Articolo tratto da "Il Manifesto" del 19/04/2003
Silenziatore Rai sui diritti del lavoro
La televisione pubblica, dopo le manifestazioni
pacifiste, oscura anche il referendum per l'estensione dell'articolo 18. La
decisione della Commissione di vigilanza presieduta dal diessino Claudio
Petruccioli è contestata dal Comitato promotore e da forze sociali e ( poche)
politiche. Dalle Camere del lavoro nuovi pronunciamenti per il Sì
LORIS CAMPETTI
Un referendum che imbarazza la Rai e la maggioranza dei
partiti dev'essere oscurato. Detto, fatto. Su questo punto non c'è stato alcuno
scontro in sede di Commissione di vigilanza, che nei giorni scorsi ha deciso di
stendere un velo di invisibilità sulla battaglia per estensione dell'articolo 18
ai lavoratori di aziende con meno di 15 dipendenti. Primo punto: nei weekend
elettorali, in occasione del voto per le amministrative che si terranno il 25 e
26 maggio e l'8 e 9 giugno per i ballottaggi, guai a parlare di referendum
sull'articolo 18 e di quello per l'abrogazione della servitù coattiva di
elettrodotto. Sei giorni di silenzio nel pieno della campagna, dato che il
giorno fissato per il referendum è il 15 giugno, in base alla considerazione
decisamente contestabile secondo cui nei momenti del voto non possono esserci
comunicazioni politiche. Contestabile, e contestata dai promotori dei
referendum, in quanto i referendum sono promossi da gruppi di cittadini e
riguardano tematiche specifiche ma nazionali, non legate a interessi diretti dei
partiti presenti nelle consultazioni amministrative. Secondo: dalla Commissione
non esce un impegno preciso sulla produzione di approfondimenti e di tribune
politiche. La Rai può, non deve approfondire. Terzo: i comitati per il sì e per
il no ai questiti referendari sono soggetti tra i tanti, non centrali nelle
eventuali trasmissioni. Con l'esclusione di Rifondazione comunista e dei
radicali, non c'è stata una rivolta dei partiti contro la decisione oscurantista
della Commissione di vigilanza, dove del resto tutti i partiti sono
rappresentati. Vuoi l'assenza di alcuni membri della Commissione (per esempio
Franco Giordano del Prc), vuoi il disinteresse di altri, vuoi soprattutto
l'interesse della maggioranza (numerica) a far fallire il referendum
sull'estensione dell'articolo 18 attraverso il non raggiungimento del quorum,
hanno consentito il passaggio senza proteste della proposta avanzata dal
relatore, nonché presidente, della Commissione stessa: il diessino Claudio
Petruccioli. «La paura della vittoria del Sì - dice il presidente del comitato
promotore del referendum sull'articolo 18, Paolo Cagna Ninchi - fa decidere i
partiti, di comune accordo, che non si deve parlare di un appuntamento che
riguarda i diritti di milioni di cittadini». Per protesta, alle 12 del 24 aprile
si terrà un presidio di protesta alla Commissione di vigilanza «per ripristinare
la decenza democratica».
La decisione della Commissione di vigilanza viene duramente contestata anche dal
presidente nazionale dell'Arci, Tom Benettollo, secondo il quale «scoraggiare la
partecipazione è anticostituzionale»: «Esprimiamo la nostra preoccupazione per
lo scandaloso silenzio dei media sul referendum per l'estensione dell'articolo
18 che andremo a votare il 15 giugno. Nel polverone della guerra e delle
tensioni internazionali si tenta di mettere il bavaglio all'informazione sui
contenuti e le modalità del voto». Questo, dice Benettollo in riferimento alla
Commissione di vigilanza, si chiama «black-out». Nel merito del quesito, l'Arci
non ha i dubbi che attanagliano alcuni partiti dell'Ulivo: «Ribadiamo il nostro
schieramento per il Sì, nella convinzione che i diritti sindacali, a partire dal
contratto, debbano essere salvaguardati e allargati ed esprimiamo, a maggior
ragione, la volontà di impegnarci per la campagna referendaria».
Prima o poi - si spera prima - anche la Cgil dovrebbe esprimere ufficialmente e
nazionalmente la volontà di impegnarsi per la vittoria del Sì, anche sulla
spinta della maggioranza delle categorie che hanno già preso questa decisione,
così come documentiamo quotidianamente sul giornale. Sono molte anche le Camere
del lavoro che hanno già votato documenti e ordini del giorno per il Sì, da
Venezia ad Avellino. Ieri si sono aggiunte alla lista di chi vuole estendere a
tutti i diritti anche le Cgil di Pistoia e Lucca: nelle due città toscane sono
stati votati all'unanimità ordini del giorno che ribadiscono l'impegno a
sostenere la proposta di legge della Confederazione. Ma se questa battaglia non
avesse esisito, non resterebbe che il referendum. Non resterebbe che votare Sì,
senza se e senza ma.