Usare un computer non richiede insegnamenti specialistici; richiede esercizio e aggiustamenti progressivi, attraverso un processo per prove ed errori.

Il primo incontro del corso di aggiornamento "Alfabetizzazione informatica di primo livello" sta per iniziare. Il laboratorio è pronto, i computer sono accesi, le stampanti collegate e funzionanti, il relatore è in vigile attesa.
I partecipanti (meglio, le partecipanti, perchè ci sono ventinove donne e un solo uomo), si affacciano e cominciano a entrare, con qualche esitazione, "E' qui il corso...?", alcuni sembrano già stanchi, è venerdì pomeriggio.
Il relatore (d'ora in poi chiamiamolo  R) inizia a parlare. Si presenta, indica le impostazioni generali del corso e li invita a riflettere sulle due parole che formalmente identificano il corso (e la quasi totalità degli altri corsi legati al computer): "alfabetizzazione" e "informatica".
R confuta l'uso generalizzato dei due termini, spiega che non li ritiene appropriati al contesto del corso: imparare a usare un computer non richiede un insegnamento formale, specifico, come il termine "alfabetizzazione" lascia intendere. Invece, ha molti punti di contatto con tutti quegli apprendimenti "informali", senza un insegnamento specifico, che i bambini raggiungono prima di entrare a scuola e fuori dalla scuola: il linguaggio orale, per esempio, il comportamento sociale, andare sui pattini o giocare con i videogiochi.
Il computer, prosegue, si sta trasformando in un elettrodomestico intelligente, nella stessa fascia a cui appartengono il videoregistratore e la lavastoviglie. E se per far funzionare un videoregistratore o una lavastoviglie dovessimo sapere come sono fatti dentro, gli utenti si ridurrebbero drasticamente a qualche decina. Gli insegnanti si guardano, sconcertati.
R insiste: sono lì per imparare a far funzionare un computer, e quello che riusciranno ad apprendere non dipenderà tanto dai suoi insegnamenti, quanto invece dai loro esercizi, per aggiustamenti progressivi, attraverso il solito processo per prove ed errori.

Si comincia

Secondo lo schema di una lezione 'frontale', si inquadra da un punto di vista teorico il ruolo del computer nel (difficile) rapporto tra scuola e massmedia elettronici.
Poi si inizia con l'abc. E l'abc con i personal computer non può che riguardare
Windows, il sistema operativo che è in dotazione nella (quasi) totalità dei computer in vendita oggi. All'interno di Windows c'è una guida in linea che permette di procedere passo passo nell'esplorazione dell'ambiente di lavoro, esercitandosi sui singoli elementi che lo compongono, per tutto il tempo che è necessario. I primi esercizi che gli insegnanti affrontano riguardano l'uso del mouse. I problemi cominciano subito ad affiorare.

La paura del topo

Il rapporto col mouse (in inglese, topo) si rivela subito un elemento complicato e frustrante per la maggior parte degli insegnanti.
Qui affiora con palmare evidenza un aspetto fondamentale: l'indifferenza (se non addirittura l'ostilità) di molti insegnanti al computer e al suo mondo non nasce da posizioni ideologiche o pedagogiche contrastanti. Nasce, invece, dall'imbarazzo e dalla frustrazione che si provano spesso al momento di imparare a usare uno strumento nuovo, qualsiasi strumento, con la sua tecnologia e la sua manualità tutte da assimilare. Il mouse, oggi, è qualcosa di più di un semplice accessorio: è, per il computer, l'equivalente del volante e del cambio in un'automobile. Proviamo a capire, attraverso i comportamenti degli insegnanti al corso, cosa c'è dietro (e sotto) il loro difficile apprendistato col mouse.
Un disagio legato alla manualità
Gli insegnanti impugnano il mouse con stili estremamente differenti: c'è chi lo sfiora appena per paura che gli scoppi in mano, chi lo afferra con forza con tutte e due le mani, chi lo sposta con una mano e clicca con l'altra, quasi sempre sul tasto sbagliato.
La maggior parte trova difficile coordinare il movimento del mouse col movimento del puntatore sullo schermo. Quando la guida di
Windows chiede di spostare il puntatore in un'area piccola e precisa, e di cliccare per attivare una scelta, l'ostacolo sembra insuperabile: la fronte comincia a corrugarsi, lo sguardo si incupisce, il nervosismo affiora con frasi del tipo "lo sapevo, che non faceva per me", oppure "ma guarda un po' se alla mia età..".
Quando, sull'orlo di un esaurimento nervoso, riescono a portare il puntatore sopra un "bottone" e arrivano alla seconda fase del compito (premere il tasto) l'affare si complica: il dito cala dall'alto con troppa violenza, il mouse si sposta e inesorabilmente porta via il puntatore, lontano dal punto tanto faticosamente conquistato. E si ricomincia da capo.
Un disagio "cognitivo"
I problemi, anche se sembrano manifestarsi intorno ai polpastrelli, in realtà partono dagli emisferi cerebrali, sede delle operazioni cognitive più evolute. Qui vengono prese le decisioni (meglio, dovrebbero essere prese) sui diversi usi dei tasti del mouse: ci sono due o tre tasti tra i quali scegliere, poi c'è il clic, che ha una funzione, c'è il doppio clic, che ne ha un'altra, e il trascinamento, che differisce profondamente dagli altri due. Bisogna capire quale comando è necessario in quel determinato momento e usare il dito di conseguenza. Un lavoraccio.
Un disagio "lessicale"
Anche le parole contribuiscono a creare disorientamento nel rapporto insegnanti-mouse. Pensate ai termini
cliccare e doppio clic che, presi dall'inglese informatico, sono diventati ormai di uso comune tra i bambini e i "navigatori" su Internet.
Provate a cercarli in un dizionario, anche recente, e molto probabilmente non li troverete. Prima di poterli considerare elementi conosciuti del nostro orizzonte lessicale, vanno ascoltati più volte, decifrati e infine assimilati. E anche questo all'inizio richiede un piccolo stato di allerta, una certa tensione.
"Trascinare" è un caso a parte. E' un'azione che conosciamo. Sappiamo cosa significa trascinare fisicamente qualcosa; tuttavia, nel rapporto col mouse, trascinare
virtualmente un'icona oppure un paragrafo di testo, si rivela  tutta un'altra cosa, che richiede tecnica e attenzione particolari: per trascinare qualcosa col mouse bisogna posizionare il puntatore in un'area determinata, cliccare e, tenendo sempre il tasto premuto, spostare l'"oggetto" (l'icona) nel punto desiderato dello schermo.

Le difficili letture

Insieme al complicato rapporto col mouse, nel primo incontro i partecipanti hanno evidenziato un altro aspetto, forse prevedibile ma comunque degno di nota: una difficoltà di "lettura" dei segni linguistici e iconici che scorrono sullo schermo.

  1. L'esercitazione di Windows alterna sullo schermo-pagina brevi testi, elementi grafici e animazioni. Il testo cambia più volte, in sequenza, all'interno di una stessa pagina, e questo richiede una lettura particolare, capace di passare alternativamente da uno all'altro dei diversi elementi. Gli insegnanti, abituati allo spazio fisso della pagina scritta, in cui modi e tempi della lettura sono scelti autonomamente, trovano difficile adattarsi al nuovo contesto.
L'animazione, inoltre, attrae fisiologicamente lo sguardo, si tende a non prestare attenzione alle parole che cambiano in un'altra parte dello schermo; quindi, non si cercano informazioni e si tende a muoversi per pura imitazione.
  1. Anche i segni grafici che fanno parte integrante del linguaggio di Windows inizialmente complicano la vita ai corsisti. Le icone dei programmi, dei gruppi, dei bottoni di funzionamento, delle barre dei menù: tutto un universo da decifrare, rinunciando ai meccanismi alfabetici che noi insegnanti pratichiamo istituzionalmente.
Per esempio, nell'esercitazione ci sono dei fumetti con un vertice puntato sul punto su cui si deve agire.
Bene, quasi nessuno dei partecipanti interpretava il fumetto come un'indicazione di luogo, "Dov'è che devo cliccare?...", e si stupivano nel riconoscere la precisa funzione di segno a quello che a prima vista avevano identificato come un semplice elemento ornamentale, privo di valenze significative.
La maggior parte degli insegnanti erano estremamente motivati, disponibili a investire tempo ed energie per imparare a far funzionare un computer. Le difficoltà che hanno incontrato nell'impatto iniziale col computer e la sua cultura (che ancora oggi è fondamentalmente una cultura extrascolastica) derivano dall'abitudine a lavorare e a ricavare informazioni esclusivamente dalla lettura di testi scritti (e i testi scritti di tipo scolastico, a loro volta, hanno caratteristiche particolari nell'universo della comunicazione alfabetica scritta).
Luca Vitali

La vita scolastica - 1 aprile 1997,  n.14