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LE PIANTE: COME SONO E COME VIVONO
IL FUSTO
Il fusto legnoso, detto anche tronco è il sostegno naturale dell'albero e della sua chioma.
Esso deve la sua rigidità alla lignina, una sostanza che abbonda in ogni albero: è una sostanza chimica complessa e costituisce la maggior parte dell'albero insieme alla cellulosa.
Il fusto è composto da un midollo centrale o cuore, subito dopo il midollo vi è il legno composto nella parte esterna rispettivamente dal duramen (con gli anelli di crescita annuale), seguito nella parte interna dall'alburno, questa parte non più viva del tronco serve solo da sostegno e può presentare un colore dal giallo al rosso. L'anello più esterno del duramen è in stretto contatto col cambio, uno strato vivo di cellule che produce verso l'interno del tronco nuovo legno, verso l'esterno nuovo libro. Questo è costituito da cellule che permettono il passaggio dei liquidi dalle estremità dei rami e delle foglie fino alle radici.
Al libro segue la corteccia, cioè lo strato più esterno del fusto che può essere intesa come la "barriera" del fusto, infatti è isolante poiché è formata da cellule aderenti, che lasciano passare solo l'aria, perciò pessima conduttrice di calore; essa protegge l'albero dall'attacco di batteri e funghi ed impedisce che l'acqua del tronco si disperda. Nel fusto legnoso si notano prevalentemente due parti: il tronco, vale a dire il fusto legnoso vero e proprio con i rami e lo stipite ossia il fusto legnoso senza rami. Vi sono però anche alcuni fusti erbacei, come il culmo quel perfetto e robustissimo tubo cavo che costituisce il fusto del grano, riso e segale, il gambo, cioè il fusto delle pianticelle erbacee non cavo, come quello dei trifogli, delle margherite ecc., poi vi è il fusto a serbatoio che immagazzina acqua di scorta, come il cactus. Altri fusti sono quelli striscianti (fragole), rampicanti (zucche) e sotterranei (tuberi di patata, rizoma di iris o giaggiolo e i bulbi delle cipolle).
GLI ALBERI E GLI ARBUSTI
Si definiscono alberi le piante legnose alte non meno di 5 - 6 metri, formate da un fusto principale (tronco) che, ad una certa distanza dal suolo, si suddivide in rami che formano le chiome. Gli arbusti sono piante di piccola altezza, cespugliose, in cui non c'è un fusto principale e i rami partono dalla base alla pianta, in prossimità del terreno (ne sono esempi il sambuco e il rosmarino).
Alberi e arbusti sono perenni, cioè non muoiono in inverno.
La forma degli alberi riflette le condizioni in cui essi vivono. Gli alberi che crescono fitti in una foresta, hanno una sagoma più sottile di quelli della medesima specie che crescono solitari nel mezzo del parco.
I venti che soffiano dal mare fanno sì che gli alberi costieri crescano a "bandiera"; le condizioni climatiche montane rendono invece gli alberi stentati.
Le giovani piante impiegano la maggior parte dell'energia per crescere verso l'alto, alla ricerca di luce; successivamente si allargano per assumere la tipica forma adulta della specie cui appartengono.
LE FOGLIE
La foglia è molto importante per la vita delle piante. Nella foglia avvengono gli scambi gassosi (respirazione), gli scambi di vapore acqueo (traspirazione), e la funzione clorofilliana, quest'ultima è determinante per la vita dell'albero e indirettamente per la nostra esistenza.
Le varie parti di una foglia si chiamano rispettivamente lamina e picciolo
(anche se in alcune piante è presente anche la guaina). La lamina è la
parte più allargata della foglia: in essa si distinguono una pagina superiore, rivolta
verso l'alto, e una pagina inferiore, rivolta verso il basso. Il picciolo è il
peduncolo che congiunge la lamina al ramo, la guaina (quando c'è) è la parte
della foglia che avvolge il fusto. Alcune foglie sono senza picciolo e si chiamano sessili,
le altre sono picciolate. Se la lamina è unica sullo stesso picciolo, la foglia è semplice;
se invece la lamina è suddivisa in foglioline del tutto separate le une dalle altre, la
foglia è composta. Le foglie sono di diversa natura, infatti non c'è bisogno del
microscopio per osservare la differenza fra un'aghifoglia (foglie simili ad aghi) e una
latifoglia (foglie con lamina piatta).
Quest'ultima è sottile, larga e piatta: è attraversata da molte nervature; è molto più
delicata dell'ago di pino, si può strappare con facilità e offre una buona resistenza al
vento, che la può staccare. E' però evidente che una foglia così fatta, cattura meglio
i raggi solari rispetto ad un ago. L'ago, quindi, è più resistente all'azione del vento,
ma la foglia larga è più efficace per la nutrizione e la crescita della pianta dove
l'acqua abbonda. In generale se la temperatura non scende troppo sotto certi valori (lo
zero), le latifoglie sono più comuni mentre, dove il freddo è intenso e l'acqua è
scarsa, si affermano le aghifoglie.
LE RADICI
La parte della pianta che penetra nel terreno, con lo scopo preciso di ricercare e assorbire le sostanze che costituiranno il suo nutrimento e di fissarla al terreno è: la radice.
La radice si allunga e si ramifica per esplorare più terreno che sia possibile, alla ricerca dell'acqua e per tenere ben salda la pianta al terreno.
Il lavoro più duro lo fa la punta della radice, che deve penetrare il terreno compatto.
Subito dietro la punta c'è la pileoriza formata da una peluria bianca con intorno una quantità enorme di microscopici fili detti peli radicali assorbenti.
Essi, assorbendo le sostanze sciolte nell'acqua, danno nutrimento alla pianta stessa dopo la fotosintesi.
L'acqua con le sostanze in esse disciolte, penetrano nella pianta attraverso la membrana esterna dei peli radicali e questo fenomeno si chiama osmosi: dai peli radicali le soluzioni liquide assorbite, passano quindi da cellula a cellula e giungono infine al cilindro centrale della radice. Questi svolgono un'azione contraria, ad esempio se vengono a contatto con delle pietre calcaree emettono anidride carbonica che mescolandosi con l'acqua trasforma il carbonato di calcio di cui è costituita la pietra, in bicarbonato solubile che può essere assorbito dalla radice. Dove c'è stata questa reazione chimica, la radice lascia nella pietra la sua impronta.
Le radici possono presentarsi con forme diverse, ma riconducibili a tre tipi fondamentali.
La radice a fittone è formata da una radice più grande detta principale, da cui ne partano tanti più piccole, dette secondarie, come la cicoria e l'insalata.
Nelle radici fascicolate invece non si distingue una radice principale: le radici formano un fascio che ricorda un cespuglio rivolto verso il basso. Il porro e la cipolla per esempio hanno le radici fascicolate.
Le radici avventizie possono nascere anche vicino ai rami, e servono alla pianta per aggrapparsi o per dirigersi verso il terreno, come si può osservare in alcune piante da appartamento o nel granoturco.
LE GEMME
Le foglie, dopo essere cadute, lasciano una cicatrice, che ad esempio nell'ippocastano è a forma di ferro di cavallo.
Quando arriva la fine dell'inverno, sulla superficie del ramo, dove era caduta la foglia e aveva lasciato la sua cicatrice, possiamo osservare una sporgenza, è la gemma, dove sono chiusi gli abbozzi delle foglie o dei fiori.
Le gemme sono protette all'esterno da foglioline impermeabili chiamate perule e talora ricoperte da un sottile strato di sostanze appiccicose.
Nei momenti di condizioni climatiche favorevoli (primavera) tali gemme potranno dare origine a fiori o foglie come aveva programmato alcuni mesi prima la pianta.
LA FOTOSINTESI CLOROFILLIANA
Nelle foglie delle piante avviene un particolare processo in cui l'acqua e i sali minerali in essa sciolti provenienti dalle radici, grazie all'energia fornita dal sole e alla sostanza verde presente nella foglia, (la clorofilla) unendosi all'anidride carbonica entrata nelle foglie attraverso piccole aperture detti stomi, formano ossigeno e sostanze nutritive. Questo processo è la fotosintesi clorofilliana. Il sole fornisce l'energia necessaria perché la reazione possa avvenire. La clorofilla serve per accelerare tale reazione, cioè in termini scientifici funziona da catalizzatore. Le piante sono organismi autotrofi perché possono procurarsi l'energia e il cibo di cui necessitano, grazie a questo processo particolare che solo loro sono in grado di fare. Il processo, durante il quale avvengono queste trasformazioni, è molto complesso, ma lo semplifichiamo attraverso questo schema:
Le piante utilizzano l'energia del sole catturato dalla clorofilla per combinare acqua e anidride carbonica, sostanze molto semplici e comuni, così da produrre gli zuccheri, che sono l'alimento principale delle cellule. Dopo una lunga serie di complessi passaggi chimici si formano gli zuccheri, che vengono immagazzinati spesso sotto forma di amidi o trasformati in legno, e successivamente utilizzati, insieme ai sali minerali, per ricavare altre sostanze necessarie a costruire e mantenere in vita le cellule. Nel processo di fotosintesi viene prodotto anche l'ossigeno che, pur rappresentando un semplice scarto di lavorazione, è importantissimo perché viene utilizzato dalla maggior parte degli esseri viventi per respirare. La fotosintesi clorofilliana avviene quindi in presenza della luce. Essa è una vera trasformazione chimica che solo le foglie sono capaci di fare. La pianta prende acqua dal suolo e anidride carbonica dall'aria, formando amido per sé ed emettendo ossigeno nell'aria. Questo fenomeno è ben diverso dalla respirazione in cui viene utilizzato l'ossigeno e prodotta anidride carbonica. Le piante caducifoglie in autunno perdono le foglie, la fotosintesi cessa e la pianta va in letargo; in primavera con la comparsa di nuove foglie tornerà in funzione senza alcuna difficoltà. Le piante che hanno le foglie divorate dalle larve non possono più compiere la fotosintesi: muoiono se sono giovani, o subiscono un arresto nella crescita se adulte, o perdono i fiori e i frutti. Le alghe piccole e grandi producono anch'esse ossigeno che disperdono nel mare e che serve per la respirazione dei pesci. Vi sarà capitato di osservare che, nelle vasche dei giardini o negli stagni, nelle distese d'acqua tranquilla, in una giornata di sole, salgono a galla numerose bollicine di gas: sono le bollicine di ossigeno prodotte dalle parti verdi, nelle quali è presente la clorofilla.
Possiamo dimostrare la presenza della clorofilla attraverso questo esperimento: si prendono alcune foglie, si mettono per 3 o 4 minuti in acqua bollente, quindi si intingono nell'alcool per15 minuti in modo che perdano il colore: la clorofilla si scioglie in esso.
LA RIPRODUZIONE
Ogni pianta come ogni animale ha bisogno di riprodursi, per fare ciò si serve delle parti maschili e femminili che possono essere presenti entrambe in uno stesso fiore (ermafrodite) o su fiori diversi, sulle stesse piante (monoiche) o su piante diverse (dioiche).
La prima fase è la maturazione del polline e degli ovuli, a cui farà seguito l'impollinazione. Lo stame (fiore maschile) tiene il polline racchiuso nelle antere, ben visibili e di colore giallo nei gigli.
Il polline trasportato da insetti o dal vento, più raramente dall'acqua o da uccelli, se arriva a contatto con la parte più esterna dell'organo femminile (stigma), dà inizio al processo di fecondazione.
Le piante, i cui fiori sono piccoli o poco appariscenti, producono un'enorme quantità di polline formato da granuli piccoli e leggeri per essere più facilmente trasportati dal vento. Tali fiori raccolti in infiorescenze lunghe e pendule (nocciolo), ondeggiando ad ogni alito di vento, liberano nuvolette di polline, maturano di solito prima che l'albero metta le foglie e sono portati da una sola pianta.
La grande quantità di polline prodotto rimedia al trasporto poco efficiente in modo che almeno un granulo possa arrivare allo stigma di un fiore femminile della stessa specie.
Le piante che hanno fiori dai colori appariscenti e di dimensioni visibili ad occhio nudo, liberano nell'aria aromi e attirano facilmente l'attenzione degli insetti. Questi allettati da colori e profumi, penetrano nel fiore per succhiarne il nettare, toccano le antere degli stami, si imbrattano di polline e, involontariamente, quando faranno visita ad un fiore della stessa specie, qualche granulo verrà depositato sullo stigma. Ogni tipo di fiore è adattato ad un determinato insetto sia per il colore, sia per l'odore del nettare e per il momento del giorno in cui apre le corolle.
BIBLIOGRAFIA
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