I giovani e la memoria storica

 

Sempre più avvertiamo il distacco, il disinteresse dei giovani verso le discipline scolastiche.

Io ritengo che l’aspetto più inquietanti di questo fenomeno sia la perdita della memoria storica, l’incapacità di cogliere continuità ed insegnamento dagli eventi storici, di comprendere quando le  vicende attuali siano legate a quelle della nostra storia.

 

I genitori accusano gli insegnanti pretendendo da loro carisma e capacità di coinvolgimento, virtù che probabilmente pochi di noi sanno avere o trovano il tempo di avere con i propri figli. E’ spesso più facile cercare di rendere felici i nostri ragazzi con regali e concessioni piuttosto che far loro assumere responsabilità verso il loro primo reale impegno sociale: la scuola.

 

Gli insegnati lamentano la mancanza di studio, la scarsa capacità di concentrarsi ed il dovere sempre più abbassare il livello del linguaggio e dei ragionamenti per sperare di essere compresi e seguiti.

 

E’ una inutile diatriba: l’incapacità dei giovani di concentrarsi su ragionamenti articolati, complessi non sta solo sui genitori o sugli insegnanti  ma più in generale nella crisi culturale e morale in cui è entrato, in assenza di una reale dialettica culturale, il nostro sistema sociale.

Non vi sembra che in nome del libero mercato abbiamo immolato tanti valori e, purtroppo,  non solo la nostra memoria storica ?

 

Ma riflettiamo: E’ proprio su questa superficialità, su uno spessore culturale ormai ridotto agli stereotipi patinati della pubblicità che molti politicanti, giocando sull’immagine, su pochi ragionamenti demagogici e di convenienza immediata, sull’effetto martellante dei mezzi di comunicazione cercano consensi con tecniche da marketing piuttosto che con la forza di nuove idee; altri urlano e polemizzano ai dibattiti televisivi per cercare audience, raschiano sul fondo del barile dei sentimenti umani antichi razzismi ed interessi egoistici e particolari.

 

Anche il giornalismo scritto e televisivo, che tanto ruolo potrebbe avere nella acquisizione di una maggiore capacità critica e una maggiore riflessione nei giovani, finisce con il privilegiare gli obbiettivi di mercato, riducendo spesso le pagine dei giornali ad una “cronaca fatta di miserie, di sospetti, di cimici, di letti sfatti e maleodoranti, di pettegolezzi da portineria ed altro letame” (da un articolo di Montanelli del ‘96) di cui, vi assicuro io sono stanco e nauseato.

 

In una società fatta di spot pubblicitari, indici d’ascolto, ed eroi virtuali, perché meravigliarsi che i giovani guardino alla storia, o alle storie della letteratura, delle arti, delle scienze, come ad un reperto archeologico senza trarne cultura e coscienza.

 

Non insegniamo forse alle giovani leve come produrre più efficientemente e competitivamente oggetti (inutili) per poi bombardarli di spots per invitarli a consumarli il più rapidamente possibile prima che domani passino di moda ?

 

Se i giovani d’oggi non sentono il bisogno d’imparare la storia, non bisogna compiangerli, ma farci carico d’insegnargliela.