A chi dare la cittadinanza?
Molti immigrati dopo un certo periodo chiedono la cittadinanza del Paese di residenza. Ovviamente la vorrebbero per usufruire di quei diritti riservati ai cittadini (seppure in continua diminuzione).
Ogni Stato ha una propria regolamentazione sui requisiti necessari, ma le principali vie con le quali si acquista cittadinanza nel mondo sono (non ricordo l'espressione in latino) per nascita da genitori cittadini, per nascita nel territorio dello Stato, o per acquisizione secondo norma di legge.
Credo si debba trovare un compromesso fra le tre cose, ma sempre senza mai dimenticare perché una persona acquisisce la cittadinanza di un Paese.
La cittadinanza è un "simbolo" che afferma il legame storico, civile e - sempre meno - culturale di una persona ad una data comunità. La persona si identifica con i valori della comunità e la comunità si rispecchia nella persona.
Una volta la cittadinanza poteva rappresentare la nazionalità; oggi, non essendo più i nostri Stati "nazionali", bisogna trovare il comune denominatore dei cittadini nel valori che condividono o che gli sono insegnati nel piano educativo dai genitori.
Si deduce da ciò che una persona non può avere una doppia cittadinanza; almeno non dello stesso valore. Gli Italiani ad esempio sono cittadini italiani ma anche europei; questa seconda però non è sullo stesso piano della prima, ne è complementare in un inquadramento più generale.
In conseguenza di ciò ritengo che la cittadinanza possa /debba essere assegnata a:
1) i figli di almeno un genitore cittadino purché residenti - e quindi cresciuti ed educati - nel Paese e l'altro genitore (immigrato) non pretenda di assegnare la cittadinanza del proprio Paese ai figli.
2) qualunque immigrato che dopo un periodo di X anni (almeno dieci) di regolare residenza con lavoro e contribuzione agli impegni e alle spese dello Stato, presti giuramento alla Costituzione, abbandoni la vecchia cittadinanza, svolga servizio militare - quest'ultimo secondo le disposizioni applicate a tutti i cittadini che offrono deroga all'obbligo in presenza di determinate condizioni - e superi un esame "base" di lingua nazionale - non è infatti ammissibile che un citttadino che dovrebbe rappresentare il proprio Stato non sappia neanche parlare la lingua del medesimo.
12/11/2001 - R.R.