Lettere dall'Asia - Kuala Lumpur (Malesia): Quello del globo (21 luglio 2008)

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Kuala Lumpur (Malesia): Quello del globo (21 luglio 2008)

“Quello del globo”, ecco chi era! L’avevo “sniffato” già da qualche secondo, il suo olezzo pungente sbucato come un fungo nel prato degli aromi da bazar di Bukit Bintang, ma fino a quando non l’ho individuato il mio istinto andava a caccia di una sorgente d’altro tipo.

Quando si trascina stanco lungo il marciapiedi, la folla gli scorre attorno, allargandoglisi davanti e chiudendosi alle sue spalle, con l'andamento costante dei flutti di un fiume che si adattano morbidamente al contorno di un isolotto.

Urtarlo è impossibile, perché si entra in stato di allerta già quando ci si trova a qualche metro di distanza. Il globo, quello scudo, la bolla che lo circonda, un guscio che si porta dietro come una tartaruga, lo percepisci prima con l’olfatto e soltanto più tardi con la vista. È un odore acido e secco, il fetore di un fluido fermentato che si è asciugato di recente su di un letto di paglia. Uno sbuffo talmente forte di cui solo una parte intercetta il naso, costringendo la frazione che non riesce a penetrare a conficcarsi come una pioggia di spilli nella smorfia che ti ha contratto il muso.

Ha in mano una copia di un giornale gratuito. In cima agli scalini sui quali si è accovacciato è stato da poco sistemato un ufficio di cambio, la versione gigante di una vaschetta da frullatore. Il grosso cubo di vetro e fibre plastiche potrebbe essere la fermata sospesa di un autobus a levitazione, nel cielo di una metropoli dell’anno 3000.

“Quello del globo” alza gli occhi, sembra che mi fissi ma non mi vede. Il sorriso ebete è sprofondato nella barba, un cespuglietto ben potato di pelo nero e riccio. La metà del viso dal naso in su sta compressa nel tubetto della sua faccia ad ampolla, spaziosa in basso per le labbra e i pochi denti, ma troppo stretta in alto per accomodare gli occhi strabuzzati da insonne cronico. Il rettangolino di pelle che gli copre gli zigomi ha l’aspetto morbido, lucido e leggermente madido della fettina di una cintura in cuoio su cui il metallo della fibbia ha lavorato per mesi.

“Quello del globo” è un barbone originale. Quando ti si avvicina con l’espressione di un pazzo che per passare inosservato si finge rimbambito e ti allunga la mano come per toccare un alieno, tu alzi di scatto lo sguardo dal libro e ti accorgi che d’istinto sei entrato in apnea, poi lo ignori come hai ignorato chi l’ha preceduto. Ma quando ti appresti a ritrovare il segno che hai perduto, con la coda dell’occhio noti i suoi movimenti da bradipo, mentre rientra nella sua corsia preferenziale sul marciapiedi. Ti chiedi se quell’espressione da matto o deficiente gli stia incollata al muso in maniera permanente o se se la scrollerà di dosso con la stessa lentezza con cui non ha ancora finito di ritirare la mano dell’elemosina. Resti ipnotizzato ad osservarlo, col dito sul libro, dimenticato su una riga che non c’entra nulla, mentre col movimento rallentato di un robot antiquato lui gira il collo e punta un rifiuto sul pavimento. Si china per raccoglierlo piegando la schiena da novantenne, tu pari la nuova zaffata con un airbag di guance gonfiate e allo stesso tempo ti chiedi cosa avrà trovato; che se ne potrà mai fare dell’incarto di una caramella, di un tappo di bottiglia o di un mozzicone di sigaretta?

Poi lo osservi mentre scruta l’oggetto: se non sapessi già che quello sguardo allucinato è l'espressione naturale con cui compie ogni suo gesto, sospetteresti che tra le dita regge l’artiglio di un dinosauro. Abbassa la mano, si gira e ti fissa sbalordito, ma probabilmente quello che osserva non è ciò che ha davanti agli occhi. Quindi riparte con la solita flemma, trova un cestino e vi getta il rifiuto.

Ora la bocca si è aperta pure a te e ti sorge il sospetto che quella sua espressione tonta la riesci ad imitare abbastanza bene. Ti riprendi di scatto e ti irrigidisci sulla sedia, ti infili una mano in tasca, tiri fuori qualche moneta e cerchi in fretta il modo di attirare la sua attenzione.

Ve lo posso assicurare, “quello del globo” puzza di brutto. Credo che una doccia non se la faccia da anni, ma alla pulizia della sua città sembra tenerci parecchio.

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© 2008 Fabio Pulito

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