Articolo tratto da "La Repubblica" del 4/4/2004.
 
 
 
Il segretario di Stato americano: "L´intelligence ci disse che Saddam disponeva di rampe mobili per armi chimiche e batteriologiche"
 
"Sull´Iraq non avevamo prove"
 
Powell ammette l´errore, ma dà la colpa ai servizi Usa
 
 
 
Il 5 febbraio 2003 dalla tribuna delle Nazioni Uniti, e di fronte a tutte le tv del pianeta, assicurò che gli Stati Uniti erano certi delle armi del raìs
"Prima del mio intervento, le informazioni mi furono presentate come fondate. Erano le notizie migliori di cui disponessimo"
 
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

NEW YORK - Alla fine Colin Powell ha dovuto ammettere l´errore. Quattordici mesi dopo quel 5 febbraio 2003 in cui dalla tribuna delle Nazioni Unite e davanti a una platea televisiva mondiale aveva assicurato che gli Stati Uniti avevano "prove certe" che Saddam Hussein disponeva di «rampe mobili per armi chimiche e batteriologiche», il Segretario di Stato ha detto che «ora sembra che quelle prove non fossero così solide».
Un´ammissione onesta, fatta ai giornalisti americani sull´aereo che lo riportava a casa dopo la cerimonia di Bruxelles sull´allargamento Nato, e che arriva al termine di una settimana in cui la Casa Bianca è sotto il fuoco delle polemiche per le troppe ?ombre´ sull´operato dell´amministrazione nei mesi immediatamente prima e dopo l´11 settembre. «Nei giorni in cui stavo preparando la mia esposizione davanti al Consiglio di Sicurezza quelle prove mi furono presentate come fondate, come le informazioni e le notizie migliori di cui disponessimo. Il materiale sui presunti laboratori mobili era il più sensazionale in assoluto e io mi sono accertato che fosse confermato da fonti diverse. Ora occorre capire perché le fonti non fossero attendibili. Io non faccio parte dell´intelligence».
Powell, da sempre considerato la colomba di una Casa Bianca in cui i falchi sono in maggioranza, era stato fino al gennaio del 2003 il più tiepido nel difendere la progettata guerra contro Saddam ma dopo le prove fornite dall´intelligence era diventato il principale "ambasciatore" della causa "guerra all´Iraq". Anche lui nelle scorse settimane si era impegnato in diverse interviste televisive per difendere l´operato della Casa Bianca nella lotta contro Al Qaeda sostenendo che - contrariamente a quanto dice uno degli accusatori di Bush, Richard Clarke - «già il 16 dicembre 2000, quattro giorni dopo che Bush mi fece sapere che sarei stato Segretario di Stato, ci fu una riunione sul terrorismo e su Al Qaeda».
Pochi giorni fa il Los Angeles Times era tornato con un´ampia inchiesta di prima pagina sulla vicenda sostenendo che le notizie su cui Powell aveva basato il suo discorso alle Nazioni Unite provenivano da fonti di intelligence con «credibilità vicina allo zero».
Le informazioni secondo le quali Saddam Hussein aveva organizzato una rete di produzione di carbonchio e di altri germi letali «erano essenzialmente basate su note fornite da un dissidente iracheno dal nome in codice "Curveball" ora discreditato» dagli stessi servizi segreti americani. Servizi segreti che, secondo il giornale, non avevano mai avuto contatti diretti con l´agente, di cui hanno scoperto la vera identità solo alla fine della guerra. Le informazioni sarebbero state ottenute tramite agenti tedeschi. I documenti sarebbero stati molto circostanziati tanto da convincere i servizi segreti che si trattasse della conferma di quanto gli Usa sospettavano da tempo, e cioè che gli iracheni avevano allestito strutture mobili per la produzione di armi di distruzione di massa per sfuggire ai controlli internazionali. Notizie che sono poi risultate tutte false. Per il Los Angeles Times dietro la "truffa" ci sarebbe Ahmed Chalabi, allora uno dei principali leader iracheni in esilio, l´uomo su cui il Pentagono aveva deciso di puntare tutte le carte per il futuro dell´Iraq.
(a. f. d´a)

 

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