Pubblico di seguito tre post tratti dal mio blog Pagine di diario
Da alcuni giorni leggo articoli, opinioni, blog, forum, commenti sulle vicende del Tibet nei siti delle maggiori testate nazionali e internazionali.
C'è ancora un dubbio che non riesco a togliermi. Esistono testimonianze o notizie provenienti da fonti attendibili, obiettive e possibilmente "in loco" sulle stragi di cui i reparti mandati dal governo cinese si sarebbero resi responsabili?
Cerco e ricerco ma continuo ad imbattermi soltanto nei comunicati provenienti da Dharamsala (tra l'altro anche la maggior parte dei contributi della stampa arriva dallo stesso posto).
L'unico giornalista accreditato presente a Lhasa sembra essere quello dell'Economist. Ma nemmeno lui sinora ha fornito conferma dei massacri.
Le informazioni a disposizione durante gli scontri che ebbero luogo in Birmania lo scorso anno mi sembravano essere più numerose, varie, chiare ed attendibili.
Un grazie in anticipo a chi saprà fornire informazioni utili a riguardo.
Pubblico un mio commento ad un intervento di Fabio Cavalera sul blog La nostra Cina - Corriere della Sera
L'autore riporta nel post un articolo molto interessante a firma del Professor Stefano Cammelli (Fonte Polonews.info)
Ero già intervenuto in precedenza sullo stesso blog sempre sul tema della mancanza di fonti obiettive, affidabili e "in loco" a supporto delle tesi di massacri e stragi di civili di cui le forze dell'ordine di Pechino si sarebbero rese responsabili sulle strade di Lhasa.
Consiglio di leggere l'articolo di Cammelli prima di proseguire con il resto di questo post.
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Finalmente una svolta decisa verso spunti di discussione originali!
Molto interessanti le valutazioni (del Professor Cammelli) sul fallimento delle attività di intelligence del governo centrale sul territorio tibetano. Mi lascia perplesso soltanto l'accenno alla non disponibilità di immagini riguardanti atti di violenza perpetrati dai manifestanti. Immagini chiare ne sono circolate eccome, l'opinione di Cammelli è che non si tratti di atti di violenza. Ognuno ha i propri criteri per valutare se un atto è violento oppure no. I miei e quelli di Cammelli non sono esattamente gli stessi.
Comunque complimenti a lui per il livello elevato e l'originalità delle riflessioni e a Cavalera per aver inserito un contributo di questo tipo nel blog. Mi risulta che questa sia la prima volta che una testata di "fascia alta" (espressione impropria, lo so, spero si capisca cosa intendo) propone una chiave di lettura di questo tipo sugli eventi in questione. La sequenza un po' pedante (per quanto animata da nobili principi) di colpi buonisti e "complottisti" ai fianchi della discussione cominciava purtroppo a indebolire l'interesse del dibattito, non solo sul Corriere.
Devo ammettere tra l'altro di essere rimasto in questi giorni un po' perplesso di fronte alla condanna netta nei confronti di supposte stragi e massacri attuati dalle forze dell'ordine cinesi in reazione alle manifestazioni tibetane. Sia chiaro, il mio non vuole essere assolutamente un tentativo di giustificare quei governi (in particolare quello cinese) che in passato hanno soffocato nel sangue manifestazioni di protesta, peggio ancora se pacifiche. Ma se uno come Cammelli arriva a dire che non c'è "alcuna documentazione fotografica" riguardante atti di violenza da parte dei manifestanti, non ci si dovrebbe interrogare anche sulla mancanza di analoga documentazione riguardante la presunta strage dei manifestanti tibetani? Le centinaia di cadaveri disseminati sulle strade di Lhasa? L'esercito che apre il fuoco su un nutrito gruppo di giovani disarmati?
Avevo già posto una domanda simile in un commento ad un intervento di un paio di giorni fa: esistono testimonianze a riguardo provenienti da fonti affidabili, obiettive e soprattutto "in loco"? O anche anche una che dei tre prerequisiti ne soddisfi almeno 2?
Io per giorni mi sono imbattuto soltanto nei comunicati trasmessi da Dharamsala. Fonte degna di rispetto questa, ma obiettiva? E soprattutto: di prima mano?
L'articolo del reporter di Economist, l'unico accreditato presente a Lhasa, non forniva conferme. Alcune foto apparse in internet non mi sembrano chiarissime, soprattutto se confrontate con quelle che ritraggono le violenze sugli Han. E' vero che il governo di Pechino sta bene attento a non avere tra i piedi scomodi osservatori e giornalisti in Tibet, ma nemmeno qualcuno che abbia scattato qualche foto o girato un video con un telefono e inviato il file via email? O fatto scivolare una SD card in mano ad un turista in fuga verso il Nepal, come ha fatto il monaco col bigliettino consegnato ai due viaggiatori perugini?
Anche in Birmania il governo morde il freno sulla libera circolazione dell'informazione ma le immagini delle violenze dello scorso anno hanno fatto il giro del mondo in poche ore.
I miei sono soltanto dubbi. Non sto cercando di assolvere nessuno, ma mi restano i dubbi.
Non sarebbe meglio focalizzare gli interventi sull'analisi e il dibattito lasciando da parte giudizi netti e inappellabili sul caso specifico almeno fino a quando non salterà fuori qualche chiara "documentazione fotografica", per usare nuovamente le parole di Cammelli? Quando le avremo potremo pure sparare a zero sul governo cinese, ora mi sembra prematuro.
Comunque complimenti ancora per l'articolo. All'autore (Stefano Cammelli) e a chi ha deciso di inserirlo nel blog (Fabio Cavalera La nostra Cina - Corriere della Sera).
Ho dato un'occhiata al sito Polonews.info
Vedo che condivido con chi lo cura gli stessi dubbi a proposito delle fonti da cui provengono le notizie e le cifre riguardanti il massacro.
Confortante. Fino a poco fa pensavo di essere l'unico a stupirsi del fatto che chiunque si riferiva alle "centinaia" di vittime poi citava soltanto i comunicati provenienti da Dharamsala.
Sono convinto che diffondendo notizie del genere senza il supporto di fonti attendibili, obiettive e "in loco" o di documentazione certa, si rischia alla lunga di fare un favore (inopportuno) al governo cinese.
Questa squadra ha dimostrato di essere già forte abbastanza, se ci facciamo pure autogol...
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Altre considerazioni.
C'e' chi contesta con la seguente argomentazione: "a monte di qualunque discorso sulla diffusione o meno di immagini sui fatti di Lhasa (come su quelli in Cina) sta proprio il problema della reperibilita' di informazioni. Bel coraggio additare l'eventuale truffaldina mancanza di prove certe quando il paese che dispone delle prove certe fa di tutto per far circolare solo informazioni pilotate da se' medesimo e di cui non lascia verificare l'attendibilita."
La censura cinese funziona, fortunatamente, soltanto in Cina.
Quindi se qualcuno fosse riuscito a far "scivolare" all'esterno un file in qualunque modo, fuori dalla Cina dovremmo essere in grado di trovarlo. Invece nulla, assolutamente nulla.
Anche nell'89 il governo controllava l'informazione (che non aveva tra l'altro i mezzi che ha oggi per circolare). E pure in Birmania la giunta militare strozza ogni canale di uscita che possa essere utilizzato da chi vuol diffondere notizie "sgradite". Eppure le immagini e le testimonianze dirette hanno fatto il giro del mondo in un baleno.
I giornalisti presenti non hanno confermato. Gli stranieri in uscita non hanno uno straccio di foto o video e non hanno neppure saputo fornire una testimonianza diretta del massacro. Eppure tutti, organi di stampa compresi, danno per scontato che sia avvenuto.
Ognuno in privato ha il diritto di credere che certe cose siano accadute anche se non ha potuto osservarle con i propri occhi. Ma io ho sempre creduto che il giornalismo serio e libero si basi su fonti certe ed attendibili.
Non credo nella validita' del meccanismo: "Qualcuno sta cercando di nascondere le prove del fatto, quindi il fatto e' sicuramente accaduto". Non ci credo. O almeno sono convinto che non ci debbano credere gli organi di stampa.
Ma mi sembra di essere diventato un maniaco ossessivo.
Come ha chiesto qualcun altro: "Che sta succedendo?"
Qui sotto inseriamo i link agli articoli del corrispondente dell'Economist, l'unico accreditato a Lhasa al momento degli incidenti:
E qui quello al blog di un turista che ha assistito agli scontri. Sono sue alcune delle foto che hanno fatto il giro del mondo in questi giorni:
© 2008 Fabio Pulito