Welcome nella sezione Japan Culture, la sezione dedicata al MIJ, il Made In Japan!!! News ed altro, di tutto di più... Molte info sul Paese dei Sogni.
Ecco una serie di informanzioni e poi una serie di link più specifici.
Japan Info
Monarchia
costituzionale ereditaria dell'Asia orientale. Il suo territorio è costituito
da quattro grandi isole, dalle isole Ryukyu e da un migliaio di isole minori
adiacenti, che si estendono in un arco irregolare dall'isola di Sahalin (Russia)
all'isola di Formosa, o Taiwan. Il Giappone è bagnato a nord dal mare di Ohotsk,
a est dall'oceano Pacifico, a sud dall'oceano Pacifico e dal mar Cinese
orientale, a ovest dallo stretto di Corea e dal mar del Giappone. Il nome
giapponese del paese è Nihon ("Origine del sole"), Tokyo ne è
la capitale e la maggiore città.
Il
Giappone propriamente detto è costituito dalle quattro grandi isole di Hokkaido
(la più settentrionale), Honshu (la più estesa e più popolata), Shikoku (la
più piccola) e Kyushu (la più meridionale), la cui superficie è di circa
362.000 km2;
la superficie totale del Giappone è di 377.727 km2.
Le
isole Curili, a nord di Hokkaido e un tempo appartenenti al Giappone col nome di
Chishimaretto, sono state occupate dall'URSS, alla fine della seconda guerra
mondiale in base a un accordo raggiunto alla conferenza di Jalta nel 1945. Fino
al momento della resa incondizionata del Giappone agli Alleati, avvenuta il 2
settembre 1945, l'impero giapponese controllava, oltre all'odierno Giappone e
alle isole Curili, una superficie di circa 1.651.100 km2
comprendente la Corea, Formosa, la Manciuria, il territorio concesso in affitto
del Guangdong (Kwangtung), le Pescadores (Isole dei pescatori), Karafuto (la
porzione meridionale dell'isola di Sakhalin) e i Territori sotto mandato del
mare del sud, che comprendevano le isole Marshall, le Marianne (tranne Guam di
appartenenza statunitense) e le Caroline, nel 1919 assegnate sotto mandato al
Giappone dal Trattato di Versailles.
Territorio
Le
isole che formano il Giappone costituiscono la parte emersa di una grande catena
montuosa, in origine appartenente al continente asiatico, dalla quale si
staccarono nell'era cenozoica. La lunga e stretta isola principale, Honshu, ha
un'ampiezza massima inferiore ai 322 km: in nessun punto del Giappone la
distanza dal mare supera i 161 km.
Il
litorale del Giappone, molto lungo in proporzione alla superficie totale del
paese, si estende, con numerose baie e insenature, per circa 24.950 km. Le coste
sul Pacifico sono soprattutto frastagliate, prodotto dell'azione erosiva delle
maree e di violente tempeste. La costa occidentale di Kyushu, sul mar Cinese
orientale, rappresenta la parte più irregolare del litorale giapponese. Qualche
insenatura navigabile si trova sulla costa orientale sopra Tokyo, ma è a sud
dell'omonima baia che sono situati molti dei più importanti porti e baie del
Giappone. Tra Honshu, Shikoku e Kyushu si trova il Mare interno, disseminato di
isole e collegato all'oceano Pacifico e al mare del Giappone da tre esigui
stretti raramente colpiti dalle tempeste oceaniche. La linea costiera
occidentale, che s'affaccia sul calmo mare del Giappone, è relativamente poco
articolata e ha un'estensione inferiore ai 4.830 km; sole insenature rilevanti
sono la baia di Wakasa e la baia di Toyama nell'Honshu.
Il
territorio, molto irregolare, è caratterizzato dal succedersi di alte montagne
e vallate profonde, con pianure alluvionali di limitata estensione poste sui
fondivalle e presso gli sbocchi costieri dei fiumi. A causa di questa
frammentazione delle aree pianeggianti, il terreno coltivabile è pari a circa
solo l'11% della superficie totale del paese. La caratteristica dominante del
territorio giapponese è dunque rappresentata dai rilievi, che fanno parte di un
unico allineamento montuoso, diviso in diverse catene. I due versanti del
rilievo, che attraversa le isole in direzione nord-sud, digradano verso la
costa, dove formano baie e insenature portuose. A nord, l'isola di Hokkaido è
attraversata da una fascia vulcanica che, partendo dalle Curili, attraversa
l'isola, ricomparendo, al di là dello stretto di Tsugaru, nell'isola di Honshu
in due file parallele. La catena minore, che si allunga interamente nel
nord-est, separa la valle del fiume Kitakami dall'oceano Pacifico. La catena
principale si estende invece verso sud-ovest, dove incontra una massa montagnosa
che circonda l'altopiano del fiume Shinano, per formare una cintura di montagne,
le più alte del Giappone, che attraversano la parte più selvaggia dell'isola.
L'altezza massima, 3776 m,
è rappresentata dal monte Fuji, un vulcano in fase di quiescenza situato nei
pressi di Yokohama. Esso costituisce uno dei soggetti preferiti dell'arte
giapponese per la sua altezza incomparata, la forma singolare e l'eccezionale
bellezza. Per i giapponesi rappresenta uno degli elementi territoriali di
maggior carica simbolica, sia perché è il vertice dell'arcipelago, sia perché
è un vulcano, sia perché la sua ascensione è una sorta di sacra iniziazione
alla conoscenza della natura. Tra le catene che formano la massa montagnosa
centrale è quella che per la sua imponenza e per la maestosità del suo
paesaggio è conosciuta come Alpi giapponesi; la cima più alta di questa catena
è il monte Hida (3190 m). Diverse catene montagnose si elevano anche sulle
isole di Hokkaido (dove la cima più alta è il monte Asahi-dake di 2290 m),
Shikoku (il monte Ishizuchi con 1981 m è il più alto della zona) e Kyushu
(dove i rilievi sono di altezza inferiore). A testimonianza dell'intenso
vulcanismo che, insieme alla forte instabilità sismica, ha caratterizzato la
formazione geologica del paese, sul territorio giapponese sorgono ancora circa
200 vulcani, una cinquantina dei quali tuttora attivi, mentre numerosissime sono
le sorgenti termali.
Le
zone pianeggianti più estese, situate perlopiù intorno ai corsi inferiori dei
principali fiumi e lungo la costa, si trovano nel Hokkaido: lungo il corso del
fiume Ishikari nella parte occidentale dell'isola, lungo il fiume Tokachi a
sud-est e intorno alle città di Nemuro e Kushiro sulla costa centrorientale.
Nel Honshu vi sono diverse zone pianeggianti; le maggiori sono la piana di
Osaka, all'interno della zona del Kansai, dove sorgono le città di Kobe, Kyoto
e Osaka; quella del Kanto, dove si trovano Tokyo e Yokohama; Nagoya è la
principale città della piana di Nobi. In Kyushu la pianura più estesa è
quella di Tsukushi.
Attività
sismica
In
Giappone sono frequenti i terremoti: secondo una statistica si verificano
quotidianamente più di tre movimenti sismici. La ricerca geologica ha infatti
evidenziato un abbassamento della costa giapponese occidentale, e un
innalzamento della costa sul Pacifico. La costa orientale è colpita da
terremoti che interessano una zona molto estesa, solitamente accompagnati da
forti maree e maremoti talvolta con onde anomale di eccezionale altezza, dette tsunami
(come quella che nel 1995 ha colpito, spianandole, le coste dell'isola di
Okushiri). Questi sismi sono legati agli assestamenti della crosta terrestre in
prossimità della massa continentale asiatica, dove si ha un fenomeno di
subduzione, di sprofondamento del fondo oceanico (e difatti in vicinanza delle
isole giapponesi si trovano alcuni dei più profondi abissi oceanici, come il
Vitjaz, 11.032 m), con parallelo sollevamento del bordo continentale, dal quale
sarebbe sorto l'arcipelago con le sue montagne e i suoi vulcani. L'instabilità
che caratterizza le isole del Giappone del resto si verifica tutt'intorno
all'oceano Pacifico, per cui si parla di "anello di fuoco", di cui
l'arcipelago sarebbe una delle sezioni più attive.
Il
terremoto più disastroso che si ricordi nella storia giapponese si verificò
nel 1923: con epicentro nella baia di Sagami, danneggiò gravemente Tokyo e
Yokohama, provocando la morte di circa 150.000 persone. Il grande terremoto
dell'Hanshin del 1995, la cui intensità ha raggiunto il settimo grado della
scala Richter, ha colpito la città portuale di Kobe facendo perire circa 5000
persone.
Idrografia
Data
la particolare conformazione stretta e allungata delle isole giapponesi non
possono esistere grandi bacini idrografici e i fiumi, che disvolgono il loro
corso dallo spartiacque alla costa, sono generalmente brevi. Essi, inoltre,
rigonfi durante il disgelo primaverile o le piogge estive, diventano esigui
corsi d'acqua durante la stagione asciutta; la scarsa profondità e le frequenti
rapide ne permettono poi la navigazione unicamente a imbarcazioni molto leggere.
Il fiume più lungo è lo Shinano, nel Honshu, un corso di circa 370 km;
sull'isola altri fiumi importanti sono il Tone, il Kitakami, il Tenryu e il
Mogami. Tra i principali fiumi del Hokkaido vi sono l'Ishikari, secondo fiume
giapponese per estensione del bacino, oltre al Teshio e al Tokachi. Il Yoshino
è il maggiore fiume dello Shikoku. Numerosi sono i laghi, alcuni formati da
sbarramenti delle valli fluviali; in gran parte sono situati in montagna, dove
spesso sono diventati luoghi di soggiorno estivi. Il principale è il Biwa, nel
Honshu, esteso per circa 685 km2.
Clima
In
virtù del notevole sviluppo longitudinale del paese, le isole giapponesi
presentano condizioni climatiche molto varie. La temperatura media varia tra i 5
°C di Nemuro (Hokkaido) e i 16 °C di Okinawa. Estati brevi e miti e inverni
lunghi e rigidi caratterizzano l'isola di Hokkaido e la parte settentrionale del
Honshu; gli inverni rigidi si devono in gran parte ai venti di nord-ovest
provenienti dalla Siberia e alla corrente marina fredda, detta corrente di
Okhotsk (o Oyashio), che investe il mare del Giappone. Nel sud e nell'est del
Honshu le temperature invernali sono notevolmente miti grazie all'influenza
della corrente calda detta Kuroshio (o Corrente del Giappone). Nello Shikoku,
nel Kyushu e nel Honshu meridionale invece le estati sono calde e umide, quasi
subtropicali, e gli inverni sono miti, con nevicate molto scarse. In tutto il
Giappone i monsoni, provenienti da sud-est, contribuiscono in estate all'aumento
del tasso di umidità. Le precipitazioni variano dai circa 1015 mm annui nel
Hokkaido ai 3000 mm e oltre sulle montagne del Honshu centrale e del Shikoku. Da
giugno a ottobre il paese è interessato da violenti cicloni tropicali, chiamati
anche tifoni, che possono causare gravi danni, soprattutto alle imbarcazioni.
Flora
e fauna
Grazie
alla temperatura calda e umida dell'estate, il Giappone ha una flora varia e
rigogliosa che conta più di 4500 specie di piante. Fra le piante fiorite va
menzionato innanzitutto il ciliegio, che fiorisce a inizio primavera: è il
fiore nazionale e costituisce un motivo ricorrente nell'arte e nella cultura
giapponese; in aprile, le colline si ricoprono invece dei colori delle camelie e
delle azalee e, all'inizio di maggio, delle peonie, uno dei fiori più
coltivati. Il loto è in fiore in agosto, mentre in novembre uno dei più famosi
festival floreali giapponesi celebra il crisantemo, fiore che rappresenta
l'emblema della famiglia imperiale. Tra gli altri fiori si ricordano l'anagallide,
la campanula, il gladiolo e diverse varietà di gigli.
Tra
gli alberi predominano le conifere; diffuso è il cedro giapponese, detto sugi,
che può raggiungere i 46 m d'altezza, il larice e diverse varietà di abete.
Nel Kyushu, nel Shikoku e nel Honshu meridionale si trovano alberi come il bambù,
l'albero della canfora e il fico d'India; la pianta del tè e della cera
vegetale sono coltivate nella zona centrale del Honshu e in tutta l'area
meridionale del paese. Nel Honshu centrale e settentrionale crescono alberi
tipici della zona temperata, come il faggio, il salice, il castagno, oltre a
diverse conifere; vi è diffusa inoltre una coltura estensiva della pianta della
lacca e del gelso; molto comuni sono anche il cipresso, il tasso, l'agrifoglio e
il mirto. La vegetazione del Hokkaido è di tipo subartico, più o meno simile a
quella della Siberia meridionale, con una diffusa presenza di abeti e larici; ma
nelle zone più temperate si trovano l'ontano, il pioppo e il faggio.
In
Giappone è praticata una forma pressoché unica di giardinaggio decorativo, con
la riproduzione stilizzata e in scala ridotta di paesaggi naturali. Vengono
inoltre coltivati alberi nani, i bonsai, che grazie a un'abile e continua
potatura, non superano i 30 cm d'altezza.
In
rapporto a una flora tanto rigogliosa, la fauna giapponese può apparire scarsa;
nel paese abitano tuttavia diverse specie di mammiferi, molte specie di uccelli
e una nutrita varietà di rettili, anfibi (fra cui è particolare la salamandra
gigante del Giappone, che può raggiungere il metro e mezzo di lunghezza),
batraci e pesci. Non mancano neppure i primati, tra cui le scimmie,
rappresentate dalla famiglia dei cercopitecidi, che popolano le isole di Honshu
e Shikoku, e una specie di macaco.
Popolazione
I
giapponesi sono una popolazione sul cui ceppo etnico d'origine persistono ancora
dubbi; la teoria più accreditata li considera come il risultato di immigrazioni
dal vicino continente di genti di razza essenzialmente mongolica, simile nelle
fattezze ai cinesi e ai coreani, seppure di statura inferiore. Esse si sarebbero
sovrapposte alle popolazioni originarie, autoctone, di cui gli ultimi
rappresentanti sarebbero gli ainu, una popolazione caucasica oggi residente
soprattutto nel Hokkaido.
Società
industriale e urbana, più di tre quarti della popolazione giapponese vive in
aree metropolitane. Il paese conta (secondo una stima ufficiale del 1993)
124.711.551 abitanti, con una densità corrispondente di circa 330 abitanti per
km2.
Suddivisioni amministrative e città principali
Suddiviso
in otto regioni geografiche (Hokkaido, Tohoku, Kanto, Chubu, Kansai-Kinki,
Chugoku, Shikoku, Kyushu) e in 47 prefetture o loro equivalenti, includendo
Okinawa che fu restituita al Giappone dagli Stati Uniti nel 1972, il Giappone è
caratterizzato da una forte contrapposizione fra zone rurali, sempre meno
abitate, e zone urbane che, nel corso del Novecento soprattutto, hanno avuto un
eccezionale sviluppo. Ogni prefettura è amministrata da un governatore elettivo
e da un'assemblea; ogni municipalità all'interno delle prefetture ha una
propria assemblea legislativa, composta da rappresentanti eletti a suffragio
universale; le municipalità hanno poteri piuttosto vasti: sono competenti in
materia di istruzione e possono imporre tributi.
Le
aree urbanizzate si concentrano lungo le coste dove le città sono sorte in
corrispondenza delle zone pianeggianti e coltivabili, sviluppandosi poi come
centri portuali e industriali. Nel Honshu la successione delle città costiere
sul lato del Pacifico è ininterrotta, al punto da poter parlare di un'unica
grande conurbazione o di megalopoli, estesa da Tokyo-Yokohama sino a Osaka, e
comprendente diverse città plurimilionarie, per un totale di oltre 25 milioni
di abitanti. La città maggiore è Tokyo, centro finanziario e commerciale del
paese, con una popolazione (secondo una stima del 1995) di 7.966.195 abitanti;
l'agglomerato urbano raggiunge quasi i dodici milioni. Altre grandi città sono:
Yokohama (3.307.408 abitanti), porto e cantiere navale di primaria importanza,
nonché centro dell'industria chimica, metallurgica, petrolifera e della
produzione di macchinari; Osaka (2.602.352 abitanti), importante porto e scalo
aeroportuale, nonché tra i principali centri finanziari del paese; Nagoya
(2.152.258 abitanti), centro industriale che si distingue per le porcellane, i
tessili e la ceramica; Kyoto (1.463.600 abitanti), la capitale storica, nota
soprattutto per le attività nel campo della produzione di oggetti d'arte, tra
cui la tessitura e la stampa della seta; e Kobe (1.423.830 abitanti), importante
porto, sede di cantieri navali e nodo della rete dei trasporti. Vi sono poi più
di 75 città con una popolazione superiore ai 250.000 abitanti.
Lingua
e religione
La
lingua ufficiale del paese è il giapponese; abbastanza diffuso tra la
popolazione è l'inglese. Le principali confessioni religiose sono: lo
scintoismo, che si fonda sul culto degli antenati e della natura e che si
organizza in circa 200 sette con denominazioni diverse, e il buddhismo,
organizzato in altrettante sette e denominazioni. Il cristianesimo,
rappresentato da protestanti, cattolici e greco-ortodossi, è professato da meno
del 4% della popolazione. Si ritiene che pressoché tutti i giapponesi, eccetto
i cristiani, siano scintoisti, e che la maggioranza di coloro che professano lo
scintoismo siano anche buddhisti.
Lo
scintoismo è intrinsecamente legato alla storia del Giappone. Alla fine del XIX
secolo venne infatti reso religione di stato e un forte accento venne posto sul
culto della figura divina dell'imperatore e sull'origine divina del popolo
giapponese; tutti i giapponesi, indipendentemente dal loro credo religioso,
furono obbligati a praticare il culto nei templi scintoisti. Lo scintoismo perse
tuttavia il suo carattere istituzionale quando il 1° gennaio 1946 l'imperatore
Hirohito rinunciò a ogni pretesa di divinità; la Costituzione promulgata nel
1947 riaffermò l'assoluta libertà di religione, abolendo il sostegno dello
stato allo scintoismo.
Istruzione
e cultura
In
Giappone il sistema dell'istruzione è molto sviluppato e l'analfabetismo è
quasi inesistente. L'inglese, lingua delle relazioni con l'estero, è materia di
studio obbligatoria fin dalla scuola elementare accanto al giapponese, lingua
ufficiale del paese.
Il
sistema dell'istruzione giapponese, che subì la forte influenza della Cina,
delle sue arti e della sua scrittura, era però più aristocratico che in Cina,
e le famiglie nobili avevano strutture scolastiche private. Successivamente,
durante gli anni del Medioevo, la funzione di istruire passò ai templi
buddhisti e rimase di loro competenza fino a quando, durante l'impero Tokugawa,
che dominò il paese a partire dal 1600, la diffusione delle strutture
scolastiche favorì la nascita di una delle più colte società premoderne. Con
la cosiddetta restaurazione Meiji, il Giappone conobbe dal 1868 in poi una
radicale trasformazione che si espresse anche in campo educativo. Nel 1872 fu
infatti istituito un ministero dell'istruzione e nello stesso anno venne
formulato un piano per un sistema scolastico unico, integrato e generalizzato
dell'istruzione primaria. Il governo inviò apposite missioni in Europa e negli
Stati Uniti per apprendere nuovi metodi didattici; professori stranieri furono
invitati a insegnare nelle università giapponesi. Nel 1877 venne fondata
l'Università di Tokyo, ancora oggi la più prestigiosa del paese. In seguito a
queste riforme, il Giappone divenne una nazione moderna, dotata di un sistema
scolastico completo e al passo con le strutture esistenti nei paesi occidentali.
Oggi
l'istruzione è gratuita e obbligatoria per nove anni (i sei della scuola
elementare e i tre della scuola media inferiore). L'istruzione secondaria
superiore, facoltativa, prevede una tassa di iscrizione, anche nelle scuole
pubbliche e negli istituti pubblici di istruzione superiore. Alla fine degli
anni Ottanta vi erano in Giappone circa 24.850 scuole elementari (primarie),
frequentate da circa 9,6 milioni di studenti l'anno, e circa 16.780 scuole medie
(secondarie), con quasi 11,3 milioni di studenti. La scuola elementare aveva
circa 445.000 insegnanti e quella media circa 570.000. Esistono anche scuole di
formazione tecnica, commerciale e professionale, così come istituti per
studenti disabili. Il sistema scolastico pubblico, fortemente competitivo, è
affiancato da molti istituti privati.
In
Giappone esistono circa 60 università statali (di cui 7 ex imperiali), oltre a
numerosi atenei privati. Fra le più antiche e prestigiose istituzioni
accademiche pubbliche si annoverano: l'Universà di Hokkaido, fondata a Sapporo
nel 1876; quella di Tokyo (1877) e di Kyoto (1897). I principali atenei privati
sono: l'Universà Doshisha (1875) a Kyoto; l'Universà Hosei (1880), quella di
Waseda e quella di Kejo, tutte tre a Tokyo; l'Universà Kansai (1886) a Osaka.
Tokyo
è la sede delle maggiori biblioteche del paese; fra le raccolte librarie delle
altre città si ricordano le biblioteche di Osaka e di Kobe. Anche i più
importanti musei giapponesi si trovano nella capitale; la principale raccolta
d'arte del paese è il Museo nazionale di Tokyo. In altre città del Giappone si
conservano tuttavia importanti collezioni: una delle più notevoli è quella del
Museo nazionale di Kyoto. Kyoto e Nara, entrambe antiche capitali, sono poi esse
stesse musei all'aria aperta, viste le vestigia del passato che conservano.
Economia
Negli
ultimi decenni il Giappone è stato segnato da una rapida crescita economica. La
produzione industriale si è andata orientando dall'industria leggera,
principalmente quella tessile su cui si era basato a fine Ottocento il primo
sviluppo, all'industria pesante e di base (metallurgia, siderurgia, chimica e
petrolchimica, cantieristica navale), alla produzione automobilistica,
componentistica ed elettrica, che rappresentano complessivamente almeno i due
terzi del valore totale annuo delle esportazioni. Grande spinta hanno avuto
anche gli investimenti nell'industria ad alta tecnologia (elettronica,
microelettrica, informatica, delle telecomunicazioni e aerospaziale). Nel 1995
il prodotto interno lordo (PIL) del Giappone era di 4321 milardi di dollari USA,
il secondo al mondo, pari a un PIL pro capite di 39.640 dollari. Il bilancio
nazionale preventivo per l'anno fiscale conclusosi il 31 marzo 1994 contemplava
entrate per 72.354.800 milioni di yen (730.143.380.000 dollari) e uscite per una
somma equivalente.
Il
flusso del turismo giapponese è caratterizzato invece da un forte squililibrio:
all'inizio del 1990 i visitatori stranieri in Giappone erano oltre 4 milioni
ogni anno, mentre erano circa 12 milioni i giapponesi in viaggio all'estero; il
turismo ha generato così un reddito annuo di 3,4 miliardi di dollari, mentre la
spesa dei viaggiatori giapponesi superava i 22,5 miliardi di dollari.
L'inflazione, già da anni costantemente molto bassa, nel 1995 era del -0,5.
La
struttura dell'economia giapponese ha visto una dozzina di famiglie di
possidenti, chiamate zaibatsu ("la cricca ricca"), occupare una
posizione dominante sino al termine della seconda guerra mondiale. Fra le più
importanti vi erano quelle Mitsui, Iwasaki (dietro alla quale si è sviluppato
il marchio aziendale Mitsubishi), Sumitomo e Yasuda, che controllavano la quasi
totalità delle industrie del ferro, del carbone, dell'alluminio e della carta e
che, all'indomani della fine della guerra, furono costrette dalle forze alleate
d'occupazione a far confluire le loro immense proprietà in società.
L'organizzazione di queste società ha di fatto ricreato una posizione di forte
dominio dell'economia nazionale, controllata questa volta, invece che dalle
antiche famiglie, dai consigli di amministrazione delle società e dai
funzionari dell'influentissimo Ministero dell'industria e del commercio estero
(MITI).
Da
un punto di vista dell'organizzazione del lavoro bisogna dire che la debolezza
delle associazioni sindacali ha non poco contribuito ai successi del sistema
industriale giapponese, il quale senza il peso di forti rivendicazioni
sindacali, ha potuto essere fortemente competitivo sui mercati mondiali. Oggi
però la situazione è alquanto cambiata: mentre il numero degli iscritti alle
associazioni sindacali era di quasi 3,7 milioni, nei primi anni Novanta sono
diventati quasi 12,5 milioni, pari a circa il 29% della popolazione attiva. Le
principali confederazioni sindacali del paese si sono fuse nel 1987 in un organo
unitario, la Federazione nazionale dei sindacati del settore privato, nota col
nome di Rengo.
Agricoltura
e pesca
Anche
se negli ultimi anni si è assistito a un declino nel numero di addetti
nell'agricoltura, il settore non ha perso la propria importanza. La produzione
di riso, che occupa oltre il 40% del terreno coltivato, intorno alla metà degli
anni Novanta generava da sola circa un terzo dell'intero reddito agricolo; il
riso costituisce infatti ancor oggi il principale alimento dei giapponesi, anche
se una significativa sovrapproduzione, dovuta in parte allo sviluppo di alcune
varietà di riso a maggior rendimento, ha tuttavia cominciato a verificarsi con
la graduale trasformazione nei consumi alimentari della popolazione. Frumento e
orzo rappresentano altre importanti colture cerealicole, cui vanno aggiunte le
coltivazioni di patate e patate dolci, barbabietole da zucchero, canna da
zucchero, agrumi, ortaggi, tra cui cavoli, cipolle e pomodori, e frutti diversi,
come mele, pesche, pere, e poi soia, tè, tabacco e molti altri prodotti
ortofrutticoli. Data l'esiguità del terreno coltivabile e il suo conseguente
elevato valore, all'allevamento viene invece riservata una superficie modesta
del paese; ciononostante, all'inizio degli anni Novanta, i maiali allevati erano
11 milioni, i bovini 5 milioni e i volatili 336 milioni.
Il
terreno coltivabile è diviso in piccoli appezzamenti, di cui il 70% inferiori o
pari a 1 ettaro coltivati da contadini che per la gran parte lavorano anche a
mezza giornata nell'industria. Prevale la coltura intensiva e nella sezione
meridionale dell'arcipelago sono spesso effettuati due o più raccolti l'anno,
il che ha causato un diffuso impoverimento del terreno; grazie al massiccio
impiego di fertilizzanti chimici, di migliori varietà di colture e di tecniche
produttive avanzate, la produzione realizzata nelle aziende agricole giapponesi
è tuttavia tra le più elevate al mondo.
Per
i due terzi circa la superficie territoriale del Giappone è ricoperta da
foreste, in cui, per i due quinti, crescono alberi di legno dolce. Nonostante il
paese sia tra i principali produttori mondiali di legname (la produzione annua
di legname nei primi anni Novanta ammontava a circa 37,6 milioni di m3),
il Giappone deve ricorrere largamente all'importazione per soddisfare la
crescente domanda interna. I due terzi circa del patrimonio forestale sono di
proprietà privata.
Poiché
il pesce rappresenta per i giapponesi uno tra gli alimenti principali, secondo
soltanto al riso, la pesca costituisce un'industria di grandissima importanza,
destinata sia al mercato interno sia all'esportazione. Il Giappone dispone di
una delle maggiori flotte da pesca del mondo, le cui attività possono essere
così distinte: pesca costiera, al largo e in profondità. La pesca al largo,
effettuata con imbarcazioni di media stazza è responsabile di un quarto del
valore del pescato totale. La pesca in profondità, praticata in acque
internazionali da potenti battelli, fornisce una pari quota di pescato. La pesca
esercitata lungo le coste, con modeste imbarcazioni, reti da pesca o tecniche di
allevamento, rappresenta invece quasi il 50% del totale del pescato, che nei
primi anni Novanta ammontava a circa 10 milioni di tonnellate metriche ed era
composto da sardine, bonito, granchi, lucci, gamberi, salmoni, gadi, sgombri,
seppie, calamari, costardelle, pagelli e tonni; il Giappone è inoltre tra i
pochi paesi che praticano ancora la caccia alla balena. Rilevante è anche la
raccolta delle alghe marine.
Risorse
minerarie ed energetiche
Il
Giappone dispone di diverse risorse minerarie, ma generalmente in quantità
limitata, per cui è costretto a forti importazioni di materie prime, necessarie
alla sua poderosa attività industriale, di trasformazione e manifatturiera. Vi
sono generalmente giacimenti di carbone, rame, piombo, zinco e quarzite, ma
tutti in quantità insufficienti a soddisfare la domanda interna. Il paese è
tra i principali produttori mondiali di energia elettrica, di cui circa il 61%
proviene da centrali termiche, operanti con carbone o petrolio; gli impianti
idroelettrici forniscono il 12% e le centrali nucleari il 27%. Alla metà degli
anni Novanta la potenza installata era di oltre 220 milioni di kW e la
produzione annua di elettricità ammontava a circa 964 miliardi di kWh.
In
mancanza di sufficienti risorse energetiche interne, il Giappone dipende dalle
importazioni di combustibili. Grazie ai progressi raggiunti nella resa e nel
risparmio energetici, il tasso di consumo annuo di energia in Giappone è calato
dal 6,1% del periodo tra il 1965 e il 1980 all'1,9% nel periodo dal 1980 al
1988, mentre la quota annua rappresentata dai prodotti combustibili sul totale
delle importazioni è scesa dal 19% al 14%.
Industria
L'industria
giapponese, sviluppatasi a partire dalla fine dell'Ottocento, fu gravemente
danneggiata durante la seconda guerra mondiale. La ricostruzione intrapresa portò
tuttavia il paese alla completa modernizzazione degli impianti industriali,
dando rilievo soprattutto alle industrie chimica e petrolchimica e alla
produzione di macchinari pesanti. Intorno alla metà degli anni Cinquanta la
produzione industriale aveva superato i livelli prebellici: il tasso di crescita
medio annuo è stato del 9,4% nel periodo tra il 1965 e il 1980, del 6,7% fra il
1980 e il 1985 e del 3,1% fra il 1985 e il 1994. Intorno alla metà degli anni
Novanta il Giappone era il primo paese al mondo nel settore cantieristico
navale, nonché uno dei principali produttori mondiali di materiali elettrici ed
elettronici, di acciaio e di autoveicoli. La produzione di acciaio grezzo nel
1995 è stata di circa 102 milioni di tonnellate; quella di ghisa di circa 75
milioni. L'industria meccanica giapponese produce anche tra 8 e 9 milioni di
automobili e 3 milioni di veicoli commerciali; in altri settori in cui è
particolarmente attiva produce 340 milioni di orologi, 8 milioni di
videoregistratori, 11 milioni di televisori a colori, 12 milioni di apparecchi
fotografici, 6,1 milioni di forni a micro onde, 5,2 milioni di frigoriferi, 4,3
milioni di apparecchi per teleriproduzione, 2,6 milioni di computer, 2,3 milioni
di fotocopiatrici e numerosi altri prodotti elettrici ed elettronici per uso
domestico e professionale. Significativa è anche la produzione di materie prime
chimiche, di tessuti e di fibre sintetiche (in questo periodo la produzione di
cotone e di seta è tuttavia diminuita d'importanza). Sostenuti dal valore dello
yen, gli investimenti delle società giapponesi in impianti esteri sono stati
consistenti per molti anni.
Flussi
monetari e banche
La
Banca del Giappone, fondata nel 1882, è la banca centrale, con funzioni di
agente fiscale generale per conto del governo ed è la sola autorizzata a
emettere moneta. Il cuore del sistema finanziario è costituito da oltre 85
istituti di credito. La Borsa di Tokyo è uno dei più importanti mercati
mondiali per lo scambio di titoli e valori. L'unità monetaria del Giappone è
lo yen,
diviso in 100 sen.
Commercio
Prima
della seconda guerra mondiale il Giappone era al quinto posto nel mondo per
volume di commercio. Nel 1939 le esportazioni giapponesi ammontavano a circa 928
milioni di dollari e le importazioni a circa 757 milioni. La maggior parte delle
esportazioni erano dirette verso territori controllati dall'impero giapponese,
come la Manciuria e la Cina occupata; la bilancia commerciale annua con gli
altri paesi, come Stati Uniti d'America e Gran Bretagna, era passiva: le
importazioni annue dagli Stati Uniti, ad esempio, superavano le esportazioni per
oltre 70 milioni di dollari (vedi Importazioni ed esportazioni). Le
autorità di occupazione alleate permisero una ripresa del commercio estero
delle imprese private nel 1946. All'inizio degli anni Novanta le importazioni
annue ammontavano a circa 233 miliardi di dollari, e le esportazioni a circa 339
miliardi, facendo del Giappone il terzo paese esportatore del mondo; oltre il
90% del totale delle esportazioni era costituito da prodotti industriali, mentre
il petrolio grezzo e raffinato rappresentava circa il 13% delle importazioni
totali. Nel 1995 le esportazioni superavano i 400 miliardi di dollari, mentre le
importazioni raggiungevano i 300 miliardi. Fino al 1993 le importazioni di riso
erano proibite, ma gli scarsi raccolti del 1993 e del 1994 hanno costretto a
importarne circa 1 milione di tonnellate metriche dalla Thailandia,
dall'Australia e dagli Stati Uniti, e come risultato delle negoziazioni
dell'Accordo generale sulle tariffe e il commercio, condotte nel corso
dell'"Uruguay round", si è giunti a un graduale allentamento delle
restrizioni.
Il
commercio estero rappresenta un settore essenziale dell'economia giapponese. Il
mercato interno è infatti insufficiente ad assorbire l'intero volume della
produzione industriale del paese. Inoltre, poiché il Giappone deve importare
gran parte delle materie prime da cui dipendono le sue industrie, l'esportazione
di una porzione cospicua della produzione annua è necessaria per raggiungere
l'attivo nella bilancia commerciale. Il Giappone ha impiegato gli enormi
profitti commerciali accumulati nel corso degli anni Settanta e Ottanta per
compiere massicci investimenti all'estero, diventando il primo paese creditore
del mondo.
Alla
metà degli anni Novanta, quasi il 42% delle importazioni del Giappone
provengono da paesi asiatici, i quali in compenso assorbono circa il 33% delle
esportazioni. I principali scambi asiatici avvengono con Corea del Sud, Cina,
Taiwan, Hong Kong, Indonesia, Arabia Saudita, Singapore e Australia. Nello
stesso periodo, i paesi dell'Unione Europea (UE) – in particolare Germania,
Francia e Gran Bretagna – contribuiscono al 13% delle importazioni giapponesi
e al 17% delle sue esportazioni. Gli Stati Uniti assorbono da soli circa il 28%
delle esportazioni giapponesi, e da essi proviene circa il 22% delle
importazioni. Altri importanti scambi commerciali avvengono con Canada, Russia e
le nuove repubbliche dell'Asia centrale.
Trasporti
La
rete dei trasporti, ferroviari, automobilistici, marittimi e aerei, è molto
estesa e capillare. Le ferrovie principali, nazionalizzate nel 1907 e poi
tornate ai privati nel 1987, si estendevano alla metà degli anni Novanta per
circa 20.250 km, di cui circa il 55% su linee elettrificate. Risale poi ai primi
anni Settanta la costruzione, prima al mondo, di una linea dedicata ai treni ad
alta velocità (lo Shinkansen, "treno proiettile") per
collegare in tempi pressoché dimezzati la maggior parte delle principali città
del Honshu, ma principalmente quelle della megalopoli Osaka-Tokyo.
Le
strade, di cui circa il 67% asfaltate, si sviluppano per quasi 1.125.000 km.
All'inizio del 1994 vi erano circa 42 milioni di automobili e 23 milioni di
veicoli commerciali.
La
flotta mercantile giapponese, con oltre 9.438 navi e una stazza totale lorda di
circa 20 milioni di tonnellate, è una delle maggiori al mondo. Importante è
numericamente anche la flotta aerea che, distribuita fra più compagnie,
assicura i collegamenti interni e quelli fra il Giappone e il resto del mondo.
Ordinamento dello stato
Il
Giappone è una monarchia costituzionale ereditaria in cui, in base alla
Costituzione entrata in vigore nel 1947, l'imperatore è il simbolo dell'unità
nazionale con funzioni eminentemente rappresentative. La successione avviene
esclusivamente secondo la linea maschile della famiglia imperiale; in caso di
mancanza di un erede, l'imperatore può essere scelto unicamente all'interno di
quattro famiglie di principi di rango pari alla casa imperiale. L'imperatore
Akihito, salito al trono nel 1989, è ritenuto il 125° della sua discendenza.
Il
potere esecutivo è affidato a un gabinetto, presieduto da un primo ministro
formalmente designato dall'imperatore, ma espressione del partito di
maggioranza, che è responsabile con i ministri del proprio operato di fronte
alla Dieta.
Il
potere legislativo compete alla Dieta, organo bicamerale che si compone della
Camera dei rappresentanti (Camera bassa) e della Camera dei consiglieri (Camera
alta). I 500 membri della Camera bassa (erano 511 sino al gennaio 1994 quando
una riforma elettorale ne ha ridotto il numero) sono eletti per un mandato di
quattro anni; i 252 membri della Camera alta sono invece eletti per sei anni e
il 50% di loro viene rinnovato ogni tre anni. All'interno della Dieta il maggior
potere spetta alla Camera bassa, che può porre il veto sulle decisioni prese
dalla Camera alta e che detiene il controllo della legislazione in materia
fiscale e di trattati. Il sistema elettorale oggi in vigore, in seguito alle
modifiche introdotte nel 1994, è di tipo rappresentativo, ma parzialmente
proporzionale: in entrambe le camere alcuni seggi vengono infatti assegnati
direttamente attraverso elezioni circoscrizionali (300 nella Camera alta e 152
in quella bassa), mentre gli altri (200 nella Camera alta e 100 in quella bassa)
vengono attribuiti ai diversi partiti politici in base al risultato delle
elezioni nazionali. Il diritto di voto spetta a tutti i cittadini giapponesi che
abbiano compiuto i venti anni.
Il
sistema giudiziario giapponese è del tutto separato e indipendente dal potere
esecutivo: oltre che per ragioni di salute, i giudici possono essere allontanati
dal loro incarico solo in caso di imputazione. Il tribunale di massimo grado è
la Corte suprema, istituita dalla costituzione, che si compone di un presidente
nominato dall'imperatore, sentito il parere del Consiglio dei ministri e di 14
giudici nominati dal gabinetto; essa costituisce il tribunale di ultimo appello
in tutti i processi civili e penali ed esercita il potere di decisione in merito
alla costituzionalità delle leggi e degli atti emanati dall'Assemblea
legislativa e dall'esecutivo. La costituzione prevede altri tipi di tribunali:
le alte corti, tribunali d'appello per i processi civili e penali condotti in
primo grado da tribunali inferiori; tribunali circoscrizionali, che esercitano
una giurisdizione sia d'appello sia di primo grado; tribunali di famiglia e
inferiori, con giurisdizione esclusivamente di primo grado.
Tutte
le forze di difesa dipendono dal governo centrale. Il corpo di polizia
nazionale, creato per volere delle autorità alleate di occupazione nel 1950, ha
costituito il nucleo delle forze di difesa (tale è la definizione che, in virtù
della scelta pacifista proclamata nella costituzione, compete alle forze
armate), che furono istituite quando il Giappone riottenne la sovranità
nazionale. Nei primi anni Novanta le forze di difesa giapponesi comprendevano
circa 237.700 unità, organizzate nell'esercito (149.900 uomini), nella marina
(43.100) e nell'aeronautica militare (44.700). Il paese dispone anche di una
guardia costiera.
Partiti
politici
In
termini di rappresentanza parlamentare, i due principali partiti politici in
Giappone all'inizio del 1990 erano il Partito liberal-democratico o Jiminto (PLD)
e il Partito socialista giapponese, dal 1991 diventato Partito socialista
democratico. Nelle elezioni del giugno 1993 il PLD, al governo ininterrottamente
dal dopoguerra in poi, ha tuttavia perso la maggioranza parlamentare aprendo la
strada a un governo presieduto da Hosokawa Morihiro, capo del Nuovo partito del
Giappone (NJP), e sostenuto da una maggioranza che comprendeva, oltre al Partito
del rinnovamento giapponese (guidato da Ozawa Ichiro) e ad altri partiti, anche
i socialisti. Nel 1994 la guida del governo (di minoranza) è passata a un
esponente socialista, Murayama Tomiichi, appoggiato dal PLD. Alle elezioni
locali del 1995 gli elettori hanno tuttavia sconfessato i partiti tradizionali
privilegiando, soprattutto nelle grandi città come Tokyo e Osaka, candidati
indipendenti. Le ultime elezioni generali, a testimonianza del forte malcontento
popolare, hanno visto una forte affermazione del Partito comunista attestato su
posizioni ortodosse secondo i canoni del comunismo sovietico degli anni
Cinquanta; il PLD è rimasto comunque il primo partito ed è attualmente alla
guida del paese.
Sistema
sanitario e previdenza sociale
Alla
fine degli anni Ottanta il 18% circa del bilancio annuo nazionale del Giappone
veniva destinato a fini di previdenza sociale per garantire il sistema
sanitario, in vigore fin dal 1927, prestato a favore dei lavoratori autonomi e
dipendenti del settore sia pubblico sia privato, e dei loro familiari. Dal
secondo dopoguerra in poi sono molto cresciuti anche i servizi di previdenza e
assistenza sociale, e oggi l'intera popolazione è coperta da diversi sistemi
previdenziali. La maggior parte dei lavoratori va in pensione a 55 anni e riceve
un'indennità pensionistica pari a circa il 40% dell'ultimo stipendio. Le
condizioni sanitarie, con circa 211.800 medici, 365.300 infermieri, 74.000
dentisti, 24.100 ostetriche e 1.685.600 posti-letto ospedalieri, sono
generalmente buone, tanto che nei primi anni Novanta l'aspettativa di vita alla
nascita era di 77 anni per gli uomini e di 83 anni per le donne, mentre il tasso
di mortalità infantile era del 4,7‰.
Storia
Le
più antiche testimonianze storiche riguardo il Giappone provengono da scarni
resoconti cinesi e da due fonti giapponesi, Kojiki (Testimonianza delle
cose antiche) e Nihon shoki o Nihongi (Cronache del Giappone),
compilati rispettivamente nel 712 e nel 720 d.C. Raccontano eventi accaduti tra
il VII secolo a.C. e il VII secolo d.C., e costituiscono le basi della
storiografia giapponese, anche se contengono in buona parte narrazioni mitiche.
L'origine dell'impero viene fissata nel 660 a.C., anno dell'incoronazione di
Jimmu Tenno, discendente di Amaterasu, dea scintoista del Sole.
I
primi insediamenti
La
preistoria del Giappone è illustrata dalla cultura neolitica di Jomon, le cui
prime tracce risalgono al 5000 a.C., che nel corso del tempo sviluppò
un'economia di caccia e di pesca e forse rudimentali tecniche agricole. Tra il
III secolo a.C. e il IV secolo d.C. si diffuse la cultura Yayoi che importò in
Giappone elementi della civiltà cinese e coreana.
L'epoca
Kofun (300 ca. - 710)
I
primi risultati della formazione di un potere statale risalgono al IV secolo
d.C., al periodo che prende il nome dal grande Kofun (o tumulo) che
segnava le tombe di sovrani e nobili; è un monumento che simboleggia
l'unificazione del Giappone sotto la casa imperiale. Secondo le cronache,
l'imperatore Jimmu estese i suoi domini su Yamato, una provincia nell'Honshu
centrale che diede il proprio nome alla casa imperiale e a tutto l'antico
Giappone.
Il
sovrano Yamato rafforzò il proprio potere facendo di una forma primitiva di
scintoismo la religione di stato e dunque uno strumento politico. I sovrani
successivi adottarono modelli culturali e politici di provenienza cinese e, alla
metà del VI secolo, favorirono la diffusione del buddhismo, che all'inizio del
VII secolo divenne la religione ufficiale del Giappone.
L'epoca
Asuka (593-710)
Nel
593 salì al trono l'imperatrice Suiko, che stabilì la residenza imperiale
nella Valle di Asuka, nella provincia di Yamato. Suo nipote, il principe Shotoku,
avviò un programma di riforme, e nel 604 redasse la cosiddetta Costituzione
dei diciassette articoli, la prima in Giappone, ispirata al modello
dell'ordinamento centralizzato cinese.
Alle
riforme intraprese da Shotoku diedero seguito il principe Nakano Oe, futuro
imperatore Tenji, e Nakatomi Kamatari, fondatore della dinastia Fujiwara, che
nel 645 inaugurò le cosiddette "riforme Taika", intese a rafforzare
la casa imperiale e a indebolire i gruppi tribali, gli uji.
L'epoca
Nara (710-794)
Nel
710 la capitale fu trasferita da Asuka a Heijo-kyo (l'attuale Nara); durante
l'impero di Shomu (715-756) il Giappone conobbe un grande sviluppo culturale.
Furono stabiliti importanti contatti con la Cina della dinastia Tang e il
Giappone divenne il punto d'arrivo della Viadella seta.
All'epoca
Nara risalgono le cronache Kojiki e Nihon shoki, la prima grande
silloge poetica Man'yoshu (Antologia di mille foglie) e la diffusione
dell'arte buddhista. L'influenza del clero buddhista divenne sempre più
insidiosa per la casa imperiale, finché l'imperatore Kammu riuscì ad
affrancarsene trasferendo la capitale imperiale prima a Nagaoka-kyo e in seguito
a Heian-kyo (la futura Kyoto), destinata a rimanere capitale ufficiale fino al
1868.
L'epoca
Heian (794-1185)
Durante
l'epoca Heian, il Giappone godette di 350 anni di relativa pace e prosperità.
Nel corso del IX secolo gli imperatori cominciarono a ritirarsi dal governo
attivo, delegandolo ai loro subordinati. Crebbe così il potere dei Fujiwara, la
grande famiglia di nobili cortigiani che monopolizzò le cariche amministrative
attraverso un'accorta politica matrimoniale. Nell'884 Fujiwara Mototsune divenne
il primo reggente ufficiale (kampaku). La personalità più importante di
questa famiglia fu Fujiwara Michinaga, che dominò la corte tra il 995 e il
1028.
La
dittatura di Michinaga è considerata l'epoca classica della letteratura
giapponese: tra i grandi scrittori si ricordano le dame di corte Murasaki
Shikibu e Sei Shonagon. Anche il carattere dello stato cambiò sotto il dominio
Fujiwara, con l'adozione di una divisione del paese in vaste proprietà
ereditarie, concesse ai nobili e ai sacerdoti dei templi buddhisti.
L'egemonia
Fujiwara declinò dopo la morte di Michinaga, nel 1028. Nelle province, la
classe dei guerrieri aveva formato gruppi di signori e vassalli, i primi
samurai, che amministravano e difendevano i latifondi dell'aristocrazia. I capi
di questi gruppi erano spesso membri dei clan militari Taira e Minamoto, che nel
XII secolo cominciarono a estendere il proprio potere alla stessa corte, dando
origine a una lotta interna per il controllo del Giappone.
In
seguito a due guerre civili (1156 e 1159-60), i Taira sconfissero i Minamoto e
sottrassero il controllo del Giappone ai Fujiwara. Il loro dominio fu però di
breve durata; Minamoto Yoritomo, sterminati i Taira, conquistò il potere,
mettendo fine all'amministrazione imperiale e inaugurando una dittatura militare
che avrebbe retto il Giappone per i successivi sette secoli. La tragica
sconfitta dei Taira sarebbe stata immortalata in un'opera epica, Heike
monogatari (Racconti del clan Taira) del 1220 circa.
L'epoca
Kamakura (1185-1333)
In
epoca Kamakura il centro della nuova amministrazione governativa fu fissato a
Kamakura, il quartier generale di Yoritomo, dove fu stabilito il bakufu
("governo della tenda"). Il feudalesimo giapponese cominciò a
svilupparsi fino a divenire più forte di quanto fosse mai stata
l'amministrazione imperiale: Yoritomo nominò dei conestabili e degli intendenti
per amministrare province e latifondi, parallelamente ai governatori ufficiali e
ai proprietari. Nel 1192 egli fu nominato Seiitaishogun, o semplicemente
shogun, "comandante militare in capo", con il potere di dichiarare
guerra ai nemici dell'imperatore. Ma di fronte allo shogun, lo stesso
imperatore non aveva alcun potere che non fosse formale.
Nel
1219 gli Hojo acquisirono l'amministrazione militare del Giappone e conservarono
il potere per oltre cent'anni. Nelle province i loro emissari si unirono ai
signori locali per formare nuovi clan militari, i daimyo,
che divennero ben presto la principale minaccia al potere dello shogun.
L'incapacità degli Hojo di ricompensare i daimyo per il loro sostegno
contro i mongoli, durante gli scontri avvenuti nel 1274 e nel 1281, alimentò lo
scontento dei clan militari. L'imperatore Go-Daigo guidò quindi una rivolta
contro gli Hojo con l'appoggio dei daimyo, e soprattutto di Ashikaga
Takauji, capo del clan Ashikaga. Questa rivolta, nota come "restaurazione
Kemmu", provocò nel 1333 la caduta degli Hojo.
L'epoca
Muromachi (1333-1568)
Fra
il 1333 e il 1336 Go-Daigo tentò di restaurare l'amministrazione imperiale, ma
le sue idee reazionarie provocarono la rivolta di Ashikaga Takauji, che nel 1338
divenne shogun. Il distretto di Muromachi, che divenne la sede dello
shogunato Ashikaga, diede nome all'epoca del suo governo, nel corso del quale il
Giappone fu lacerato da ricorrenti guerre civili. Quindi, verso la fine
dell'epoca, giunsero in Giappone i portoghesi (1543) e il gesuita san Francesco
Saverio vi introdusse il cristianesimo (1549). Imponente e importante fu la
cultura espressa dall'epoca.
L'epoca
Azuchi-Momoyama (1568-1600)
La
riunificazione del Giappone avvenne nel XVI secolo, durante l'epoca
Azuchi-Momoyama, un breve periodo di intensi cambiamenti che prese il nome dai
magnifici castelli appartenenti a due importanti personaggi del tempo, Oda
Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi. Il generale Nobunaga, dopo essere entrato
vittorioso a Kyoto nel 1568 cacciò lo shogun della famiglia Ashikaga nel
1573; inoltre fra il 1570 e il 1580 vinse il potere dei monasteri, distruggendo
la forza politica del buddhismo. Alla fine del XVI secolo i vassalli iniziarono
tuttavia una guerra per la successione al trono, conclusasi nel 1600 con
l'affermazione di Tokugawa Ieyasu.
L'epoca Edo (1600-1868)
Ieyasu
si fece nominare shogun nel 1603 e stabilì la sede del bakufu a
Edo (la futura Tokyo), che in breve tempo divenne la più importante città del
Giappone. Nel 1615 Ieyasu emanò nuovi codici di diritto per stabilire il
cosiddetto sistema bakuhan, in base al quale i feudi (han) con i
loro amministratori, nonché l'imperatore e la sua corte, furono posti sotto lo
stretto controllo del bakufu. La famiglia Tokugawa e i suoi vassalli
possedettero quasi un quarto delle terre dell'intero paese, e il potere dello shogun
fu rafforzato dal suo diritto di confermare o togliere il possesso ereditario
dei feudi ai daimyo. Una rigida stratificazione sociale prevedeva poi la
suddivisione della società in quattro classi principali: i guerrieri, gli
agricoltori, gli artigiani e i mercanti. I samurai, a cui furono tolte le terre,
vennero confinati in città fortificate, mentre i contadini vennero obbligati a
offrire ai signori parte dei loro raccolti. Questa forma di feudalesimo durò
fino alla metà del XIX secolo.
Un'altra
conseguenza del dominio Tokugawa fu l'isolamento del Giappone, che interruppe i
rapporti con il mondo occidentale. Il commercio con la Cina continuò, sebbene
soggetto a una stretta regolamentazione. Gli shogun Tokugawa
consideravano il cristianesimo potenzialmente sovversivo e, a partire dal 1612,
i cristiani furono soggetti alla persecuzione ufficiale.
Il
bushido, il codice dei guerrieri feudali, divenne la norma di condotta per i
grandi signori e per i samurai. La cultura di Edo, nonostante la chiusura alle
influenze esterne, diede importanti frutti, come il teatro kabuki; il governo
seguì la dottrina del confucianesimo.
Già
nel corso del XVIII secolo, tuttavia, la crisi del sistema feudale fu annunciata
da importanti mutamenti nelle condizioni sociali ed economiche del paese: una
facoltosa classe mercantile conquistò un immenso potere politico indiretto.
Edo, con circa un milione di abitanti, era allora una delle maggiori città del
mondo, al centro di una delle economie più avanzate e prospere dell'era
preindustriale.
Intenzionati
a stipulare un trattato commerciale con il Giappone, nel 1853 gli Stati Uniti
inviarono presso l'imperatore giapponese una spedizione navale guidata da
Matthew Galbraith Perry, il quale indusse il Giappone a firmare un patto che
fissava le relazioni tra i due paesi. Un secondo trattato fu stipulato da
Townsend Harris nel 1858, e nel 1860 fu inviata negli Stati Uniti una
delegazione di ambasciatori.
L'epoca
Meiji (1868-1912)
Una
breve guerra civile scatenata nel 1867 contro i fautori della modernizzazione
ebbe come conseguenza la fine dello shogunato e la cosiddetta Restaurazione
Meiji. Il giovane imperatore, Mutsuhito, riconquistò il dominio formale dello
stato, designando il suo regno Meiji "governo illuminato").
Il
governo Meiji intraprese una politica mirata a trasformare il Giappone in una
potenza mondiale, con lo slogan fukoku kyohei ("arricchire il paese,
rafforzare l'esercito"), e avviò una rapida industrializzazione. In breve
tempo, sia il settore produttivo, e in particolar modo l'agricoltura, sia le
istituzioni del paese vennero riformate con una serie di provvedimenti
dall'alto.
Una
nuova costituzione, che si ispirava all'Europa e agli Stati Uniti, fu promulgata
nel 1889; essa prevedeva una Dieta, composta da una Camera dei pari di 363
membri e da una Camera bassa di 463 membri. I poteri dell'imperatore vennero
accuratamente preservati; egli aveva la facoltà di emanare decreti legge e il
potere esclusivo di dichiarare la guerra e proclamare la pace. Rispetto al
sistema Tokugawa, la costituzione concedeva una ben maggiore libertà e tutela
della proprietà, oltre che una certa possibilità di dissenso politico, ma
lasciava incerti i limiti del potere esecutivo. Ordinanze successive
concedettero ai militari un grande potere politico.
L'impero
intraprese inoltre un'aggressiva politica estera. Nel 1879 il Giappone aveva
rilevato le isole Ryukyu, un suo protettorato fin dal 1609, istituendovi la
prefettura di Okinawa. Il conflitto con la Cina per il controllo della Corea
diede luogo alla guerra sino-giapponese (1894-95), che vide la pesante sconfitta
della Cina. In base al trattato di Shimonoseki dell'aprile 1895, la Cina cedette
quindi al Giappone Taiwan e le isole Pescadores, e pagò una forte indennità in
denaro. L'intervento straniero forzò il Giappone ad accettare un compenso in
denaro in cambio della penisola del Liaodong (la Manciuria meridionale).
Nel
1890 il Giappone aveva completamente riformato, secondo il modello occidentale,
il codice penale e civile, oltre al suo sistema commerciale.
Gli
interessi giapponesi in Corea entrarono in conflitto con quelli della Russia,
che si stava espandendo a est attraverso l'Asia nordorientale. Nel 1898 i due
paesi firmarono un trattato che garantiva l'indipendenza della Corea. Nel 1900,
in seguito alla rivolta dei Boxer in Cina, la Russia occupò la Manciuria e
cominciò a penetrare in Corea. Nel 1904 il Giappone interruppe le relazioni
diplomatiche con la Russia e attaccò Port Arthur, nella Manciuria meridionale,
dando inizio alla guerra russo-giapponese. Il trattato di pace, con la
mediazione del presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt, venne firmato a
Portsmouth il 5 settembre del 1905. Al Giappone fu concessa la penisola del
Liaodong, compreso il territorio del Guangdong (Kwangtung), e la parte
meridionale dell'isola di Sakhalin, che prese il nome di Karafuto. La Corea fu
in breve tempo assoggettata all'egemonia giapponese, fino alla sua annessione
formale al Giappone nel 1910.
L'epoca
Taisho (1912-1926) e la prima guerra mondiale
All'imperatore
Mutsuhito succedette nel 1912 Taisho, malato di mente. Nell'agosto del 1914,
allo scoppio della prima guerra mondiale, il Giappone inviò un ultimatum alla
Germania, con cui si richiedeva l'evacuazione del territorio di Jiaozhou (Kiaochow),
nella Cina nordorientale. Al rifiuto da parte dei tedeschi, il Giappone entrò
in guerra a fianco degli Alleati, occupando le isole tedesche nel Pacifico. Nel
1915 il Giappone presentò alla Cina le "ventuno richieste", in merito
alla concessione di privilegi industriali, ferroviari e minerari, che
rappresentarono la prima affermazione della politica giapponese di dominio in
Cina e in Estremo Oriente. Nel 1916 la Cina cedette al Giappone i diritti
commerciali nella Mongolia interna e nella Manciuria meridionale.
Il
trattato di pace che concluse la prima guerra mondiale assegnò al Giappone le
isole che aveva occupato nel Pacifico, a titolo di mandato della Società delle
Nazioni, della quale il paese divenne membro statutario. Il Giappone ottenne
anche la concessione di Jiaozhou, che tuttavia restituì alla Cina nel 1922 in
base al trattato di Shandong, stipulato durante la conferenza di Washington del
1922, che stabilì anche l'ampliamento delle relazioni diplomatiche ai
principali paesi europei.
La
prima epoca Showa (1926-1945) e la seconda guerra mondiale
Nel
1926 Hirohito, figlio di Taisho, salì al trono imperiale, scegliendo per il suo
regno la denominazione Showa ("pace illuminata"); quando Tanaka
Giichi divenne primo ministro nel 1927, egli dichiarò tuttavia la ripresa della
politica aggressiva verso la Cina. La ragione fondamentale di questo mutamento
politico era nella necessità di nuovi mercati, conseguenza dell'aumento della
produzione industriale giapponese. L'espansione veniva inoltre giustificata con
la necessità di nuovi spazi per la popolazione giapponese, raddoppiata dal 1868
e impoverita dalla crisi del 1929 che aveva portato, fra l'altro, al crollo del
mercato della seta.
Nei
tardi anni Venti il Giappone finì per dominare l'amministrazione e l'economia
della Manciuria, provocando la reazione della Cina. Il 18 settembre 1931, nel
Guangdong, l'esercito giapponese, adducendo come pretesto un sabotaggio da parte
della Cina alla ferrovia nipponica della Manciuria meridionale, occupò gli
arsenali di Shenyang (Mukden), obbligando le truppe cinesi a ritirarsi dalla
zona, ed estese il controllo su tutta la Manciuria, dove fu istituito lo stato
fantoccio del Manciukuo.
L'episodio
diede luogo a un'inchiesta condotta da una commissione della Società delle
Nazioni, autorizzata in base al patto Briand-Kellogg. Nel 1933, alla richiesta
di cessare le ostilità in Cina, il Giappone rispose annunciando l'abbandono
della Società delle Nazioni (1935). Nel nord della Manciuria l'esercito riuscì
ad annettere la provincia di Chengde (Jehol) e minacciò di occupare le città
di Pechino e Tianjin. Nel maggio del 1933, la Cina fu costretta a riconoscere la
conquista giapponese e a firmare una tregua.
L'azione
marcatamente autonoma dell'esercito era indicativa del potere politico dei
militari. Nel 1936 l'impero sottoscrisse un accordo anticomunista con la
Germania, seguito un anno dopo da un patto analogo con l'Italia (vedi
Potenze dell'Asse).
Il
7 luglio del 1937 un incidente militare nei pressi di Pechino portò a una nuova
guerra sino-giapponese, mai formalmente dichiarata. Entro la fine del 1937, la
marina nipponica pose un blocco lungo quasi tutta la linea costiera cinese. Dopo
che per tutto il 1937 e il 1938 l'esercito giapponese era avanzato nella Cina
orientale e meridionale, alla fine del 1938 la guerra raggiunse una fase di
stallo.
L'inizio
della seconda guerra mondiale in Europa, nel settembre del 1939, offrì al
Giappone nuove opportunità di espansione nel Sud-Est asiatico. L'invasione
dell'Indocina francese suscitò l'ostilità degli Stati Uniti, che posero
l'embargo sul Giappone. Nel settembre del 1940 l'impero stipulò un'alleanza
tripartita con la Germania e l'Italia (l'asse Roma-Berlino). Esattamente un anno
dopo firmò un patto di neutralità con l'URSS, proteggendo in tal modo il
confine settentrionale della Manciuria.
Il
7 dicembre del 1941, mentre erano ancora in corso negoziati diplomatici tra
Stati Uniti e Giappone, quest'ultimo sferrò senza preavviso un attacco aereo
contro Pearl Harbor, Hawaii, la principale base navale americana nel Pacifico.
Gli Stati Uniti, insieme alle altre potenze alleate eccetto l'Unione Sovietica,
dichiararono allora guerra al Giappone.
Mentre
l'esercito nipponico sferrava attacchi e occupava un numero sempre maggiore di
territori nel Sud-Est asiatico, il conflitto fra statunitensi e giapponesi
diventò una guerra navale per il controllo del Pacifico. Nel 1942 la flotta
giapponese subì due sconfitte da parte degli Alleati nella battaglia del mar
dei Coralli e nella battaglia delle Midway. I territori conquistati dal Giappone
furono ripresi uno a uno dagli statunitensi, che nel 1944 diedero inizio a una
serie di bombardamenti sul territorio nipponico, conquistando all'inizio del
1945 la base aerea di Iwo Jima. Gli attacchi aerei culminarono, il 6 agosto del
1945, nel lancio della prima bomba atomica sulla città di Hiroshima. Due giorni
dopo, anche l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone, e il 9 agosto una
seconda bomba atomica venne lanciata su Nagasaki. Alla conferenza di Potsdam le
potenze alleate avevano convenuto di accettare dal governo giapponese unicamente
una resa incondizionata. Il 14 agosto il Giappone accettò le condizioni degli
Alleati e il 2 settembre firmò la resa formale.
La
Mongolia interna, la Manciuria, Taiwan e Hainan furono restituite alla Cina.
L'Unione Sovietica, a titolo di occupazione, mantenne le isole Curili e Karafuto
(che tornò a chiamarsi Sakhalin), oltre ad alcuni territori della Mongolia.
Port Arthur e la ferrovia della Manciuria Meridionale furono posti sotto il
controllo congiunto dell'URSS e della Cina. Tutte le isole che il Giappone
deteneva a titolo di mandati nel Pacifico meridionale vennero occupate dagli
Stati Uniti in amministrazione fiduciaria per conto dell'ONU.
Alcuni
comandanti giapponesi vennero processati per crimini di guerra da un tribunale
di undici nazioni, che si riunì a Tokyo fra il 3 maggio 1946 e il 12 novembre
1948.
La
tarda epoca Showa (1945-1989)
Gli
obiettivi dichiarati dell'occupazione statunitense del Giappone erano la
democratizzazione dell'ordinamento dello stato giapponese e il ristabilimento di
un'economia industriale di pace. Un programma di riforma agraria, inteso a
promuovere la proprietà contadina della terra, fu avviato nel 1947. Alle donne
fu concesso il diritto di voto nelle prime elezioni generali del dopoguerra,
nell'aprile 1946, che portarono 38 donne alla Dieta giapponese. Una nuova
costituzione, voluta dagli Stati Uniti, entrò in vigore nel maggio del 1947.
Durante
il 1950, i negoziati concernenti il trattato di pace giapponese furono segnati
da importanti divergenze tra gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica. In maggio a
John Foster Dulles, consigliere del segretario di stato statunitense, venne
conferito l'incarico di redarre il trattato, che fu pronto il 12 luglio del
1951. Ai primi di settembre si aprì a San Francisco la conferenza di pace, a
cui gli Stati Uniti invitarono 55 paesi, escluse la Cina Nazionalista (Taiwan) e
la Repubblica popolare cinese. Il trattato fu sottoscritto da 49 paesi, tra cui
il Giappone, mentre non venne approvato dall'URSS, dalla Cecoslovacchia e dalla
Polonia. In base al trattato di pace, il Giappone rinunciava a ogni pretesa
sulla Corea, Taiwan, le isole Curili, Sakhalin e le isole in amministrazione
mandataria. Nel contempo, Stati Uniti e Giappone firmarono un accordo
bilaterale, in base al quale gli Stati Uniti mantenevano basi militari e forze
armate in Giappone e nei territori circostanti a titolo di difesa del paese.
Il
28 aprile 1952 il trattato di pace entrò in vigore e il Giappone riacquistò
piena sovranità. Nel corso dell'anno il governo giapponese concluse trattati di
pace o riaprì le relazioni diplomatiche con Taiwan, la Birmania, l'India e la
Yugoslavia. Nel corso del 1953 gli Stati Uniti spinsero quindi attivamente il
Giappone al riarmo, come misura di tutela contro un eventuale attacco comunista.
In agosto i due paesi firmarono un trattato di aiuto inerente alla produzione
giapponese di armamenti e nel marzo del 1954 fu sottoscritto un patto di
reciproca difesa. La risoluzione delle controversie internazionali fu definita
nel 1956 con l'ingresso del Giappone nell'ONU.
Gli
anni Sessanta, che furono suggellati da due manifestazioni di grande richiamo
internazionale (Olimpiadi di Tokyo, 1960, ed Esposizione universale di Osaka,
1970), videro il Giappone salire ai vertici della produzione mondiale. Sul piano
politico fu cruciale la riapertura di relazioni diplomatiche con la Cina (1972).
In politica interna, in seguito a un grave scandalo (in cui sembra fossero
coinvolti diversi uomini politici e industriali e una società aerospaziale
statunitense, la Lockheed), per la prima volta il Partito liberale democratico (Jiminto)
perse, in occasione delle elezioni del dicembre 1976, la maggioranza alla Camera
bassa: da allora vari rappresentanti del partito si avvicendarono alla carica di
primo ministro fino al novembre del 1982, quando venne nominato Nakasone
Yasuhiro. Dopo un calo di consensi nel 1983, i liberaldemocratici riportarono
una schiacciante vittoria elettorale nel 1986, e Noboru Takeshita sostituì
Nakasone nel novembre del 1987. Intorno alla metà degli anni Ottanta la
crescita dell'economia giapponese cominciò a rallentare, anche a causa della
debolezza del dollaro rispetto allo yen, che provocò un calo delle
esportazioni.
L'era
Heisei
Alla
morte dell'imperatore Hirohito, nel gennaio del 1989, il figlio Akihito inaugurò
il regno "Heisei" ("ritorno della pace"). In seguito
all'emergere di una serie di scandali, al primo ministro Takeshita e al suo
successore Uno Sosuke succedette alla guida del governo Kaifu Toshiki. Nelle
elezioni del 1990, nonostante gli scandali e la crisi finanziaria che affliggeva
il paese, i liberaldemocratici ottennero una decisiva affermazione. Incapace di
far fronte alla critica situazione economica, Kaifu venne sostituito alla fine
del 1991 da Miyazawa Kiichi; il Partito socialista assunse il nome di Partito
socialdemocratico.
Il
rallentamento dello sviluppo economico, i problemi finanziari e gli echi degli
scandali politici comportarono la rottura degli equilibri di governo e l'uscita
dal Jiminto di un gruppo guidato da Ozawa Ichiro. Nelle elezioni anticipate del
1993, dopo 38 anni di ininterrotto potere, i liberaldemocratici persero la
maggioranza e l'anno seguente costituirono un governo di coalizione guidato dal
leader del Partito socialdemocratico (Minshuto) Murayama Tomiichi. I
liberaldemocratici secessionisti guidati da Ozawa Ichiro, insieme con altri
partiti di opposizione, costituirono il Partito della nuova frontiera (Shinshinto).
Sviluppi
recenti
Gli
ultimi anni sono stati segnati dal terremoto avvenuto a Kobe il 17 gennaio 1995
e dall'attacco terroristico del 20 marzo dello stesso anno alla metropolitana di
Tokyo, in cui furono rilasciate alcune sostanze tossiche, fra cui il letale gas
nervino, che provocarono dodici morti e l'intossicazione di un migliaio di
persone (i responsabili furono in seguito individuati in membri della setta
religiosa Aum Shinri Kyo).
Nel gennaio del 1996 il liberaldemocratico Ryutaro Hashimoto sostituì Murayama alla guida della coalizione di centrosinistra. Nelle elezioni dell'ottobre dello stesso anno, il Jiminto ottenne la maggioranza relativa dei seggi (239), riuscendo a vincere sul Shinshinto (che ottenne 156 seggi) di Ozawa e sul Minshuto (che fu sbaragliato, ottenendo solo 15 seggi).
Qualcosa di interessante
I contadini dell'isola di Kyushu
La vita in
un villaggio di contadini a Kyushu, la più meridionale delle isole
maggiori dell'arcipelago giapponese: l'organizzazione sociale del buraku,
le abitazioni, i lavori nelle risaie e le altre pratiche agricole... Da L'Asie
(1946) del geografo francese Pierre Gourou.
Suye è un
villaggio come tanti altri della prefettura di Kumamoto, nell'isola di Kyushu.
Esso conta, nel 1936, 1663 abitanti distribuiti su una superficie di 16,5 kmq.
La densità della popolazione, che ammonta a 100 abitanti per kmq, può sembrare
modesta nell'ambito del Giappone meridionale. Il fatto è che Suye, che si
estende sia in pianura che in montagna, comprende molti terreni non coltivati;
solo 380 ha sono messi a coltura, si ha cioè un ettaro coltivato ogni 4,3
abitanti; inoltre, questa cifra relativa alla densità non è esatta, poiché la
superficie coltivata comprende dei terreni situati in montagna. Se ci si limita
alle risaie irrigate, esse coprono 250 ha, pertanto si hanno 6,7 abitanti per
ogni ettaro di risaia. Il raccolto, di 9500 hl di paddy, dà annualmente
500 l o 350 kg per persona: il riso costituisce quindi il raccolto principale
per il nutrimento di base. L'elevato numero di abitanti per ogni ettaro di
risaia illustra efficacemente le condizioni tradizionali del Giappone.
Ci troviamo
nella parte settentrionale dell'isola di Kyushu,
nel cuore dell'antico Giappone. Paese accidentato ove si contrappongono la
pianura risicola e le montagne, dove i campi occupano i fondivalle, mentre i
versanti sono ricoperti dai boschi. La maggioranza della popolazione vive grazie
al riso ed abita in pianura. Non esiste "un" villaggio di nome Suye,
ma degli insediamenti sparsi, ciascuno dei quali conta una ventina di
abitazioni. I 17 buraku di Suye hanno una propria individualità: alcuni
si dedicano esclusivamente alla risicoltura e sono i più agiati; i buraku
di montagna sono poveri e arretrati; vi sono anche due buraku abitati da
commercianti, la cui popolazione, in gran parte non originaria del villaggio, è
più instabile. Il buraku mantiene un'importanza politica e sociale:
elegge il suo capo, il nushidori, che sovrintende ai funerali, alle
cerimonie, alle feste, alla manutenzione delle strade.
Gli
abitanti di Suye formano una comunità coesa. Lo spirito di cooperazione è
molto elevato. La vita sociale del contadino è un insieme di doveri imperiosi.
I kumi, gruppi comprendenti da 3 a 5 famiglie, sono incaricati,
nell'ambito del buraku, ciascuno a suo turno, della manutenzione del do,
il tempio, di servirvi nei giorni di festa tè e fagioli e di provvedere alla
manutenzione dei sentieri, dei ponti, dei canali. Tutti i membri del buraku
devono partecipare ai funerali; essi sono inseriti in una stretta rete di visite
di condoglianze e di felicitazioni; decessi, matrimoni, nascite e molte altre
ricorrenze richiedono l'offerta di doni; chi riceve un regalo deve restituirne
uno di eguale valore. Nonostante i regali siano spesso modesti – un po' di
riso, alcune uova, pomodori o perfino una scatola di fiammiferi – possono
sorgere, in questo frangente, delle inimicizie e alcuni contadini s'indebitano
per offrire dei regali decorosi.
Numerosi
obblighi della vita sociale si svolgono in presenza di un sacerdote; fra essi,
ad esempio, la cerimonia del 61° anniversario, mediante la quale l'uomo e la
donna entrano in una sorta di seconda infanzia, nella quale è loro permesso,
teoricamente, di agire e parlare a loro piacere. Il villaggio di Suye dispone di
numerosi edifici religiosi; il più importante è l'ujigami, tempio del
genio del villaggio, in cui svolge le proprie funzioni il sacerdote shinto. Il
villaggio possiede anche una pagoda buddista, costruzione, al pari dell'ujigami,
tipicamente giapponese. Esistono molti altri luoghi di culto: il do, per
esempio, che in ogni buraku custodisce un'immagine buddista. Questo
modesto edificio in legno serve come luogo di ritrovo per i bimbi che non vanno
ancora a scuola; essi vi giocano intorno, vi si riparano dalla pioggia sotto lo
sguardo protettore di Kwannon, che infonde alle loro madri un senso di
sicurezza. Sul far della sera i giovani vi si riuniscono a conversare;
pellegrini e mendicanti vi trascorrono la notte. Vi sono altri luoghi di culto:
altari lungo i sentieri, pietre e alberi sacri. Oltre al sacerdote shinto e al
monaco buddista vi sono cinque kitoshi, guaritori e maghi. L'orizzonte
religioso si estende oltre il villaggio: alcuni contadini compiono il
pellegrinaggio al monte Ichibusa, di cui ammirano le foreste di criptomerie. La
vita dei contadini di Suye è tutta occupata dai lavori dei campi e dagli
obblighi civici, cooperativi e sociali. Numerosissime feste, con banchetti e
libagioni di bevande alcooliche, scandiscono gli avvenimenti della vita,
l'alternarsi delle stagioni, il termine dei principali lavori agricoli, le
assemblee delle associazioni. La pressione sociale è molto forte: chi non vi si
sottomette di buon grado dovrebbe abbandonare il villaggio.
La
solidarietà del villaggio si manifesta in occasione della costruzione delle
case; chi desidera una nuova abitazione ricorre anzitutto a un carpentiere
specializzato che lo consiglia per l'acquisto del legno e prepara le travi. La
casa viene edificata nel giorno stabilito con il concorso di tutto il villaggio:
ogni buraku delega all'uopo un uomo e una donna. Poiché l'edificio è il
risultato di uno sforzo collettivo, concepito nell'ambito delle tradizioni, non
v'è da meravigliarsi che le case di Suye siano poco dissimili fra loro e
rechino pochi segni della civiltà moderne. Come nel resto del Giappone rurale,
esse sono piccole e di aspetto modesto. Il colore grigio del tetto di paglia e
dei pilastri di legno si fonde col paesaggio; non è l'effetto del caso o della
povertà, ma una consapevole esigenza di carattere estetico induce il contadino
alla semplicità. La casa si erge all'interno di un recinto circondato da una
siepe. L'abitazione propriamente detta è rettangolare: essa misurerà, presso
un contadino piuttosto agiato, circa 8 m x 3,50; le dimensioni precise saranno
stabilite dal numero di stuoie (tatami) che possono essere stese sui
pavimenti; queste stuoie misurano m 1,70 x 0,80. Questa abitazione, costituita
di materiali vegetali, è sostenuta da una struttura che poggia su uno zoccolo
di pietra. La casa giapponese è edificata su pali e il pavimento si trova a 50
cm dal suolo. Il tetto, generalmente a quattro spioventi, è di paglia; le
pareti sono di assi o di malta di fango e di paglia su graticcio, ma grande
parte hanno i pannelli rigidi di carta montati su rigide guide di scorrimento.
Di giorno, qualunque siano le condizioni meteorologiche, i pannelli restano
aperti; di notte vengono chiusi. [...]
L'abitazione
propriamente detta comprende 2 o 3 stanze provviste di alcove. La stanza comune
o daidokoro, attigua alla cucina, dispone anche di un focolare, al di
sopra del quale è sospesa una teiera di metallo che consente di offrire una
tazza di tè agli ospiti inattesi, i quali vengono ricevuti nel daidokoro
se non sono molto importanti. La sala di ricevimento, zashiki, ha le
stuoie più fini e più nuove. In una parete piena sono custodite due nicchie:
una è il butsudan, altare buddista che racchiude le tavolette degli
antenati (e le fotografie del padre e della madre defunti), l'altra, il tokonoma,
contiene un altare shinto e alcuni kakemono che la famiglia desidera
conservare. Non vi sono mobili, solo armadi e cassetti nelle pareti piene. Ci si
corica sulle stuoie, avvolgendosi nelle coperte. [...] Queste case sono
facilmente soggette agli incendi, poiché sono costruite con materiali vegetali,
e fornite di due focolari. [...] L'inconveniente più grave è di essere gelide
in inverno: le pareti non sono isolanti, l'aria circola sotto il pavimento e
passa attraverso gli interstizi dei pannelli. [...]
Davanti
alla casa vi è un cortile in terra battuta dove, quando non piove, gli uomini
eseguono lavori col vimini, le donne cuciono, arrotolano le foglie di tè,
svolgono i bozzoli, pressano i chicchi di camelia, che forniscono l'olio di uso
cosmetico. Intorno al cortile si trovano alberi da frutto, una piccola aiuola
fiorita, i pozzi e varie dépendances: forno, granaio, latrine, ecc.
[...]
L'inverno
è una stagione di relativo riposo, poiché i campi richiedono pochi lavori:
bisogna solamente riattare le risaie lasciate a riposo. L'inizio della primavera
(marzo-aprile) richiede più lavoro, pur restando una stagione di fatica
moderata. [...] Alla fine di aprile inizia l'ardua fatica che avrà termine solo
a novembre. Nei mesi di maggio-giugno il riso viene seminato, poi trapiantato
nelle risaie, che sono state arate ed erpicate e di cui si sono controllati e
sistemati i canali d'irrigazione; viene mietuto il grano, i gelsi forniscono le
foglie per il primo allevamento di filugelli; vengono piantati vari ortaggi e il
contadino trova anche il tempo di cogliere il tè, di piantare le patate e di
tagliare le gemme di bambù. Il trapianto del riso è il lavoro più faticoso
del mese di giugno e di tutto l'anno; bisogna portare a termine rapidamente un
notevole impegno. Tutti i contadini si trovano di fronte allo stesso problema:
effettuare il trapianto nel minor tempo possibile in modo che, con una crescita
omogenea, tutto il riso di una risaia giunga a maturazione contemporaneamente.
Ecco perché imponenti squadre eseguono il trapianto: da 10 a 15 persone, donne
e ragazzi, si dispongono in fila e compiono rapidamente, con precisione
militare, i gesti del trapianto. [...] Il più delle volte la manodopera è
garantita dall'aiuto reciproco offerto spontaneamente da vicini, parenti o
amici; viene tenuta una contabilità scrupolosa dei servigi resi da ognuno. Il
peso del lavoro è alleviato dal piacere di faticare in compagnia, dagli
scherzi.
In giugno,
gli uomini devono assicurare a turno il servizio dei traghetti, dato che i ponti
in legno sono stati divelti dalle piene. In luglio-agosto, i lavori all'aperto
sono meno assorbenti: sarchiatura del riso, raccolta delle foglie di gelso,
semina del miglio, raccolta dei legumi e della frutta; gli uomini possono
pescare e le donne preparare le provviste; conserve di prugne, salsa di soia.
Prima della mietitura del riso i ponti vengono ricostruiti, i tetti riparati.
Ottobre è dominato dalla mietitura del riso, cui segue la raccolta di altri
prodotti: miglio, cachi, funghi, patate, taro, cavoli, radici, ecc. Una volta
seminato il grano, l'anno agricolo è chiuso. La fine dell'autunno lascia
abbastanza tempo libero per i matrimoni, numerosi in questa stagione.
I 380 ha
messi a coltura sono suddivisi fra 215 appezzamenti. Il riso a irrigazione si
stende su 250 ha, cioè il 65% della superficie coltivata; esso riveste
un'importanza ancora maggiore di quella indicata dalla superficie occupata poiché,
essendogli destinate le terre e le cure migliori, produce il 90% dei raccolti.
Non si hanno due raccolti di riso, ma la metà delle risaie, grazie a un'intensa
pressione esercitata dalle autorità, fornisce in un inverno un raccolto
asciutto: grano e orzo raccolti in maggio si uniscono al riso per soddisfare il
fabbisogno alimentare dei contadini, i quali non apprezzano questi cereali ma
fanno buon viso a cattivo gioco. Il villaggio possiede solo 7 maiali che non
vengono abbattuti: i contadini comprano i maialini dai commercianti e rivendono
maiali ingrassati. Scarsi pollame, capre e conigli. I pasti sono dunque
vegetariani: riso mescolato a grano e orzo, radici, legumi verdi, soia, olio.
Una parte del riso viene venduta. Un'altra importante fonte di guadagno era la
seta, in seguito ridotta a causa della decadenza della sericoltura giapponese a
partire dal 1940.
Nonostante
gli abitanti di Suye non siano mai stati facoltosi, esistevano fra loro notevoli
differenze economiche. [...] Prima della riforma agraria del 1946, era possibile
individuare numerose classi sociali, i più ricchi, grandi proprietari,
possedevano domestici, cavalli, buoi, mandavano i figli al liceo e all'università,
a costo di grandi sacrifici, dirigevano il villaggio e le singole frazioni. La
classe agiata comprendeva i contadini proprietari che disponevano almeno di un
domestico; essi erano dotati di redditi compresi fra i 1200 e i 1400 yen annui;
a questa classe appartenevano anche i negozianti agiati e mediatori, che
svolgevano un ruolo indispensabile nelle transazioni, per esempio nelle
trattative fra creditori e debitori. Infine, i poveri: privi di terre, di
domestici, di bestiame, i più indigenti non facevano parte del villaggio, ma si
trattava di immigrati stabilitisi in montagna; il loro reddito annuo poteva
scendere a 229 yen. Questo ceto contadino era fortemente indebitato, come era
possibile che non fosse così se il ricco proprietario che disponeva di un
reddito di 2804 yen ne spendeva 1325 per l'educazione dei figli? I più poveri
talvolta erano costretti a vendere una figlia a una casa di geishe per poter
estinguere un debito.
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