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COSA VUOLE RENDE GIOVANE? (00.00.03)

Spesso rifletto sul perché in Italia esista ormai da anni un completo vuoto di elaborazione politica, perché esista un vero e proprio invecchiamento della classe dirigente con la conseguenza di una completa mancanza di nuove idee e soprattutto di nuovi giovani.

I giovani spesso sono messi ai margini della vita politica, ma noi non siamo d’accordo e crediamo di avere idee concrete, alle quali dare risoluzioni concrete che mirino a risolvere i problemi del nostro paese, i tanti problemi del nostro paese, ma anche della nostra città.

La nostra analisi deve partire dal lavoro e dall'economia, perchè da questi due problemi è vincolato, purtroppo il nostro futuro.

Nella famiglia delle società industrializzate l'Italia, più di altri, è esposta ai colpi delle congiunture internazionali difficili, agli scarti monetari, alle svolte nel costo delle materie prime, della concorrenza dei paesi emergenti. Con ridottissimi limiti di autosufficienza e pesanti vincoli di dipendenza estera abbiamo la necessità di rafforzare le nostre difese applicando un solo mezzo, cioè quello di un uso più razionale possibile delle risorse e di un aumento della capacità, della qualità, dell'efficienza e della competitività delle nostre strutture produttive. Solo in questo modo l'Italia potrà riemergere dalla disoccupazione.

Per non parlare poi del rischio deflazione, che sta preoccupando i migliori economi d'Europa. Per superarla in Italia (e soprattutto in Calabria n.d.r.) bisogna investire nelle piccole e medie imprese creando così un tessuto che va al di là delle grandi industrie. Per far ciò bisogna incentivare queste aziende, ed è questo uno dei motivi per cui bisogna dire no al referendum sull'estensione alle imprese con meno di 15 dipendenti dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, articolo che nella sua nuova redazione comporterebbe solo svantaggi alle piccole aziende. Lo Statuto dei lavoratori andrebbe completamente restaurato, come pensava il prof. Marco Biagi, facendolo divenire Statuto dei Lavori, in modo da sostenere tutte le classi di lavoratori e non una sola parte.

Per far ciò c'è bisogno dell'aiuto soprattutto del sindacato, sindacato che deve essere riformista e rinnovatore, ma soprattutto un sindacato unito. Un sindacato diviso non serve a nessuno, soprattutto ai lavoratori e ai cittadini.

Da questi presupposti deve partire dunque una politica economica e del lavoro atta a risolvere il problema del meridione.

Il governo sta facendo di tutto per spostare il baricentro economico del paese verso il nord, creando un nord sempre più ricco e un sud sempre più povero. Noi giovani del sud non vogliamo, non possiamo restare zitti e vogliamo dire che la riforma che si prospetta sul titolo V della costituzione è una riforma ingiusta che oltre a togliere risorse alle regioni meno forti a livello economico (quindi le regioni meridionali n.d.r.) fa perdere soprattutto potere allo Stato centrale, come è stato certificato dall'ISAE, istituto pubblico di studi e analisi economica, in quanto attraverso la riforma le entrate tributarie dello Stato passerebbero per circa il 65% alle regioni, bloccando così una delle politiche più importanti per mettere in equilibrio il mercato: la politica fiscale.

Una riforma da fare non è certo quella sul titolo V della costituzione, bensì va riformata la giustizia.

La giustizia in Italia è vecchia, e ci fa male dirlo, qualche volta anche di parte, viviamo in un paese dove esistono codici di procedura che andrebbero riformati con una correzione piuttosto drastica, e ciò è dimostrato dai lunghissimi tempi dei nostri processi. La colpa però non è interamente dei codici, bensì di un legislatore che non sa scrivere le leggi, leggi che si prestano il più delle volte a interpretazioni sbagliate, creando così ingiustizia nel nostro paese.

Perchè lo scopo dei nostri parlamentari è quello di scrivere le leggi, e quando non vogliono compiere il loro dovere si rifugiano nella piazza, piazza con la quale la politica deve si dialogare, ma con la quale non si deve mai confondere.