Articolo tratto da "Liberazione" del 7/4/2004
Furiosa battaglia, 15 iracheni uccisi e 35 feriti fra cui donne e bambini |
Gli italiani sparano strage a Nassiriya |
La ipocrita finzione
sulla «missione di pace» in cui sarebbero impegnati i militari italiani in
Iraq è stata clamorosamene e tragicamente smentita da quello che è accaduto
ieri a Nassiriya: cinque ore di battaglia in città, con quindici iracheni
uccisi (compresi due bambini e una donna) e alcune decine feriti (molti dei
quali civili), in quella che le stesse fonti ufficiali del contingente hanno
definito una azione offensiva «su vasta scala» e che ha provocato il
ferimento di dodici bersaglieri. I fatti sono più eloquenti di tutte le
elucubrazioni verbali: l'Italia è in guerra agli ordini di Bush in flagrante
violazione dell'art. 11 della Costituzione repubblicana, per la prima volta
dalla fine della seconda guerra mondiale soldati italiani si sono resi
responsabili di una strage, e per di più al di fuori di qualsiasi mandato o
copertura delle Nazioni Unite; a differenza di quanto avvenne nel 1993 in
Somalia, dove si operava sotto le bandiere dell'Onu e dove nel tragico
episodio del check-point Pasta furono i miliziani somali ad attaccare. Qui
il quadro è completamente diverso: nessun sofisma e nessuna menzogna può
nascondere il fatto che la Joint Task Force italiana a Nassiriya è una forza
di occupazione agli ordini del comando anglo-americano; ed anche la
sanguinosa battaglia di ieri è la conseguenza di una operazione voluta e
ordinata dagli americani. Ed è tutt'altro che finita: sparatorie sporadiche
si sono ripetute nel corso della giornata, il clima è di estrema tensione e
le cose potrebbero precipitare in qualunque momento, come dimostra l'agguato
ieri pomeriggio poco a sud della città contro un convoglio di rifornimenti
bulgaro di sei camion uno dei cui autisti è rimasto ucciso. Più che mai si
impone con urgenza il ritiro immediato del contingente italiano dall'Iraq, e
dunque la dissociazione da una guerra illegittima, scatenata contro la
volontà dell'Onu con pretesti menzogneri, che sta devastando l'Iraq ed ha
alimentato il terrorismo, non solo nel Medio Oriente. La saldatura che si
sta realizzando fra la resistenza armata e la rivolta sciita rende
oltretutto la situazione complessiva sempre più insostenibile e mette a nudo
il carattere truffaldino della cosiddetta «transizione» del 30 giugno verso
un presunto governo iracheno «sovrano».
La situazione a Nassiriya è precipitata poco prima dell'alba di ieri mattina. Nel pomeriggio precedente la «governatrice» della regione Barbara Contini (italiana ma nominata dagli americani e direttamente dipendente dall'Autorità provvisoria della coalizione) aveva preso l'iniziativa di negoziare con uno di leader sciiti locali lo sgombero dei tre ponti sul fiume Eufrate, che divide in due la città, presidiati da miliziani e manifestanti. Sembrava che si fosse raggiunto un accordo di massima o comunque che si potesse arrivare ad una soluzione non traumatica. E invece intorno alle 04 locali è scattato l'attacco, con l'impiego di almeno 500 soldati. Il portavoce della Task Force maggiore Simone Schiavone lo ha detto senza mezzi termini: «Abbiamo lanciato una operazione su vasta scala per restaurare l'ordine. La città era divisa in due con i ponti sotto il loro controllo (cioè degli sciiti, ndr) e dovevamo venirne fuori prima che la situazione degenerasse». Avvicinandosi al primo ponte, sempre secondo le fonti ufficiali, i soldati sono stati fatti segno a colpi di arma da fuoco, che a detta della portavoce del governatore Paola della Casa venivano dalla ex-palazzina comando dei carabinieri, devastata dall'attentato del 12 novembre scorso; e a questo punto l'attacco si è fatto più pesante e la battaglia è divampata dovunque. Il comandante della Task Force gen. Chiarini ha parlato di «almeno cinque ore di combattimenti»; il volume di fuoco impiegato dagli italiani - nonostante i tentativi delle fonti di minimizzarlo - è dimostrato dai risultati della battaglia: come si è detto, quindici morti e più di 35 feriti fra gli iracheni, inclusi molti civili, e dodici feriti leggeri tra i bersaglieri attaccanti, otto dei quali addirittura hanno riportato solo lievi escoriazioni e uno è stato colpito da «stress da combattimento» (!). I militari hanno ripreso uno dopo l'altro tutti e tre i ponti e hanno poi presidiato i punti strategici della città. In mattinata uno dei leader della rivolta, Sayed Riyad, ha dichiarato che su richiesta di Muqtada Sadr è stato intimato al comando italiano un ultimatum di due ore per ritirarsi dalla città; due operatori civili sudcoreani sarebbero stati sequestrati per rafforzare l'ultimatum ma sarebbero poi stati rilasciati, circostanze entrambe che non hanno avuto nessuna conferma. Il comando del contingente ha smentito la circostanza dell'ultimatum; ma sta di fatto che dopo le 18, 30 locali (le 16, 30 in Italia), ora di scadenza, il corrispondente locale della France Presse ha parlato di ripresa di sparatorie intermittenti. Un portavoce militare ha detto per contro che una delegazione di sciiti «moderati» avrebbe chiesto 48 ore di tempo per far allontanare dalla città i miliziani di Sadr, notizia che non ha trovato per ora conferme da parte irachena. E il calare della notte ha fatto nuovamente pesare su Nassiriya una cappa di tensione e di paura. Giancarlo Lannutti |