proposito, sembra ne sia piena la periferia sud, ma qualcuno che vive lì forse può confermare.

4) Le centinaia di vittime della repressione cinese in Tibet.

Qui credo ci si riferisca alle vittime degli ultimi decenni, tutto vero e ampiamente documentato, ma non alle vittime dei recenti scontri e all’apertura del fuoco sulla folla a cui accennava sommariamente Levy. Di stragi a Lhasa durante le vicende degli ultimi giorni non vi sono prove certe. Se qualcuno ha dati e documenti verificabili li fornisca, altrimenti consiglierei di mettere l’argomento specifico on hold e di concentrarsi sugli altri, comunque interessanti e seri, spunti per il dibatto.

5) I dissidenti imprigionati

Facile ricerca in Google, salta fuori di tutto, se ci si collega dalla Cina non so...

6) Le antenne di "disturbo", fornite da una società francese, utilizzate per sabotare le trasmissioni in cinese delle reti radiofoniche inglesi.

La notizia mi è nuova ma, vista l’ossessione del governo per il controllo dell’informazione, non mi sorprende più di tanto.

Vorrei soffermarmi anche sulla caduta di stile di Levy proprio nel finale del suo articolo, quando accusa in modo sommario, qualunquista e generico il corpo atletico olimpico cinese “in blocco”, assolvendo implicitamente quello dei paesi ospiti.

Gli dev’essere pur capitato di leggere qualcosa a proposito della farsa sportiva che ogni anno si ripropone puntualmente al Tour de France, o no?

Indietro

Pagina iniziale

© 2008 Fabio Pulito

pulfabio@hotmail.com