Articolo tratto da "Il Manifesto" del 30/08/2003

 

Strage a Najaf, ucciso il leader sciita al Hakim
Autobomba uccide il leader del «Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq», Mohammed Baqer al Hakim, e fa strage tra i fedeli all'uscita della moschea dell'Imam Ali: ottantadue i morti, centinaia i feriti
S. CH.
Najaf, città dura, polverosa, città di religiosi e di misteri, culla dello sciismo e luogo dove tutti gli sciiti del mondo desiderano di andare a morire vicino al loro caro fondatore, l'imam Ali, è stata sconvolta ieri da un'autobomba collocata proprio all'uscita della moschea dalla cupola d'oro che ha fatto strage tra i fedeli che stavano uscendo dalla preghiera del venerdì. Tra le vittime, oltre novanta, forse ancora di più, e probabile obiettivo dell'attentato, c'è l'ayatollah Mohammed Baqer al-Hakim, uno dei massimi esponenti sciiti e leader del Consiglio supremo della rivoluzione islamica in Iraq, l'organizzazione più vicina a Tehran, dove l'ayatollah ucciso ieri aveva trascorso i 23 anni dell'esilio. L'esponente religioso aveva appena terminato il suo discorso del venerdi e stava uscendo da una porta laterale per entrare nella sua macchina quando l'esplosione lo ha investito in pieno facendo strage tra le sue guardie del corpo e tra i fedeli che affollavano la grande aracata che dà sul cortile interno. Cortile dove ogni venerdì si raduna una grande folla sia per pregare sia per passare la giornata con i bambini e un pranzo al sacco, prima di rimettersi in cammino per tornare a casa.

All'interno della moschea vea e propria c'è la tomba dell'imam Ali, cugino e genero di maometto che gli sciiti considerano il legittimo successore delprofeta. Ali sarebbe stato ucciso nel 661, nella vicina oasi di Kufa, dagli emissari del governatore di Damasco, Omayyad Muawiya che, proclamatosi depositario della tradizione (la sunna, da qui l'aggettivo di sunniti) strappò con la violenza la leadership dell'Islam alla famiglia dei discendenti del profeta e al loro partito (sciiti). Una morte qualla di Ali che non viene commemorata ma rivissuta da questa corrente minoritaria dell'Islam, ma in maggioranza in Iran e in Iraq, nel diciassettesimo del mese santo del Ramadan, il mese del digiuno e della preghiera. In altre parole l'attentato di ieri può essere paragonato ad un' autobomba esplosa davanti al Vaticano, anche se Mohammed Baqer al Hakim non era né il leader spirituale degli sciiti - l'anziano e rispettato Ali sistani- né il loro indiscusso leader politico ma piuttosto il capo di uno dei principali partiti politici, criticato proprio per essere stato spesso strumento nelle mani della « ragion di stato» di Tehran. E quindi ostacolo allo svilupparsi della resistenza contro le truppe di occupazione americane. I circa 10.000 uomini della Badr Brigade, addestrati in Iran, e alla dipendenze del fratello dell'ayatollah ucciso, abdul Aziz al Hakim, membro del Consiglio di governo nominato dagli Usa, sino ad oggi non hanno mai partecipato ad alcun attacco contro le truppe Usa. Di sicuro la fazione degli al-Hakim era da diverse setimane sotto il fuoco. Alle minacce dello scorso aprile provenienti dai settori più militanti dei giovani seguaci del ribelle Muqtada al Sadr, che accusavano la leadership dello Sciiri e più in generale degli sciiti -tra cui lo stesso Ali sistani- di essere strumento di Tehran, si è passati, domenica scorsa, all'attentato contro un altro importante leader religioso sciita il grande ayatollah Mohammad Saeed al-Hakim nel corso del quale sono state uccise tre sue guardie del corpo. Senza dimenticare il linciaggio, sempre nella moschea dell'Imam Ali, di Abdel majid al Khoei, esponente politico religioso assai vicino a Tony Blair elitrasportato nella città santa per aprire le porte e il cuore degli sciiti alle truppe. Ma la lista dei leader sciiti uccisi per le strade o nelle buie cantine di Najaf, dove nelle viscere della terra, al riparo dal calore del deserto, migliaia di studiosi di ogni parte del mondo passano la vita a studiare, è assai lunga. La strage di ieri avrà delle conseguenze imprevedibili e di enorme portata sia per l'Iraq che per l'intero Medioriente. Il portavoce dello Sciiri a Londra, Hamid al-Bayati, ha accusato della strage non meglio identificati sostenitori di Saddam Hussein e si è lamentato con le autorità di ocucpazione che da una parte non assicurano la sicurezza del paese e dall'altra hanno messo il veto sulla formazione di una milizia sciita.

L'orientamento di tutte le organizzazioni sciite è quello per il momento di evitare una guerra civile interna e accusare o il passato regime o non meglio identificati regimi dei paesi arabi in particolare kuwait e Arabia saudita di voler soffiare sugli scontri interni etnico religiosi. Contrasti che in realtà sembrano coscientemente approfonditi dalle autorità di occupazione. E' di ieri la notizia che il Consiglio provvisorio di governo ha deciso di dividersi i ministeri non sulla base delle professionalità o dei partiti ma secondo criteri etnico-religiosi con tre importanti posti lasciati liberi perché già nelle mani del vicerè Paul Bremer: il nuovo governo, unico esempio al mondo, non avrà un primo ministro, ministro della difesa, ministro dell'informazione e ministro per gli affari religiosi. Ma non tutti in Iraq sembrano prestarsi a questo gioco: un soldato Usa è stato ucciso ieri a Baquba e un altro blindato è andato completamente distrutto nel centro di Ramadi.

 

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