Lettere dall'Asia - Aung San Suu Kyi: prigioniera per il suo bene (15 Luglio 2003)

Lettere dall'Asia - Birmania (Myanmar)


Aung San Suu Kyi: prigioniera per il suo bene (15 Luglio 2003)

Mentre in Italia infuriava la polemica attorno al comportamento del presidente Berlusconi davanti al parlamento europeo, a migliaia di chilometri di distanza continuava a consumarsi il dramma di una vicenda di soprusi e violenza, di repressione e di abusi: il dramma del popolo birmano.

Birmani indignati ed esasperati dimostrano davanti alle loro ambasciate a Bangkok, Dhaka e Delhi. Le autorita' thailandesi ricevono addirittura dai servizi segreti informazioni riguardanti un presunto piano per il sequestro dell'ambasciatore dell'Unione del Myanmar (Birmania) o in alternativa di un importante ministro thailandese per chiedere il rilascio di Aung San Suu Kyi, leader della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), il partito che si oppone alla dittatura della giunta militare in Birmania.

Aung San Suu Kyi - figlia dell'eroe dell'indipendenza nazionale dal dominio inglese - entro' nella scena politica birmana alla fine degli anni '80, porto' il suo movimento ad una travolgente vittoria alle elezioni politiche del 1990 e dopo che la dittatura rifiuto' di abbandonare il potere, nell'ambito di una campagna di persecuzione nei confronti degli esponenti dell'NLD, fu messa per la prima volta agli arresti domiciliari. Poco piu' tardi le fu conferito il premio Nobel per la pace. Da allora Suu Kyi e' stata rilasciata e catturata piu' volte, il suo destino come quello di una barchetta in mare aperto, determinato ora dai venti delle pressioni esercitate dalla comunita' internazionale, ora da quelli del timore della giunta di perdere il comando del paese.

L'ultima cattura risale al 30 maggio scorso. Una delegazione dell'NLD guidata da Suu Kyi era impegnata in una campagna politica nella regione della Birmania settentrionale. Durante uno spostamento il convoglio fu assalito da membri della milizia popolare fedeli alla giunta. Secondo due membri del movimento, testimoni dell'accaduto, i miliziani sarebbero stati centinaia e ci sarebbero stati una settantina di morti tra i membri dell'NLD. Le scene descritte dai due sono di una violenza allucinante: persone le cui teste venivano sbattute ripetutamente contro il fondo stradale, altre che venivano percosse con bastoni o accoltellate. La stessa Suu Kyi avrebbe evitato il linciaggio solo a causa di circostanze fortunose. Gruppi di attivisti birmani all'estero e membri dell'ambasciata americana a Rangoon, prontamente inviati sul luogo dell'accaduto, hanno fornito informazioni in linea con i racconti dei due testimoni. Questi ultimi nel frattempo hanno cercato rifugio in Thailandia dove si sono rivolti alla sede locale dell'Alta Commissione delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che sta esaminando il loro caso.

La giunta militare smentisce il tutto dichiarando un giorno che la detenzione di Suu Kyi e' preventiva, mirata cioe' alla sua sicurezza personale e il giorno dopo che gli scontri sono stati provocati da membri fanatici dell'NLD e che "Zia Suu" e' colpevole di minare ripetutamente il processo di riconciliazione nazionale e di democratizzazione del paese.

La verita' e' che sono passati ormai tredici anni da quando Aung San Suu Kyi e gli altri membri dell'NLD vinsero con una larghissima maggioranza le elezioni libere indette nel 1990 ma da allora, oltre a non avere avuto l'opportunita' di formare un governo, molti di loro sono stati perseguitati, privati ripetutamente della liberta' personale, torturati e mandati ai lavori forzati. L'NLD ha aperto sedi in numerose citta' e villaggi in tutto il paese ma la loro funzione e' ridotta al minimo, non essendo permesso a queste rappesentanze di svolgere attivita' politiche in completa liberta'. Gli esponenti del movimento sanno di essere tenuti sotto stretta sorveglianza dalla vasta ed efficace rete di spionaggio al servizio dei militari.

E lo sa anche il cittadino comune. "Stanno accumulando enormi ricchezze tramite traffici leciti e illeciti, per questo non vogliono lasciare le redini del potere" mi racconto' lo scorso ottobre un commerciante a Mandalay dopo essersi assicurato che non ci fossero spie nei dintorni. Mi spiego' inoltre la procedura di corruzione necessaria per ottenere un passaporto e i permessi per l'esportazione delle merci in Thailandia dove la moglie (thailandese) gestisce un negozio di antiquariato.

Nonostante le restrizioni imposte alle attivita' dell'NLD il partito ha comunque numerosissimi seguaci. "Conosci Aung San Suu Kyi?" mi chiese sottovoce una giovane cameriera in un ristorante a Pagan. Mi rivelo' che nell'universita' in cui studiava i suoi compagni erano quasi tutti seguaci della Lega Nazionale per la Democrazia. Parlava senza timore di essere spiata. Ricordo l'ansieta' e l'imbarazzo provocati dal sentirmi piu' preoccupato di quanto lo fosse lei.

In seguito ai fatti del 30 maggio gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno minacciato nuove sanzioni e il Giappone di sospendere i suoi ingenti aiuti. L'Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN) ha per la prima volta rinunciato alla pratica di non interferenza negli affari interni di uno stato membro e in occasione di un incontro dei suoi ministri degli esteri a Phnom Phen ha richiesto ufficialmente al rappresentante birmano la liberazione di Suu Kyi. In realta' pero', se si escludono i gruppi di attivisti e gran parte della stampa internazionale, non sembra esserci grande convinzione nei tentativi di cambiare la situazione di questo paese martoriato dalla dittatura e dalle guerre interne.

L'America si concentra sui governi di quello che il presidente Bush ha definito "L'asse del male" - asse di cui la Birmania non fa parte. I paesi dell'Asean, che per ragioni economiche e geo-politiche potrebbero esercitare sulla giunta di Rangoon pressioni molto efficaci, hanno alzato la voce per la prima volta solo il mese scorso a Phnom Phen. C'e' pero' il forte sospetto che l'abbiano fatto solo per salvare la faccia di fronte alle pesanti accuse di immobilismo provenienti dalla comunita' internazionale e per fronteggiare le minacce di boicottaggio lanciate da vari gruppi di attivisti e da alcune ONG.

Alle parole di Phnom Phen non sono seguiti molti fatti. In Thailandia - influente vicino della Birmania - nessun leader era probabilmente mai stato tanto accondiscendente nei confronti della giunta quanto l'attuale discusso premier Thaksin Shinawatra. "Mr Thaksin" sembra piu' preoccupato ad arginare il flusso di rifugiati birmani tentando di opporsi alle decisioni dell'UNHCR di quanto lo sia per le sorti di Suu Kyi e dell'NLD. Buona parte della stampa interna lo accusa sostenendo che prima o poi i militari se ne dovranno andare per lasciare spazio al governo democratico di Suu Kyi. E allora i birmani si ricorderanno di chi e' stato loro amico o nemico nei momenti difficili.

Gia', prima o poi la giunta se ne andra'. Prima o poi, ma quando? La pazienza del sempre piu' povero popolo birmano sembra ormai essere agli sgoccioli.

Indietro

Pagina iniziale

© 2003 Fabio Pulito

pulfabio@hotmail.com