Dal 3 all’8 gennaio 2003 una delegazione di esponenti di alcune Ong ed ex funzionari dell’Onu è stata a Baghdad, dove ha incontrato il vice Primo Ministro iracheno, Tariq Aziz, il Ministro degli Esteri, Naji Sabri, e il Ministro del Petrolio, Amer Mohammed Rashid. Essa ha inoltre visitato vari luoghi e ha avuto conversazioni con gente comune.
Pubblichiamo di seguito un rapporto della
missione, nella traduzione italiana.
Notizie da Baghdad – Visita in Iraq
dal 3 all’8 gennaio 2003
Nelle parole della dr. Hoda Ammash:
"La gente qui ha tutto il rispetto per la gente e la civiltà dell’Occidente.
Rispettiamo il vostro progresso tecnologico, e i vostri valori. Sappiamo che
agli occidentali si sta dando l’opportunità di apprendere sulle civiltà arabe.
Tuttavia, da parte di alcuni, si sta fabbricando odio, per organizzare uno
scontro di civiltà."
Secondo Denis Halliday (ex Assistant Secretary General dell’Onu e Coordinatore Umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq dal 1997 al 1998), il sistema di distribuzione del cibo è uno dei più efficienti della storia, coinvolge 49.000 agenti di distribuzione, e riduce al minimo la corruzione attraverso un sistema con cui, se 100 persone si lamentano di un agente, lui o lei viene rimosso. Gli iracheni stanno inoltre facendo scorta di acqua, ma non hanno grandi container adatti. A coloro che hanno un giardino si sta chiedendo di scavare pozzi.
In base al programma Oil for Food, solo la metà circa dei proventi delle vendite del petrolio possono essere utilizzati per acquistare cibo e altre necessità per la popolazione del centro e del sud del paese; il resto viene usato per i risarcimenti al Kuwait e per i costi del programma dell’Onu, comprese le ispezioni sugli armamenti dell’UNMOVIC.
Halliday conclude: "Il regime di sanzioni che dura da 12 anni è diventato un’arma di distruzione di massa, che si aggiunge ai danni massicci alle infrastrutture civili da parte dei bombardamenti Usa e che ha provocato la morte di oltre un milione di persone dal 1991, più della metà dei quali sono bambini".
Secondo l’UNICEF, il 25% dei bambini
iracheni nascono con un peso di 2 kg o inferiore, un indice evidente di
carestia. Un milione di bambini sotto i cinque anni soffre di malnutrizione
acuta o cronica.
Durante la nostra visita c’era una ispezione di routine vicino all’Università di Baghdad, dove ci sono 6 centri scientifici. Gli ispettori volevano fare indagini in uno di questi, ma hanno "congelato" tutto il complesso, il che significa che quasi 3.000 persone non si sono potute muovere per 6 ore, anche se il loro luogo di lavoro non era sotto ispezione. Questo ha significato che bambini piccoli sono stati lasciati negli asili. Neanche all’ambasciatore iracheno presso le Nazioni Unite, che era là per una visita, è stato permesso di uscire.
Un professore di microbiologia dell’Università di Baghdad ci ha detto che fra il 1991 e il 1998 gli ispettori riesaminavano l’università ogni tre settimane, facendo perquisizioni minuziose. "Entravano nelle sale degli esami dove gli studenti stavano sostenendo gli esami finali e cercavano sotto le sedie".
Gli iracheni pensavano che le ispezioni sarebbero durate 2-3 anni e poi avrebbero potuto tornare a una vita normale. Oggi le ispezioni sono al 12° anno, sono più intense che mai, e non se ne vede la fine.
Abbiamo visitato l’Istituto per i vaccini contro l’afta epizootica di al Dawra che era in cima alla lista dei siti di armi biologiche nel dossier del governo britannico (pubblicato nel settembre 2002).
Dal 1994 il sito è stato ispezionato
60 volte, è chiuso dal 1995, quando tutte le attrezzature furono distrutte o
rimosse, e c’erano telecamere ovunque collegate all’ex centro di monitoraggio
dell’UNSCOM di Baghdad.
Il posto era in rovina.
Gli iracheni sono molto consapevoli
dei bisogni energetici delle economie occidentali – gli Usa devono importare
il 60% del loro fabbisogno di petrolio – e sanno che la ragione principale di
una invasione militare è ottenere il controllo delle sue vaste riserve di
petrolio. I ministri iracheni temono che se gli Usa dovessero controllare la
produzione di petrolio irachena, essi manipolerebbero le economie non solo
dell’Estremo Oriente, ma anche dell’Europa. L’Iraq ha una visione a lungo
termine, vuole un prezzo del petrolio stabile, e vorrebbe adottare normali
relazioni commerciali piuttosto che essere soggetto a crisi, minacce e
manipolazioni.
La gente sta sviluppando tumori attraverso il consumo di carne e latte di animali che pascolano in aree contaminate. Tumori di ogni genere stanno aumentando in modo drammatico in Iraq, in particolare fra le donne, con tumore al seno e leucemia.
Alcuni membri della nostra delegazione hanno visitato ospedali in Iraq dal 1991 e hanno osservato che le condizioni attuali negli ospedali sono peggiorate. Attrezzature necessarie per la terapie giacciono inutilizzate perché i controlli computerizzati sono stati rimossi a causa delle sanzioni.
C’è una infermiera ogni 16 letti,
laddove prima ce n’era una ogni 2 letti. Ogni bambino ha una mamma o una nonna
che lo accudiscono a tempo pieno. (…)
La moneta si è svalutata del 6000% in 20 anni; nel 1981 un dinaro valeva tre dollari Usa, oggi un dollaro vale circa 2000 dinari. Per pagare un modesto conto di albergo di 6 giorni, ci vuole una pila di banconote alta due metri. Dodici anni di sanzioni, che erano destinate a far ribellare il popolo iracheno contro la sua leadership, hanno avuto l’effetto opposto, dando a Saddam Hussein un controllo totale sul suo popolo attraverso il razionamento alimentare. Le sanzioni hanno semplicemente reso inabile il popolo iracheno attraverso la fame e la totale disintegrazione della sua infrastruttura.
Piuttosto che ribellarsi contro Saddam Hussein, essi provano un senso di sfida verso Bush e Blair, che il loro leader può rafforzare costantemente, dal momento che il loro senso dell’onore viene continuamente provocato. L’umiliazione è molto profonda e molto pericolosa.
In queste circostanze una guerra e una successiva occupazione dell’Iraq alimenterebbero senza dubbio i fuochi dell’odio e del terrorismo, e di conseguenza i rischi di attacchi all’Occidente.
Margarita Papandreu ex First
Lady di Grecia
Scilla Elworthy Direttrice, Oxford Research Group, GB
Denis Halliday ex Assistant Secretary General dell’Onu e
Coordinatore Umanitario delle Nazioni Unite per l’Iraq
Christian Harleman Transnational Foundation for Peace and Future Research,
Svezia
Jan Oberg Direttore, Transnational Foundation for Peace and Future
Research, Svezia
Zeynab Oral Winpeace and Peace Initiative, Turchia
Omaima Rawas pacifista e vice presidente della Lega Araba Siriana, Siria
Fotini Sianou Presidente, Comitato delle Donne, Confederazione Europea dei
Sindacati