Articolo tratto da "Il manifesto" del 13/11/2003

 

MEDIA
Televisione tra lutto e onor di patria
La tragedia di Nassiriya raccontata sullo schermo: poche informazioni e molta propaganda
Sullo schermo Da Fede fino a Vespa, passando per i Tg, una lunga giornata di dolore e retorica. Condita da serial tv e film come «Soldati di pace». Con «l'intermezzo» del dibattito parlamentare e Berlusconi in primissimo piano

NORMA RANGERI
Palinsesti sconvolti, edizioni straordinarie, immagini della Cnn e di Al Jazeera, generali, cartine, mezzibusti senza trucco, «Porta a Porta» in prima serata in uno studio apparecchiato come ai vecchi tempi del generale Arpino, dei plastici per il gioco del Risiko. La televisione torna in trincea e lo fa invitando tutti gli italiani a sostenere la scelta militare contro il terrorismo, senza se e senza ma. Tra le vittime dell'attentato di Nassiriya, oltre ai carabinieri e ai civili rimasti sotto le macerie, c'è l'informazione, come sempre accade quando a parlare sono le armi di uno dei paesi occupanti. In una prima edizione straordinaria del Tg5 Enrico Mentana dice che ci «risparmierà le divisioni politiche, perché non è questo il momento». Aggiunge Pionati (Tg1), con tono di rimprovero, come «anche stavolta si riaffacciano divisioni, senza riconoscere nessuno degli elementi richiamati da Ciampi». Come se il dolore dovesse cancellare e togliere legittimità alle aspre divisioni, le due corazzate dell'informazione marciano all'unisono: i milioni di persone che accendono quella che per molti è l'unica fonte di notizie, devono sapere che se in questo momento ascolteranno critiche alla partecipazione italiana in Iraq, si tratterà di gente poco rispettosa del cordoglio nazionale, di persone e opinioni di serie B. B come Berlusconi che dai banchi del parlamento ammonisce: «Le polemiche devono finire». Bisogna aspettare la diretta dalla camera dei deputati, nel primo pomeriggio, per ascoltare le reazioni politiche, le critiche della sinistra e le accuse di disfattismo che partono dai banchi della destra. Poi, a sera, si torna di nuovo ai filtri dei cronisti con l'elmetto incorporato. Unica eccezione La7 dove, al contrario, le opinioni corrono da subito insieme alle notizie in una lunga no-stop mattutina. Chi, stanco della retorica caotica dei telegiornali che si accavallano e si ripetono, preferisce quella ordinatrice della fiction può comodamente sedersi in poltrona e rivedere «Soldati di pace» del regista Claudio Bonivento, già trasmesso in giugno e ieri replicato in una sincronizzata staffetta tra Raiuno (primo tempo) e Raidue (secondo tempo). Il racconto della missione italiana in Bosnia torna utile nella triste circostanza, anche se con l'Iraq non c'entra nulla. Come fa brodo il film «Salvo D'Acquisto» interpretato da Massimo Ranieri, storia del coraggioso carabiniere che paga con la vita la sfida ai nazisti, in onda come traino speciale per l'edizione serale del Tg4. E una trovata da film se la inventa proprio Emilio Fede mandando in onda a tutto schermo un Berlusconi dichiarante mentre altre immagini gli si sovrappongono in un gioco di sfumature e trasparenze, immagini di bersaglieri e mezzi corazzati nelle polverose strade dell'Iraq. Montaggio da baraccone mediatico. Quando arrivano le riprese della Cnn, le prime dal luogo della strage, l'adrenalina del direttore sale come la nera colonna di fumo che si leva dal luogo dell'attentato. E tocca proprio al Tg4 l'onore di mostrarle per primo battendo sul tempo gli altri tiggì.

Passano le ore e con il buio entrano in azione i contenitori del pomeriggio. Rapidamente, le starlet che di solito occupano questi salottini cedono il posto a generali, prelati, giornalisti (prevalentemente di area governativa). Da Cucuzza (Raiuno) parlano il direttore del «Tempo», di «Panorama», il vicedirettore di «Repubblica» mentre a «Verissimo», rotocalco quotidiano di varia umanità di Canale5, Cristina Parodi annuncia un servizio su uno dei carabinieri morti, Giuseppe Caletta. Sono immagini del'99, si riferiscono alla guerra in Bosnia, mostrano il militare che si occupa di un bambino, proprio come quello che gli morì in tenera età. Una musica sdolcinata in sottofondo dovrebbe rendere più malinconica la parentesi, chiusa dalla conduttrice con una frase strappalacrime («Beppe ha raggiunto il suo angioletto in cielo»). Come se la tragedia non fosse già così grande, senza bisogno di ulteriori additivi retorici. Una giornata piena di chiacchiere, poche immagini e molta propaganda secondo i sacri comandamenti di quel populismo mediatico che ci contraddistingue.
 

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