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Salvatore Dado a circa 18 anni comincia a dipingere quadri di grosse dimensioni a olio e nello stesso tempo modella delle piccole sculture in terracotta che avranno un discreto successo nei negozi del trapanese. Nel 1992 prende parte alla collettiva: "La Ginestra" dove vince il 1' premio. Per un certo periodo si è dedicato alla realizzazione di piatti in ceramica smaltata adesso tutti in collezioni private. Ha realizzato un' "Ultima Cena" adesso in una chiesa marsalese. Ha realizzato una mostra alla Pinacoteca di Marsala che custodisce alcuni suoi dipinti. Ha realizzato varie mostre tra cui Tenerife, Atene, Roma, Malta, Firenze, ricevendo vari premi. E' diplomato al Liceo Artistico. In questo ultimo periodo si sta dedicando alla decorazione d'interni e alla relizzazione di decorazioni in gesso, colonne, murales e mosaici in Sardegna dove attualmente risiede e nel resto d' Italia. Inoltre lavora anche come imbianchino realizzando oltre a semplici lavori di imbiancatura anche lavori più elaborati come stucchi veneziani, spugnati, graffiati e intonaci in rilievo. Inoltre si dedica anche a lavori artistici in legno e (nella foto precedente una copertura parziale di una veranda con finte finestre e tende) (In questa foto invece un passamano a raggi che segue l' andamento della scala in legno)  rivestimenti di pareti in legno in rilievo.

In questa foto il disegno di una piattaia in fase di lavorazione.

Salvatore Dado affida il suo messaggio a una visione composita: il suo lavoro procede come per palinsesti, in cui le zone si isolano e intanto non possono fare a meno di riconoscersi nella presenza dei fatti contigui, che si verificano come reperti e memorie che non sempre si armonizzano con il contesto temporale. Angelo Calabrese.

Tra le nuove leve artistiche siciliane, Salvatore Dado si distingue per un'attività pittorica originale, apparentemente disimpegnata dalle drammatiche istanze sociali che hanno gravato sulle generazioni postbelliche. L'elemento di rottura concettuale e formale è originato non da disattenzioni alle problematiche esistenziali contemporanee, ma da una meditata riflessione sul mondo fenomenico, in chiave trascendentale e metafisica. Attraverso entità mosse da un'energia vitale e dinamica l'artista opera una ricostruzione simbolica dell'universo sensibile in "Dio e l' uomo" (olio su tela cm 120 x 150 anno 1991 coll. privata), un Demiurgo Pantocrator, privo delle connotazioni tradizionali legate all'inflessibilità del giudizio, ma perfettamente integrato alle sue creature. Queste, sono tradotte in una caleidoscopica sfaccettatura di forme geometriche vivificate da colori primari e complementari, in una rappresentazione non naive ma assimilata all'esperienza coloristica di Klee, di Itten, di Kupka, o cubo - futurista di Severini del Boulevard, dei geroglifici dinamici e della Danza al Pan Pan de Monico, prima ancora del Fortunato Depero dei Balli plastici e degli Arazzi. I ritmi degli oggetti reali sono spesso pretesti per gli equivalenti astratti ed analogici da essi originati o impressi, prima nella memoria, e poi tradotti dalla sensibilità dell'artista che rivisita quanto cade sotto i propri sensi, con immaginazione a volte ludica. Questa ricostruzione in progressione dinamica e costante espansione, sfugge, allo stesso modo di una proiezione cartografica, ai limiti imposti dal formato del quadro. Ideogrammi semantici popolano i mari di vele, le terre di città congestionate da marchingegni e creature in modo perpetuo, prive di tratti fisiognomici perchè parti integranti di un unico organismo vivente, quasi un sistema molecolare o stellare. Da questi meccanismi si sprigiona, comunque, sufficiente energia vitale per muovere una utopistica Città del sole nella quale l'attimo treanseunte del quotidiano si trasforma, nella continuità dello spazio e del tempo, in ciclo di eterno divenire.

Anna Barricelli Libero docente in storia dell'arte moderna ordinario di storia dell'arte all' Accademia di belle arti di Roma. Aprile 1994

 

 

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